28 giugno 2017

Il mondo al contrario


Pubblicato il 24 febbraio 2017 

Gli Ebrei sono il popolo più considerevole della storia mondiale perché essi, posti davanti alla questione se essere o non essere, hanno scelto … l’essere a ogni costo: questo costo fu la falsificazione di ogni natura, di ogni naturalezza, di ogni realtà, dell’intero mondo interiore non meno che dell’esteriore. Essi si trincerano contro tutte le condizioni alle quali, fino a quel momento, a un popolo era possibile vivere, era consentito vivere: crearono, estraendola da sé stessi, un’antitesi concettuale alle condizioni naturali, – in maniera irreversibile essi hanno, nell’ordine, rovesciato la religione, il culto, la morale, la storia, la psicologia nella contraddizione ai loro valori naturali“.

Sono alcune considerazioni di Friedrich Nietzsche tratte da L’Anticristo. Il filosofo va alle radici della décadence cristiana e le ritrova nello snaturamento di valori operato dalla teologia ebraica: “Il prete svaluta, dissacra la natura …“, si inventa cioè un mondo al contrario dove l’antico ordine (di cui l’istinto vitale, la bellezza e la morale erano i fondamenti) viene sovvertito e sostituito da un nuovo ordine assolutamente irreale, antinaturale, piccino, risentito, compassionevole sino all’idiozia.
Tale décadence, inoltre è solo una recita, avverte Nietzsche, “solo un mezzo: questa specie d’uomini ha un interesse vitale nel rendere malato il genere umano e nel capovolgere in un significato esiziale per la vita e denigratorio per il mondo i concetti di ‘buono’ e ‘cattivo’, di ‘vero’ e ‘falso’ …“.
Invertire le coordinate vitali dell’esistenza: questo l’assalto al cielo tentato dalla Globalizzazione.

Straniero in terra straniera


Pubblicato il 27 gennaio 2017

È l'italiano, ovviamente. In pochi decenni l'italiano, questa complessa costruzione di tre millenni, contraddittoria e feconda, multiforme e geniale, è stata vilipesa, mediocrizzata, evirata, prevaricata da una cultura non sua, stupida e vociferante.
I pochi sopravvissuti, coloro che, intimamente, si sentono ancora italiani, sono avviati, dalla consueta spietatezza dell’assolutismo PolCor, a sempre più ristrette riserve antropologiche.
Tutti sottostimano l'accelerazione di questi tempi.
È davvero sbagliato confrontare le mutazioni storiche del passato con la velocità del presente. È come vivere in un razzo sparato a velocità della luce che annienta ciò che si è stati e divora un futuro inesistente. Solo ciò che accade nel breve attimo che preserva la nostra esistenza ha valore: l'hic et nunc verrebbe da dire, ma liofilizzato, reso meschino, utilizzabile. Il cono di luce della sapienza si restringe sempre più; la memoria del pesce rosso, evocata satiricamente per significare la dimenticanza dell'uomo postmoderno è realtà: l'homo novus: un deraciné, soprattutto, slegato da affetti di sangue, da ciò che fu la sua civiltà e felice d'essere gettato nel circo godereccio dell'indifferenza.
Viviamo una rivoluzione digitale e tecnica inarrestabile. Non vi è progressione, solo uno scarto epocale. Un cambiamento di stato effettivo, dallo stato liquido a quello aereo. Dopo decenni di bollitura edonista l'Italia e gli Italiani sono pronti per l'evaporazione totale.

Quella sporca ventina (di milioni)


Pubblicato su Pauperclass il 5 dicembre 2016

Perché ha vinto il no?
Non sono uno stratega, un economista, un demografo, un sociologo.
So, tuttavia, che il potere è da sempre lo stesso, e che la verità dei suoi moventi si cela nei dettagli.
I dettagli sono rivelatori poiché trascurati, in quanto apparentemente irrilevanti, dalla sua volontà di menzogna.
Perché ha vinto il “No”?
Ieri sera, per puro trastullo (i risultati erano già evidenti), ho digitato “Ministero Interno” su google.
Mi è apparso il link principale (www.interno.gov.it) e, sotto, una serie di link minori.
Eccoli:

Elezioni e Referendum
Cittadinanza: consulta la pratica
Concorsi
Immigrazione e asilo
Cittadinanza
Contatti

In parole povere: il Ministero dell’Interno della (sedicente) Repubblica Italiana, ovvero quello che dovrebbe occuparsi del proprio territorio e dei sessanta milioni di individui che lo abitano, ha metà dei sottolink impegnati nel rendere la vita facile a chi Italiano non è.

Il banco del pane


Pubblicato il 17 dicembre 2016

Durante la pausa pranzo chiamo un vecchio conoscente, per un panino e un caffé.
Non siamo amici in senso stretto. La nostra corrispondenza d'animo si basa, piuttosto, sull'appartenenza alla vasta area del reducismo. Reducismo di sinistra, in tal caso. A differenza del sottoscritto, che ama troncare senza preavviso dopo aver a lungo sopportato, egli ha intrapreso una progressiva e sfiancante Via Crucis: dall'apostolato "senza se e ma" si è incamminato verso il Golgota del sinistrume più residuale e ridicolo. Rifondazione, Cossutta, movimentismo, SEL. Non comprendo ancora come un tizio intelligente e sarcastico come lui si sia fatto abbindolare dall'Orecchinato, ma è così. 
A volte anche i migliori si perdono; oppure (ipotesi più probabile) agisce nei cuori una vergogna, un pudore: è la nostalgia di ciò che fummo. Abbandonare il passato equivale ad abbandonare una larga parte di noi stessi e perciò vi rimaniamo attaccati con ogni scusa e forza, al di là di quella ragionevolezza imposta dalla cruda disamina dei fatti. 
SEL! Torna a suo merito, comunque, l'esserne scappato a gambe levate. Per sfotterlo a volte lo chiamo "Il Sellin fuggiasco".
Invece del bar usuale insiste a portarmi presso un ipermercato che ha aperto i battenti lungo un'importante via romana.

Teste rotte e nasi insanguinati


Pubblicato il 3 dicembre 2016

Mentre scrivo questa nota le clientele, i venduti, i parassiti e gli apparati statali sono alacremente al lavoro per ribaltare l'esito del referendum, da “No” a “Sì”.
In queste ultime settimane, intuendo di essere alla frutta, se non peggio, tali squallide falangi si son spese molto per l’ennesima, sanguinosa, battaglia di trincea.
È quella che io chiamo "guerra civile italiana".
Una vasta e trasversale accozzaglia di individui, gruppi di pressione, mafie sindacali, imprenditori sanguisuga, eterni politicanti, magistrati-zerbino al soccorso del potente (è di oggi la notizia che la Cassazione ha annullato le condanne di Del Turco), corrotti di varia natura e citrulli assortiti (piddini e sinistrume vario) pre-sente aria di disfatta e, quindi, per puro spirito di conservazione, ha tirato fuori il mazzo truccato.
Servirà questa mobilitazione di traditori a deviare l'esito del voto?
Resto moderatamente ottimista, per il semplice fatto che il fronte del "No", trattato come una legione di bifolchi e appestati, si nasconde ai sondaggi e alle moine governative.
E tuttavia non è detto che trucchi, brogli, propaganda e cretinaggine non abbiano la meglio.
In tal caso, nel caso di una folle vittoria del "Sì", il progetto di eliminazione dell'Italia e degli Italiani subirà una brusca accelerazione.
Ne sarà parzialmente rinvigorito anche il progetto, parallelo e più vasto, degli Stati Uniti d'Europa, che ha per mira la distruzione, fisica e psicologica, dei popoli del Sud e delle loro già morenti democrazie.
E per quanto riguarda chi si oppone?
Per chi si oppone cadrebbe l'ultimo tabù, quello della democrazia.
Ci si troverebbe a scegliere, quindi, fra mortale inazione e rivolta.
Conviene citare una battuta dall'Enrico IV di Shakespeare. La recita un magnifico perdente, Percy Hotspur; la recita alla moglie che non lo vuol lasciar andare in guerra, la guerra civile contro il futuro Enrico V, quello di Falstaff:

"Via, via, sciocchina! Amore? Io non ti amo; non m'importa di te, Kate. Non è questo un mondo per giocare a bambole e giostrare con le labbra. Dobbiamo avere nasi insanguinati e teste rotte, e anche darle. Perdio, il mio cavallo!"

Hotspur poteva starsene in pace al castello e invece va a farsi ammazzare.
Il busillis.
Fare come Percy “Sperone di fuoco”? Saranno, allora, tempi per teste rotte e nasi insanguinati.
Oppure no. Quieta non movere et mota quietare. Tutti fermi. 
In tal caso, temp il più probabile, ci saremo meritati tutto quello che verrà. E i “No” e tutti gli strepiti e i furori di questi giorni, nel concatenarsi degli eventi storici, rileveranno solo come la flebile increspatura di un suicidio epocale.

27 giugno 2017

"E benvenuti a 'sti frocioni ..."


Pubblicato il 30 novembre 2016 

Mi son da poco rivisto uno degli ultimi rantoli della commediaccia all'italiana: Fracchia, la belva umana (regia di Neri Parenti, 1981).
Riassumo la trama per i quattro o cinque che non l'hanno visto: la vita del goffo impiegato Giandomenico Fracchia (Paolo Villaggio) è stravolta da un imprevisto; egli rassomiglia, come una goccia d'acqua, a un criminale folle e sanguinario soprannominato la Belva Umana (ancora Paolo Villaggio). Sulle tracce dello spietato psicopatico (con qualche problema edipico; la madre, oppressiva, è interpretata da Gigi Reder) son tutte le polizie della Repubblica: i Carabinieri, la Digos e, ovviamente, la Polizia di Stato guidata nella caccia dal Commissario Auricchio (Lino Banfi).
Le tre polizie, felicemente disorganizzate, l'una all'oscuro di ciò che fa l'altra, arrestano l'uomo sbagliato, ovvero il povero Fracchia; e lo arrestano per tre volte, sottoponendolo a perquisizioni e sevizie sempre più brutali (alla fine dovranno rilasciargli un documento per distinguerlo dalla Belva, ma servirà a poco ...).

Modello Boldrini (l’armata delle lacrime)


Pubblicato il 28 ottobre 2016

Sull'accoglienza del migrante o profugo o quant'altro posso dire una cosa: è una delle cause della nostra disfatta come nazione.
Non ho, parimenti, alcun dubbio che tale disfatta sia voluta e pilotata.
Voluta a vari livelli, non sempre comunicanti fra loro.
La migrazione di massa fa data da un'altra disfatta, quella dell'Unione Sovietica. Fu quella disfatta ad aver liberato gli spiriti del vaso di Pandora della globalizzazione più folle. 
La globalizzazione di uomini e merci dura da almeno venti anni, e oggi gode di una recrudescenza fortissima a causa delle guerre che la Nato ha scatenato.
Essa è alla base del deterioramento del tessuto sociale, economico e urbanistico italiano.
Guardate Roma: tutti ad arrovellarsi su cosa fare per Roma, come guarire Roma, come risollevare la comabonda Roma.
L’unica cosa che nessuno ammetterà mai è che l'immissione nella città di almeno mezzo milione di individui (senza qualifica, senza controllo e senza alcun rapporto con la comunità preesistente) la vera e precipua causa dell'abbassamento della qualità dei servizi e di un'anarchia sociale senza precedenti.

Cronache dalla provincia profonda


Pubblicato il 25 novembre 2016

Venerdì. Parto per il mio annuale pellegrinaggio nel Viterbese, a ridosso dell’Umbria.
La raccolta delle olive.
Col tempo questa ricorrenza è mutata nel mio animo.
Qualche anno fa era una ricorrenza felice, con dei pallidi riflessi orgiastici, una sorta di Dionisiache dell’autunno.
Oggi assomiglia a un itinerario del dolore, della privazione.
Già quando si scavalla sulla Cimina ci si accorge che qualcosa non va.
I castagni lungo la strada, che una volta donavano liberamente e spontaneamente i loro frutti, oggi sembrano stitici. Ricordo che, negli anni passati, decine di viaggiatori fermavano le loro auto sul ciglio della strada per fare incetta dei ricci caduti sulla strada e passare, quindi, la serata accanto al fuoco.
Oggi di castagne non se ne vede ombra.
La produzione è a picco.
Forse un parassita, forse il diavolo. Le piante hanno un aspetto malaticcio. Il mio minuscolo castagneto, d’altra parte, è abbandonato da qualche tempo, e ormai infruttifero.
Questa la campagna. Un tempo donava, oggi bisogna strapparle i frutti a bastonate di anticrittogamici e pesticidi, come un vecchio ronzino renitente.

Il colonnello fa bella casa


Pubblicato su Pauperclass il 18 ottobre 2016

Mi sveglio verso le sei e mezzo, come sempre.
Accendo la televisione, aziono il televideo: no, Napolitano non è ancora morto.
Mi preparo.
Azioni di routine.
Esco verso le sette e un quarto circa.
Vicino casa noto due mezzi dell’esercito.
Soldati.
Gran vociare in dialetto stretto.
Qualcuno canta, addirittura.
Il colonnello, al terzo o quarto piano, fa bella casa.
Presto si sentirà raschiare furiosamente; poi avverrà la silenziosa, metodica, rasatura dei muri; quindi il colore (un bell’albicocca?).
Più qualche lavoricchio qua e là.
Una corvée in nero che i Nostri baldi giovani non disprezzeranno.
L’episodio mi fa venire in mente un altro ufficiale, protagonista del penultimo Kubrick, Full metal jacket; egli affermava, rivolto ai propri sottoposti, e riferendosi alla guerra in Vietnam, con tono distaccato: “Qui abbiamo un gran panino imbottito di merda e tutti quanti devono ingoiare il loro morso“.
Quando c’è una guerra, o una crisi, o una carestia, ciascuno dovrebbe fare la propria parte, infatti.
Ma non funziona mai così.
Funziona, invece, in quest’altra maniera: alcuni gustano pasticcini nelle retrovie, altri mordono il panino imbottito di merda due volte.
Oppure: alcuni degustano ostriche nelle furerie saccheggiate, altri mordono il panino tre o quattro o cinque volte; tante volte quanto è necessario a mandare in tavola le ostriche anzidette.
Anche questa è una guerra, però: la guerra civile italiana.

25 giugno 2017

L'umanità è inutile


Pubblicato su Pauperclass il 27 giugno 2015

Per il potere l’umanità è ormai inutile.
Si dovrebbe far nostra questa semplice e implacabile realtà. Per rassegnarci, o per tentare un’azione finale.
Gli esseri umani sono pedine di un gioco planetario, vecchi donne e bambini, così come sono tasselli del gioco le esistenze di intere nazioni: l’Iraq, l’Iran, l’Egitto, la Siria, la Grecia, l’Italia; Mesopotamia, Persia, Sicilia, Alessandria, Damasco; vi dicono qualcosa tali nomi? Sono i centri creatori della filosofia, del diritto e dell’arte: più che luoghi geografici vaste regioni dell’animo. Rappresentano la storia, la fede, la conoscenza e la morale come l’abbiamo vista fondare e vivere da millenni; e ora assistiamo alla loro svendita, come un oggetto su ebay.
Una cosa è sicura: se prima il ricco aveva bisogno del povero e del dominato per prosperare ulteriormente, ora no, non ne ha più bisogno. Tecnologia e finanza congiurano all’inessenzialità del dominato, dell’uomo nella sua più intima essenza. Carne d’avanzo, insomma. Altro che dialettica marxista-brechtiana! Altro che antropocentrismo rinascimentale! Addio uomo di Vitruvio!
Siamo alla fine dei tempi, stiamo lentamente discendendo il tubo del tritarifiuti.

Il respiro dei nostri padri


Pubblicato su Pauperclass il 14 ottobre 2016

Cosa ne sarà dei giovani italiani quando i padri e le madri esaleranno l’ultimo respiro?
Tempi impensabili aspettano i ventenni, i trentenni e i quarantenni italiani; quelli che, oggi, smanettano allegri in metropolitana o chattano tontoloni passando da un lavoricchio all’altro mentre il Bullo di Firenze (uno dei tanti usurai), tra una barzelletta e l’altra, gli smonta il welfare, il futuro e il loro stesso paese, lentamente, con la sicumera e l’arroganza del vassallo, ogni giorno, bullone dopo bullone, legge dopo legge, comma dopo comma, capoverso dopo capoverso.
Che ne sarà di loro?
Possibile che non dimostrino nessuna vera inquietudine?
Possibile che gli sbocchi di bile, un impasto irrazionale di odio cieco e rassegnazione, vengano solo a chi ha già dato alla vita, come me?
Possibile che nessun giovane ventenne o trentenne o quarantenne si accorga che c’è una bestia immane celata nell’ombra del suo destino?

La guerra civile italiana


Pubblicato su Pauperclass il 4 ottobre 2016

Uno cresce con alcune idee in testa.
Si passa la vita credendo di esserne l'artefice e invece, nella maggior parte dei casi, sono semplici foglietti appiccicati sulla coscienza.
Si nasce in un ambiente e si assimila una determinata concezione.
Si studia in alcuni luoghi e quell'idea si insinua naturalmente nella cervice.
Purtroppo interviene il tempo, supremo giudice.
Franco Battiato cantava: "Il tempo cambia molte cose nella vita/ il senso le amicizie le opinioni ...", e io rispondo, sempre colle sue parole: "si sente il bisogno di una propria evoluzione/sganciata dalle regole comuni/da questa falsa personalità ...".
I conformisti rimarranno della loro idea per tutta la vita, felici e arroganti insieme: chiameranno tutto questo "coerenza".
Gli individui propensi al pensiero critico passeranno, invece, metà dell'esistenza a prestar fede a ciò che nell'altra metà porranno disperatamente in discussione. I voltagabbana di sé stessi.
Rischiare, assumersi colpe, rinunciare al letto caldo del conformismo, questo non è per tutti.
Il conformismo, infatti, è una droga potente; occorre un'operazione maieutica di lancinante dolore per sfuggire dal suo bozzolo: non tutti sono disposti a compierla.
Facciamo un esempio.

Prepararsi alla morte


Pubblicato su Pauperclass il 31 agosto 2016

Sento che la vita, quel trito susseguirsi di fatti a cui mi costringe la società attuale, il Conglomerato Plutocratico della Bontà e del Progresso, ha poco significato.
Riecheggio Montale: "La vita è questo scialo/di triti fatti, vano/più che crudele".
Non mi riferisco al suicidio, in tal caso, ma al tramonto di un mondo che non è più (il mio) e al sorgere di un’esistenza nuova e diversa, che mi rifiuto di godere e vivere, e da cui voglio sempre più rendermi straniero, in una sorta di romitaggio intellettuale, morale e fisico.
Ogni uomo che, in cuor suo, combatte non solo contro un nemico che odia, ma che sente quale assolutamente altro, un nemico che intende sradicare e soppiantare ex novo il suo mondo, quel mondo che donava barlumi di senso all'agire e al persistere su questa terra - questo tipo di uomo sa quando occorre appartarsi.
Egli presagisce sicuro la sconfitta, e quella sconfitta, che sa già rovinosa, non sarà una resa a chi è superiore, o un banale cedimento di territorio, e nemmeno un'onta possibile a  riparare con una vendetta in un futuro più o meno prossimo.
No.

Cerco un centro di gravità permanente


Pubblicato il 29 luglio 2016

Grande è la confusione sopra e sotto il cielo, e il Potere ci sguazza alla grande.
Inversioni, cambi di campo, voltagabbana dal giorno alla sera, sospetti, deduzioni geopolitiche, futurologie, interpretazioni del passato a uso del presente.
Il terrorismo a chi giova? A destra, a sinistra, ai fascisti, ai nazisti, ai populisti, a Trump?
Erdogan si è fatto il golpe da solo? Sì, no, forse, è la CIA, no sono i perfidi giudei che controllano la CIA, Erdogan è un dittatore amico dell’ISIS, anzi no, ha fatto la pace con Putin …
Difficile districarsi in tale ginepraio di interpretazioni: opposte, discordanti, arroganti, allusive, concilianti … chissà se fra una strage e l’altra, in questa estate irreale e metafisica del 2016, esiste un filo di Arianna da seguire.
A mio avviso c’è, è sempre quello; sta lì da parecchi decenni, anche se ha è più visibile – spesso e ben teso – dopo il 1989. Ci si può scannare, umiliare; possono esplodere bombe, si possono sgozzare preti, estinguere etnie, ma il nostro filo di Arianna è sempre lì, a guidarci nel labirinto, in bella vista peraltro. Ma attenzione! Esso ci porterà nelle fauci del Minotauro, invece che all’uscita, se, a ogni svolta, a ogni andito, a ogni parete specchiata, a ogni gomito dei cunicoli di Cnosso noi ci facciamo distrarre da strepiti, grida e falsi profeti.
Il Potere senza patrie e bandiere il programma ce l’ha e si articola in due punti:

Bestiario estivo


Pubblicato il 3 agosto 2016

LE LUSIADI

Vi ricordate Luigi Lusi, l’ex tesoriere della Margherita?
Il birichino, dopo aver sottratto decine di milioni alle casse del partito, li aveva fatti rientrare (previo giretto in Canada) dalla finestra spalancata dello scudo fiscale, investendo, quindi, in Italia, su varî immobili. Eventuali spiccioli ebbero, invece, a confluire su un suo conto personale.
Dopo lunghe e minuziose indagini – talmente minuziose e occhiute che alcuni magistrati avranno di certo acquistato un paio d’occhiali da riposo – Lusi fu rinviato a giudizio per appropriazione indebita e condannato in primo grado a otto anni.
Dopo una meditazione claustrale presso il Santuario della Madonna dei Bisognosi (eletto a sede degli arresti domiciliari), Lusi, con la coscienza resa adamantina da tale lavacro di spiritualità, emise un proprio personale controcazzo: “Non erano nella mia disponibilità quelle somme, giammai! Ero solo una rotella nell’ingranaggio! Eseguivo gli ordini di Rutelli, Franceschini, Bianco, Letta! Sono loro le anime nere! Sono una vittima!“.
Rutelli, Franceschini, Bianco, Letta e compagnia reagirono come leoni feriti. Vergognati ladro! gli urlarono dietro.
Sbalestrati da tali rivelazioni i magistrati si chiusero in un pensoso riserbo.
Pensarono a lungo.
Poi ci ripensarono ancora.

"Del negro morto nun me ne frega niente"


Pubblicato su Pauperclass il 13 luglio 2016

Io non so’ razzista, ma a me del negro morto non me ne frega niente. Quello stava a cercà’ qualcosa da rubà’ e ha trovato qualcuno più tosto de lui. Poi il resto so’ tutte fregnacce. Ma quello che stava a fà’ in Italia? Dimmelo tu perché io non lo so. È fuggito dalla guerra? Non ce credo manco se me lo dice la Madonna. Dalla guerra? Ma che guerra … so’ tutte fregnacce. Vengono perché trovano l’America … e che America! Allora divento profuga pure io … dove se firma? Credi che sto a scherzà’? Io baratto la vita mia con quella de profugo … subito! Io fuggo da ‘na guerra, ma una vera mica finta … a me l’Italia m’ha dichiarato guerra, l’Italia m’ha r-o-v-i-n-a-t-o … lo Stato Italiano me vole morta … ecco la verità … dopo cinquant’anni de lavoro [al mercato ortofrutticolo] ho dovuto vende tutto, pure il banco … adesso vivo co’ mi sorella che sta ferma a letto … in due camere … una pensione ci paghiamo l’affitto e le bollette, coll’altra ce campamo … aspettiamo aspettiamo, ma che? L’invalidità, l’accompagno … qualcosa … se no è dura …ma bisogna conosce qualcuno … profuga … come no … anzi, meglio … moglie de un profugo morto ammazzato così me sistemo tutta la vita a spese vostre … faccio la vittima … bisogna sapesse vende … se ritorno indietro de’ cinquant’anni una solo cosa faccio: non lavoro … perché chi ha lavorato per davvero dentro ‘sto paese ora fa il pezzente … e allora non me devi [rompere le scatole] co’ ‘sta storia del morto che a me non me ne frega niente. Me devo vergognà’? E allora me vergognerò … a settant’anni sonati sai che paura …”.

La cosa inquietante di questo sfogo (che ho raccolto sul tram 8 a Roma, e che non era diretto a me, ma a un compagno di sventura della signora) è che anch’io provo i suoi stessi sentimenti.

Strage allo Strega (racconto fantastico)


Pubblicato il 7 aprile 2015

Il romanzo di Elena Ferrante è strepitoso. Lo so che non si comincia mai una descrizione da un commento, meno che mai enfatico, lo insegnavano a scuola: si spiega com’è fatto l’oggetto, poi chi legge gli aggettivi li trova da solo. Se gli piace, se non gli piace e perché. Però per una volta, per questa volta, mi sembra che per orientarsi nella sterminata galleria di titoli in uscita serva un dito che indichi senza paura: quello, fidatevi. La figlia oscura è un libro delicatissimo e sfacciato, preciso ed evanescente: fa male come un taglio, cura come  un balsamo. È un pensiero che bussa senza trovare posto, va via, torna, bussa ancora, entra infine, si accomoda in quell’angolo buio in fondo alla stanza e lì resta fermo a guardarti, Come avrà fatto Elena Ferrante a scoprire il segreto? Lo sapeva già da subito, lo  ha cercato per anni? Come ha fatto a restituirlo in una forma narrativa cosi limpida? È così facile dunque, basta davvero scostare la tende per trovarlo?
Avevo appena scorso le ultime righe di tale recensione (di Concita De Gregorio; titolo: Madre di bambola); una spossatezza improvvisa mi colse e presto passai dal dormiveglia degregoriano a una letargia piombigna. Ancora sotto l’effetto di quelle scempiaggini, il cervello fu rapito da un’insana fantasticheria. Un sogno; abbastanza nitido, ma dalle tipiche correlazioni sospese: come spesso accade in quelle impalpabili visioni, il rapporto di causa ed effetto svaniva per ospitare una logica degli avvenimenti che, relativamente alla visione onirica stessa, appariva ferrea e indiscutibile, ma che, rispetto alla realtà del quotidiano, vantava lo status irrimediabile della follia.

24 giugno 2017

De profundis per la vecchia umanità


Pubblicato su Pauperclass il 6 luglio 2016

Di guerre per l'Occidente ne rimangono poche.
L'Occidente ha vinto. La sua vittoria ideologica è così schiacciante che può addirittura permettersi di scomparire. La sua eredità spirituale persisterebbe comunque.
Gli unici avversari ideologici a questa avanzata sono le nazioni che assommano più storia e che, quindi, non vogliono (forse in modo inconsapevole) sottostare a tale imperio del nulla. Ho detto nazioni, ma intendevo: regioni dell'anima. La Russia e alcune parti dell'Islam resistono; la loro battaglia, però, è senza speranza. Potranno, al massimo, ritardare la sconfitta - una sconfitta, lo ripeto, della mente e dei cuori.
Il materialismo occidentale avanza come un blob immondo. E va bene a tutti. Vi saranno scontri militari, eccidi? Sicuramente, ma l'uomo del futuro (fra cui militerà il russo e l'islamico) è ormai avviato alla pace perpetua, a uno stato di torpore spirituale, all'onnipresente Nirvana: egli anela la fine della storia, non vuole più agitarsi; in fondo ha tutto disponibile: una casa di cartone, gadget da quattro soldi per cui si è indebitato a vita, una soddisfacente connessione hyper wi-fi che gli consente i giochi, la pornografia in HD e la messaggistica istantanea. 

La seconda carriera di Adolf Hitler


Pubblicato su Pauperclass il 28 giugno 2016

Adolf Hitler pone fine alla prima parte della propria carriera politica col suicidio, il 30 aprile 1945.
Il 1 maggio ne inizia una seconda, lui inconsapevole: quella di tetragono e instancabile difensore della democrazia occidentale.
Quando un Nuovo Ordine soppianta quello Antico, le spoglie di quest'ultimo vengono sempre utilizzate quale arma a difesa dei vincitori.
Perseo taglia la testa alla Gorgone e poi se ne serve per pietrificare i suoi nemici; Ercole scuoia il Leone di Nemea e ne fa un'armatura; Apollo uccide il gigantesco serpente Pitone: la pelle d'esso ricoprirà il tripode della Pizia, sua novella sacerdotessa.
L'Occidente uccide Hitler e utilizza i macabri resti del nazionalsocialismo per terrorizzare chiunque attenti, sia pur lontanamente, alla struttura ormai inconfutabile del capitalismo liberale.

Più felicità per tutti


Pubblicato su Pauperclass il 14 giugno 2016

La storia accelera, è indubbio.
Ma gli uomini rimangono sempre lo stesso vile fango.
Ad accelerare è, infatti, sempre e solo la tecnica: le mirabilie della comunicazione, dell’ingegneria, della cibernetica.
Questo grandioso e immane movimento, davvero spettacolare se guardiamo allo sviluppo degli ultimi trecento anni, avrà tale semplice esito: l’inutilità dell’essere umano. Sì, gli uomini non servono più a niente se non a rilevare quali consumatori (sempre più residuali).
Si è messo in moto un Golem che sfuggirà ai propri creatori, questo è sicuro.
E cosa farà il potere? Se l’uomo diverrà inutile (disoccupazione e sottoccupazione avranno percentuali bulgare) quale futuro avrà la forza di plasmare?
Sterminio di massa? Repressione? Persuasione alla schiavitù? Redditi minimi di cittadinanza? Un socialismo assistenziale planetario?
Una soluzione provvisoria potrebbe essere: più felicità per tutti.
Se all’uomo dai un po’ di pane e un I-phone fiammante quello sarà felice.
Garantito.

Piddini in lutto


Pubblicato il 21 giugno 2016

Di una cosa sono debitore verso le elezioni di Roma: vedere i cari compagni del PD tutti in gramaglie, silenziosi e ideologicamente tumefatti, mi ha risollevato il morale.
Si campa anche di tali esili soddisfazioni.
Ieri sera, con cinico tempismo, mi sono recato in uno dei quartierini piu sciccosetti della Capitale Immorale (il diminutivo si attaglia perfettamente al piddino): una fetta di territorio che, tre anni prima, aveva regalato percentuali bulgare al partito Quisling italiano (l’unico Municipio in cui il rappresentante sinistro era stato eletto al primo turno). Più un paesello che un quartierino: si respira un’arietta bohemienne, di rilassata nullafacenza. È abitato in maggioranza da quella parte della sinistra che amo definire high casual (attori, funzionari RAI, giornalisti, operatori del sociale, ereditieri): un generone con rassicuranti conti bancari, proprietà e rendite di varia natura. Se la passano bene, senza sudare una stilla, e la loro way of life ostenta, come detto, una sobrietà (di vestimenti, di modi, di fattezze) che è anche un indelebile marchio antropologico: jeans, magliettine, scarpe piane, foulard, pagliacciate etniche. Quarantenni e cinquantenni, di modi gentili, pacati, pur se feroci nella loro sotterranea rivendicazione di classe che, alla fin fine, viene sempre fuori.

23 giugno 2017

Le rivolte che non ci saranno


Pubblicato su Pauperclass il 31 maggio 2016

C’è poco da fare.
Lavoricchiare, tornare a casa tra esauriti e depressi, rialzarsi la mattina.
Il nostro destino, almeno a breve, è segnato.
Non c’è da sperare in rivolte, tumulti, insurrezioni.
Se l’ideologia turbocapitalista (o come la vogliate appellare) cadrà solo per ragioni interne, allora in Italia (l’Italia il cui destino è deciso altrove: Washington, Londra, Bruxelles) si avrà un cambiamento solo per spinte esterne.
Da noi - da noi Italiani, intendo - c’è da sperare poco.
Le cause sono molteplici.
Ne elencherò tre.

1. Non ci ribelliamo perché non ne siamo più capaci.
Gli Italiani non hanno né la mente né il fisico per rivoltarsi contro nessuno.
Su tali aspetti mi sono già dilungato. Non si hanno più né lo spirito di sacrificio né le conoscenze tecniche e organizzative per una azione davvero efficace. Ogni iniziativa è individuale, o gestita da gruppuscoli, o scollegata da un sentire comune e popolare (stavo per dire: patriottico). Parecchi di noi, inoltre, non riuscirebbero a resistere neanche pochi giorni in gattabuia. Ci siamo infrolliti; basterebbe mostrare le chiavi delle celle di Regina Coeli (massicce e definitive), o l’interno di tali celle, o qualcuno degli occupanti d’esse, per indurre allo svenimento parecchi rivoluzionari.
Sapremmo resistere a una manganellata sui denti? Agli schiaffi e ai pugni?

L'Europa lavora di bianchetto


Pubblicato su Pauperclass il 24 maggio 2016

Queste sono annotazioni poco serie; non dovreste tenerne conto se non come divertissement.
Di più: avrebbero da essere vergate nel diario di un pazzo e lì custodite. Ma ogni tanto uno sfogo ci vuole, e questo, per vantare efficacia deve essere rivolto a qualcuno. La coscienza non può chiudersi continuamente nel recinto di un perbenismo superficiale e sorvegliato: ha bisogno, invece, di allentare di qualche buco la cintura che tiene le trippe, la bile, il risentimento, il non detto, ed esige un pubblico a tali sconce eruzioni di verità.
Per cui, eccoci qui.

E così in Austria ha vinto il candidato verde ed europeista.
Sconfitto il terribile ultranazionalista Hofer.
Grazie al voto postale. Più di 800.000 austriaci migratori hanno ribaltato l’esito elettorale sancito dagli austriaci stanziali.
Il distacco fra Hofer e l’altro tizio era superiore ai tre punti (51 e frattaglie contro 48 e frattaglie), e poi, dopo una notte di riflessione, con molta calma, sono state aperte le buste del Rischiatutto … e, per dirla con Gadda, da mane a sera c’è stato er controcazzo.
Gli exit poll sul voto postale prevedevano circa tremila voti di differenza finali fra Hofer e l’altro tizio; si è visto poi che erano in realtà 30.000.

Prigione Italia


Pubblicato su Pauperclass il 10 maggio 2016

Ho il privilegio di poter quantificare il grado fisico di felicità di cui ancor godevano gli Italiani qualche decennio addietro.
I miei genitori arrivarono a Roma nel 1967. Due provincialotti inurbati, come tanti.
Senza particolari ambizioni e pretese. Vivevano. Allora la vita si coglieva dai rami, e nessuno s'interrogava granché sul futuro. Si era dolcemente trasportati dalla corrente. I due risparmiarono ferocemente per quindici anni, poi, nel 1982, accesero il mutuo per la loro prima casa. Durante il trasloco si portarono via anche una scatola da scarpe molto speciale. Era il loro archivio.
La tenevano in un vecchio armadio, in fondo, quasi dimenticata. In essa, una normalissima scatola di scarpe, trovava spazio l'intera loro vita burocratica.
Ricevute d'affitto e del riscaldamento, quietanze condominiali, comunicazioni INPS, rate per l'acquisto d'un paio d'elettrodomestici (lavatrice e lucidatrice), il canone RAI, persino un fascio di telegrammi di felicitazioni per il matrimonio.
I rapporti con le società di luce, telefono, acqua e gas erano sporadici e chiari. Ti dò un servizio e tu paghi: un bigliettino liberatorio di pochi centimetri quadrati tedtimonierà questo nostro patto. E basta.
La vita burocratica dei miei ascendenti maggiori (nonni) era ancor più scarna. Anche qui: poche bollette (non avevavo manco il gas metano, nè condominio, nè caldaie) e qualche statino della pensione. Eppure era gente che lavorava e produceva. Lo Stato però si limitava a vigilare: in maniera quasi benevola, distaccata, umana.

Sulla chiusura di Comedonchisciotte


Pubblicato su Pauperclass il 20 aprile 2016

Non conosco i reali motivi della chiusura del sito Comedonchisciotte.
Non posso ardire di scoprirli (ignoro, peraltro, chi siano i suoi validi amministratori, di cui solo ora ho appreso i nomi in codice: Tao e Truman).
Forse le cause di tale decisione, drastica, sono banali. Chissà.
La vicenda, però, stimola a qualche breve, seppur incompleta, riflessione.
Sulla controinformazione in generale, e su me stesso; io non sono nessuno, ma, ostinandomi a interpretare la realtà alla modesta luce della mia intelligenza e delle mie conoscenze, mi reputo parte di questo mondo.
1. L’improvviso e brutale messaggio con cui uno dei due amministratori comunicava a tutti l’intenzione di lasciare non mi sorprende. Lo trovo, anzi, ragionevole. Umano. La corda si tira, si tira sin allo spasimo, e poi si rompe. Noi rimaniamo scioccati dall’ultimo evento solo poiché ignoriamo ciò che lo ha preceduto. Come quel personaggio di Hemingway a cui domandano: “Ma come hai fatto a ridurti così?”. E lui: “Prima un po’ alla volta e poi tutto insieme”.
Lo stress e le disillusioni lavorano interiormente, senza soste. Una malinconia nera avvelena lenta il sangue. D’un tratto la corda si rompe. Improvvisamente sentiamo che tutto ciò che è stato edificato è un nulla, una sciocchezza. Si cerca di perseverare per un po’, a fatica, quindi si lascia. Definitivamente. Si prova persino disgusto per tutto ciò che, una volta, occupava e dava senso alla nostra esistenza: di qui la volontà di annientare tutto in una sorta di novello “Muoia Sansone con tutti i filistei!” (pare che Comedonchisciotte andrà offline, annientando, in tal modo, dieci anni di materiale).

19 giugno 2017

Roma non va governata, va demolita


Pubblicato su Pauperclass il 17 aprile 2016

A Roma è facile svegliarsi stanchi.
Solo il pensiero dello spostamento fisico all’interno della città provoca scariche chimiche depressive.
Il rantolare degli autobus, le banchine della metropolitana rigurgitanti, un clangore sordo, costante, di trombette, di sgommate brucianti, clacson, motori imballati, chiacchiericcio telefonico, stupidaggini, suonerie coprolalie: un bordone che pian piano, per abitudine, o forse perché il corpo non può resistervi, scade nell’inudibile, anche se ce lo teniamo dentro, tutto il giorno, e quello lavora nell’anima, fino a svuotarla; e, poi, il paesaggio urbano: ai limiti dell’incubo postatomico: cassonetti sventrati, campane per il vetro bruciate, muri lordati dai writer, merde di cane, marciapiedi sbrecciati e infestati dalle erbacce – erbacce fiorenti, nonostante lo strato compatto e annoso dei rifiuti depositato negli angoli: involucri di merendine, carte unticce, lattine schiacciate, cariche telefoniche, polvere, mozziconi, schegge di plastica scolorite, residui di copertoni; e la promenade, sempre uguale, e sempre depressiva: una teoria interminabile di bar, pizzerie, kebabberie, yogurterie, gelaterie, patatinerie, tavole calde, nail bar, tea room, rosticcerie kosher, lounge bar, piadinerie, supermercati, ipermercati, discount, alimentari calmucchi, fornai egiziani; e poi il ciarpame: bigiotterie bengalesi, casalinghi cinesi, bancarellari d’ogni risma (Tutto a 3 euro! Tutto a 2 euro! Tutto a 1 euro!), a decine, a centinaia, sui marciapiedi, sugli scivoli per handicappati, appoggiati alle colonne di marmo secolari di Piazza della Repubblica, sotto la metro, dentro le stazioni, nei giardini pubblici, luridissimi, con l’erba scolorita e stenta per le continue pisciate; e poi gli sciami di mendicanti, i lavavetri, i venditori improvvisati, gli zingari che uncinano gli oggetti di scarto direttamente dalle pattumiere – oggetti da rivendere in fiere domenicali improvvisate, abusive e senza controllo, sotto lo sguardo domenicale e apatico dei vigili urbani, mentre tutti - zingari, vigili e romani - respirano il lezzo d’improvvisate e appiccicose bancarelle d’arrosticini.

Laura Boldrini ci indica la verità

Pubblicato su Pauperclass il 6 aprile 2016

Quando il potere parla attraverso figure eminenti, c’inganna sempre circa le sue reali intenzioni.
La tecnica è sistematica.
Se Obama, Hollande o Renzi dicono qualcosa, essi celano la verità sotto una coltre di distinguo e false piste. I media, di solito, acconsentono a queste diversioni.
Per questo occorre dissezionare e, quindi, decrittare le parole e i discorsi dei leader.
Spesso è una fatica inutile.
Il potere, infatti, ci parla anche direttamente, senza finzioni. Crudamente.
Questo avviene quando esso lo fa a mezza bocca, per il tramite di certe sue figure potenti e oscure, oppure di secondo rango, o, addirittura, traverso personaggi che i più ritengono inessenziali, se non ridicoli.
Come sentenziò il Filosofo: l’origine delle cose ama nascondersi.
Alla prima categoria appartengono uomini come Giancarlo Elia Valori e Antonio Maccanico. O Eugenio Cefis.
Alle altre categorie, alcune figure minori, ma non meno importanti, come vedremo: Daniele Capezzone e Laura Boldrini, ad esempio.

Di Eugenio Cefis abbiamo già parlato da questi lidi:

"Il campo dei santi", libro profetico


Pubblicato l'11 aprile 2016

A trentatré anni dalla pubblicazione francese (1973), e a diciotto dalla prima e unica traduzione italiana (1998), torna nelle librerie il romanzo fantasociologico di Jean Raspail, Il campo dei santi.
Torna nelle librerie” è un mio blando eufemismo; sarebbe più esatto dire : “viene clandestinamente ripubblicato in Italia”.
È inevitabile che un’opera del genere (preveggente a tal punto da farsi, oggi, cronaca) venga sistematicamente ignorata. Sistematicamente, poiché l’industria culturale è oggi sistema, un blocco unico che non tollera spifferi.
Il pretesto per ignorare il libro è, peraltro, su un piatto d’argento: chi lo pubblica è, infatti, un fascista, Franco Freda (edizioni di AR; collana Il Cavallo Alato; euri 20); lo stesso Franco Freda che lo pubblicò, in solitaria, nel 1998.
Potreste mai immaginare un recensore de La Repubblica o de Il Corriere prendere sul serio il libro di un editore che, sui propri scaffali, esibisce La Rochelle, Evola e Hitler?
Bravi, avete dato la risposta giusta: è impossibile.

La vestaglia del principino


Pubblicato il 3 maggio 2016

Il fallimento della controinformazione.
Perché la controinformazione (o, almeno, parte d'essa) non diviene parte del discorso politico dell’uomo comune? Meglio: perché la controinformazione stenta addirittura a penetrare le residuali coscienze (quelle più avvertite)  e finisce per coinvolgere solo un pubblico esiguo (sempre lo stesso) - un pubblico, che, peraltro, si presenta davanti ai grandi avvenimenti internazionali sempre più diviso?
Il peso del giornalismo alternativo (chiamiamolo così) risulta pressoché nullo.
Su Pauperclass blog si è cercato di dare alcune risposte:


E tuttavia stavolta voglio proporre una diversa interpretazione.
Non una spiegazione.
Solo un'ipotesi di lavoro onde scrutare l'orizzonte da una diversa prospettiva.
Voglio, però, avvertire: non parlerò mai di contenuti, ma esclusivamente di forma. Aspetto, modo; dell'atto di porgersi; di emozionalità.
Il punto è questo: la controinformazione (d'ora in poi CI) non affascina. Non piace. Non muove le coscienze. È, talvolta, controproducente.

1. La CI spiega, spiega sin allo sfinimento. È sin troppo minuziosa, pedante, infervorata. Richiami, note a pie' di pagina, link, immagini, setacci investigativi, ricostruzioni, plastici digitali. Persino i commenti del pubblico, a volte, prendono la forma di piccoli trattatelli; a materiale si aggiunge materiale: un coacervo di fatti che lievita inestricabile. Chi segua un episodio di politica o di terrorismo internazionali in poche ore arriva alla sazietà, persino allo sfinimento: legge troppo, interpreta troppo: come un asino di Buridano postmoderno trova non due greppie, ma tre, quattro, dieci; ciascuna con un fieno più odoroso, o più fresco: e dopo una spanciata, piluccando qua e là con avidità, non placa la propria fame, ma si procura un'indigestione (e un inevitabile disgusto per il fieno a venire).

18 giugno 2017

Ma chi è il Marcuse dei nuovi tempi?


Pubblicato su Pauperclass il 31 marzo 2016

Una volta la rivoluzione aveva un senso.
Gli operai, gli studenti, i salariati erano rivoluzionari.
E il padronato reazionario. Con tutti suoi lacchè: preti, militari, piccoli burocrati.
A ripensare a quei tempi (che ho vissuto di sfuggita, come calore di fiamma lontana) mi si stringe il cuore.
Ah, le belle barricate!
Una volta la rivoluzione aveva un senso!
Il padrone cattivo teneva sprezzante il sigaro fra i denti; i preti proibivano la carne; i militari spedivano al macello intere generazioni; l'ipocrita perbenismo permeava la scuola.
Bei tempi, ve lo confermo!
I pilastri della società (1), la celebre tela di Georg Grosz, riassumeva icasticamente tale plastica contrapposizione.
E poesie come queste dicevano tutto (2):

"Nelle città venni al tempo del disordine,
quando la fame regnava.
Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte,
e mi ribellai insieme a loro ...
Andammo noi, più spesso cambiando paese che scarpe,
attraverso le guerre di classe, disperati
quando solo ingiustizia c'era, e nessuna rivolta ..."

Il sol dell'avvenire! Abbiamo mai fatto mente locale a queste parole? C'era un avvenire! Un futuro!
E le lotte corrodevano il potere.

[Il taglio dell'articolo è "da sinistra", poiché provengo da quel mondo. Sono sicuro, però, che alcuni "da destra" - maledette, inadeguate, parole! - troveranno delle consonanze con quanto andrò a scrivere]

Ma il colpo del genio era dietro l'angolo.

Gradite una tredicenne?


Pubblicato il 3 aprile 2016

Ci aspettano feste e Lupercali nei tempi a venire.
Le feste per i più ricchi; e i Lupercali per gli schiavi.
Per tutti si prospetta un'esistenza senza più freni.
S'infrangano gli ultimi tabù. La vita è bella.
Ci si apra a una Woodstock universale.
Maestri di cerimonia: Lady Gaga, Angelina Jolie e Hugo Boss.
L'amore sopra tutto. Se c'è amore cosa importa il resto, quell'insieme di fredde norme barbariche chiamate morale?
E la pederastia? La si sdoganerà; con cautela; e tanto amore.
D'altra parte quanti anni aveva la protagonista della storia d'amore più celebre, Giulietta? Poco più di tredici.
Scena terza dell'atto primo: Giulietta, la madre (Donna Capuleti) e la nutrice.
Tra le facezie lubriche della popolana e il contegno della madre (vuol darla in isposa al conte Paride) Shakespeare è molto esplicito.
La nutrice ricorda un episodio di undici anni prima: Giulietta era caduta e s'era fatta un bernoccolo sulla fronte. Il marito della nutrice ("era un tipo allegro, lui!"), la risolleva dicendole:

"... ehi, Giulietta, cadi sulla pancia?
Quando sarai più furba cadrai sulla schiena, eh Giulietta?"

Giulietta dice "Sì", e smette di piangere.

La dittatura delle minoranze


Pubblicato su Pauperclass il 21 marzo 2016

Il potere (uso ancora tale inadeguata parola per pura convenienza letteraria) aveva un bel problema con l’Occidente. Come disinnescare un’etica e una morale millenari? Come fiaccare il senso del sacro? E codici di comportamento che vantavano le sembianze dell’eternità?
La risposta fu la stessa di sempre. Esaltare la debolezza, la minorità, la perversione; i lati repressi e laidi d’ogni essere umano; financo  le sue attitudini al bislacco, al barocco, all’insano; la voglia dell’outré, del sudiciume, della sporcizia; della singolarità, dell’eccezione.
La pulsione per la malattia e l’assurdo è sempre in alternativa alla normalità, alla tradizione; e soprattutto contrasta in ogni modo l’azione, ricacciando nel solipsismo e nella rinuncia.
La bizzarria, già minoranza, è ora buona; la normalità, invece, è stupida e rappresenta il male.
L’outrè è buono, ciò che vi si oppone è malignità, cattiveria, scorrettezza.
Se prima tale esaltazione aveva bisogno di decenni e secoli per avere effetto (un lavoro da sorci), ora, con un immane apparato tecnologico a disposizione, è questione di pochi decenni.
Dobbiamo, però, puntualizzare alcuni punti; a scanso di equivoci.

Un altro passo verso gli Stati Uniti d'Europa


Pubblicato su Pauperclass il 22 marzo 2016

Di fronte agli attentati di Bruxelles mi assale un sentimento abissale di stanchezza e sconforto.
L’ondata che seguirà alle stragi sommergerà, definitiva, le nostre vite.
Non abbiamo scampo, evidentemente.
La retorica del regime ha già sentenziato: “più Europa”.
E così sarà.
Le quadrate legioni del “più Europa” già fanno echeggiare il passo dell’oca del “più Europa” su ogni media e social, su ogni centimetro quadro di fogliaccio di propaganda.
Il capo del governo francese, la nullità Valls, spetezza: “Nous sommes en guerre!”.
La pletora dei consueti esperti (evocata dai comodi sacelli di accademie e fondazioni) cicala a stupidità unificata travolgendo la razionalità.
E credetemi, non sono certo gli armigeri di un complotto.
La maggior parte di loro è in buona fede.
Son solo conformisti. Più realisti del Re del mondo. E tengono famiglia.
Accendo la radio per venti secondi e un professore (un esperto!) tuona con voce grave: “Ci vuole un cambio di passo e un cambio di strategia nonché un cambio di metodologia …”.
Addirittura! Non si preoccupi, caro Lei, il cambio di passo ci sarà.