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30 novembre 2017

Cos'è un classico?


Pubblicato il 2 agosto 2013

Il 28 giugno 1981, su L’Espresso, uscì un articolo a firma di Italo Calvino: Italiani, vi esorto ai classici. In esso lo scrittore elencava quattordici punti a favore della lettura dei classici letterari cercando, altresì, di definirne la natura.
Riporteremo queste graduali stazioni di apprezzamento, commentandole brevemente; quindi, per vostra sfortuna, ne aggiungerò altre quattro, personali.
Le stilerò in una sorta di post scriptum, a parte: in tal modo potrete bellamente evitarle e, per vostra fortuna stavolta, tornare alle pagine insabbiate del libro favorito.

1. I classici sono quei libri di cui si sente dire di solito: "Sto rileggendo ..." e mai "Sto leggendo ..."

Calvino si chiede: Quanti, che dicono di rileggere, in realtà leggono per la prima volta? Quante opere fondamentali (Tucidide, Balzac, Properzio, Saint Simon) giacciono inesplorate nelle nostre biblioteche? Per fortuna non esiste una particolare età della vita in cui cominciare tali letture: “Leggere per la prima volta un grande libro in età matura è un piacere straordinario: diverso (ma non si può dire maggiore o minore) rispetto a quello d'averlo letto in gioventù. La gioventù comunica alla lettura come a ogni altra esperienza un particolare sapore e una particolare importanza; mentre in maturità si apprezzano (si dovrebbero apprezzare) molti dettagli e livelli e significati in più”.

14 novembre 2017

Perché la letteratura italiana fa così schifo?


Pubblicato il 1 settembre 2015

Oh, ci si intenda subito: magari qualcuno troverà la letteratura italiana, nel suo complesso, di buona fattura. Magari vi troverà opere completamente fallimentari; o negative; ma anche picchi positivi; eccezioni lodevoli; non di rado, ben ruspando, tale lettore (oso dirlo) rinverrà addirittura capolavori. Chi sono io per giudicare un tale giudizio? Nessuno.

Dipende a quali altezze ci si è inerpicati nella vita. Da certe vette (se si ha avuta la pazienza di scalare certe vette) la letteratura italiana fa, inevitabilmente, schifo.

È un ribrezzo non solo estetico (passi!), ma anche umano: come a toccare il ventre d’un rospo demoniaco. Persino le librerie suscitano ormai orrore; passeggiare nei dintorni d’una di esse (una a caso), subire lo squallore delle sue vetrine riesce insopportabile … e poi quelle brossuracce, impilate a spina di pesce, decine di pile, e l’odore della carta appena stampata (carta d’accatto, che, appena letta, s’arrufferà malinconica) … e poi le classifiche, con altre pile accanto, classifiche che confermano la pubblicità a tamburo battente in cui un meschinello presentava il suo libercolo, la consueta brossura dozzinale in ultima analisi … lordata da concetti da dozzina … tutto questo spettacolo necrofilo dà già il voltastomaco … un disgusto fisico che solo un feroce Ramadan estetico può guarire.

14 maggio 2017

Qualche considerazione sulle elezioni regionali (2015)


Pubblicato su Pauperclass il 2 giugno 2015
 
Poco si muove sul fronte meridionale dell’Impero, la trincea più bersagliata. Le vettovaglie latitano, il morale è basso, i comandanti palesemente inetti, e persi in un corrotto sadismo, eppure la truppa ancora dà pochi segni di vero malcontento. Si limita a borbottare. Le linee, apparentemente, tengono.
Le ultime elezioni regionali consegnano questo quadro.
Proverò a esporre al garbo delle vostre critiche alcune personali considerazioni
Una di queste, però, l’ultima che vi dirò, mi piacerebbe vederla approfondita in sede di controinformazione.

La torta della democrazia
 
Questa è quasi una legge. Statistica storica sociale o psicologica non so.
Al decrescere dell'affluenza i rapporti fra le varie componenti dell'elettorato rimangono sostanzialmente stabili. Voto libero, clientelare, e fideistico (tradizionale o di appartenenza) tendono a rimanere in rapporti costanti fra di loro.
Che la torta democratica sia di venti fette, o dieci, o quattro, o composta da poche briciole, le dosi degli ingredienti di tali fette o briciole saranno in rapporto costante fra loro.
Una volta si credeva che una bassa percentuale di votanti favorisse il voto dei clientes a danno di quello libero. Forse lo credono anche nelle secrete stanze: infatti hanno piazzato le votazioni durante un ponte vacanziero sterminato. Ma gli elettori italiani si son portati avanti, evidentemente.
Una maggiore affluenza, insomma, avrebbe portato a percentuali non dissimili da queste.
 
Voto clientelare. I partiti maggiori (tra cui, in parte, la Lega) hanno cannibalizzato le riserve di caccia democristiane e del pentapartito. Il PD può, inoltre, contare sui residui clientelari dell'apparato comunista (sindacati, soprattutto). 30% circa dei votanti.
 
Voto fideistico. Il voto fideistico, tradizionale è ancora forte, specie nelle fasce anziane. I media lo preservano quale reliquia preziosissima: chi vota a destra lo fa per dar contro alla sinistra e viceversa. Ogni depositario di tale sentimento è adeguatamente aizzato dai media di competenza. A destra esiste uno spauracchio guareschiano dei comunisti; a sinistra si teme la destra razzista e fascista. Un votante fideistico (un piddino, ad esempio) si vanta del fatto che su venti regioni quindici siano ‘rosse’: e si rallegra della cartina italica imbellettata di tale colore; un votante fideistico di destra gode nel vedere ‘asfaltata’ la Ladyfake veneta, Alessandra Moretti. E così via. 40% circa dei votanti.
 
Il voto libero. Riguarda al massimo un 30% di votanti. È intercettato da Lega, 5S e formazioni pulviscolari dell’estrema destra e sinistra.