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06 agosto 2021

Calcoli sbagliati


Unreal City, 5 agosto 2021

Leggo in un vecchio libro sciupato: “Mi piace sfogliare i vecchi libri sciupati che si trovano a volte sulle bancarelle dei librai e che hanno contenuto la verità di un tempo. Ci si guadagna una sana filosofia, del tipo di quella che Jacques Bainville riassumeva in questa formula: ‘Tutto è sempre andato malissimo’. E, parola mia, vedendo nel corso del tempo le lagnanze dei contemporanei, la loro nostalgia del passato, i sogni che architettavano per l’avvenire, bisogna riconoscere che gli uomini mai furono contenti del presente”.
La frase è di Jacques Ploncard D’Assac; il libro, sciupato, Apologia della reazione (I libri del Borghese, 1970).
Vi si ritrova un angusto iter metaletterario: D’Assac scopre su un’anonima bancarella un libro di Jacques Bainville che contiene la bruciante verità d’una riga; il sottoscritto, per le medesime vie, la nota di D’Assac; voi, i più fortunati, entrambi i rinvenimenti. Questa coincidenza non è ovviamente tale: si chiama, invece, tradizione. Tradizione della sapienza. Bainville nota, en passant, come la storia dell’umanità sia la cronaca di una decadenza continua; D’Assac approva; io, nel 2021, consento a tale evidenza luttuosa.

L’uomo decade, da sempre. La sua parabola non consiste in un avvicinamento a Dio bensì al Demonio. Liberiamoci da pregresse convinzioni. L’uomo sorge dalla Polvere e dal Fango; la Polvere e il Fango, sotto le spoglie di Satana, ci richiamano infine a loro; durante tale catabasi verso la Dissoluzione, Dio, sotto le spoglie dell’Artista, del Santo e del Sapiente, ritarda l’inevitabile caduta. Ma ora l’Abisso, là-bas, ci reclama; l’occhio scruta il vuoto e ne è avvinto in un’ansia lutulenta in cui piacere e volontà di auto-annientamento si coavvincono come le spire del Primo Serpente. Tutto torna?

L’uomo moderno calcola. Ma i suoi calcoli sono sbagliati. Il feticcio maggiore cui s’è prostrato è quello del progresso. Credersi migliori dei predecessori, o delle epoche del passato, ridotte a un cumulo di crudeltà e perfidie, equivale alla dannazione ultima che lo perderà del tutto. Come dimostra, invece, l’intuizione di Bainville, si deve parlare qui di continua regressione e degradazione. Dirà il Citrullo: “Ma non è possibile! Siamo alla reazione, al dispotismo, all’oscurantismo! Non vedete voi, cari signori, un innalzarsi delle epoche? Un avanzare costante, a prezzo di sacrifici e sangue, verso una umanità migliore, più tollerante e pacifica, consapevole dei misteri di quella Natura che si piega docile sotto la nostra benevola signoria? Guardate il passato: carestie, malattie, privazioni, mostruosità, abiezioni! Non vorrete paragonare le buie viette d’una città europea lorda di escrementi e pustolosi in fin di vita con le autostrade a quattro corsie ove sfilano le silenziose automobili del futuro? E chi cambierebbe, di grazia, quell’orrore con l’attuale presente? Fate un sondaggio e vedrete cosa ne esce!”.

A metà dell’Ottocento la popolazione mondiale assommava a un miliardo. Oggi a più di sette. Esemplare di questa Bengodi dell’evoluzione fu la figura del dottor Ignác Semmelweis che, con blandi e ovvi rimedi antisettici, sconfisse, di fatto, la mortalità infantile e la mortifera febbre puerperale. Il “Salvatore delle Madri” fu un tale Copernico che da un’epoca di vedovi si passò, mercé qualche guerra mondiale, a quello delle vedove. La nobile parabola umana di Semmelweis affascinò molti: a sinistra l’ebrea socialista Anna Kuliscioff, a destra l’antisemita burlone Céline che ne fece il protagonista della propria tesi di laurea in Medicina. E allora? Il mito del progresso, in effetti, abbacina tutti. Ma è un calcolo sbagliato. Occorre una dose criminale di cinismo, astruseria, cattiveria e forza di volontà per dichiarare questo. Eppure … cosa ne abbiamo tratto, noi, da tale appressamento alla felicità? Dai celesti doni di Semmelweis, o di Fleming e Jenner? Un’umanità pletorica, depauperata, debole. Gli Spagnoli che invasero il Sud America, butterati dal vaiolo e decimati dallo scorbuto, conquistarono un continente. Oggi la Spagna faticherebbe pure a invadere Gibilterra. Mi prende male, oggi, sono così! Gradirei un’obiezione, però, di fatto e non in punta di ideologia … la mia famiglia ha visto, in un secolo, come testimoniano alcune lapidi consunte, morti di tetano e di influenza, morti e dispersi in Russia e Affrica, ma le foto dei sopravvissuti, accartocciate e crocchianti, ci parlano di donne e uomini dal volto piano e senza preoccupazioni, addirittura sereno: sereno di fronte a Sorella Morte. Il loro ruolo sociale e metafisico fu stabilito millenni prima - una profondità di cui essi non comprendevano né la distanza remota né la forza della scaturigine: a che pro? Si viveva così, gli affanni e il dolore si stemperavano nella consuetudine da scampati scambiata dagli Illuministi per fatalismo. Matrimoni, battesimi, comunioni e unzioni punteggiavano la vita. Il ruolo, già stabilito, faceva sì che l’individuo fosse sollevato da ogni decisione eliminando psicosi, ansie e schizofrenie. Chi era più libera? La donna sotto il presunto patriarcato o la donnina di oggi, che può decidere, liberamente, di farsi inculare da un cane? Attenzione, nella risposta potrebbero celarsi sbagli di calcolo.

Attraverso la zona di Boccea. Una Punto grigia è parcheggiata contromano. I posti del guidatore e del passeggero sono occupati da due asiatici, forse filippini. Bassi, olivastri, le teste tonde, i radi capelli neri; occhiali da sole; la pelle lustra di sudore. Si rassomigliano come due gemelli. Gli unici movimenti che ne tradiscono l’esistenza in vita son quelli mandibolari; ruminano qualcosa, roteando ritmicamente l’apparato buccale, in sincrono, come due scimmie caricate da un giocattolaio diabolico. Più avanti, sulle strisce pedonali, un’altra asiatica passa di corsa, blaterando in un cellulare a perpendicolo rispetto all’asse facciale. Brutta, bassa, storta: eppure vitale; non pare avere soverchi problemi: il suo ruolo nella società è ben definito, la nevrosi non ne lambisce il cuore; ella può guardare il futuro con sguardo limpido e privo di retropensieri. Come noi, qualche decennio addietro. Lungo il marciapiede, intanto, un africano spazza lentamente e metodicamente un tratto d’asfalto; qualche monetina in un sottovaso da giardino ne remunerano l’attività surrogatoria delle istituzioni, tolleranti verso un abusivismo così ecumenico e paziente. L’edicola è chiusa, la Valentina di Crepax sulla saracinesca irriconoscibile per le scrostature; il bar a mezzo servizio, la chiesa sbarrata, l’alimentari forse defunto. Nel deserto, con l’asfalto reso molle dalla calura, s’aggirano alcuni revenants: un mendicante, un trippone barbuto che reca un metro quadro di pizza unta, due anziani storti e dagli occhi cisposi e diffidenti, un andino dal volto totemico. L’Italia migliora, evidentemente: come facciamo a non accorgercene?

22 febbraio 2020

Passaporto per l'eternità


Roma, 23 febbraio 2020

Avemo vinto, poppolo!
Er poppolo bue!
La Brecsit dirompe la struttura funebre e totalitaria dell'UE!
E da dove traspare questa rivoluzione, signori miei? Perché il sottoscritto non se n'è mica accorto di tale sottosopra ...
Ma dal passaporto, ovvio, cioè dalla massima espressione della libertà del poppolo inglese, simbolo dell'indipendenza, della fierezza e, anche, se permettete, a ben guardare, dell'anima dei mortacci nostri ... ché un poppolo più bue di noi non si trova!
Stretto fra il coglionavirus e il campionato di calcio, l'Italiano, ormai Europeo, ormai niente, non presta soverchia attenzione allo svolgersi umoristico della propria esistenza futura - esistenza che non si conterà in anni o decenni, e nemmeno in secoli, ma secondo la linea comatosa dell'eternità.
E com'è composto tale passaporto, il passaporto di Boris Johnson, blu stavolta, in odio al bordeaux pregresso dei tecnici vampiri di Bruxelles?
Dalla consueta diarchia: usura e politicamente corretto.

19 gennaio 2019

Non brinderò all’altrui tristezza


Roma, 19 gennaio 2019

Se avessi usato la penna d’oca e il calamaio potrei ora affermare: “Non s’eran ancora asciugate le mie note sulle lagne di De André e su Cesare Battisti, allorquando …”; il digitale ti toglie il piacere anche di tali giri di parole, oltre alla bellezza della penna d’oca e dell’inchiostro nel calamaio, ovviamente. Ma cosa sta dicendo!? Ma sì, è inevitabile. La liturgia della scrittura, oggi completamente scomparsa, predisponeva l’uomo a una miglior prosa e una intelligenza superiore degli eventi; la liturgia rallenta, pacifica la mente, ferma la mano frettolosa e la foga, impedisce pensieri scarmigliati, fa disapparire l’inutile. C’è da porre attenzione a molte cose. La carta da scegliere, anzitutto, la posizione di braccia e mani, la calligrafia (la bella grafia), le colature, le asciugature, gli svolazzi, i rientri, la postura, gli eventuali errori, il periodare, i tomi da consultare, spesso sull’ultimo ripiano dello scaffale: quando si era molto fortunati o molto ricchi.

Johann Joachim Winckelmann, l’idealista della grecità, una vita di studioso al servizio di Apollo, uno con le toppe sul didietro, poteva contare, a Jena, se ben ricordo, di una sola ora al giorno nella biblioteca universitaria - una biblioteca che possedeva circa 10000 volumi, frutto di lasciti disorganici (di professori, ex allievi), e che non vantavano nemmeno l’onore d’uno schedario o la possibilità d’esser presi in prestito.