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05 aprile 2020

Resurrezione


Roma, 5 aprile 2020

Lo meritiamo. Sì, meritiamo che due commercialisti ci vengano a dire quali sono i nostri diritti e quali i nostri doveri, comprimendo i primi e ampliando i secondi, a piacimento. L’uno, un mediocre funzionario, l’altro un esserino dalla voce strascicata e annoiata d’eunuco bizantino. Giusto così. Tale farsa discende dall’umiliazione dell’intelligenza perpetrata attraverso decenni di deculturazione. Sostituita, l’intelligenza dei fatti, dai fatti nudi e crudi. Il ridicolo mattinale d’un dei due figuri, irto di cifre e dati incomprensibili, deprime ormai le giornate dell’Italiano medio. Ammesso e non concesso (io, almeno, non lo concedo) che siano veri, congrui e onesti, c’è da notare che i fatti, isolati, sono stupidi. Solo le migliori interpretazioni valgono; non c’è bisogno dell’assicurazione di Nietzsche per convincersene. Ma qui di interpretazioni, valutazioni, sistematizzazioni, non ce ne sono. Rileva solo la brutalità del numero grezzo, isolato, decontestualizzato e gettato in faccia alle passive platee dell’eterno presente. E così, in pieno 2020, in nome della sicurezza nazionale, due tizi che scambiano l’esofago per il piloro, hanno il potere di modellare la vita democratica d’una delle nazioni più avanzate del mondo. Su commissione, certo, però il Potere si concede ormai in tal modo. Le verità sono esposte in evidenza. L’assassino se ne gira coll’impermeabile insanguinato, lasciando impronte su tutto il mobilio poiché ha, nella manica, dell’impermeabile magari, polizia e giudici e politicanti. 

Costituzionalisti cercansi. Questa sciocca figura professorale, compiaciuta o altera, a seconda della complessione morale o del conto in banca (ingrassato, al solito, dai micchi italiani) presume sé stessa versatissima nelle fonti del ius patriae d’ogni tempo. Erudita, altresì, nelle pinzellacchere giuridiche che si celano negli interstizi della volontà dei Legislatori del 1946, sapiente nei cavilli, saputissima nelle gradazioni di decadimento gnostico-giuridico, dalla Costituzione ai regolamenti condominiali; e sofista puntiglioso quando ha convenienza d’esserlo, trasandato allocutore allorché il padrone ha voglia di manica larga. Questo causidico un tanto al chilo, incravattato come un salame e disponibile a tutto, persino a parlare dai più squallidi pulpiti televisivi, gode dell’assenza più formidabile. Dov’è finito? Lo cerco, da giorni, digitando su google il nome delle nostre glorie cattedratiche, così ghiotte, un tempo, a concionare le più esilaranti assurdità su referenda, riforme, abolizioni, competenze. Da google, che scioglie il passato e lo riordina sovieticamente a proprio piacere, escon fuori solo timidi spetezzi. I costituzionalisti s’adeguano alla nuova realtà: “Certo, potrebbe rinvenirsi un tale rischio, ma le procedure di bilanciamento assorbono come air bag costituzionali eventuali cadute nello stato d’eccezione. D’altronde, l’emergenza, caro signore ... ripeto, non esiste pericolo veruno ... come delineai nel mio Le fonti primarie, del 1998, esaminando le codificazioni austroungariche in tempi di sforzo bellico emanate dal von Kolovrat-Liebsteinsky che Lei ben conoscerà ...”. 

10 gennaio 2019

Gli ultimi giorni dell’umanità


Roma, 10 gennaio 2019

Di fronte alla cascata di pongo colorato di Jeff Koons (Play-Doh, 1994-2014) una selva di interrogativi affollarono la mia mente. Erano altri tempi, in cui vagheggiavo con forza la distruzione del nemico. Altri tempi, appunto: pochi anni, in realtà, mi separano da quell’apparizione; ognuno, oggi, pare essersi diviso meioticamente tanto che quell’evento (o meglio: la mia personale reazione a quell’evento) ora sfuma nelle nebbie di un’epoca antidiluviana, ancora vanamente strutturata dalla speranza.

La speranza, infatti, è svaporata via, ineluttabile. Mi appaiono puerili le armi dell’ironia, dell’odio e la potenza brutale del disprezzo contro tale manifestazione del nichilismo. La cascata di creta per bambini di Jeff Koons appare, invece, come uno stadio ulteriore e inevitabile della dissoluzione. Che alcuni uomini (critici, galleristi, babbei) consentano a tale plateale epifenomeno del nichilismo è assolutamente marginale; che il “popolo” non apprezzi l’arte postmoderna è, di nuovo, secondario: la apprezza, infatti, per vie traverse come quando si sdilinque per altri orrori, ben più quotidiani.

05 novembre 2016

Una poesia - Emily Dickinson, Uscii di casa presto ...


Bibliomanzia, l'arte di estrarre presagi da un libro riconosciuto come sacro, o profeticamente ispirato; ovvero come perfetto, inemendabile - un libro a cui nessuno può sottrarre o aggiungere nulla senza turbare un equilibrio miracoloso: la Bibbia e i Vangeli, ovviamente, ma anche Esiodo, Omero, Virgilio; e il Canzoniere di Petrarca, la Commedia, Macbeth, il Faust; e la raccolta poetica di Emily Dickinson, ormai un classico della poesia di tutti i tempi. Si prende in mano il libro, si apre a caso e si leggono poche righe; una poesia vale l'altra: ognuna è una via per accedere a una grande anima poetica che, come Dante Shakespeare Petrarca, riflette il mondo e i tempi, e li riassume in quei pochi etti di carta, nelle nostre mani.
Cosa dire su Uscii presto? Inizia con un moto infantile, fiabesco, e diviene una metafora sessuale ardita, quasi esplicita, ma priva di qualsiasi goffa malizia - malizia spenta sul nascere dal suo innato e raffinatissimo istinto per l'alta mediazione lirica.

Uscii di casa presto, col mio cane,
feci visita al mare;
e le sirene, dalle sue cantine
uscirono a vedermi,

E i vascelli del piano di sopra
tesero mani di canapa,
credendo fossi un topo
rimasto giù, arenato.

Ma non mi mossi finché la marea
non venne oltre i miei umili sandali,
e oltre il mio grembiale e la cintura,
e oltre il mio corpetto,

e parve che volesse divorarmi
tutta, come una goccia di rugiada
sopra la veste di un ranuncolo -
allora anch'io mi mossi.

E il mare fu incalzante alle mie spalle;
sentivo il suo tallone argenteo
sopra la mia caviglia - ed i miei sandali
allora traboccarono di perle.

Finché incontrammo il solido paese,
dov'egli non aveva conoscenti;
inchinatosi allora, col suo sguardo possente,
il mare tornò indietro.

Da Emily Dickinson, Tutte le poesie (traduzione di Marisa Bulgheroni)