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17 febbraio 2021

Diario di un pazzo (De excrementis)


Unreal City, 17 febbraio 2021

La merda ci repelle.
È un dato di fatto.
Eppure un istinto primordiale quanto invincibile ci costringe a controllare fuggevolmente ciò che si è appena depositato nella coppa del cesso.
Ognuno di noi tende, volente o nolente, a farsi aruspice della propria merda.
Quale sostanza già consustanziale al nostro corpo, essa, infatti, potrebbe recare indizî sulla nostra salute.
Per la medesima causa si cercano sui media, pur nel disgusto, più o meno conscio, notizie e novità sul governo, sui ministri, sui partiti; e sulle previsioni degli atti di questo o di quel governo, di questo o quel ministro o partito.

Regole basilari per migliorare l'intelligenza del reale:

- Se li vedi in televisione sono traditori.
- Se chiedono il voto impostori.
- Se affermano giallo forse è verde, forse rosso, forse azzurro. Ma non giallo.

Vi pare difficile?
Lo diventa, tuttavia, poiché ognuno di noi risente di tare derivategli da scene primarie ideologiche; difficile liberarcene: il pericolo rosso, la minaccia nera, l'orda gialla, Stalin, Mussolini, Hitler, Lenin, San Simonino, il Rabbino coi pidocchi, il Ragno plutomassonico, I ragazzi venuti dal Brasile. Suggestioni otto-novecentesche, assai tarde, che impediscono il volo d'aquila. Tali sbiadite icone, esacerbate dalla nostalgia, sono talmente resistenti da ricattarci psicologicamente: di qui la coazione a ri-entrare nelle cabine elettorali o a illudersi sanguinosamente che saltimbanchi in affari come Meloni o Zingaretti siano latori di un messaggio, di un ideale, di una speranza.

Roberto Speranza fra pochissimo non conterà più nulla.

07 settembre 2020

Noterelle sparse sull'umanità malata

Roma, 7 settembre 2020

Accanto a me, al bar, lontani secondo i gradi di separazione sanciti dal Potere, stazionano due neutrini. Esserini che una volta si sarebbero detti maschio e femmina; si somigliano, invece, nei modi smorti, tenui e indecisi tipici della nostra epoca definitiva; potrebbero giudicarsi riguardosi e gentili se non che le movenze tradiscono, invece, in luogo d’un comportamento dettato da un codice, le languidezze di chi si sta lentamente spegnendo: vocine, mossette, minuscoli trasalimenti. Non vantano carica elettrica, per tale motivo amo soprannominarli, anziché snowflakes, neutrini: privi della personalità individuale che regala profondità e massa critica; aerei, insulsi; fungibili e, perciò, sacrificabili. Da tali insignificanti sbuffi d'aria è impossibile aspettarsi alcunché: una reazione, la rabbia, l'odio, volontà, il raziocinio. Un cubicolo e una poltrona bastano già alla loro mansuefazione; sono i tesorucci, ovvero gli umani ridotti a cani per gli alieni padroni, come si legge in Umanità al guinzaglio di Thomas Disch.

Il barista passa uno straccio imbevuto d’alcool sul banco: un breve effluvio offende le nari della coppia. Lui spalanca la boccuccia, portandosi una mano al petto; lei, forse più ricca d’un sottofondo femminile (ottant'anni di pace favoriscono le gonadi), simula una sorta di anacronistico melodramma: arretra di un passo, quindi di due, la mano destra, arrovesciata, recata alla fronte; il braccio sinistro annaspa all’indietro come a cercare un tendaggio dannunziano, le quinte passionali cui aggrapparsi nel deliquio del momento. La bocca, semiaperta, come Lyda Borelli in L’amor mio non muore, pare interrogare il mondo sul perché di tanta sofferenza; in generale; e, in particolare, pare interrogare l’autore del misfatto, il barista, un poveraccio malmesso, spelacchiato e dai piedi gonfi, alle soglie della pensione e, forse, d'una sincope.

La scena si raggela per un attimo, poi qualche parola è farfugliata, a sciogliere l’imbarazzo. Le scuse, una breve risata nervosa; i neutrini le accettano, certo, e poi si guardan muti, ancora increduli, chiedendosi come fosse stato possibile un oltraggio simile: a quelle latitudini poi, latitudini di viale Liegi, in Roma!

24 maggio 2020

La scuola ai tempi del colera [Moravagine]


Moravagine 

L'era della didattica a distanza (sociale) 

L'ineffabile Lucia Azzolina, già insegnante precaria, sindacalista ANIEF (1), preside abilitata e sottosegretario, nonché sosia di Sabina Guzzanti, s'è trovata a ricoprire, dal 10 gennaio di quest'anno e per evidente mancanza di concorrenti, il posto ch'era stato del “ribelle” Lorenzo Fioramonti al ministero dell'istruzione.In tale veste, è stata costretta a prestare la sua faccia, con quell'espressione un po' così, alle disposizioni del governo Conte sulla scuola; fra queste, il dpcm del 4 marzo scorso, quello che ha istituito la “didattica a distanza”.
Da allora, tutte le scuole italiane si son dovute attrezzare per quelle che, volgarmente, vengono definite “videolezioni”.
Le videolezioni funzionano così: il docente si collega all'ora convenuta sulla piattaforma “adottata” dalla sua scuola (Google Suite for Education la più diffusa) ed a ruota lo seguono i discenti, ai quali pochi minuti prima è stato fornito un link di accesso “riservato”.
Il prof di turno fa dunque “lezione” ad una ventina di figurine rettangolari, fra problemi di connessione, stillicidio di giga e condivisioni involontarie di intimità casalinghe.
Il classismo della didattica a distanza si è immediatamente mostrato in tutto il suo fulgore: solo gli studenti con cameretta privata e pc personale potevano decentemente seguire le lezioni; gli altri dovevano contendere spazi, giga e dispositivi ad altri fratelli telestudenti ed al parentame segregato in cerca di passatempi virtuali.
Abbandonati al loro destino cinico e baro son stati poi i tanti alunni disabili e gli stranieri non alfabetizzati.
Da subito, quindi, vi è stato un altissimo assenteismo da parte degli studenti, supportato anche dalla diffusa attuazione di tattiche di sopravvivenza: fra le più praticate, quella di scollegare la telecamera facendosi in santa pace i fatti propri oppure quella, più raffinata, di sostituire alla propria immagine ripresa “in diretta” un filmato preregistrato in cui si simula attenzione.
Non han poi tardato a manifestarsi quelle dinamiche relazionali tipiche della scuola di oggi, fra le quali il grande babau dalle tasche piene d'ipocrisia: il “bullismo”, fenomeno non solo tollerato, ma di fatto incoraggiato e promosso al sempiterno grido di “Nessuno tocchi Caino!”.
Ai vari cagnolini sciolti del bullismo fai-da-te si sono presto affiancate orde di teppisti digitali organizzati: su Telegram hanno preso corpo diversi gruppi attivi nel sabotaggio sistematico delle videolezioni; inserendo il link degli incontri didattici su questi canali si permetteva l'accesso ad estranei che intralciavano la lezione con bestemmie, ingiurie, inserti pornografici (2). 

23 maggio 2020

Requiem per gli studenti [Giorgio Agamben]

 
Giorgio Agamben
 
Come avevamo previsto, le lezioni universitarie si terranno dall’anno prossimo on line. Quello che per un osservatore attento era evidente, e cioè che la cosiddetta pandemia sarebbe stata usata  come pretesto per la diffusione sempre più pervasiva delle tecnologie digitali, si è puntualmente realizzato.
Non c’interessa qui la conseguente trasformazione della didattica, in cui l’elemento della presenza fisica, in ogni tempo così importante nel rapporto fra studenti e docenti, scompare definitivamente, come scompaiono le discussioni collettive nei seminari, che erano la parte più viva dell’insegnamento. Fa parte della barbarie tecnologica che stiamo vivendo la cancellazione  dalla vita di ogni esperienza dei sensi e la perdita dello sguardo, durevolmente  imprigionato  in uno schermo spettrale.
Ben più decisivo in quanto sta avvenendo è  qualcosa di cui significativamente non si parla affatto, e, cioè, la fine dello studentato come forma di vita. Le università sono nate in Europa dalle associazioni di studenti – universitates –  e a queste devono il loro nome. Quella dello studente era, cioè, innanzitutto una forma di vita, in cui determinante era certamente lo studio e l’ascolto delle lezioni, ma non meno importante erano l’incontro e l’assiduo scambio con gli altri scholarii, che provenivano spesso dai luoghi più remoti e si riunivano secondo il luogo di origine in nationes. Questa forma di vita si è evoluta in vario modo nel corso dei secoli, ma costante, dai clerici vagantes del medio evo ai movimenti studenteschi del novecento, era la dimensione sociale del fenomeno. Chiunque ha insegnato in un’aula universitaria sa bene come per così dire sotto i suoi occhi si legavano amicizie e si costituivano, secondo gli interessi culturali e politici, piccoli gruppi di studio e di ricerca,  che continuavano a incontrarsi anche dopo la fine della lezione.
Tutto questo, che era durato per quasi dieci secoli, ora finisce per sempre. Gli studenti non vivranno più nella città dove ha sede l’università, ma ciascuno ascolterà le lezioni chiuso nella sua stanza, separato a volte da centinaia di chilometri da quelli che erano un tempo i suoi compagni. Le piccole città, sedi di università un tempo prestigiose, vedranno scomparire dalle loro strade quelle comunità di studenti che ne costituivano  spesso la parte più viva.

11 maggio 2020

Breviario di mistica razzista


Roma, 11 maggio 2020

Che l’Italia vaghi in un tenebroso incanto lo si rileva dalle insorgenti minutaglie della cronaca. Improvvisamente, al di là di qualsivoglia ragionevolezza, gli Italianuzzi son usciti a frotte al sole. L’ennesimo decretino non decretava, certo, il tana liberi tutti eppure si lascia fare. Perché? Perché quello che si doveva ottenere è stato ottenuto: l’inoculazione di un vaccino contro la voglia di vivere. Ora i Fratelloni della Buona Morte, paludati sotto le più formidabili sigle, vengono in TV regolarmente a parlare di due o trecento morti quasi col sorriso sulle labbra, un po’ svogliati, quasi guasconi. Son morti altri trecento, erano giovani e forti e sono morti! Come se gliene fregasse qualcosa. Son numeri da circo, come erano, da circo, a fine febbraio, quando, però, la messinscena serviva a terrorizzare il miccame per l’instaurazione del nuovo regno. Adesso due o trecento in più: anche quattrocento, cinquecento! Son numeri, come i numeri digitali della banca. Mica li ha sudati qualcuno quei numeri, servono a ottenere effetti: la schiavitù in un caso, l’usura, altro tipo di schiavitù, nell’altro.

I Fratelloni o Compagni della Buona Morte, appartenenti ad un’antica confraternita del Santo Spirito, paludati con cappucci e lunghe casacche nere, raccoglievano i cadaveri di pastori, braccianti e poveri della campagna romana, li componevano amorevolmente per poi donargli sepoltura dignitosa. Una chiesa li ricorda a via Giulia: Santa Maria dell’Orazione e della Morte. I poveri, nella desolazione dell’agro, si ammalavano inevitabilmente, ritirandosi quindi a crepare nelle grotte, appiè i rivi o nei procoji; spesso soli, dacché il contagio poteva minare la famiglia. Fra i morti numerosi furono i monelli, reclutati giovanissimi nelle piazze di Roma e deportati come carne da cannone nei latifondi: la malaria li coglieva presto. Nudi, le trippe enfie, i loro corpi venivano rastrellati pietosamente; i carri si trascinavano per le secolari carrarecce a ricalco dei basolati etruschi e romani, in un infinito che vibrava per l’assenza della grandezza, intangibile e opprimente. La campagna, intanto, vasta e indifferente, riconciliava nel proprio grembo, chi rimaneva e chi andava, vittime e consolatori, carnefici e giusti. Ognuno aveva recitato la propria parte, la parte che viveva per tramandare la totalità, consegnandola all’eterno.

Ottengo un cappuccino da asporto. Bicchiere di cartone o quel che è, cucchiaino di plastica confezionato, bustina di zucchero, tovagliolino. Mi siedo sulla panchinaccia fuori del notissimo bar. Improvvisamente, poiché dapprima mimetizzate dall’ambiente circostante, fra manifesti stracciati e saracinesche chiuse, emergono due poliziotte locali. No, non si può. Il cappuccio lì, no. Perché. Perché sì. Lo si deve riportare in ufficio o in casa. Oppure, meglio, distillarselo a casa o in ufficio: ci sono le Nespresso con tutte le varianti, non lo sa? E in cammino si può sorbire. No, poiché dovrebbe abbassare la mascherata infettando mezza capitale. E allora ci si mette in cammino col bicchiere, il cucchiaino, il tovagliolo e la bustina. Svoltato l’angolo, mi appoggio su una lurida cassetta dell’ENEL e miscelo la pozione guardandomi attorno come un ladro. Poi m’incammino, sorseggiando. La vetrina mi rimanda l’immagine di un uomo di mezza età, i capelli incolti, un breve velo di barba, il bicchiere di plastica in mano: eccovi servito, col lockdown, un barbone americano della nuova metropoli.

03 maggio 2020

Una mascherata da 50 centesimi di euro [Il Poliscriba]


 Il Poliscriba

Non è mia intenzione scrivere un pezzo di economia industriale.
Riporto dati nudi e crudi, come quelli che, un tempo, certi regimi snocciolavano alla radio come rosari di piani quinquennali di staliniana memoria.
Ognuno tragga da sé le proprie conclusioni.
Quello che si può, a ragion veduta, considerare un inganno, è sempre e solo il nascondere il vero guadagno di chi possiede i mezzi di produzione di massa.
La novità marxista, oggi accantonata come singolare teoria di un folle, aveva avuto il merito di svelare l’arcano mistero di quanto plusvalore veniva estratto dal lavoro produttivo.
Lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo è una indefessa estorsione, programmata e meccanica, di ricchezza per pochi, oggi pochissimi se confrontati con la popolazione mondiale.
Un semplice calcolo matematico ci porta a capire qual è la sperequazione odierna di chi detiene il potere di tale sfruttamento.
Questo è il rapporto agghiacciante dell’avidità: per ogni nuovo super ricco inserito nella lista di Forbes, 100.000 persone discendono nell’abisso della povertà assoluta, senza accesso a beni e servizi primari.
Nel “ricco” Occidente, ma tranquillamente possiamo integrare l’area con India, Cina, Corea del Sud e Giappone, la proporzione tra il minimo salario garantito 200/1000 euro al mese e uno stipendio manageriale, non scende sotto l’ 1 a 300; stiamo parlando di un minimo di 60.000 euro al mese. 

Sulla questione della monetizzazione per vie interattive. Sono briciole per chi non investe grandi capitali in pubblicità; vere e proprie fortune per chi trascina con sé il pianeta degli interconnessi alla rete, inconsapevoli di essere strumenti che, oltre a pagare cara la connessione al web che credono sia un diritto inalienabile, offrono, inconsapevolmente, ore e contenuti, in maniera del tutto gratuita, ai giganti della comunicazione e della privacy sul web.

Il discorso si amplierebbe oltre lo scopo precipuo di questo articolo, ma meriterebbe un serio approfondimento.
Partiamo, ora, da alcune considerazioni inattuali, sotto forma di citazioni, quasi parabole, che si spera possano risvegliare una decina di coscienze. 

28 aprile 2020

Fughe nella prigione


Roma, 28 aprile 2020

Fughe nella prigione è un librino di Curzio Malaparte, pubblicato nel 1936, dopo la condanna al confino per attività antifasciste (Malaparte fu espulso dal PNF nel 1933, dopo una prima, entusiastica, adesione). Eccovi la prefazione all’edizione del 1954. Vi chiedo di assaporare qualche eco remota. Non giudichiamo, culliamoci un pochino. C’è più umanità e vita (ampiezza di vita) in queste righe che in un tomo di mille pagine di Baricco. E poi troviamo il riferimento a una dolente consonanza con Cesare Pavese. Pavese, da comunista, assaggiò, infatti, la cella di Regina Coeli e il confino, più duro di quello di Malaparte, dopo una delazione di Aldo Segre, alias Pitigrilli:
Essere stato in prigione o al confino, è per molti, in Italia, e non solo in Italia, un volgare pretesto a ogni sorta di speculazioni politiche. Per me è soltanto un'esperienza umana, che ha egualmente giovato all'uomo e allo scrittore. Ne avrei tratto senza dubbio anche qualche vantaggio di ordine pratico, se mi fossi imbrancato anch'io in questo o in quel partito politico, e avessi gridato sui tetti, come han fatto tanti altri, che io pure sono un martire della libertà. Non mi pento oggi, e non mi pentirò mai, di non aver commesso un simile errore di gusto.
Ho conosciuto un solo scrittore, in Italia, che della prigione e del confino non abbia fatto materia di speculazione politica: Cesare Pavese. E lo stimo, lo rispetto, lo amo anche per questo. Un mese prima della sua morte, ai primi di Luglio del 1950, lo incontrai a Roma, in Via Sistina. Ero con la povera Jana, che già meditava il suicidio. (Jana si ammazzò otto giorni dopo). Cesare Pavese mi disse: ‘Peccato che lei, oggi, non sia con noi’. Gli risposi che ero con loro quando si trattava di andare in prigione e al confino, non ora che si trattava soltanto di vincere i premi letterari. E proprio in quel momento mi ricordai, ma era troppo tardi, che egli aveva vinto, in quei giorni, un premio letterario, e, com'egli diceva, un 'premio mondano'. Sorrise timidamente, come per scusarsi, poi mi disse: ‘Io non sono di quelli, i quali pensano che valga soltanto la loro prigione, quella degli altri no. La mia vale quanto la sua’.
Ora Pavese è morto. Si è ammazzato. L'ossessione propria del carcere, è il suicidio: il solo modo di evadere. Basta leggere tutte, o alcune, o anche poche, delle sue pagine, per capire che Pavese non era riuscito a liberarsi dall'ossessione della prigione. Nel suo diario postumo, (Il mestiere di vivere), ha lasciato scritto: ‘Andare al confino è niente; tornare di là è atroce’. Non era mai riuscito, in fondo, a ‘tornare di là’. Dopo tanti, dolorosi tentativi di fuga attraverso l'intelligenza, la cultura, la poesia, è finalmente riuscito a fuggir di prigione attraverso la morte. (Ha detto di no a quel che pensavo quando anch'io tentavo di ‘tornare di là’: che soltanto i criminali, e i bruti, tentano la fuga segando le sbarre delle inferriate, o tagliandosi le vene dei polsi. Anche i disperati, avrei dovuto aggiungere). Attraverso la morte, questa vera libertà, la sola per cui valga morire. E penso oggi che la sua morte abbia valore per tutti, non per lui solo.
Vorrei dedicare alla sua memoria il racconto di questi miei tentativi di fuga, di queste mie fughe in prigione
”.
Queste poche righe ci involano a qualche aerea considerazione.
 


21 aprile 2020

Un tenebroso incanto



Roma, 21 aprile 2020 (2773 A. R.)

Dalle tane. È bastato diradare gli appuntamenti coi due spaventapasseri delle varie Protezioni Nazionali per tornare ad ammirare un panorama più limpido e rassicurante. L’angoscia, non più reiterata, assume le vaporose sembianze d’un succubo lontano. Frattanto, dalle tane, strisciano fuori alcuni pasciuti elementi della sedicente intelligencija italica, da circa tre mesi in vacanza premio; a blaterare, le chiavi del resort Italia in mano, pagato mensilmente da chi da loro è disprezzato fieramente, certe timide rimostranze sul carnevale orgiastico consumato sulle spoglie della Costituzione. Son bave di lumaca, nulla di preoccupante: più a giustificare un’assenza dolosa, o a malcelare sensi di colpa che risalgono dallo stomaco, uno dei pochi organi a non mentire spudoratamente poiché impossibile a silenziarsi colla menzogna del quieto vivere; oppure, tale la mia soluzione preferita, a lanciare l’inane mortaretto della rivolta: come a dire: “Ecco, io ci sono, procomberò sol io, ma, ohimé, le soverchianti forze della reazione ... capite bene ... snudo il petto alle lance avversarie sventolando eroicamente il fazzoletto moccicoso della resa ...”. Il loro comportamento rientra nella tattica dei rodomonti da osteria che sanno di perdere, adottata da decenni, e con successo, dalle peggiori opposizioni. In ciò furono maestri i comunisti, ora lo è Salvini; egli ragiona: poiché so che le mie parole, a cui non seguirà nessun atto positivo, sono inutili a cambiare alcunché io le lancio e le rilancio, sempre più sanguinosamente, onde simulare una resistenza morale granitica e ingenerare nella fasce più deboli di comprendonio la sensazione di trovarsi di fronte a una personalità tutta d’un pezzo. 

L’ultimo sparo. A Capodanno, nel pieno delle farneticazioni da cordite, certi cani s’appiattano sotto il divano. Lo stesso è capitato ad alcuni controinformatori, atterriti dal volume di fuoco delle sciocchezze monotelevisive nonché dalla teoria di cadaveri, dai gendarmi, dai rabbiosi abbaiamenti di sindaci e governatori - in tempo di pace dei perfetti coglioni - che, dalla pila di bare e sarcofagi guarniti di grafici truffaldini, hanno ruotato l’arrogante coda del pavone: vergognatevi! Fatevi un giro nella nostre camere intensive! 
È un fenomeno perdonabile e ampiamente riscontrato in passato: chi non si fida delle proprie capacità intellettuali in terra psicologica ostile significa che non ne possiede nemmeno una. O meglio: vanta il conformismo degli anticonformisti, il che non sposta il giudizio nemmeno d’un millimetro.

16 aprile 2020

Aridateci la nostra libera schiavitù [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Colpo di Stato, ma che colpo se lo Stato qui non c’è ...

Stefano Rosso

Caro a-micco ti scrivo,
così mi distruggo un po’ e siccome sei a un metro di distanza, più forte ti eviterò.
Forse mi sono sbagliato: vivevamo, prima del virus, nel migliore dei mondi possibili.
Nessuno si lamentava dei turni di lavoro, dei contratti atipici di ogni sorta, delle 70 adempienze fiscali annuali per partita IVA, di Equitalia, dell’estorsione del Canone RAI (a quando la paytv?), delle garanzie estreme per accendere un mutuo, degli affitti esosi, del costo della vita, delle zone a traffico limitato, della serqua di divieti e delle trafile burocratiche per “semplificare” l’esistenza urbana e mantenere sistemi di sfaticati, parassiti e ‘o guappi ‘e cartone.
I sociologi hanno scritto un sacco di fregnacce sulla crisi delle masse prodotte dal turbocapitalismo.
Le folle solitarie, le chiamavano; la società liquida e quella dei servizi del primo mondo mantenuta dalla globalizzazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo nel resto del pianeta; la distruzione del padre e della famiglia, la donna assurta a utero in affitto, macchina tra le macchine e la transessualità ... il buio oltre la papera secondo Benigni.
Favole, ben retribuite, frottole un tanto al chilo.

14 aprile 2020

Il fantasma della libertà/2


Roma, 14 aprile 2020

In attesa di sapere se è vera o meno la notizia per cui un decreto legge può abolire gli articoli della Costituzione (no, non lo è), mi sorprendo a vivere sentimenti che prima non capivo. 
Nei libri di Manuel Vázquez Montalbán, a esempio, l’annusapatte Pepe Carvalho, reduce dal Franchismo, ha una reazione di rigetto solo a sentir parlare di polizia e commissariati. Dopo un mese circa di trattamento (assai blando, ovviamente) comincio, almeno io, a lentamente comprenderlo. Il controllo minuzioso abbinato alla propaganda totale, intensiva, onnicomprensiva, alla fine, sfianca. I rovistamenti polizieschi (documenti, identità, tragitto, motivazioni) sono, come detto, la parte leggera ancorché profondamente urtante. Ciò che logora davvero è l’atmosfera, continua, del sospetto. Si è ingenerato un microclima in cui ci si guarda continuamente le spalle e ogni passante pare un delatore intabarrato. Ma perché si ha paura se tutte le carte detenute sono in regola? Ma, obietto, le carte non saranno mai più in regola. Mai più. 
Tale affermazione ora non la si gusta a pieno. Proseguendo di tale passo essa diverrà, forse, merce comune anche alle intelligenze più recalcitranti. Ex falso sequitur quodlibet: ho citato spesso tale locuzione a proposito dei nuovi cretini. Se vengono abolite la logica e il principio di non contraddizione, sdoganando il falso, allora tutto è possibile. Allo stesso modo se accettiamo che un decreto legge possa, di fatto, fare premio sulle fonti primarie del diritto allora tutto è possibile. Non voglio evocare derive dittatoriali poiché qui siamo già in piena dittatura. Non inganni il termine; consideriamo il nudo concetto. Il dictator romano veniva nominato in seduta notturna, dai consoli e dal Senato. Una carica straordinaria, non assimilabile a nessun altra, che prevaleva sulle magistrature ordinarie. Il dictator assommava in sé poteri civili e militari, senza collegialità; era, inoltre, insindacabile rispetto alla deliberazione popolare della provocatio. La nomina avveniva in casi estremi, in periodi emergenziali vien da dire, quali guerre o sedizioni. L’ultimo dittatore fu Caio Giulio Cesare. Con Cesare la dittatura da eccezionale si mutò in ordinaria tanto che negli ultimi cinque anni di vita la detenne continuativamente. La congiura venne originata proprio da tale stato d’eccezione ritenuto inaccettabile da qualche sognatore. L’eccezionalità aveva, infatti, inferto ferite profonde alla normazione repubblicana: il figlio adottivo di Cesare, Ottaviano, inaugurò, di fatto, l’Impero.

13 aprile 2020

Voce dal sen sfuggita ...


Inutile, poi, correggere.
In tal senso si espresse con sentenza definitiva Pietro Metastasio:

"Voce dal sen sfuggita
poi richiamar non vale.
Non si trattiene lo strale
quando dall'arco uscì
"

Una verità antica ("Nescit vox missa reverti", cicalava persino Orazio) che solo recentemente si volle monetizzare dalle parti di Vienna arrogandosene il copyright.
La caccia ai  bambini prosegue.

Il conte Gentiloni: "Il Piano Rinascita non può aspettare". Si attendono rappresentanti della sinistra con mazzi di rose rosse sulla tomba di Licio Gelli. Piano Resurrezione, evidentemente, suonava male. Una volta, circa un millennio fa, "Rinascita" fu superciliosa rivista politico-ideologica-culturale del Partito Comunista. Uno dei suoi collaboratori, poi direttore, era il palindromico Asor Rosa.

Un lapsus, anzi un lapis freudiano, prende le nostre televisioni che illustrano le fake news. Quali sarebbero i preclari esempi di tali notizie infondate?  
Le bibite fredde non aumentano la pericolosità del virus.
Gli animali non trasmettono il virus.
I migranti non trasmettono il virus.
Tre delle maggiori industrie improduttive italiane, insomma.

Beppe Grillo, prendendo spunto dalle parole di Jorge Bergoglio: "Pensiamo a un reddito universale di base". Lo ri-dico: Grillo è il miglior politico italiano. Non mente mai, dice sempre la verità. Non capisco perché non lo stiano a sentire. Basta leggere ciò che scrive il suo Blog per avere contezza del futuro. E però ancora si fa affidamento su impiastri di citazioni tratti da chissà dove, dalle fonti più oscure e ridicole. Mettiamoci in ascolto. Grillo parla pure in Italiano ... Ascoltiamolo: "Pensiamo a un reddito universale di base". 
Perfetto.
Ecco a voi, quindi, anticipate da chi sa, le provvigioni da poltrona del Ventunesimo Secolo, la Belle Époque della dolce improduttività. Remunerare il far niente: una sorta di riedizione del Paese di Bengodi. Niente di nuovo: il massone Carlo Collodi l'aveva anticipato nel famigerato Paese dei Balocchi. L'apripista era nientemeno che Lucignolo, figurina che sgorbieggia delicatamente l'Illuminismo. Pinocchio, che segue Lucignolo, non è, perciò, ancora pronto per il Paese dei Balocchi. Prima deve sottostare ad alcune prove, onde illuminarsi pienamente: dapprima è mutato in ciuco, poi gli tocca stare tre giorni nella balena. Son tutte simbologie della rinascita. La mistica trasformazione in asino l'abbiamo già in Apuleio (invece della Fata Turchina c'è Iside); la balena è, ovviamente, derivata dal libro di Giona. Dobbiamo risorgere a nuova esistenza, insomma. Lo dicono sia il Conte che il conte.

Prima Tromba. Calca per l’apertura del primo McDonalds’ a Teheran.

11 aprile 2020

Peace & Covid [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Siamo al prologo di un Nuovo Ordine Sparso.
Ci attende un secolo di presidi sanitari: ma dove cazzo sono tutte queste mascherine! Centinaia di milioni, l’oggetto più richiesto del pianeta, più prodotto, il nuovo feticcio.
Hanno visto containers, ne sono atterrati airbus stracolmi, carichi immensi fermi in dogane, o svaniti nel nulla... le han prese i Cechi … no! sono stati i crucchi, le mafie, i koala australiani superstiti dall’incendio che li ha quasi sterminati; qualcuno, forse un aviatore, le ha sostituite con straccetti per acchiappare la polvere … Another one bites the dust
Se tutto andrà bene, saranno a breve sdoganate e vendute al dettaglio a prezzi modici, financo date gratis.
Se tutto andrà male, come sembra il destino di questa mascherata universale, le pagheremo a caro prezzo e le dovremo sostituire ogni 4 ore, rifornendoci da distributori a colonna ai bordi dei marciapiedi, usando una comoda app come se si trattasse di una sosta in zona blu.
Eravamo noi quelli che il velo sulle donne islamiche è incivile.
Come non detto, eccoci tutti imbavagliati, incontaminati ... “starnutati” addosso e occhio al drone che ci scansiona la febbre … e un giorno la tachipirina sarà un’arma ribelle e illegale.
2020: è scoppiata la pace nel mondo.

08 aprile 2020

Pinzellacchere virali


Roma, 8 aprile 2020


I sopravvissuti (Survivors, 1975) fu un telefilm britannico di largo successo, anche in Italia. Trama: uno scienziato cinese pasticcia con il virus (dell’influenza?) in laboratorio, poi se ne va in giro quale paziente 0. Mosca, Berlino, Singapore, New York, Montreal, Roma, Atene, Madrid, Orly, Londra: le linee aeree diffondono il contagio in tutto il mondo. Il virus, mutevole, è incontrastabile; i milioni muoiono, Londra si riduce a una comunità di 500 individui. I sopravvissuti, in ragione di uno su cinquemila, sono costretti a rimedi neolitici. Il telefilm si compone di tre stagioni: di tredici episodi le prime due, di dodici la terza. Quest’ultima, la trentottesima quindi, si chiude con un fiat lux. Nelle Highlands, ove resistono circa 150.000 esseri umani, Alec riaccende la centrale idroelettrica. Highlands, le terre alte; Alec-Adamo, i centoquarattaquattromila della nuova Gerusalemme Celeste. Son tutte supposizioni velleitarie, le mie. Però gl’Inglesi, dal loro Impero in dissoluzione, sono latori d’una sapienza che li reca avanti cinquant’anni. Dobbiamo prenderli sul serio anche quando scherzano. Alcune profezie, infatti, se le portano nel sangue, inavvertite. Sono Isaia asintomatici.

La Monarchia Universale, alla quale si tende, mal si accorda con le analisi sull’America cattiva, l’Israele covo della giudaglia, la Russia perfida, la Cina formica assassina, l’Europa decadente. Le nazioni o gli aggregati di nazioni non contano nulla, sono espressioni geografiche. I rappresentanti nazionali, a qualunque livello, valgono solo quali manutengoli di concrezioni di potere apolidi. E basta. Di potere; il che implica posizioni dominanti anche economiche. Gli equilibri geopolitici, che fanno tanto leccare i baffi agli esperti del settore, sono la risultante delle forze in campo operate da tali grumi di potere sovrannazionali. La risultante delle forze applicate al sistema-mondo va nella direzione dell’omogeneità e della centralizzazione a livello mondiale. Sinarchia, mondialismo, globalizzazione. Ognuno, in tale fase, cerca di ritagliarsi un posto al sole contrattando strategicamente le condizioni migliori della futura Dittatura Panottica. Con le buone, le cattive; senza spargere troppo sangue, però. Con tremila morti si è ottenuta la resa del Medio Oriente, a esempio. Questo si chiama “dominare”. Qualcuno ancora pensa, in pieno 2020, che gli attacchi contro Afghanistan e Iraq siano stati recati dagli Stati Uniti d’America avendo quale comandante in capo il Presidente degli Stati Uniti d’America: roba da chiodi.

La legge nr. 225 sull’Istituzione del Servizio Nazionale della Protezione Civile fu approvata il 24 febbraio 1992. Il 17 febbraio 1992, una settimana prima, era stato arrestato Mario Chiesa decretando l’inizio della fine dei giochi post-1945.

28 marzo 2020

Indronati [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Lockdown. Quando ancora non vestivo i panni criptoeditoriali del Poliscriba, scrissi, come altri sproloquiatori seriali della blogosfera, che il mondo doveva essere azzerato, resettato.
Non mi ero reso conto che il Nemico tutto vedeva, leggeva, ascoltava.
Io mi ero fermato lì, lui è andato oltre, molto oltre, verso il confinamento sotto legge marziale … e l’arresto di tutto ciò che si muove sotto il sole … o quasi.

2011, annus horribilis. Usciva nelle sale il film Contagion diretto e sceneggiato da Scott Z. Burns, il produttore del documentario Una scomoda verità (2007) che regalò il Premio Nobel per la Pace ad Al Gore, nonché l’Oscar a Davis Guggenheim per la regia, in quell’occasione anche direttore della fotografia.
È l’anno in cui fu aperto il portale dell’Africa, divelto dalla falsa guerra civile libica imposta da LORO, così d’ora in poi li chiamerò gli architetti dei disastri che mantengono l’umanità nel caos perenne per poter strutturare il piano, qualunque esso sia, comunque venga chiamato o numerato: perché LORO adorano la numerologia, in special modo quella che rimanda alla ricchezza, ai fasti, all’aspirazione dell’eternità in questo mondo, all’estetica e alla bellezza narcisistica ben inscenata nel film La morte ti fa bella.
A noi lasciano la gematria o l’ isopsefia per trastullarci alla ricerca di segni… sogni… bisogni.

2007, l’anno del vero contagio. Tra febbraio e marzo del 2007 si rende noto al mondo intero che uno shock finanziario di proporzioni planetarie sta per abbattersi sulle banche e gli investimenti del pianeta.
Anche lì si era trattato di una pandemia: una truffa dal nome popolare, Crisi dei subprime, un virus inoculato nelle vene dell’economia reale, parliamo del mercato immobiliare, che non è mai stato sanato, il cui vaccino, fino a ieri, è stato il QE, l’elicopter money, l’emissione di moneta virtuale, di trilioni di euro e dollari, per drogare un mercato finanziario completamente stravolto dall’avidità umana: stessa cura che viene invocata a gran voce da tutti gli Stati infettati dal COVID-19.

26 marzo 2020

Il raffreddore di Reagan [James G. Ballard]


Roma, 26 marzo 2020

Di seguito un resumé del racconto di James G. Ballard Storia segreta della terza guerra mondiale (Secret history of World War 3, 1988), inserito nella riedizione italiana de La mostra delle atrocità (1990).
Vi si narra un episodio postmoderno, quanto probabile, in cui Ballard evidenzia, per usare le sue stesse parole, "il matrimonio fra ragione e incubo".
Ballard, che aveva previsto la presidenza Reagan con undici anni d'anticipo, qui si diletta nel resoconto d'un terzo mandato, immaginario e immaginifico. Eventuali agganci all'attualità sono a carico dell'intelligenza del lettore.
Intanto, in una città che registra ben 98 nuovi casi, mi dedico alla stampa del lasciapassare 5.0.

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James G. Ballard

Adesso che la Terza guerra mondiale è finita, e la sicurezza regna sovrana, mi sento autorizzato a esprimere la mia opinione su due importanti aspetti di questa terribile faccenda. La prima osservazione è questa: il confronto nucleare, che il mondo ha atteso e temuto così a lungo e che, tutti ne erano convinti, avrebbe dovuto distruggere ogni forma di vita sul nostro pianeta, è durato in realtà quattro minuti scarsi. Per quanto ciò possa sorprendere i lettori, la Terza guerra mondiale ha avuto luogo fra le 18.47 e le 18.51 ora standard orientale del 27 gennaio 1995. La durata complessiva delle ostilità, dalla dichiarazione formale di guerra del presidente Reagan, al lancio di cinque missili nucleari da sottomarini (tre americani e due russi), fino ai primi sondaggi di pace e poi all'armistizio concordato tra il presidente e il signor Gorbaciov, non ha richiesto più di 245 secondi. La Terza guerra mondiale era già finita prima che qualcuno avesse il tempo di capire che era cominciata. La seconda eccezionale caratteristica della Terza guerra mondiale è che io sono praticamente l'unica persona al mondo a sapere che essa ha avuto luogo.  Può sembrare strano che un pediatra della piccola città di Arlington, a pochi chilometri a est di Washington D.C., sia l'unico a essere al corrente di un evento storico di questa portata.  Dopo tutto, le notizie sull'aggravamento della crisi politica, la sofferta dichiarazione di guerra del presidente, e il conseguente scambio di missili nucleari, sono tutti fatti che il pubblico ha potuto conoscere grazie alle trasmissioni televisive diffuse in tutta la nazione. La Terza guerra mondiale non è stata un segreto. Ma l'attenzione della gente era rivolta a questioni più importanti ...

22 marzo 2020

L'invenzione di un'epidemia [Giorgio Agamben]


Traggo dalla rubrica "La Voce", curata dal filosofo Giorgio Agamben presso il sito della casa editoriale Quodlibet (https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-l-invenzione-di-un-epidemia), tali interessanti notazioni datate 26 febbraio. Rincarate, per chi voglia controllare, da un ulteriore articolo dell'11 marzo (https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-contagio)

Giorgio Agamben

Di fronte alle frenetiche, irrazionali e del tutto immotivate misure di emergenza per una supposta epidemia dovuta al virus corona, occorre partire dalle dichiarazioni del CNR, secondo le quali non solo "non c’è un'epidemia di SARS-CoV2 in Italia", ma comunque "l’infezione, dai dati epidemiologici oggi disponibili su decine di migliaia di casi, causa sintomi lievi/moderati (una specie di influenza) nell’80-90% dei casi. Nel 10-15% può svilupparsi una polmonite, il cui decorso è però benigno in assoluta maggioranza. Si calcola che solo il 4% dei pazienti richieda ricovero in terapia intensiva".
Se questa è la situazione reale, perché i media e le autorità si adoperano per diffondere un clima di panico, provocando un vero e proprio stato di eccezione, con gravi limitazioni dei movimenti e una sospensione del normale funzionamento delle condizioni di vita e di lavoro in intere regioni?

19 marzo 2020

Pol-tronisti cercansi (e una buona notizia, seguita da una cattiva notizia)


Roma, 18 marzo 2020

Dall’Enciclopedia Treccani: “glïòmmero s. m. [lat. glŏmus -mĕris «gomitolo»]. - Voce del dialetto napoletano («gomitolo»), usata anche per indicare un componimento poetico dei secoli 15° e 16°, formato di una serie di endecasillabi con rima al mezzo, in cui si affastellano gli argomenti più varî, allusioni a fatti del giorno, ricordi di vecchie storie, proverbî, ecc”. Equivale alla frottola.


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20-20. Prendo, a casaccio, dal sito Il giardino degli Illuminati, tale perlina: “Dal punto di vista esoterico il numero Venti rappresenta l’agire in modo irrazionale. Una irrazionalità che può essere punita nel caso in cui si sia compiuta una deviazione dalla via maestra”. Benché sia alieno da tali fumisterie mi sembrava dilettevole proporvi questa versione esoterica di #IoRestoaCasa.

Una buona notizia. Ma qual è la buona notizia? Che tutto il gliòmmero del coronavirus infligge un colpo mortale all’Illuminismo. Siamo al cambio di passo: si mutano, finalmente, abitudini consolidate: viaggi, incontri, mega-aperitivi.
Giova, a tal fine, ricordare l’incipit del primo, memorabile, capitolo de La ragione aveva torto?, effort d’un giovane Massimo Fini.
Cosa insinua Fini, in questo deprecabile e fastidioso librino, naturalmente bollato come anti-scientifico? Che la maggiore vittoria dei Lumi consiste nel far credere come il progresso stia sconfiggendo la Morte. Ciò, infatti, è attestato, secondo i Luministi, da tutte le statistiche (sempre loro) sulla vita media pre e post Ancien Régime: si vive di più e meglio!
Fini non è d’accordo e replica: “Il pregiudizio più profondamente radicato nei confronti della società preindustriale è che la vita fosse cortissima. Gli storici parlano di un'età media di trentaquattro anni per le donne e di ventotto anni per gli uomini del Seìcento. Se si considera che oggi la vita media si aggira intorno ai settantadue-settantatre anni, l'ancien régime esce polverizzato dal confronto ed il nostro libro potrebbe chiudersi qui. Solo che, come sempre, le statistiche, nude e crude, ingannano. La media della vita dell'uomo della società preindustriale ha infatti po­ co a che vedere con la durata reale della sua esistenza. Ciò che c'è di vero in quelle statistiche è l'altissima percentuale della mortalità infantile nell'Europa del tempo: si ritiene che, su mille nati, da centocinquanta a trecento morissero prima di raggiungere l'anno di età e altri cento o duecento prima dei dieci anni. Era questa la durissima selezione iniziale che lasciava in vita solo i più robustii. Ma se uno riusciva a farla franca le cose si mettevano meglio. Innanzi tutto la durata massima della vita non era diversa da oggi”.
Forse oggi si vive dieci anni di più. Ma, ecco la domanda capitale, a quale prezzo? I figli, a prezzo di ciò che illustrai in Mortacci 2 (paralipomeni a Il respiro dei nostri padri). I padri e le madri a prezzo dei figli; e di sofferenze indicibili: escissioni, incisioni, flebo, cateteri, apparati respiratori recati a spasso come appendici d'una tortura sadica. E i figli al prezzo dell'amore filiale; i figli, stremati, perduti o menefreghisti, che vedono mutare l’antico amore in novello risentimento. L’industria della pillola e della puntura incassa proventi sardanapaleschi; lo Stato, questa puttana della Patria, fa da mezzano, impoverendo i figli e disgregando la comunità e la famiglia, una volta welfare epocali.
Ma ritorniamo al punto principale. In tale disfatta, di letti mancanti, vecchi che esalano il respiro lontani da tutti, si comincia a intravedere la resipiscenza del Potere: vi abbiamo mentito, non è questa la Bengodi, si continuerà a morire come prima. Il sogno illuminista è servito, quindi, solo a distruggere la comunità in cambio di un illusorio Eden tecnico-scientifico che, oggi, dimostra la propria inconsistenza. A furia di salire i pioli della scala, il Progresso batte ripetutamente la testa sul tetto di piombo dell’inevitabilità. E, però, il danno è fatto: in cambio del miraggio abbiamo sacrificato il meglio di noi stessi, la famiglia, la Patria, la “social catena”. Aveva ragione Giacomo Leopardi, non ne ho mai dubitato:

Qui mira e qui ti specchia,
secol superbo e sciocco,
che il calle insino allora
dal risorto pensier segnato innanti
abbandonasti, e volti addietro i passi,
del ritornar ti vanti,
e proceder il chiami


Li avete mai letti? Lo dico perché su Giacomino si è asperso il sale dell’insulsaggine scolastica. Leggeteli ora, leggeteli meglio, a strofinar via gli strati delle interpretazioni più sciocche. Come dissi a suo tempo, indovinare il futuro è difficile, ma ancor più arduo è vaticinare il passato. Gli interpreti del passato scremano l'inessenziale per leggere la verità dagli antichi palinsesti.
Leopardi, comunque, è sempre chiaro: "del  ritornar ti vanti/e proceder il chiami".

Una cattiva notizia. Potevo mai darvi una buona notizia? Non sia mai, dobbiamo annullarla subito. Se uno dei capisaldi dell’Illuminismo pare crollare miseramente, soprattutto a livello di suggestione, ciò è dovuto a ciò che oggi si ama definire “cambio di paradigma”. Un nuovo progetto, project for the new mankind century. La trasmutazione da una società occidentale che mira incessantemente al futuro a un sistema mondiale stazionario connotato dalla pace (sub specie pecuniae) e da un feudalesimo che si serve delle spoglie del capitalismo per meglio dominare.

Poltronista. Sost. neutro di livello 1, ex m. [d’origine incerta, prob. derivazione digitale. Composto dall’antico pidgin italico “pol-cor”, acronimo di politicamente corretto, e tronista, individuo che elegge la dimora o divano a esclusivo spazio sociale]. Il termine designava, dapprima spregiativamente, la nuova classe instauratasi dopo le grandi epidemie del primo ventennio del secolo scorso. I poltronisti rifiutavano l’andare pel mondo, ritenuto infetto, concentrando l’intera attività esistenziale, ludica e lavorativa, nella magione ad alta interattività. Riconosciuti dal Blocco Sino-Europeo quale corrente spirituale ed eletti, poi, a religione ecumenica di Rango Centrale, ebbero breve vita. A partire dalla seconda metà del Ventunesimo Secolo, infatti, diluirono lentamente quanto irresistibilmente nel più vasto movimento b-luddista d’ispirazione trascendentale.

Il dottor Semmelweis. Dalla presentazione dell’omonimo libro di Louis-Ferdinand Céline: “Nell'Ottocento, anche nella civile Vienna, molte donne incinte morivano a causa di una febbre di origine infettiva. I medici che visitavano le donne, all'epoca, non ritenevano necessario lavarsi le mani dopo aver sezionato cadaveri. Ciò causava l'infezione, che portava poi al decesso delle partorienti. Dopo attente osservazioni, la causa venne identificata dal dottor Ignatz Semmelweis, passato in virtù di ciò alla storia della medicina come lo scienziato che, scoprendo l'origine della febbre puerperale, mise a punto la tecnica dell'asepsi, così importante per lo sviluppo della medicina e soprattutto della chirurgia contemporanee. Ma questo benefattore dell'umanità non fu onorato in vita, bensì deriso, emarginato perseguitato. Fino a sprofondare nella follia. Questo libro, che ne narra la storia, fu la tesi di laurea in medicina di quello scrittore irregolare e ricco di talento che fu Céline”.
Céline, il Terribile, l’Esecrabile, procede alla beatificazione di un uomo che distrugge ideologicamente l’Antico Ordine. Contraddizioni della storia. Dalle scoperte di Semmelweis, che annientano lentamente la mortalità materna e infantile, trae forza, infatti, l'autentica età postmoderna e il fascino progressivo ch’essa ha esercitato sulle menti più semplici. Come resistere a tali numeri: un miliardo nell’Ottocento, due miliardi negli anni Venti, poi tre quattro cinque sei sino a sette (sette!) dal dopoguerra a noi. Sembrerebbe una crescita quasi esponenziale, per usare un termine caro ai micchi del marzo 20-20. Céline, insomma, forse a causa delle temperie giovanile (il saggio è la sua tesi di laurea), loda inconsapevolmente il nemico. Si passa da un mondo pieno di vedovi e uno fitto di vedove. Il capitalismo moderno, peraltro, assieme all’esproprio della terra, fu anche reso possibile dai Semmelweis: tanta carne al fuoco, produzione, consumo, oltreconsumo, consumo di tutto; finché il gioco rompe la corda; gli Illuminati, esistano e meno, hanno un problema: come governare otto miliardi di micchi infuriati poiché a corto di lavatrici? Occorre frenare l’orgia. Inventiamo i diritti civili! Pauperismo, straccionismo, ecologismo, omosessualismo, antirazzismo, panopticon da controllo totale. Evgenij Zamjatin avverte tutti, nel 1921, dalla propria parte; Jack London, nel 1907, dalla sua. Niente, e chi li sta a sentire? Capitalismo e socialismo si danno la mano, incontrandosi, poi, negli anni Settanta; sino a perfezionarsi, oggi, quando Soros sembra John Lennon e gli ex comunisti si vendono alle multinazionali capeggiate da teste di legno che sembrano cantare Imagine dal balcone di casa.
PS. E due: la socialista Anna Kuliscioff, chiamata da Camillo Golgi, s’interessò vivamente a Semmelweis.

Body bag. Finalmente abbiamo anche noi le body bag. Quanto le si è invidiate! Lo shock americano per i militari avvolti in quei sudari asettici, l’odio, lo sdegno. Dapprima i tremila morti, ora questo: i nostri figli!
Un atteggiamento diverso da quelle delle madri Spartane che guardavano di mal occhio color che tornavano senza un graffio, ma la Morte, nel Nuovo Ordine, non è più parte del ciclo cosmico, ma una ripugnante megera.
E intanto quei sacchi di carne agiscono nell’anima collettiva; si insinua non la paura per il nemico, ma un terrore indefinito e abietto che recherà, inevitabilmente, la rotta della ragione. A tali uomini si potrà far credere e accettare di tutto.

Helicopter money. Tale barbara usanza, che vanta un antecedente comico nell’Italiano che ha fatto fortuna in America e torna al paesello d’origine buttando dollari dalla Cadillac rosa, consiste in un'appendice pervertita (o derivazione d'alta politica strategica) d’una precisa benché defunta dottrina economica: il capitalismo. Essa fa da apripista al Brave New World che vedrà pochi attori: multinazionali, tecnici, leccapiedi o pubblicitari, poltronisti. Quest’ultima categoria, la più larga, non vanterà un lavoro, né un lavoricchio né tantomeno una occupazione. Il progresso lo relegherà dove avranno da essere le sue chiappe: a ceccia, per usare una locuzione da bimbi (Leopardi direbbe: pargoleggiante). Onde plasmare tale paradiso si avrà, però, bisogno di chetare le ansie del pol-tronista tramite la creazione progressiva di un reddito di sudditanza. C’è ancora baruffa nell’aria poiché ognuno lo vorrebbe definire in base ai propri (fasulli) riferimenti ideologici: un accordo, tuttavia, si troverà.

Micchi, compari, pali e saltimbanchi. Da ragazzino mio padre amava recarmi a Porta Portese, una sorta di suk nel cuore di Roma. A casa ci si spogliava di tutto, dagli orologi alle catenine agli anelli, tenendo addosso solo qualche spiccio per caffè e pastarelle. Il gruzzolo andava portato alla cinta, fra pantalone e trippe, ed era meglio tenerci sopra la mano disegnata anatomicamente a pinza. A Porta Portese si facevano begli affari, specie la mattina. Pulotti e carabinieri sapevano e tacevano; d’altronde, al pari dell'origine dei miei giorni che m'accompagnava, essi erano fra i maggiori clienti, piccolo borghesi con la smania dell’acquisto di straforo. Durante il Natale c’era la sagra dei botti: decine di figuri buttavano un fagotto sull’asfalto sciorinando la merce abusiva: petardi, rauti, bombe, tricche tracche e mortaretti. Un di questi, sfigurato da un’esplosione, mostrava le proprie mirabilie issandole sulle braccia mozze: e gliele compravano. Si era in una sorta di benigna zona franca, un bazar lurido, fitto di marpioni, ladri, giocolieri e bottegai che lì, in perfetta letizia, facevano più affari che in tutta la settimana. Libri, vinili e pezzi d’antiquariato: il colpo stava a portata di mano, se si possedeva un minimo d’occhio.
Ogni tanto, a rallentare ancor più il passo (una fiumana compatta saliva e scendeva dalla Porta Portese a piazza della Radio; e viceversa), un minuscolo assembramento. Il gioco delle tre carte o delle tre campanelle. Mio padre conosceva ogni attore della sequenza, piccoli truffatori, ladruncoli, scansafatiche di borgata. I pali delimitavano la zona d’azione, agendo da segnalatori estremi (non si temeva il gendarme locale, ma qualche colpo di testa improvvisato di prefetti e questori); i Compari, uno o due, a volte di più se la sceneggiata sembrava lucrosa, fingevano di scommettere e perdere e vincere; il Saltimbanco (detto anche "il padrone del cane") fungeva da prestidigitatore: miscelava le carte o le campanelle col cece; i Micchi si lasciavano travolgere psicologicamente dai frenetici tramestii dei Compari credendo nella loro genuinità. I Compari perdevano e bestemmiavano, litigavano fra di loro, si insultavano, si deridevano arrivando, con cautela, a prendersela, con cautela, con lo stesso Saltimbanco: dando causa, in tal modo, a una farsa credibile dacché la patina del realismo posticcio rende accettabile ogni garbuglio. E il Micco, allora, scommetteva.
L'America ha modificato geneticamente l'influenza; no, è stata la Cina; no, sono Germania e Francia che vogliono espropriare l'Italia; macché, è Conte a essere un imbecille, la Lagarde è una zoccola, l'Europa ci ama, ci odia, il mondo vede in noi un modello, no facciamo schifo. A vedere i Compari (nazioni) che si rilanciano accuse  - col sorriso sotto i baffi - mentre i Pali (leggi: media) sorvegliano che nessuno abbia a turbare la fregatura mondiale, il Micco controinformativo, ipnotizzato dalle mille mosse fulminee del Saltimbanco, scommette. Sulla prima campanella, no, sull'ultima a destra, no, su quella in mezzo. Ma non c'è nessun cece sotto nessuna campanella. L'unica soluzione consisterebbe nel rovesciare il tavolo, cioè nell'andare alla macchia senza votare. Tanto per cominciare, poi si vedrà.

A latere: avrei voluto scommettere anch’io, almeno cento o cinquecento lire; e il sant’uomo, taciturno, ma, nell’intimo, blando goliarda, me l’avrebbe pure consentito se non fosse stato paralizzato dal timore delle scenate di mia madre che, in casa, comandava su tutto. Si era, infatti, in piena era patriarcale.

Angeli. “Atene a’ suoi migliori promettea monumenti, Roma le corone, Odìno le belle Valkerie che nei lucenti palazzi aspettano i prodi, Maometto gli amplessi delle Uri: Sparta nulla. Trecento cadono alle Termopile; essa vi colloca una pietra scolpendovi: HANNO FATTO IL LORO DOVERE”.

Il gliòmmero di don Ciccio. “Nella sua saggezza e nella sua povertà molisana, il dottor Ingravallo, che pareva vivere di silenzio e di sonno sotto la giungla nera di quella parrucca, lucida come pece e riccioluta come d’agnello d’Astrakan, nella sua saggezza interrompeva talora codesto sonno e silenzio per enunciare qualche teoretica idea (idea generale s’intende) sui casi degli uomini: e delle donne. A prima vista, cioè al primo udirle, sembravano banalità. Non erano banalità. così quei rapidi enunciati, che facevano sulla sua bocca il crepitio improvviso d’uno zolfanello illuminatore, rivivevano poi nei timpani della gente a distanza di ore, o di mesi, dalla enunciazione: come dopo un misterioso tempo incubatorio. ‘già!’ riconosceva l’interessato: ‘il dottor Ingravallo me l’aveva pur detto’. Sosteneva, fra l’altro, che le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l’effetto che dir si voglia d’un unico motivo, d’una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti. Diceva anche nodo o groviglio, o garbuglio, o gnommero, che alla romana vuol dire gomitolo”.

16 marzo 2020

Frottole dal ducato in fiamme (Neodecamerón)


Roma, 16 marzo 2020 

Dall'Enciclopedia Treccani: "fròttola s. f. [prob. der. di frotta]. - 1. Componimento letterario di origine popolaresca (detto anche motto confetto) costituito da un affastellamento di pensieri e di fatti bizzarri e strani, senza nesso o quasi tra loro, in versi di varia misura (settenarî, quinarî, endecasillabi) e senza ordine fisso di rime". 

Frottola Prima. La magia dei numeri
Se sommate il vostro anno di nascita alla vostra età otterrete come risultato 2020.
Succede una volta ogni 1000 anni!
Provate!

Su circa 40 romani, di media età e intelligenza, quasi uno su due è rimasto interdetto. Per qualche secondo di troppo; alcuni sino a sfiorare il minuto. The dog's master si farà quattro risate. Gli statistici pure. Ho detto "uno su due"? Chiedo venia. Volevo dire: il 46,34%.

Frottola Seconda. Untori I
Silvio Brusaferro, Istituto Superiore di Sanità, qualche giorno fa: "Ci sono state scene di persone al mare, a sciare o a mega-aperitivi: sono luoghi in cui il virus potrebbe essere circolato ... [fortunatamente] gli Italiani hanno colto come comportamenti sbagliati finiscano per ritorcersi contro e vadano evitati".
Il diavolo si nasconde nelle locuzioni.
Mega-aperitivi. La Milano da bere? Scurdammoce 'o passato. Aperitivi, piscine, viaggetti. Cambiamo abitudini. Il disprezzo in quel termine rivela l'ansia di liberarsi da alcuni comportamenti onde piombare nell'asocialità da afefobia. L'odio del contatto, della convivialità, anche cialtrona, della comunità ... la sepsi morale deve entrargli in testa a questi cultori dello spritz!

Frottola Terza. Untori II
De Luca, governatore della Campania, chiude quattro comuni. Perché? “Causa del picco di contagi è un rito mistico. Hanno bevuto tutti dallo stesso bicchiere”. E chi sono tali irresponsabili? Seguaci del sabba? Sbevazzatori da osteria? Massoni napoletani? Macché, catecumenali. De Luca ha richiesto la denuncia penale. Rimane il mistero sul "rito mistico". Che abbiano bevuto il sangue di Cristo senza permesso? 

Frottola Quarta. Homo digitalis (dalla lettrice ISE) 
Tra le cose che si digitalizzano [ecco] l'uomo cablato del sogno transumano. In questi giorni pensavo: prima o poi usciranno con la proposta di un chip che traccia tutti gli spostamenti e magari rileva se il virus è presente nel tuo corpo, nelle vicinanze o addosso a una persona piuttosto che un'altra.
Oggi apro "Il Corriere della Sera" (dopo secoli, giusto perche' so che anticipa sempre quel che "potrebbe" accadere), e trovo la notizia che sottolinea la necessita' di tracciare tutti con la tecnologia per prevenire la diffusione del virus:

https://www.corriere.it/economia/consumi/20_marzo_15/come-battere-pandemia-il-tracciamento-dati-grazie-compagnie-telefoniche-51c0497c-661c-11ea-a287-bbde7409af03.shtml

"Un gruppo di economisti e scienziati dei dati, capeggiati dal professore Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente di strategia alla Sda Bocconi e Alfonso Fuggetta, docente del Politecnico a capo del consorzio Cefriel che lavora proprio sui Big Data, hanno inviato alla regione Lombardia e al governo una proposta estremamente dettagliata al momento ignorata. Che consentirebbe di riaprire davvero scongiurando il vero rischio che può verificarsi il 3 aprile. Perché basta un altro piccolo focolaio di 4-5 infetti a bloccare di nuovo il Paese provocando un double dip, un rimbalzo difficilmente sostenibile per qualunque economia matura che vive di scambi, relazioni e consumi.
A supporto della tesi i due docenti prendono in prestito le parole dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che proprio tre giorni fa ha dichiarato che la parola d’ordine è quella di 'tracciare i contatti'. Secondo un modello delle tre T: testare, tracciare e poi trattare. In Corea del Sud lo schema ha funzionato e la curva dei contagi è crollata senza un 'lock down', un blocco totale come ora sta sperimentando l’Italia e ora l’Europa. Il Korean Center for Disease Control, KCDC, ha organizzato uno straordinario sistema di raccolta di informazioni geolocalizzate per il tracciamento dei contatti dei contagiati. I potenziali contagiati e i viaggiatori che arrivano nel Paese hanno dovuto scaricare una app in cui volontariamente hanno descritto giorno per giorno la propria posizione, eventuali sintomi e i contatti tenuti. Sarebbe possibile tecnologicamente farlo anche da noi". 

11 marzo 2020

Per il micco il sole è nuovo ogni giorno (A-sofa-lipse now)


Roma, 11 marzo 2020 (agg. ore 12.39; 16 marzo 2020)

Questo non è un post, ma un insieme di suggestioni in divenire. Man mano che i giorni si susseguiranno perderà qualche riga, ne guadagnerà altre. Non sono riflessioni, e nemmeno aforismi. Esse valgono a livello soggettivo; aspirano a eccitare, da Watson, alcuni Sherlock che passano distrattamente qua e là. 
Tali Sherlock dovrebbero essere in grado di decrittare nitidamente il padrone del cane.

* * * * *

SCIOCCHEZZAIO 

La magia dei numeri. 
Se sommate il vostro anno di nascita alla vostra età otterrete come risultato 2020.
Succede una volta ogni 1000 anni!
Provate!
Su circa 40 romani, di media età e intelligenza, quasi la metà sono rimasti interdetti. Per qualche secondo di troppo, sino a sfiorare il minuto. The dog's master si farà quattro risate. Gli statistici pure. Ho detto "quasi la metà"? Chiedo venia. Volevo dire: il 46,34%.

Untori I.
Silvio Brusaferro, Istituto Superiore di Sanità, qualche giorno fa: "Ci sono state scene di persone al mare, a sciare o a mega-aperitivi: sono luoghi in cui il virus potrebbe essere circolato ... [fortunatamente] gli Italiani hanno colto come comportamenti sbagliati finiscano per ritorcersi contro e vadano evitati".
Il diavolo si nasconde nelle locuzioni.
Mega-aperitivi. La Milano da bere. Scurdammoce 'o passato. Aperitivi, piscine, viaggetti. Cambiamo abitudini. Il disprezzo in quel termine rivela l'ansia di liberarsi da alcuni comportamenti onde piombare nell'asocialità da afefobia. L'odio del contatto, della convivialità, anche cialtrona, della comunità ... la sepsi morale deve entrargli in testa a questi cultori dello spritz!

Untori II.
De Luca, governatore della Campania, chiude quattro comuni. Perché? “Causa del picco di contagi è un rito mistico. Hanno bevuto tutti dallo stesso bicchiere”. E chi sono tali irresponsabili? Seguaci del sabba? Sbevazzatori da osteria? Massoni napoletani? Macché, catecumenali. De Luca ha richiesto la denuncia penale. Rimane il mistero sul "rito mistico". Che abbiano bevuto il sangue di Cristo senza permesso? 

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Il coronavirus serve a modellare la società del futuro. Meglio: è un esperimento sociale che inizia a modellare, definitivamente, la società del futuro.

Nell'hashtag "Io resto a casa" è condensata la civiltà che il Potere anela. La civiltà della poltrona, apocalittica. Asofalipse now.

Nel 2016, su Pauperclass, scrissi Prigione Italia. Ora siamo al correzionale, anzi al Polcorrezionale Italia. Upgrade devastante e definitivo.

Nulla sarà come prima. Siamo all'hashtag epocale: cambiamo abitudini.

La geopolitica è un inganno. Chi se ne occupa o è un imbecille o ciurla nel manico. Non esistono più territori da conquistare militarmente. Forse esistono delle "Patrie" da sopprimere ideologicamente: l'Italia, la Grecia, la Persia. Ma queste ormai nulla dicono ai più. Le forze armate rilevano quali attrici di una farsa: essi, al pari di blindati, flottiglie aeree e navali servono a contrattare prezzi d'entrata o a riscuotere i sospesi. Gli eserciti, insomma, hanno la medesima funzione dei guardaspalle degli strozzini; il mestiere delle armi confluisce nella più remunerativa attività di frantumatore di pollici.

Cos'è lo smart working? La preparazione alla scomparsa del lavoro. Rimanere stravaccati a casa significa che, nel giro d'una generazione, si avrà una maggioranza di masturbatori digitali. E perché? Perché ogni attività umana necessita di disciplina. La forma consente quella specifica attività. Farsi la barba, vestirsi, magari con una divisa, rendersi presentabili, osservare regole nel dialogo, programmare con cura appuntamenti, polire una liturgia del mestiere, giorno dopo giorno, fa sì che il lavoro o mestiere duri nel tempo. E invece il Potere cosa fa? Deride la cura proprio di tali particolari: sono formalismi inutili! Siate liberi! Rimanete a casa! Così, in  trent'anni, nessuno lavorerà più. Le multinazionali sussumeranno ogni produzione materiale e intellettuale pasturando un gregge lercio e irsuto d'ignoranza. Cfr. Pausa caffè.

La compagnia di giro polcorretta è lampante. Si è formata nel tempo. Alcuni vivi sostituiscono i morti: attorucoli, scienziatucoli, cantantucoli, intellettualoidi, in numero di cento, girano vorticosamente su ciascun canale di disinformazione con un cibreo di impressionante infantilismo. E ci credono. 

Le vittime, poi, son tutte di bell'aspetto. Sto aspettando di vedere un'influenzata con un occhio storto e i baffi. Ma questa è la tecnica, immarcescibile, de Son tutte belle le signore dell'Occidente.

Tecnica per discernere il grano dal loglio: quando sentite la parola flash mob siete in presenza di merda, senza alcun dubbio.

L'Università si digitalizza. Traduco: presto verranno aboliti i libri di testo, quindi gli esami.

La scuola si digitalizza. Traduco: invece di un'insegnante di Inglese si avrà il link per una lezione online. Risultato: a quindici anni la locuzione "The pen is on the table" suonerà ostica come il blank verse secentesco.

Il cadavere si digitalizza. Col virus aumentano le cremazioni. Si cambia abitudine. I mortacci verrano disintegrati e restituiti ai cari sotto forma di cenere o di concime, secondo i dettami ecologici di Greta. La pietà per i defunti, già pallida emanazione delle libagioni omeriche, svanirà per far posto alla consueta asepsi polcorretta. La reificazione dell'uomo avanzerà d'un gradino, ma nella bontà.