Roma, 19 gennaio 2019
Se avessi usato la penna d’oca e il calamaio potrei ora affermare: “Non s’eran ancora asciugate le mie note sulle lagne di De André e su Cesare Battisti, allorquando …”; il digitale ti toglie il piacere anche di tali giri di parole, oltre alla bellezza della penna d’oca e dell’inchiostro nel calamaio, ovviamente. Ma cosa sta dicendo!? Ma sì, è inevitabile. La liturgia della scrittura, oggi completamente scomparsa, predisponeva l’uomo a una miglior prosa e una intelligenza superiore degli eventi; la liturgia rallenta, pacifica la mente, ferma la mano frettolosa e la foga, impedisce pensieri scarmigliati, fa disapparire l’inutile. C’è da porre attenzione a molte cose. La carta da scegliere, anzitutto, la posizione di braccia e mani, la calligrafia (la bella grafia), le colature, le asciugature, gli svolazzi, i rientri, la postura, gli eventuali errori, il periodare, i tomi da consultare, spesso sull’ultimo ripiano dello scaffale: quando si era molto fortunati o molto ricchi.
Johann
Joachim Winckelmann, l’idealista della grecità, una vita di studioso al
servizio di Apollo, uno con le toppe sul didietro, poteva contare, a Jena, se
ben ricordo, di una sola ora al giorno nella biblioteca universitaria - una
biblioteca che possedeva circa 10000 volumi, frutto di lasciti disorganici (di
professori, ex allievi), e che non vantavano nemmeno l’onore d’uno schedario o
la possibilità d’esser presi in prestito.