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21 maggio 2022

Il vaccino di Giacomo e altre note tragicomiche sulla dissoluzione europea

Sam Taylor-Wood, Natura morta, 2001

Roma, 20 maggio 2022

Scandinavia mon amour. A cosa serve il Nord Europa? I Romani si spinsero sino in Inghilterra, ma da quelle parti mai. Renne, alcolizzati e slitte poco li stuzzicavano, evidentemente. Terre mai sfiorate dalla complessità, prive di storia, di letteratura, di arte. I migliori, per far carriera, dovettero emigrare in Russia dove appresero un po’ di civiltà dai Bizantini. Gli aborigeni rimasti, annoiati a vedere il fondo del boccale, s’inventarono un orgoglioso passato recente grazie all’apostasia luterana che spezzò l’Europa in due: siamo noi i migliori, non quei putrescenti e corrotti latini. E conseguentemente ordirono il futuro, in cui loro, dal basso di una tonitruante insignificanza, potevano insegnare la civiltà; a noi discoli, legati ancora a certe malsane convinzioni (logica, giurisprudenza, retorica, tradizione) che, perciò, ‘sta nuova civiltà, faticavamo ad apprenderla. Gran parte della merda progressista cola di lì. Se gli angloamericani l’hanno ideata, è proprio in questi luoghi maledetti che ha trovato un inveramento folle. E tutti dietro. Com’è bella, pulita, incorrotta, la Danimarca! La Norvegia? Non vedi una cicca a terra! La Svezia? Si insegna cos’è il bigolo e la fessa in prima elementare, altro che cornicette e paternoster! Siamo proprio arretrati! La Finlandia? Visto che tempra di fronte ai comunisti! Ma quelle sono terre felici, beate … le donne la danno via, eh … di propria sponte … mica bisogna assediarle dai quindici anni in poi … mentre il baffo paterno vi scruta … e pensare che nei gialli dei coniugi Maj Sjöwall e Per Wahlöö, comunisti, la Svezia appare per quel che è: un paesucolo deprimente e grigio, astorico, pieno di drogati, matrimoni falliti e figli allo sbando - in sintonia, peraltro, con la biografia degli stessi Sjöwall-Wahlöö. E però questi imbecilli dettano la linea, perché è giusto così: se si vuol far deragliare la locomotiva si mette per fuochista Sanna Marin, una che parla inevitabilmente di futuro, repellendole il passato, ma non sa nemmeno allacciarsi le scarpe, la fissità della pupilla senza palpebre a sancire l’inflessibilità delle scelte autodistruttive. In quel cervelletto abitano due convinzioni e a quelle si lega l’Europa; finito il tempo del dubbio, della storia maestra di vita. Si delega la sopravvivenza europea a questi smagnetizzati, concepiti per l’annientamento massonico direttamente nel villaggio dei dannati di Wolf Rilla. Ma chi è Sanna Marin, cresciuta da una coppia di lesbiche in un paese che inventò il proprio passato letterario a metà Ottocento a opera di un tal Elias Lönnrot? A onore del quale trascriviamo queste tre righe dalla biografia di Wikipedia: “In gioventù era un forte bevitore ma in seguito fondò, senza molto seguito, la società finlandese per l'astinenza Selveys-Seura. Nel 1849 sposò Maria Pipponius e nel 1853 divenne professore di lingua e letteratura finlandese presso l'Università di Helsinki”. Mi spiego? Mi chiedo spesso cosa faccia questa gente nel tempo libero … poiché li si sorprende a una vita meschina, angusta, sazia a ripetere le stesse fanfaluche, sempre le stesse, in tondo … hanno un’anima, anzi: uno spessore? Persino l’uomo a una dimensione vanta una maggiore stratificazione interiore … Cosa fa Sanna Marin quando gli olovisori mondiali si abbuiano? Non so immaginarmela intenta a un’occupazione fruttuosa. Forse si disattiverà, così, in automatico. Me la vedo, nell’intimità, assomigliare un poco all’Olimpia de L’uomo della sabbia; la bellissima Olimpia, creduta un essere umano da tutti, in primis dal protagonista Nathanael: “Olimpia spesso sedeva sola soletta … non di rado stava per ore intere nella stessa posizione a tavolino senza un’occupazione particolare … ella non cuciva né sferruzzava, non guardava fuor della finestra, non dava da mangiare ad alcun uccellino, non giocava con cagnolini e gattini, non si trastullava arrotolando pezzetti di carta o altro; in breve stava seduta per lunghe ore … senza spostarsi né muoversi …”; finché il losco Giuseppe Coppola decide di sequestrare (o meglio: rubare) la fanciulla (leggi: l’automa) all’inventore Spallanzani, creduto sin allora il padre: “Coppola si caricò la figura sulla spalla e si precipitò di corsa lungo le scale con una risata sinistra, sicché i piedi pietosamente penzolanti della figura strascicavano e battevano sui gradini come pezzi di legno. Nathanael ristette con occhi sbarrati; troppo chiaramente aveva veduto che il volto cereo di Olimpia aveva al posto degli occhi due nere cavità; una bambola priva di vita”. Coppola e Spallanzani; Olimpia; Nathanael; vi aggiungo Sanna e la Finlandia. Il rebus onomastico di Hoffmann è di facile soluzione. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

10 luglio 2018

L’apocalisse in poltrona


Roma, 10 luglio 2018

Dicono che l’Italiano è scontento. A me non sembra. L’Italia brulica, certo, di uomini livorosi, che sentono l’ingiustizia sulla loro pelle, ogni giorno, e, perciò, odiano. Eppure, a parte qualche filippica e qualche travaso di bile, spesso espettorato in situazioni al limite dell’esasperazione (file negli uffici pubblici deserti di personale, mezzi pubblici soffocanti e rigurgitanti di abusivi del mezzo pubblico, traffico incandescente su raccordi e consolari), non si notano empiti di rivolta autentica. Le parole, anche le più virulente, cadono nel vuoto; e per vuoto si intende la qualità dell’incorporeo: non c’è nulla, dico: nulla, che filtri questi umori e li materializzi in un gesto assieme materiale e simbolico in grado di mettere a disagio il potere.

Drumont, un vecchio matto, diceva: “Soltanto pochi anni fa c’erano dei realisti, dei bonapartisti, dei repubblicani, dei radicali; c’era un partito socialista che aveva a capo uomini di valore. Tutto ciò si è volatilizzato, polverizzato, atomizzato. Noi assistiamo a questo strano spettacolo: un paese in cui tutti i cittadini sono divisi e dove non si vedono più né partiti, né capi di partito. Abbiamo la discordia dell’impotenza e l’odio nel vuoto”.