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09 giugno 2018

Che tipo 'sto archetipo [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Non ho mai avuto la fortuna di incontrare un archetipo per la strada. E credetemi, mi sarebbe piaciuto.
Che cosa ci saremmo detti?
Qualcosa di simile al dialogo che segue.

Io - Ciao Archetipo, come va?
Archi - Non c’è male, a parte il riscaldamento globale.
Io - Io adotto un rimedio inuit.
Archi - E sarebbe?
Io - Mi faccio un igloo.
Archi - È  da qualche milione di anni che lo faccio anch’io, non è il ghiaccio, certo, ma l’inconscio collettivo: malgrado ciò, non sento il benché minimo sollievo nel leggere Jung.
Io - Mi rincresce. Pensavo che incontrarti avrebbe dato una svolta alla mia vita e invece noto con dispiacere che anche tu divaghi sul tempo e sull’uso bellico della tragedia greca da parte dei fondatori della psicanalisi: devo attendermi un commento ai quarti di finale degli europei di calcio o cosa?
Archi - Io non ti conosco e non saprei quali argomenti affrontare, stavo facendo due passi con il mio volpino Fuffy amputato delle zampe posteriori e come vedi, essendo molto piccolo, i miei discorsi sono limitati.

28 aprile 2018

L’ultimo compagno [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Torino, maggio ‘98

Sto ascoltando la colonna sonora del film California composta da Gianni Fierro.
Il film è stato un commiato al genere western all’italiana o western spaghetti, che dir si voglia, del regista Michele Lupo.
Un piccolo gioiello screziato d’autunno, incastrato tra i soliti cliché bang bang da "Arriba la Revolution" e "Daje ar sudista schiavista".
Nessuna scena condita a schiaffoni con relative acrobazie stuntman, ma una tremenda aria polverosa da crollo della Monument Valley, un’umiliazione disarcionata da indiane selle selvagge, schiacciata da speroni rumorosi, trascinati da soldati in divisa grigia sotto l’ombra impietosa della fine della guerra civile americana.
Una piccola epopea dei vinti, benedetta da Reverendo Colt, come quella che si andava consumando in Italia a partire dalla notte tra il 9 e il 10 luglio del 1943.

15 settembre 2017

La stracciona del '68 e l'abolizione della scuola


Roma, 15 settembre 2017

Meditare quello slogan innocente: "L'immaginazione al potere". Lo si è mai fatto? Cosa significa, al fondo delle cose (il fondo vero delle cose), tale proposizione apparentemente lodevole?
Tutta la battaglia contro il nozionismo, la religione in classe, il sette in condotta?
E le parallele guerre a favore del sei politico, del diciotto politico, della promozione a oltranza, dello stravolgimento dei programmi in luogo dell'ecumenismo hippie che ha trasformato severe classi in accampamenti alla Woodstock?
C'è un nesso fra il liberismo angloamericano che seleziona le classi digerenti nelle più costose università e l'assalto definitivo dell'attuale, cenciosa, Tisifone dai capelli rossi alla scuola, l'unica vera ridotta delle nostre essiccate speranze?
Che il 1968, inteso come fenomeno, sia una distorsione del socialismo è indubbio. Alla lunga possiamo dire che ne fu la tomba. Il PCI, già nei primi anni Ottanta, era, di fatto, un partitucolo socialdemocratico, con le sue clientele fidelizzate, e la bandiera inastata della sconfitta, implicita quanto straziante: i suoi capi già sapevano, in attesa di firmare i trattati della resa più umiliante.