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25 marzo 2019

Da Mishima a Venner. Apologia di suicidi inutili che non hanno arrestato quello collettivo della specie umana [Il Poliscriba]


[Il Poliscriba]

Martedì 21 maggio 2013, circa alle ore 16 (un secolo fa per il web, mai accaduto per l’ignoranza insita o indotta nella specie italica/europoide) nel coro della cattedrale di NÔtre-Dame a Parigi, lo storico del diritto e saggista Dominique Venner (classe 1935), si suicidò sparandosi un colpo in bocca.
Poco prima dell'atto, Venner pose sull'altare un testo che doveva o avrebbe dovuto spiegarlo a chi lo conosceva e a chi di lui si ricordava soltanto come oppositore della legge in favore del matrimonio omosessuale, che fu adottata e promulgata dal Parlamento francese  il 17 maggio del 2013, quattro giorni prima dell’estremo  gesto.
La lettera:

"Perché mi do la morte?
Sono sano di spirito e di corpo e sono innamorato di mia moglie e dei miei figli.
Amo la vita e non attendo nulla nell'al di là, se non il perpetrarsi della mia razza e del mio spirito.

23 giugno 2017

Prigione Italia


Pubblicato su Pauperclass il 10 maggio 2016

Ho il privilegio di poter quantificare il grado fisico di felicità di cui ancor godevano gli Italiani qualche decennio addietro.
I miei genitori arrivarono a Roma nel 1967. Due provincialotti inurbati, come tanti.
Senza particolari ambizioni e pretese. Vivevano. Allora la vita si coglieva dai rami, e nessuno s'interrogava granché sul futuro. Si era dolcemente trasportati dalla corrente. I due risparmiarono ferocemente per quindici anni, poi, nel 1982, accesero il mutuo per la loro prima casa. Durante il trasloco si portarono via anche una scatola da scarpe molto speciale. Era il loro archivio.
La tenevano in un vecchio armadio, in fondo, quasi dimenticata. In essa, una normalissima scatola di scarpe, trovava spazio l'intera loro vita burocratica.
Ricevute d'affitto e del riscaldamento, quietanze condominiali, comunicazioni INPS, rate per l'acquisto d'un paio d'elettrodomestici (lavatrice e lucidatrice), il canone RAI, persino un fascio di telegrammi di felicitazioni per il matrimonio.
I rapporti con le società di luce, telefono, acqua e gas erano sporadici e chiari. Ti dò un servizio e tu paghi: un bigliettino liberatorio di pochi centimetri quadrati tedtimonierà questo nostro patto. E basta.
La vita burocratica dei miei ascendenti maggiori (nonni) era ancor più scarna. Anche qui: poche bollette (non avevavo manco il gas metano, nè condominio, nè caldaie) e qualche statino della pensione. Eppure era gente che lavorava e produceva. Lo Stato però si limitava a vigilare: in maniera quasi benevola, distaccata, umana.