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11 maggio 2020

Breviario di mistica razzista


Roma, 11 maggio 2020

Che l’Italia vaghi in un tenebroso incanto lo si rileva dalle insorgenti minutaglie della cronaca. Improvvisamente, al di là di qualsivoglia ragionevolezza, gli Italianuzzi son usciti a frotte al sole. L’ennesimo decretino non decretava, certo, il tana liberi tutti eppure si lascia fare. Perché? Perché quello che si doveva ottenere è stato ottenuto: l’inoculazione di un vaccino contro la voglia di vivere. Ora i Fratelloni della Buona Morte, paludati sotto le più formidabili sigle, vengono in TV regolarmente a parlare di due o trecento morti quasi col sorriso sulle labbra, un po’ svogliati, quasi guasconi. Son morti altri trecento, erano giovani e forti e sono morti! Come se gliene fregasse qualcosa. Son numeri da circo, come erano, da circo, a fine febbraio, quando, però, la messinscena serviva a terrorizzare il miccame per l’instaurazione del nuovo regno. Adesso due o trecento in più: anche quattrocento, cinquecento! Son numeri, come i numeri digitali della banca. Mica li ha sudati qualcuno quei numeri, servono a ottenere effetti: la schiavitù in un caso, l’usura, altro tipo di schiavitù, nell’altro.

I Fratelloni o Compagni della Buona Morte, appartenenti ad un’antica confraternita del Santo Spirito, paludati con cappucci e lunghe casacche nere, raccoglievano i cadaveri di pastori, braccianti e poveri della campagna romana, li componevano amorevolmente per poi donargli sepoltura dignitosa. Una chiesa li ricorda a via Giulia: Santa Maria dell’Orazione e della Morte. I poveri, nella desolazione dell’agro, si ammalavano inevitabilmente, ritirandosi quindi a crepare nelle grotte, appiè i rivi o nei procoji; spesso soli, dacché il contagio poteva minare la famiglia. Fra i morti numerosi furono i monelli, reclutati giovanissimi nelle piazze di Roma e deportati come carne da cannone nei latifondi: la malaria li coglieva presto. Nudi, le trippe enfie, i loro corpi venivano rastrellati pietosamente; i carri si trascinavano per le secolari carrarecce a ricalco dei basolati etruschi e romani, in un infinito che vibrava per l’assenza della grandezza, intangibile e opprimente. La campagna, intanto, vasta e indifferente, riconciliava nel proprio grembo, chi rimaneva e chi andava, vittime e consolatori, carnefici e giusti. Ognuno aveva recitato la propria parte, la parte che viveva per tramandare la totalità, consegnandola all’eterno.

Ottengo un cappuccino da asporto. Bicchiere di cartone o quel che è, cucchiaino di plastica confezionato, bustina di zucchero, tovagliolino. Mi siedo sulla panchinaccia fuori del notissimo bar. Improvvisamente, poiché dapprima mimetizzate dall’ambiente circostante, fra manifesti stracciati e saracinesche chiuse, emergono due poliziotte locali. No, non si può. Il cappuccio lì, no. Perché. Perché sì. Lo si deve riportare in ufficio o in casa. Oppure, meglio, distillarselo a casa o in ufficio: ci sono le Nespresso con tutte le varianti, non lo sa? E in cammino si può sorbire. No, poiché dovrebbe abbassare la mascherata infettando mezza capitale. E allora ci si mette in cammino col bicchiere, il cucchiaino, il tovagliolo e la bustina. Svoltato l’angolo, mi appoggio su una lurida cassetta dell’ENEL e miscelo la pozione guardandomi attorno come un ladro. Poi m’incammino, sorseggiando. La vetrina mi rimanda l’immagine di un uomo di mezza età, i capelli incolti, un breve velo di barba, il bicchiere di plastica in mano: eccovi servito, col lockdown, un barbone americano della nuova metropoli.

03 gennaio 2019

Terre piatte e alieni di Capodanno


Roma, 3 gennaio 2019

Ho sentito sfiorarmi un vento: l’ala dell’imbecillità
Charles Baudelaire
 
Il buon Massimo Mazzucco, da cui mi separa, oltre a una larga popolarità e all’empatia, che mai ho posseduto, la fegatosa disistima del mondo e degli uomini presenti (egli, al contrario di me, ha ancora qualche razionale speranza), pubblica uno scherzoso post natalizio; su cosa? Sulle convinzioni, granitiche, dei terrapiattari, ovvero di coloro per cui la Terra, la nostra amabile Terra, ha forma, appunto, d’un piatto: è una piattaforma.

https://www.luogocomune.net/LC/20-varie/5115-battuto-il-record-storico-di-velocit%C3%A0-a-piedi

Il succo dello scritto anzidetto: un tal Colin O’ Brady, americano dell’Oregon, “è riuscito ad attraversare l’Antartico”, “da costa a costa”, in solitaria, senza aiuti e rifornimenti esterni se non quelli stipati in una slitta.
54 giorni di marcia e circa 1500 chilometri nelle nevi perenni.
Questo nella realtà. Nelle fantasie dei terrapiattari, però, l’Antartico è il bordo della terra: in tal caso (cioè se le loro fantasie fossero realtà) il Buon O’Brady, avrebbe percorso, sempre in 54 giorni, 20.000 chilometri.
Mazzucco, onde satireggiare la loro teoria, ha finto di aderirvi: di qui il titolo Battuto il record storico di velocità a piedi: