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07 dicembre 2020

Ubik

Ewa Aulin in Candy

Unreal City, 7 dicembre 2020

A1. Viaggiando lungo l'autostrada, da Firenze a Roma, si colgono, quasi sovrappensiero, i resti di un paese in via di scomparsa. L'Italia assomiglia, ormai, a un di quegli scheletri dissepolti in qualche cimitero altomedioevale con bisturi e pennello: la figura, un tempo composta e serena nella certezza della gloria oltremondana, appare sconvolta in una posa grottesca: le tibie sconnesse dai femori, la cupola delle coste sbriciolata dall'umidità, le falangi separate le une dalle altre, il cranio scoperchiato, la bocca ricolma di fango. I denti biancheggiano nelle arcate divelte, in uno spasimo di rimprovero. Eppure anche tale misero resto, scomposto come uno dei macabri burattini funebri di Trimalcione, nasconde una storia. Una brocca frantumata, a lato, o un anellino bronzeo, una moneta corrosa, un fragilissimo lacrimatoio.
I lacerti della grandezza italiana mi passano davanti, accerchiati dalla mota della modernità che non ha saputo far altro che distruggere, umiliare e schernire in un tripudio di crassa stupidità e insensatezza.
Ogni tanto un bellissimo casolare antico rapisce l'occhio, a volte scialbato dalle piogge e dall'abbandono, altre corroso dall'incuria o sbriciolato dalla tenacia degli arbusti. In rovina le torri, attraversate da crepe irreversibili, le strette feritoie a testimoniare, mute, la prossima disfatta. Improvvisamente un popolo di edifizi, su una piccola altura, raggrumati come naufraghi, stretti fra loro, entro il ciglio delle rupi di tufo, come ritirati da un mondo che ritengono straniero. Paesi ricchi di una storia maggiore, più vasta di quella di intere nazioni, e però sconnessi dal senso comune che li legava gli uni agli altri: sentieri, leggende, felloni e santi, eretici e conquistatori, chiesine e cappelle rurali; sono ossa d'una più larga e incomprensibile frantumaglia.

A qualche decina di chilometri da Roma l'apparizione mistica di Orte, al tramonto, consola con l'illusione dell'eternità. L'ultimo sole filtra fra la nuvolaglia plumbea a striare d'un giallo spento e dolce i dorsi dei colli, in un fremito di purezza rembrandtiana.
La sera, quindi, cala.
Le sagome di cespugli e alberi imbruniscono, in un verde gelido e cupo, esaltando il profilo contro il tessuto del cielo, di limpidissimo cilestrino. La lunga cresta d'un altura è merlata da ordinati filari di cipressi.
Si potrebbe contemplarle per ore queste sagome, nitide e tranquille; il mistero da loro effuso tocca corde remote, s'allarga, contrasta il caos, dona la forza dell'illusione.
 

BRUXELLES. Il Belgio vieta le messe a Natale. Sorpresi? Joseph Conrad aveva visto lungo in Cuore di tenebra, questo agile breviario del nostro futuro, definendo Bruxelles un sepolcro imbiancato. “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e d’ogni marciume”, ebbe già a dire l’altro Rompitasche.

CHE GUEVARA. Il suo ruolo di ideologo e guerrigliero cedette ben presto il passo a quello di testimonial. Oggi è soprattutto noto per questo. Se reco una maglietta con Guevara testimonio la mia attitudine alla guerriglia antimperialista, pur rimanendo sul divano con le Nike. E va bene. Ma una cosa non avrebbero mai potuto prevedere gli antimperialisti: che gli imperialisti divenissero guevariani. Tanto che, oggi, gli attempati antimperialisti di ieri rimangono spiazzati di fronte a figli e nipoti e pronipoti che non rilevano contraddizione (storica, economica, sociale) nell'associare nababbi e privilegiati al vecchio e ormai putrefatto Che. Kamala Harris e il Che, Gates e il Che, Maradona e il Che ... gli unici a rimanere scettici a fronte della sinistrizzazione del patriziato mondiale sono i sottoproletari metropolitani ... la parte apolitica del mondo: muratori di Trastevere, laotiani, cambogiani, pigmei napoletani, accattoni del Colosseo. Coloro che, dagli antimperialisti alle vongole, erano disprezzati quali lumpenproletariat (a meno che non si prestassero all’internazionalizzazione della rivoluzione sempre lì lì per esplodere: vietcong, indiani cicorioni, katanga e via sghignazzando). A tali rivoluzionari del Terzo Mondo, che in realtà aspiravano a mangiarsi le tartine dell’antimperialista italiano, o a scivolare nelle mutande di qualche guerrigliera dei Parioli, Ricky Gianco dedicò, di striscio, alcuni versi nel suo Compagno sì.

03 maggio 2020

Una mascherata da 50 centesimi di euro [Il Poliscriba]


 Il Poliscriba

Non è mia intenzione scrivere un pezzo di economia industriale.
Riporto dati nudi e crudi, come quelli che, un tempo, certi regimi snocciolavano alla radio come rosari di piani quinquennali di staliniana memoria.
Ognuno tragga da sé le proprie conclusioni.
Quello che si può, a ragion veduta, considerare un inganno, è sempre e solo il nascondere il vero guadagno di chi possiede i mezzi di produzione di massa.
La novità marxista, oggi accantonata come singolare teoria di un folle, aveva avuto il merito di svelare l’arcano mistero di quanto plusvalore veniva estratto dal lavoro produttivo.
Lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo è una indefessa estorsione, programmata e meccanica, di ricchezza per pochi, oggi pochissimi se confrontati con la popolazione mondiale.
Un semplice calcolo matematico ci porta a capire qual è la sperequazione odierna di chi detiene il potere di tale sfruttamento.
Questo è il rapporto agghiacciante dell’avidità: per ogni nuovo super ricco inserito nella lista di Forbes, 100.000 persone discendono nell’abisso della povertà assoluta, senza accesso a beni e servizi primari.
Nel “ricco” Occidente, ma tranquillamente possiamo integrare l’area con India, Cina, Corea del Sud e Giappone, la proporzione tra il minimo salario garantito 200/1000 euro al mese e uno stipendio manageriale, non scende sotto l’ 1 a 300; stiamo parlando di un minimo di 60.000 euro al mese. 

Sulla questione della monetizzazione per vie interattive. Sono briciole per chi non investe grandi capitali in pubblicità; vere e proprie fortune per chi trascina con sé il pianeta degli interconnessi alla rete, inconsapevoli di essere strumenti che, oltre a pagare cara la connessione al web che credono sia un diritto inalienabile, offrono, inconsapevolmente, ore e contenuti, in maniera del tutto gratuita, ai giganti della comunicazione e della privacy sul web.

Il discorso si amplierebbe oltre lo scopo precipuo di questo articolo, ma meriterebbe un serio approfondimento.
Partiamo, ora, da alcune considerazioni inattuali, sotto forma di citazioni, quasi parabole, che si spera possano risvegliare una decina di coscienze. 

13 giugno 2019

La religione del debito [Il Fu Rabal]


Il Fu Rabal

Commento al libro di Michael Hudson: “… And forgive their debts

Mentre cadeva, allungò la mano al bastone.
Il capo tribù sentenziò: ‘ È proprio bravo, di quanta terra è diventato padrone!’
La mano di Pahom ricadde vuota al suolo. Il servo corse a rialzarlo e allora vide che dalla sua bocca usciva un rivolo di sangue. Pahom era morto.
I Baschiri fecero schioccare e loro lingue in segno di compassione.
Il servo prese la pala e scavò una fossa lunga abbastanza per deporvi Pahom, e lì lo seppellì. Sei piedi dalla testa ai talloni, ecco tutto quello di cui aveva bisogno

L’epilogo di Di quanta terra ha bisogno un uomo?, racconto di Lev Tolstoj

Di quanta terra abbiamo bisogno? Quella che è toccata a Pahom ci potrebbe bastare… Pahon un piccolo allevatore, viene ingolosito dal demonio, e comincia a desiderare di possedere più terra. Più aumentano i suoi possedimenti, più il desiderio cresce. Viene a sapere da un “amico” che i Baschiri, un popolo nomade della Russia profonda, offrono, in cambio di 1000 rubli, tutta la terra che l’acquirente è in grado di circoscrivere in un giorno di cammino, dall’alba al tramonto. La terra che ottiene Pahon alla fine del suo giro è solo quella per il suo sepolcro.
Da dove viene il desiderio di Pahon? Per rispondere a questa domanda, credo sia necessario risalire alle origini storiche del concetto di proprietà e chiedersi: di quanta terra avevano bisogno i villani Mesopotamici dell’età del Bronzo? Be’, loro avevano bisogno di abbastanza terra da provvedere al loro mantenimento, pagare la loro quota al Tempio o al Palazzo (un terzo del raccolto) e consentirgli di prestare le dovute corvée militari, religiose e civili.
Ma cosa c’entrano i contadini di 5000 anni fa con noi? Sono parte di noi, come gli antichi Egizi, Greci, Romani, Germani, Celti …
I Sumeri hanno dato inizio alla Civiltà Occidentale, che ci piaccia o no, noi veniamo da lì, da quelle terre, allo stesso tempo aride e paludose, da quella sabbia e da quel fango trasformati in tavolette incise con la prima scrittura. Fu loro, la prima Hybris, la prima sfida consapevole alla Natura, ai suoi demoni e ai suoi genii.

06 marzo 2018

Matteo Renzi si è già suicidato?


Roma, 6 marzo 2018 

Fra la caduta del Fascismo e l’avvento della sedicente Democrazia, inaugurata da un atto antidemocratico nel 1946, vi fu, se ricordo bene, un suicidio (1) nelle alte sfere.
Nel biennio di Tangentopoli, secondo uno studio di Nando dalla Chiesa, trentuno (31).
Guarda chi si ammazza e ti dirò dove vivi …
Matteo Renzi, invece, lo vedo bello arzillo.
Cosa gli frulla per la testa?
Ieri si è presentato in conferenza stampa, dopo la supposta disfatta, ricco della consueta vantardigia da gradasso. Su di lui un paio di responsabilità. La prima, in solido con altri carnefici: la consegna di un’Italia economicamente depezzata (e aperta ai pervertimenti del futuro) a chi governa davvero. Alla doppia ganascia della tenaglia che ci stritola: Usura ed Edonismo UDW. La seconda: aver reso talmente odioso l’idioma toscano da annientare intere sezioni della letteratura italiana.