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30 gennaio 2020

Markette complottiste youtubiche [Il Poliscriba]

 
Il Poliscriba
 
Invece di limitarsi alla selce e, in fatto di raffinatezze tecniche, alla
carriola, l’uomo inventa e maneggia con abilità demoniaca arnesi che proclamano la strana supremazia di un deficiente, di uno specimen biologicamente declassato che nessuno avrebbe potuto immaginare capace di innalzarsi a una nocività così ingegnosa


Da La caduta nel tempo di E.Cioran

Non vorrei mai iniziare una personale e inutile riflessione con una citazione, ma il tarlo della lettura che mi prende quando lavoro senza un posto o un contratto, inesorabilmente mi trascina per la china, per la caduta nel tempo che ognuno potrebbe avvertire se solo smettesse di dare ascolto al richiamo della foresta, al forasticus, all’esterno, all’altro da noi.
Ma non è questo il tempo assoluto della discesa, è il tempo relativo, narcisista, che ben si attaglia all’epiteto, al volgare esprimersi nei termini cronologici del: “Non ho tempo”.
Questo non possedere minuti, questo irrefrenabile desiderio di ammassarne sempre più, oltre le 24 ore consentite dalla rotazione terrestre già biblicamente violata, questo condensare o condensato di attimi efficienti che si spera di occupare con le migliori intenzioni, con le ossessive concentrazioni - ecco, forse il lager, il gulag personale è proprio questo serrare il tempo dentro la cementificazione dell’anima - è il prototipo d’ogni ansia apoplettica, statistica, matematicamente divisibile sino all’annientamento dell’essere.

19 marzo 2018

Stiamo tutti cercando qualcosa di reale [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

"C’è sempre un momento nella storia degli uomini in cui la difesa della propria tradizione culturale vuol significare che tutto ciò che è accaduto non è stato vano, che il tormento, la gioia, l’odio, l’amore folle e smisurato per affermare la realtà di una passione, continua a vivere e ad avere un senso. Ma quando, guardando indietro, si pensa di appartenere ad una tradizione non più recuperabile, ci si persuade che il destino non dà nessuna spiegazione e nemmeno l’ombra di una motivazione su ciò che è stato, allora la ricostruzione di un’identità perduta e dimenticata diventa impossibile e rimane soltanto l’angoscia dello sradicamento, la desolazione e la solitudine vissute come incubo quotidiano".

Stefano Zecchi (dalla prefazione a Il tramonto dell’Occidente di Oswald Spengler)

Nel Carmelo si entrava nella cella e un teschio appoggiato sul piccolo scrittoio, accanto al rigido giaciglio, ricordava l’estrema debolezza della carne, il martirio dei sensi, il Golgota, la rudezza della vita di un soldato che conosce il breve sonno, mai ristoratore, di una notte  corona di poche ore, prima del mattutino.

L’eroe, il santo e il mediocre soli possono morire pacificamente, affermava Bernanos.
In questa ribalta da piccola bottega degli orrori che ci si è apprestati a definire società dello spettacolo (bizzarre-freak), il mercante, il cliente e il politico sono la manifestazione infida del sublime giullare, dell’atletico saltimbanco, dell’illusionista, del ciarlatano da fiera che annusano la credulità del volgo, il senso innato della fede, l’atavico desiderio di spostare ogni centimetro del proprio fragile essere in un’incarnazione, nelle radici occulte di un oggetto di culto supremo che, dopo la morte di Dio, ai bordi della strada, è destinato ad essere un’intercambiabile ridda di metempsichici frammenti di un’ Atlantide Iperborea.

La vita è così tremendamente straordinaria a causa dell’ordinarietà della morte.
La paura è talmente ovvia, salutare e diffusa da rendere il coraggio molto poco desiderabile.
La quotidianità è un elenco di azioni sconclusionate, una serqua di aforismi estrapolati da un inedito di Cioran riscritto dal suo eteronimo, Fernando Pessoa.