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23 giugno 2017

Le rivolte che non ci saranno


Pubblicato su Pauperclass il 31 maggio 2016

C’è poco da fare.
Lavoricchiare, tornare a casa tra esauriti e depressi, rialzarsi la mattina.
Il nostro destino, almeno a breve, è segnato.
Non c’è da sperare in rivolte, tumulti, insurrezioni.
Se l’ideologia turbocapitalista (o come la vogliate appellare) cadrà solo per ragioni interne, allora in Italia (l’Italia il cui destino è deciso altrove: Washington, Londra, Bruxelles) si avrà un cambiamento solo per spinte esterne.
Da noi - da noi Italiani, intendo - c’è da sperare poco.
Le cause sono molteplici.
Ne elencherò tre.

1. Non ci ribelliamo perché non ne siamo più capaci.
Gli Italiani non hanno né la mente né il fisico per rivoltarsi contro nessuno.
Su tali aspetti mi sono già dilungato. Non si hanno più né lo spirito di sacrificio né le conoscenze tecniche e organizzative per una azione davvero efficace. Ogni iniziativa è individuale, o gestita da gruppuscoli, o scollegata da un sentire comune e popolare (stavo per dire: patriottico). Parecchi di noi, inoltre, non riuscirebbero a resistere neanche pochi giorni in gattabuia. Ci siamo infrolliti; basterebbe mostrare le chiavi delle celle di Regina Coeli (massicce e definitive), o l’interno di tali celle, o qualcuno degli occupanti d’esse, per indurre allo svenimento parecchi rivoluzionari.
Sapremmo resistere a una manganellata sui denti? Agli schiaffi e ai pugni?