Visualizzazione post con etichetta Nexus 6. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Nexus 6. Mostra tutti i post

13 novembre 2018

Nexus 6


Roma, 13 novembre 2018

Vi ricordate Roy Batty, il re pipistrello, leader d’un manipolo di androidi ribelli nel romanzo di Philip Dick, Do androids dream of electric sheep?
Il romanzo servì da ispirazione per il film Blade runner di Ridley Scott: una pellicola di così largo successo da modificare, a posteriori, il titolo dell’opera dickiana, oggi nota quasi esclusivamente come Blade runner.
Da subito possiamo statuire questo: il film, screziato da un romanticismo hard boiled, tipico del giallo anni Quaranta hollywoodiano, è meno complesso del romanzo; e però Blade runner presenta spunti nuovi rispetto al libro, benché tali spunti siano rinvenibili in altre opere dello scrittore americano.
Gli androidi ribelli e sconfitti sono belle prefigurazioni dell’immediato futuro in cui saremo sottoposti al giogo dell’eterno presente amorale e dell’usura.
Andiamo con ordine.

25 aprile 2018

Umanità al guinzaglio (Natalie Portman for President)


Roma, 25 aprile 2018

Elezioni e governo. Mai vista tanta esagitazione fra i commentatori. Ipotesi, insulti, giustificazioni, retroscena, dietrologie. Io mi limito a citare Luigi Pulci, ovvero quel famoso dialoghetto fra il gigante Morgante e lo sgraziatissimo mezzo gigante Margutte (colui che ambiva a farsi gigante intero poi, pentitosi, s’arrestò a uno stadio né carne né pesce):

Morgante:
Dimmi più oltre: io non t’ho domandato
se se’ cristiano o se se’ saracino,
o se tu credi in Cristo o in Apollino.

Margutte:
… a dirtel tosto,
io non credo più al nero ch’a l’azzurro,
ma nel cappone, o lesso o vuogli arrosto;
e credo alcuna volta anco nel burro,
nella cervogia, e quando io n’ho, nel mosto,
e molto più nell’aspro che il mangurro;
ma sopra tutto nel buon vino ho fede,
e credo che sia salvo chi gli crede …


Non luoghi e luoghi. Proprio venerdì scorso ha aperto i battenti un centro commerciale dalle mie parti. Fermata della metropolitana Valle Aurelia. Nome: Centro Commerciale Aura. L’afflusso di persone è stato travolgente: “58 negozi e un ipermercato PAM, Palestra Virgin, Mondadori Bookstore - Libreria, 13 ristoranti e bar”. L’ultimo piano è esclusivo per la gozzoviglia: piadinerie, Old Wild West, delicatessen giapponesi, botteghe del caffè, pizzerie, McDonalds’, squisitezze olandesi, rivendite internazionali di pollo fritto. La metà dei divoratori al tavolo era di origine orientale: cinesi, filippini. Nei piani sotterranei, di fronte alla libreria (bookstore!), il consueto supermercato, gigantesco. Passare lungo le sue navate, da antropologo, mi ha recato un brivido: qui non siamo in presenza di cibo: siamo in un delicato salotto dove tutto è igienicamente sublimato in porzioni simboliche. Due cingalesi sovrappeso si fanno un selfie con le confezioni di latte a lunga scadenza. I pensionati vagano assieme stupefatti e atterriti: nonostante l'abitudine, quell’epitome dell’abbondanza e della vittoria li ha storditi. Lo stile è anonimo, globalista, così come sono anonimi, nel loro generico fascino cosmopolita, i cibi, le marche, le luci, le prospettive. Ogni tanto, per ricordare che siamo in Italia, si ricorre al trucco della nostalgia: un locale si chiama “Il Pane d’una Volta”. Al netto della clientela, potremmo essere nella periferia di Parigi o Melbourne. Gli Italiani credono d’essere i protagonisti di un evento; invece rilevano esclusivamente come la molle cera d’un ennesimo esperimento.
Sono i luoghi, infatti, a determinare comportamenti e appetiti degli uomini quando essi cessano d’essere creatori; non viceversa. Gli Italiani, ormai una sterile accozzaglia di individui senza alcuna peculiarità, vengono qui plasmati quale innocua legione del futuro.