10 giugno 2017

Pronta la carta moschicida per fessi di sinistra


Pubblicato il 12 novembre 2015

E così si ricostituisce per l'ennesima volta un soggetto politico a sinistra.
Stavolta l’hanno chiamato, con impennata creativa, Sinistra Italiana.
Una strategia che ha dato così brillanti risultati negli ultimi vent'anni non si getta certo a mare, tanto che - la strategia anzidetta, intendo - continuerà a dare frutti per un decennio a venire.
Un decennio, almeno.
Chi legge queste pagine sa già di quale strategia stiamo parlando: il finto dissenso. In parole poche, e povere, essa consiste in questo: la sinistra istituzionale e governativa (PD) si trova in difficoltà. Leggi liberticide, tasse usurarie, compromessi squallidi, corruzione dilagante, hanno incrinato il rapporto di fiducia cogli elettori - con quegli elettori della sinistra istituzionale, cioè, i più pazienti e ottusi dell'emisfero occidentale, abituati a ingoiare pane e rospi sin dalla più tenera età di elettori attivi. Nonostante la propaganda feroce degli organi di regime (quelli pagati da Pantalone: Rai3, Unità et cetera; quelli fiancheggiatori: De Benedetti & Co; quelli interessati per contingenza politica: Confindustria e affini, brogliacci filo atlantici) la barca del consenso veleggia inesorabilmente verso gli scogli della disaffezione elettorale. E allora ecco la mossa, sempre la stessa, eppur sempreverde: dal corpo marcescente del PD (ex PDS ex DS) si stacca una cellula tumorale autonoma (in questo caso Sinistra Italiana) con un quadruplice compito: rafforzarsi in una finta opposizione alle riforme governative, ricompattare le fila della sinistra estrema disillusa, stroncare l'eventuale nascita di formazioni e gruppi davvero genuini nel loro dissenso e, da ultimo, rinvigoriti nei numeri, confluire nuovamente verso la casa madre tramite un accorto gioco di apparentamenti, alleanze, travasi, desistenze.

La cellula tumorale autonoma (SEL, Rifondazione, Comunisti Italiani, Sinistra Italiana: i loro nomi son legione), apparentemente lontana dai centri di potere potrà, quindi, ingrossare lentamente nella considerazione generale dei gonzi (che hanno la memoria dei pesci rossi, per di più selettiva) sino a sublimare - sempre nella testa dei gonzi suddetti - a simbolo d'una sinistra pura, vicina alle istanze del popolo, e scevra dai compromessi più deleteri con quelle fasce sociali che il sinistro vede come il fumo negli occhi (e che spesso abitano solo la sua immaginazione: razzisti, evasori fiscali, fascisti, omofobi, veterocattolici, e via così) e che sono, per le parti imposte dal copione, appannaggio della sinistra istituzionale renziana.
Avremo così due formazioni di rilievo: la principale (PD e cespugli) debilitata da un lungo periodo di prostituzione governativa; e il nuovo soggetto a latere, ricco di eroi di cartone (Landini, Fassina, Civati, Puppato, D'Attorre), ma, nella testa del sinistrato, vera alternativa alla mala politica e autentico toccasana per la rinascita del paese.
A questo punto il più è fatto.
Ai nostri guitti - alla soglia delle elezioni che contano, quelle politiche - non rimane che urlacchiare le consuete parole d'ordine (sorta di richiami pavloviani). Per il PD esse saranno, al solito: responsabilità, spread, Europa, Grillo; per il partito a latere: giustizia sociale, fascismo, populismo, Salvini, lavoro et cetera.
I media fiancheggiatori martelleranno per mesi sinché saranno gli stessi elettori sinistrati a chiedere (o ad accettare con noncuranza) la nuova alleanza fra vecchio PD e nuova sinistra (magari grazie al lavorio di cerniera di figure di confine come Bersani, Cofferati …); in nome dell'Europa, della giustizia sociale, del lavoro, della responsabilità ... et cetera.
Un periodo nemmeno troppo lungo d'astinenza riverginerà, insomma, agli occhi dell'elettore sinistro, tutte le Messaline sfondate che, sino a poco tempo prima, l'avevano disgustato.
E il ciclo ricomincerà.
Nulla si crea e nulla si distrugge.
Si ricicla.
Se il PD perde qualche punto percentuale, il partito della sinistra lo raccoglierà.
Se ciò non basta verrà aggiunta qualche listarella minore (una riesumazione dei Verdi ad esempio, o quella degli immondi radicali, la costola della NATO buona per ogni uso) per completare il target moschicida in grado di intrappolare anche i più disillusi fra i sinistrati.
I rapporti di forza della politica italiana son sempre gli stessi.
L'unico inciampo degli ultimi anni è stato il M5S, ma è bastato cooptare i cespugli di Forza Italia, e assicurarsi il nulla osta di Berlusconi (vedi l'affare Mondadori-Rizzoli, su cui nessuno fiata) per reggere con sicurezza la botta e tenere saldamente le redini del paese.
Voi dite che questo non funzionerà? Che stavolta il disinganno è stato forte? Che Poletti è Fornero sono davvero indigeribili? Che il sinistrato si rifugerà nell'astensione o cambierà, addirittura, il voto?
Evidentemente non conoscete i sinistrati.
Io li conosco da una vita, e li conosco nella versione in salsa romana, quella più pura, poiché vicina alle fonti del potere.
Alla fine, sommando tutta la carne del porco, comprese interiora, cotiche e frattaglie, PD e compagnia landineggiante raggiungeranno il 33-35%, una percentuale che, Porcellum o Italicum o Boscarellum che sia, gli assicurerà la maggioranza assoluta (la destra pare fuori gioco, sia perché d'essa poco si fida la Troika usuraria e, soprattutto, perché è la destra stessa ad anelare alla rendita da opposizione, magari sostanziata dalla lucrosa amministrazione delle maggiori regioni del nord).
Sarà così, a meno di eventuali rovesci mondiali, ovviamente (guerre, crollo del blocco occidentale e via sognando).
Il 25-30% del PD è quasi inscalfibile, basato com'è sulla dilagante occupazione di ogni ganglio dello Stato: amministrazioni locali e regionali, sindacati, ASL, associazioni, parastato, cooperative, permettono un consenso capillare, finanziato dalla voragine del debito pubblico; un apparato impossibile da smantellare a breve e medio termine (solo un default nazionale potrebbe riuscirvi).
Il 5-7% del partito di sinistra, apparentemente più libero dalle pastoie clientelari, si sostanzia d’un elettorato antropologicamente bloccato nel voto a sinistra.
Basta conoscerli i sinistrati, magari da etnologo e fenomenologo dilettante, quale mi ritengo d'essere. Bando alla modestia: sono il Claude Lévi-Strauss del vendolismo, il Malinowski del bertinottismo, la Margaret Mead dei centri sociali.
Questa gente (gli elettori di Vendola Civati Bertinotti ...) sono afflitti da una coazione a ripetere patologica, terminale.
Di fatto son tutti, o quasi tutti, residuati bellici del '68 e del '77. Monarchici, fascisti, socialisti, democristiani (e comunisti, quelli veri) sono fantasmi evanescenti sul palco della storia, ma in loro è ancora vivo l'armamentario ideologico d’una volta. Non c'è niente da fare, sono bacati dentro.
La chiave interpretativa del mondo, per loro, sono i diritti. Non quelli veri (pane e libertà), ma i diritti fuffa: femminismo, antiomofobia, egalitarismo da operetta, antifascismo, antirazzismo, antisemitismo, veganesimo, ambientalismo parolaio.
Questi mantra se li ripetono da decenni come un Nam Mioyo Renge Kyo, non fosse altro che per dimenticare la propria inconsistenza culturale.
Gli domandi dell'invasione di finti profughi? E quelli ti rispondono: Nam Mioyo Renge Kyo!
E i tagliagole dell'ISIS a cui Obama fornisce armi? Nam Mioyo Renge Kyo!
Landini complice dello sfascio dell'industria italiana? Nam Mioyo Renge Kyo!
Sindacati come parassiti parastatali? Nam Mioyo Renge Kyo!
I rapporti sempre più stretti fra politica e lobbies di banche d’affari? Nam Mioyo Renge Kyo!
I fatti (i nudi accadimenti) per loro valgon poco dato che hanno già la verità in tasca; il che gli assicura, al contempo, una notevole dose di ottusità e arroganza: basta esaminare con attenzione la figurina pulcinellesca di Ignazio Marino per rendersene conto.
Da quanto detto il lettore intelligente potrà comprendere altri tratti salienti del sinistrato: l'insensibilità tetragona al principio di realtà, nonché quella (molto più grave) al principio aristotelico, precipuo e ineludibile, della non contraddizione.
Esempio.
Se spiegate a uno di loro, riguardo i fatti di Mafia Capitale, che la sinistra (compresa la sinistra rifondarola, vendoliana, et cetera) ha governato Roma per ben 17 degli ultimi 22 anni, e che è impossibile, perciò, che tale sistema criminoso, complesso e oliatissimo, sia nato con Alemanno e compagnia, questi cosa ti rispondono, tutto d'un fiato? Ti rispondono che no, che sono stati i fascisti a rovinare Roma, e che un sistema del genere è proprio entrato a regime con Alemanno, nel 2008, così come Minerva è uscita, con armi e corazza, dalla testa di Giove, in un attimo, e a riprova di ciò ti mostrano come Carminati e Buzzi non fossero che "fascisti".
Nam Mioyo Renge Kyo!
Hai voglia a dirgli che Buzzi era tesserato PD, e che Odevaine, uno degli snodi dell'inchiesta, fu il Capo di Gabinetto del sindaco Walter "Ciao" Veltroni, e che tale sistema è in continuità da decenni con speculatori e palazzinari (per tacere della Regione Lazio).
Niente da fare.
Nam Mioyo Renge Kyo!
Al massimo possono concederti (e qui ti fanno un'altra tirata tutta d'un fiato) che, sì, forse qualche cedimento c'è stato, ma solo a livello individuale, e comunque era arrivato Marino Ignazio a rimettere a posto tutto, peccato che un complotto del Vaticano l'ha detronizzato a pochi mesi dal Giubileo, e comunque la colpa non è dei politici, a ben vedere, ma della gente, perché è la gente a sporcare i tram e le strade, ecco perché Roma e così sporca, è la gente a buttare il cartoccio bisunto del Big Mac sul marciapiede, è la gente a non fare la differenziata che non lo vedi che lasciano la monnezza accatastata, altro che gli zingari, è la gente a non fare gli scontrini ed evadere il ticket dei mezzi pubblici ... insomma è la gente - intesa, attenti!, come gente di destra - ad affossare la Capitale che, altrimenti, non fosse stata per la parentesi di Alemanno e la presenza di questi zozzoni fascisti e populisti sarebbe una Bengodi multirazziale, ricca di murales colorati, turisti in festa, adolescenti studiosi, zingare-befane con le gonne gonfie di regali, e debordante d'una chiassosa movida ebbra di cultura e d'impegno.
Di fronte a tali sragionamenti (l'immaginazione, in loro, è al potere) è vano opporre un barlume di raziocinio politico; addirittura impossibile, per dirla con Costanzo Preve, inscenare un simulacro di dialogo socratico.
Il nesso di causalità è abolito, si va di pancia (come accade, in misura minore, anche a destra); o, meglio: di ovaia. Roma è sporca (quindi è colpa dei fascisti, forse addirittura dei populisti, che sono mezzi fascisti) è la conclusione sillogistica insite nelle premesse del loro mondo ideologico, ottuso e perbenista, chiuso all'analisi, irto di slogan mummificati, fondamentalmente antitaliano, irreale come la pubblicità del Mulino Bianco, e fortemente esclusivo (tanto che il sinistrato si considera l'eccezione benevola in un paese ostile, retrogrado, mafioso e gaglioffo; in una parola: fascista).
Tale sbrigativa panoramica serve a render conto di un fenomeno che all'italiano non sinistrato apparirà, nei prossimi mesi, inspiegabile: il successo del nuovo partito di sinistra.
Gli iniziali sbuffi e mugugni, infatti, e le prese di distanza, avvicinandosi le lezioni, locali e nazionali, cederanno il passo alla coazione a ripetere: il richiamo della foresta è troppo forte. Il sinistrato, perciò, voterà, e voterà ciò che ha sempre votato; e lo farà - da vero fesso – credendo di liberarsi del Jobs Act, del Ponte sullo Stretto e di Renzi e di Alfano tramite proprio gli stessi pagliacci (Landini, Vendola, Cofferati, Fassina, D’Attorre) che hanno reso possibili le riforme più inique e l’elezione dei governanti peggiori dell’ultimo ventennio.
Non è stato forse l'apparentamento con SEL (345 seggi su 630 con meno del 30% dei votanti) a consegnare una maggioranza schiacciante al PD, grazie al marchingegno del Porcellum, ordito, a suo tempo, da quella testa fina di Calderoli, un altro rivoluzionario col fucile a tappi?
La controinformazione può parlare di politica e geopolitica, di supercomplotti e di botti da fine del mondo, ma nella lurida e infame prassi della quotidianità sono i voti che contano; e son sempre i voti a regalare il potere e le rendite di potere.
Il Bomba di Firenze è irresistibile perché ha i voti, e (a differenza di Berlusconi, impegnato a mediare fra più appetiti di partito) vanta una maggioranza omogenea, obbediente e senza personalità di rilievo in grado di impensierirlo minimamente.
E di chi la colpa (o il merito) di tutto ciò? Proprio del minuscolo SEL. È grazie a quel miserabile giochetto partitocratico che vi ritrovate poveri e licenziati, esodati, malpagati, sotto ricatto, con le massime caricature dello Stato appiattite al consenso NATO e la Costituzione devastata ("La Costituzione più bella del mondo", quella antifascista e antinazista, come declamava, sino a pochi milioni di euro fa, un altro traditore della Patria, Roberto Benigni); e via elencando.
E chi l'ha votato SEL? I sinistrati che ora si lamentano tanto ... pronti però a rivotarli, non sia mai ... se non altro per tenere a bada populisti e fascisti (un vero pericolo!), e poi e poi ... e poi quel Landini in fondo ci piace ... viva Ignazio Marino ... sacrificio ... unità delle sinistre ... e via cicalando.
Ma il sinistrato non sente da nessun orecchio ... Nam Mioyo Renge Kyo!
Ora SEL e compagnia sono caduti in discredito, ma non ci si dispera mica. È pronta Sinistra Italiana; si continua come sempre, con gli stessi ronzini, seppur diversamente bardati.
Il gioco delle tre carte sarà, come al solito, un successo.

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