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07 novembre 2016

Il testamento


Rivedo la mia vecchia terra.
Ritrovo i profili dei palazzi signorili, le strade, le case, i sentieri, gli anditi.
Una fontana di pietra conduce acqua freddissima da una sorgente millenaria; lo zampillo discreto, riecheggiato in un silenzio attonito, sembra garantire l'eternità.

Ecco i fregi, le iscrizioni, le dediche votive.
È una gioia rivederli.
Ma, quando mi faccio più attento, scopro che il volto amato reca i segni di una lebbra sconosciuta, lenta e incurabile.
I sentieri portano a campi spogliati e derelitti, le strade sono sconnesse, gli edifici patrizi puntellati con crostosi tubi metallici, lerci di merde di piccione, inaccessibili.
Le case sono fredde, le finestre buie, gli intonaci si distaccano in silenzio.
In vendita, tutto è in vendita. La patria è in vendita.

I campi sono deserti, le vigne abbandonate, i fiumi escono dal letto, i padri ci lasciano.
Quanto potremo resistere?
I padri, i vecchi padri, quanto abbiamo riso di loro.
Ci credevamo superiori.
Senza di loro non siamo niente.

La nostra arroganza, la sicurezza, la protervia ci verranno strappate come un cenci da arricchiti comprato a pegno della nostra anima.

Il sangue avvelenato da un incesto.
Sguardi bassi, ottusi.
I segni antichi hanno perso il potere.
Nulla risponde alla calma e segreta trama dell'ordine consueto.
Anche gli animali ci fuggono.
Il patto è stato infranto.