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10 giugno 2017

Il potere avanza, false flag o no

 
Roma, 10 giugno 201?
 
Chi ha assassinato 130 persone a Parigi?
Un commando riferibile all'Isis quale forza terroristica antioccidentale?
Oppure un commando che, sotto le spoglie dell'Isis (e sotto le spoglie degli ignari esecutori), fa solo il gioco delle élite capitalistiche mondiali?
Sui media ufficiali la questione non si pone: è l'Isis, pura concrezione dell'odio religioso e del terrore, ad attaccare, quale negazione del nostro stile di vita, fondato sulla libertà e la pace. Ci sono, è vero, dei sottili distinguo, specie sulle superstiti gazzette sinistrate, ma il coro, al netto di tali deboli stecche, è unanime.
Nei siti della controinformazione il dibattito è più articolato: prevale, però, la tesi del false flag. Secondo tale interpretazione sarebbe l'Occidente stesso (o meglio: gli Stati Uniti e i suoi vassalli; o Israele e i suoi vassalli) ad aver armato i terroristi (utili idioti, in tal caso) onde provocare nell'opinione pubblica una reazione viscerale (emotiva e irrazionale) che vada nella direzione di una restrizione ulteriore di libertà e democrazia - la vittima, insomma, debitamente ingannata, chiederà d'essere ancor più vittima.
Per conto mio, che intendo poco le sottigliezze geopolitiche, è piuttosto evidente che, nell'uno e nell'altro caso, l'Europa è spacciata.

13 maggio 2017

Gli Italiani e la finta di Garrincha


Pubblicato il 5 maggio 2015

Alle centinaia (migliaia, decine di migliaia) di analisi, a volte acute, talvolta profonde, che possiamo leggere sull'attuale crisi politica, economica e morale dell'Italia, manca sempre la coda: che fare?
Lo dissi anche a Eugenio Orso, in un commento a un suo post, perso nella notte dei tempi: dopo tutta la nostra sapienza, la nostra acribia, il sarcasmo, la rabbia ... che fare? Allora, piuttosto ingenuamente, citavo l'omonimo romanzo antizarista di Nikolaj Gavrilovič Černyševskij: Che fare?
Ora la situazione è molto più chiara di qualche anno fa, ma la risposta rimane sostanzialmente inevasa.

Manoel Francisco dos Santos, in arte Garrincha, la più grande ala destra della storia. Basso, storto, con una gamba più corta dell'altra, tabagista e alcolista sin dall'età scolare, puttaniere, ingestibile, autodistruttivo.
Eppure vinse due Mondiali, nel 1958 (decisivi in finale i suoi assist), e nel 1962, stavolta da dominatore assoluto.
Il suo dribbling era semplice, ma irresistibile: puntava il terzino, si fermava, fingeva la penetrazione al centro e, invece, scattava bruciante sulla destra. Una due tre volte. Garrincha poteva dribblare, tornare indietro, e ridribblare il malcapitato, se gli andava, perché no. Lo fece pure in una amichevole con la Fiorentina: dribbling su Robotti, dribbling sul portiere: porta vuota. Tira? Macché, aspetta ancora Robotti, lo rimette col culo a terra, poi segna sghignazzando.
Il segreto del dribbling era vellicare l'istinto dell'avversario. Il difensore sapeva che Garrincha avrebbe fatto ciò che avrebbe fatto, ma il suo corpo, e i muscoli, in quelle frazioni infinitesime di secondo, obbedivano a impulsi ciechi, sedimentati nella massa del paleoncefalo, e sdegnavano la ragione, e tutti i buoni consigli che la ragione si porta appresso.
E l'istinto lo portava a sbagliare, catastroficamente.
L'istinto ha un doppio taglio.