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01 luglio 2019

Una puttana si aggira per l’Europa …


Silva Candida, 1 luglio 2019

La puttana della Bontà.
Tutte le forze della vecchia Europa si sono unite per compiacere la Nuova Prostituta, la Donna Scarlatta: papi e governanti democratici, eretici, laici e radicali atei, preti e suore, ebrei e musulmani, malvagi e altruisti, banchieri e pauperisti, Bono Vox e Lady Gaga. Da ciò scaturiscono due indubbie conclusioni:

1. la Bontà Universale è il legante del Nuovo Mondo
2. è tempo per gli avversari, i mostri, di rinunziare definitivamente e lasciar correre il nuovo anelito epocale

Occorre preterire i raptus interpretativi, la cronaca minuta, i cambi di campo, le vociferazioni, la geopolitica.
Al lavoro è la Grande Opera.
Non esiste il prima o il dopo, il reazionario o il rivoluzionario, la destra o la sinistra o qualsiasi decrepita concrezione; del pari, non esistono i corpi dei messicani o degli africani annegati; né chi si compiace di quelle morti; nemmeno chi le rivendica con il volto rigato dal rimmel da agape del terzo millennio.
La Grande Opera, solo quella esiste.
I tormenti, gli scontri, le truculenze, le comparsate televisive a nulla valgono; sono teatro, sciocchezzuole: al dunque, ovvero al Dunque, son tutti d’accordo.

Una nave appesantita da qualche culturista sfonda barriere e divieti; vengono organizzate collette e maledizioni; le giugulari si gonfiano catodicamente: eppure la nave va. Inarrestabile. Le flotte europee e italiane non posseggono uno straccio di unità e qualche marinaio in grado di arrestare una barchetta di cartone comandata da una ragazzina. È tutta una buffonata, un teatrino da Gianicolo. Affondiamola! No, spingiamola col vento della solidarietà! Una sfida alla sovranità nazionale! No, una sfida agli egoismi dell’opulenta Europa! Un’invasione! Macché, la giusta nemesi per un continente che ha massacrato i deboli! Intanto, mentre tutti sono occupati a considerare i randelli di gommapiuma, la Sea Watch continua indisturbata come in una versione parodica de Il campo dei santi. Il programma, la Grande Opera, va avanti.

10 aprile 2019

L'illusione di scegliere [Il Poliscriba]

 
[Il Poliscriba]

Nelle tenebre si cerca la luce, non gli occhiali
Urszula Zybura

L’illusione di scegliere s’impara disapprendendo, sottoponendosi e non imponendosi.
Ma è un discorso sul non-fare che non attiene ai corpi senz’anima.
Nella microfisiologia del potere esternato, velato, sottaciuto, si ottempera alla funzione di saper scegliere tra gesti, oggetti, occasioni, ciò che gratifica chi segna i limiti e chi li deve rispettare.
Un solco invisibile, scavato nel nostro patrimonio genetico, ci ricorda le nostre origini umane e latine, entrambe cominciate con un fratricidio, scelta-non scelta che sfoca il giudizio sulla vittima e il carnefice.
Si può essere insultati per aver letto Vae victis e condiviso molti dei ragionamenti di Erich Priebke?
Chi veramente è in grado se privo di onniscienza, infinita giustizia, infinito amore, di soppesare le colpe senza indulgenza e accanimento, decidere per l’assoluzione o la pena con infinita equità nel giudicare vincitori e vinti?
Gli infiniti ossessionano, ci conducono sulla via scivolosa delle semplificazioni, delle riduzioni, delle generalizzazioni, delle sfumature, dei colori, del dubbio, dell’imperfezione, del caduco senso del libero arbitrio, anch’esso scelta e non scelta tra Provvidenza, destino, caso e necessità.
Nel tripudio orgiastico-anarchico dell’impuro edonismo si violano le norme per il diritto di farlo, se non per il gusto amaro della frustrazione di non detenere il potere di imporle.
Ecco una spiegazione dell‘89, del ‘17 e del ‘68, numeri che si svelano grattando e perdendo in tutte le aule di tribunale sotto lo slogan murale: La Legge è uguale per tutti.
Il talento e la fede non si scelgono.
Sotto il velo di Maya tiriamo alla cieca fili nei quali ci siamo invischiati; diamo forti o deboli strattoni che pensiamo come atti del volere; ci abbozzoliamo prede del nostro falso ragionare di libertà sul tessuto diafano, imbrigliati dalla tenace stregoneria entomologica di setacciaio, vomitata dai sortilegi di uno spietato apparato boccale dell’immenso aracnide che ha nome Nulla ed è ridicolmente affine al polpo Cthulhu, in fatto di voracità.

26 novembre 2018

Viaggio al termine della Storia (Abdul)


Roma, 26 novembre 2018

Leggo, con un breve moto di sconcerto, un articolo di Maurizio Blondet sulla vicenda di Abdul El Sahid, il quindicenne di origine marocchina travolto (per una sfida fra amici) da un treno nella stazione di Parabiago.
La natura di tale sfida è ancora in discussione; le indagini, lentissime e menefreghiste, prenderanno corpo, fra un cappuccino e l’altro, nei prossimi mesi. Onde “appurare la verità”. La verità o la dinamica dei fatti o il bilancino della colpa, tuttavia, come nel caso di Desirée, qui non interessano.
Qui importa solo la densità sociale e storica dell’episodio.
Blondet la riconduce, minimizzando il tutto a livelli da commedia italiana grottesca, all’italianizzazione cialtrone del ragazzo. Blondet, infatti, è ossessionato dal cialtronismo italico e dalla italica cialtroneria. Cialtroneria: “Il vizio di esser trasandato o di comportarsi in modo privo di serietà e correttezza nei rapporti umani”. Credersi furbi, svicolare dalle regole, mancare alla parola data.
La perfetta integrazione di Abdul è dimostrata dal carattere specificamente italiano che abbiamo cercato di lumeggiare in precedenti e recenti articoli: che siamo furbi, più furbi di tutti gli stranieri, che a noi le leggi della fisica ci fanno un baffo, i divieti legali … sono cose ridicole che valgono per i fessi … Bisogna riconoscere il carattere bonario, italianissimo anche questo, di tale integrazione”, scrive il Nostro.

10 maggio 2018

Perdere, e perderemo!


Roma, 10 maggio 2018

Questa mappa, tratta da wikipedia, ci mostra la diffusione di una sola multinazionale nel mondo: la catena di fast food McDonald's.
Essa illustra la linea di resistenza all'Impero del Nulla: Mesopotamia e poco altro.
I giochi sono decisi.
Escludiamo alcune eccezioni dovute al clima (Tibet, Groenlandia, i Poli) e a ghiribizzi temporanei (Islanda, Montenegro).
Altri apparenti ribelli (Africa, Sud Est asiatico) cederanno le armi ben presto: la penetrazione cinese in tali aree renderà appetibili territori oggi poco considerati commercialmente.
La Corea del Nord, a esempio, si è recentemente unita al coro dei castroni mondiali.
Resiste parte dell'area mediterranea e il blocco sumero-babilonese. Fra i resistenti amo ricordare:
Yemen, dove Pier Paolo Pasolini girò uno dei suoi documentari migliori: Le mura di Sana'a. Più che un reportage fu un appello a fare qualcosa per la bellezza. Si era nel 1970. Sana'a come Orte; come Sabaudia. Proprio da Sabaudia, bella città fascista, egli lanciò l'ultimo disperato grido, conscio del proprio fallimento di intellettuale, di militante del PCI e di italiano di fronte all'apocalisse.


01 agosto 2017

Il sangue delle bestie


Roma, 1 agosto 2017

Si legge nel De esu carnium (Del mangiare carne) di Plutarco:

Plut I: "Io mi domando con stupore in quale circostanza  e con quale disposizione spirituale l'uomo toccò per la prima volta con la bocca il sangue e sfiorò con le labbra la carne di un animale morto; e imbandendo mense di corpi morti e corrotti, diede altresì il nome di manicaretti e di delicatezze a quelle membra che poco prima muggivano e gridavano, si muovevano e vivevano. Come poté la vista tollerare il sangue di creature sgozzate, scorticate, smembrate, come riuscì l'olfatto a sopportarne il fetore? Come mai quella lordura non stornò il senso del gusto, che veniva a contatto con le piaghe di altre creature e che sorbiva umori e sieri essudati da ferite mortali?".

E quindi, poco più avanti:

Plut II: "Tuttavia, sebbene sia ormai impossibile mantenerci immuni dall'errore per la consuetudine che ci lega a esso, provando vergogna agiremo male secondo ragione. Mangeremo sì la carne, ma spinti dalla fame e non per ingordigia. Uccideremo sì un animale, ma provando per esso pietà e dolore, non usando la violenza né torturandolo".

Abbiamo qui un bell'esempio di come si esercitasse la ragione e il discorso nel vecchio ordine morale.
Nulla di troppo.
Ecco, in Plut I, il filosofo di Cheronea, erede di Empedocle e Pitagora, descrivere con orrore l'uomo che mangia carne macchiandosi di un peccato contro la natura e la vita. Il tono è alto, di quella forza assieme trattenuta e intensa che caratterizza i trattati etici dell'età classica. Solenne e perentorio, eppur sorvegliato: l'eccesso e la foga, pur se fanno il gioco di ciò in cui si crede, sono peccati anch'essi.
In PL2 lo scrittore offre apparentemente una scappatoia alle sue ferme convinzioni: l'uomo è debole, infatti, e per ciò stesso gli è difficile liberarsi dall'errore (mangiare carne impura); se cadrà in tale colpa dovrà farlo con vergogna, senza arrecare ulteriore dolore, e solo per soddisfare l'impulso della fame e non quello dell'ingordigia.
In entrambi i passi c'è tutta la razionalità e la compostezza logica del mondo classico e cristiano come l'abbiamo conosciuto sin in epoche recenti.
Poi vi fu la deformazione.
Entrambi i corni del discorso appena accennato, e che non significano semplici trincee concettuali, bensì poli dell'animo e regioni della sensibilità, subirono una dolosa forzatura, sin al grottesco.
L’astensione dalle carni sconfinò nei capricci del politicamente corretto ed ebbe a degenerare nel veganesimo a oltranza, nell’antispecismo e nel feticismo animalista; la colpa del mangiar carne si corruppe in senso opposto: caduta la vergogna (anche per la lontananza fra carnefice e vittima), residuò la gozzoviglia da supermercato, il junk food, la foia da ingurgitazione e la proliferazione chic dei programmi culinari.
Entrambi, il politicamente corretto e la crapula consumista Cracco/McDonald's, sono i nuovi corni degenerati del dilemma; o meglio, le due nuove facce malsane di un unica putrefazione: quella del capitalismo senza più lacci morali (e vergogne) che genera sia mostri capaci di ingoiare l'universo, sorta di lamprede esistenziali, sia i loro apparenti oppositori (emunti vegani, cenobiti del cavolfiore, feticisti del guinzaglio).
Se il PolCor è il braccio ideologico del capitalismo terminale, l'eccesso ne è la concrezione economica. Ambedue i fanatismi, per quanto contradditori sembrino a un primo esame, rampollano da tale unica pozza malarica. Fuor di metafora: tra le proliferanti legioni di obesi che si ingozzano di hamburger puzzolenti pur di soddisfare la coazione a ripetere d'una ingordigia malsana e fine a sé stessa, e il loro contraltare (i nuovi stiliti dei germogli di soia o gli antispecisti isterici, per cui un agnellino è pari a un neonato umano) non vi è che un saltello.
Entrambe le posizioni sono, come detto, degenerazioni dell'antico sentire, estremizzazioni, devastazioni della logica e di ciò che potremmo definire “sorgiva ragionevolezza”.
Un vegano radicale e un sacco di lardo americano sono affratellati nella parodia che scaturisce dal "troppo": ambedue sono gl’inconsapevoli araldi di una visione postmoderna nettamente antiumana, e in loro instillata.
Ci sono voluti millenni di metafisica per ammazzare Dio; poche centinaia d'anni per sfregiare l'uomo di Vitruvio leonardesco e liquidare la prudenza e la nobiltà dell'etica classica e cristiana.
Siamo divenuti talmente frettolosi, nella nostra ansia di depotenziare l'uomo, e di criminalizzare il suo passato, che non ci accorgiamo di venerare un altare vuoto: il nulla e la dissoluzione.

Qualche tempo fa vidi un cortometraggio di George Franju, Le sang des bêtes (Il sangue delle bestie, 1949). In esso il grande regista francese documenta una sua visita ai mattatoi di Parigi.
La compassione verso gli animali qui si effonde in un più vasto sentimento di pietà che deriva dalla nostra comune appartenenza all'ordine naturale; l'uomo e l'animale convivono sotto lo stesso cielo e sono parte di una creazione inscindibile: nel film ecco perciò apparire i simboli del miracolo della vita: un albero, le rondini che, libere, inseguono le segrete vie dei cieli, alcuni bambini che inscenano un girotondo, due innamorati che si baciano. È la vita che avanza, inarrestabile e caduca, con le sue repentine esplosioni di terrore e felicità. Un placido bue, un ariete o un cavallo - tutti partecipano a tale immane flusso: ed è quindi un'ingiustizia privarli sia pure di un micolo di tale gioia: Eppure occorre essere realisti; l'uomo è ciò che è, imperfetto; la sua vicenda terrena, breve e intensa, non può che errare: egli può uccidere e recare la morte: sarà la ragione a gettare la luce della verità su tali atti e imporre la vergogna e l'espiazione.
Sì, gli animali sono esseri senzienti e che patiscono. La loro morte, però, non è presa alla leggera dagli uomini che sanno. Il dolore degli innocenti avrà il risarcimento del nostro stesso dolore: dolci nell'aria, ecco i rintocchi lenti di una campana: uno due sei otto dodici: un compianto funebre che si dilata lento nel cielo parigino. Al bisogno umano di sopprimere i viventi corrisponde il lutto: "agire male secondo ragione", ma comprendere, perdonare, lenire gli eccessi della parola e dei gesti.
Franju e Plutarco si abbeverano allo stesso filo di pietà.
Sono europei dell'antico ordine: in loro mi riconosco.