30 dicembre 2019

A chi si appartiene


Orvieto, 30 dicembre 2019

Me lo domando spesso.
La vita si riduce, a volte, a tale banale considerazione: a chi si appartiene?
Si dice che il destino atterri alcuni, esalti gli altri e che solo il Tempo intervenga a sedare l’ingiustizia permettendo la verità: sono d’accordo, a patto di non chiamarlo destino.
In realtà ciò che amiamo appellare destino, nel breve margine che la Morte ci concede, non è che una scelta d’appartenenza. La schiavitù a un ordine, a una setta, a un pensiero prestabilito. Ciò determina il nostro essere nel mondo, la fatuità del vivere, i successi, le soddisfazioni.
Chi è estraneo a questo viene estromesso, di fatto, dal consesso sociale. Ora più di prima, molto più di prima. La libertà, di cui si ciancia, è davvero un fantasma sul proscenio del postmoderno. E chi se ne accorge? Nessuno, poiché ognuno, o la maggior parte di noi, appartiene a qualcosa o qualcuno.
Ci si affatica a osannare il Tale; a denigrare il Talaltro: entrambi, però, appartengono a qualcuno; o a qualcosa; se non fosse così non ci sarebbe da osannarli o denigrarli dacché non esisterebbero su nessun palco della venerazione o della disapprovazione.
Persino certi salvatori della patria appartengono a qualcuno o qualcosa: lo so, li vedo; noto dei particolari, ai più indifferenti, che loro, invece, pongono in sobrio risalto, come a dire: ecco, io appartengo a questo o a questa cosa.
Chi non appartiene a niente rimane solo. La solitudine, che è altro dalla vita solitaria, bramata e necessaria all’autentica meditazione, schianta l’individuo e lo rende, alla lunga, sterile. La sconfitta, continua, bestiale, feroce, ci trasforma in esseri muti e rassegnati oppure in personaggi queruli e degni di un sorriso di compatimento o scherno.
Ammetto che rendersi schiavi abbia un risvolto assai desiderabile. Il conformismo o la catena o la compiaciuta volontà di sottomettersi a una signoria intellettuale addolcisce il quotidiano: cedevole, soporoso, ricco di prebende materiali o puramente immaginarie. Com’è felice il mendicante quando gli si allunga un tocco di pane!
Il merito, la più fantastica sciocchezza del politicamente corretto, è, da quando vige il politicamente corretto, sempre sulla bocca. Si inventano database, graduatorie, divieti, obblighi, carte bollate per certificarlo, questo merito: in realtà, a ben guardare, qui si mette nero su bianco, o rosso su bianco, la propria appartenenza.
Si ha un bel guardare la catena: la si ama davvero, dà sicurezza, oltre a stipendi e onori.
Io, per me, non appartengo a nessuno.
Tutto quello che ho fatto l’ho fatto per l’Italia. Certo, tale confessione sembra incredibile. Eppure è così. La mia vita l’ho passata, al di là delle occupazioni per metter assieme i pasti, al servizio di questa idea. Ma, poiché non appartenevo a nessuno, la mia opera è lentamente svanita, o passata nell’imperio di altri, quelli che, invece, appartenevano a qualcuno o qualcosa; oppure è stata mistificata; altre volte, invece, l’ho rinnegata io stesso perché vedevo che serviva Mammona: è perciò stata distolta dal mio merito anche se di ciò poco m’importava: non appartengo, infatti, a nessuno.
Di sconfitta in sconfitta pure il mio nome sembra scritto sull’acqua.
Dei miei sforzi, dell’abnegazione, delle fatiche e delle notti insonni rimane un pulviscolo anonimo che non serve a sporcare nemmeno la prima riga di un curriculum infimo.
Di ciò che sono poco importa; non appartengo a qualcuno o qualcosa; ogni mia opera, perciò, è niente.
Molte volte ho visto imbecilli passarmi avanti, cialtroni amorali appropriarsi di ciò che non era loro. Non ho protestato. Non avrei ottenuto molto, peraltro: io, infatti, non appartengo a nessuno. Buffoni scrivono libri, articoli, collezionano onorificenze e le utilizzano per umiliare.
C’è da dire che molte volte, del pari, ho avuto occasione di rinnegare l’attitudine alla libertà, e vendermi, ma ho rinunciato. Non per eroismo; non per un alto senso morale; forse per istinto autodistruttivo. Vedete come voglia, anche qui, rinunciare a esaltarmi e perdere tutto.
E, infatti, alle soglie del 2020 posso dire di aver perso tutto. O quasi.
Residuano due affetti, e non altro.
La mia solitudine è totale, cosmica. Il buio grava sul petto, le vie d’uscita sono sbarrate. Nemmeno le antiche consolazioni, la lettura, il piacere di ascoltare musica, funzionano più.
Si vive: in quale attesa non saprei. Un respiro tira l’altro.
La sensazione che il proprio mondo sia in rotta ha inasprito lo sguardo e calcificato la passione.
Cosa sopravvive se non un disperato sarcasmo e poco altro?

Di notte, in campagna, c’è ancora un buio perfetto, assoluto. Il cielo limpidissimo rende quasi vive alcune combinazioni di stelle: Cassiopea, Sirio. L’emisfero non consola, però; passato è quel tempo; un refolo freddissimo spira da lontananze ormai insensate.

Ieri me ne sono andato sui campi; gli olivi sembravano stecchiti. So che, tuttavia, in primavera rifioriranno. Ma hanno bisogno anch’essi di cura. Senza l’uomo cresceranno disordinati sino a morire di selvatichezza. La vigna di Renzo Tramaglino è l’epitome simbolica dei nostri tempi. Abbiamo lasciato entrare la falsa libertà, abbandonando la cura della Patria, e ora i barbari bivaccano nelle nostre case.
Nessuno combatte perché ci si accontenta di appartenere a qualcosa e qualcuno. Si campa per compiacere nullità. E le nullità avanzano, senza volto, a reificare il paese più bello.

Gli storni, intanto, a centinaia di migliaia, si gettano sugli oliveti, a strappare i residui dei raccolti. Improvvisamente, contro il lapislazzulo del tramonto invernale, appaiono nugoli di scuri uccellini: uno d’essi li guida e plasma lo stormo. La picchiata, radente al suolo, il saccheggio, la risalita, ordinatissima, implacabile, che sfiora, con leggiadro sincronismo, un’altra formazione. Sembrano esseri eterni, di grazia inesplicabile. Forse un’impronta metafisica risiede in questi volteggi innumeri. In tale spettacolo ha dimora, forse, il residuo d’un balsamo per il cuore.

24 dicembre 2019

Buon San Marco Cappato a tutt*



Tempi nuovi esigono auguri nuovissimi.
Marco Cappato prosciolto dalle accuse a Natale è segno, infatti, di tempi ferini e di conio nuovissimo in cui anche il sedicente Pontefice non osa nominare il Cristo (lo chiama “Il Festeggiato”; ammesso che nelle sua anima il festeggiato sia davvero Lui e non Altri - doppiezza gesuitica).
Prosciolto nei pressi del Natale: a Natale, infatti, la Giustizia Italiana va in vacanza.
Ciò sacrifica un pochino la potenza del simbolo, ma le ferie sono l’ultimo recinto sacrale.
Per tutti gli altri, circa Diecimila: buon Natale.

PS

A chi si interroga sulla rivalutazione della figura di Giuda Iscariota da parte dell’argentino Jorge Mario Bergoglio, consiglio, per intrattenersi durante le festività, la lettura di Tre versioni di Giuda, racconto dell’argentino Jorge Luis Borges.
Poiché i grandi scrittori ragionano sub specie aeternitatis, repellendogli la cronaca, ecco che qui rinverrete l’inversione teologica massima. 
Bergoglio, invertito massimo e guida spirituale degli invertiti, ha colto le bolas concettuali al volo.

19 dicembre 2019

Le elezioni perfette

Il Presidente della Provincia di Viterbo e Sindaco di Capranica Pietro Nocchi
Roma, 19 dicembre 2019

La scorsa domenica si sono svolte le elezioni nella Provincia di Viterbo.
Con tutti i crismi (crisma è l’unzione dei Sacramenti, qui come sacramenti civili): convocazione dei comizi, liste, comitati elettorali, approvazioni, conteggi, riverbero dei conteggi sull’assegnazione dei seggi et cetera.
Nessuno ne era al corrente. O meglio: pochissimi. Queste, infatti, sono state elezioni perfette. Prefigurazioni del futuro. Elezioni senza elettori. O meglio: gli elettori c’erano, ma consistevano in individui già eletti. Da chi? Dagli elettori, ovviamente, quelli veri, cioè i tipi come voi, voi che mi state leggendo (almeno: la maggior parte d’essi). Si è, insomma, in pieno gnosticismo (la purezza di Dio, come la democrazia, si deteriora a mano a mano che cola giù verso l’Ignobile Materia): l’elettorato attivo elegge democraticamente alcuni rappresentanti (ai consigli comunali); tali rappresentanti divengono, a loro volta, sul vento del democraticissimo aire iniziale, un novello elettorato attivo che elegge, altrettanto democraticamente, par di capire, ulteriori rappresentanti (provinciali, stavolta).
Il primo elettorato attivo è composto da micchi, il secondo da compari.

13 dicembre 2019

Note invernali


Roma, 12 dicembre 2019

Ignorare il tifo, i partiti, le prese di posizioni consunte e consolidate equivale a orizzontarsi in un bosco, di notte. Non è facile, se manca la luce della luna. Ci ho provato, alcune volte; il corpo reagisce dapprima goffamente, a cercare riferimenti non più esistenti; quindi l’occhio si abitua, anche nel fitto delle tenebre, il piede prende confidenza col terreno, si conforma agli ostacoli, le braccia si mutano in tentacoli sensorii; l’orecchio capta sonorità dapprima insondabili. Certo, c’è da vincere la paura. Lo sfiorare d’un ala sconosciuta o lo smuovere delle frasche atterriscono; una sorgente d’acqua, e le sue cascatelle, nel buio, il fragore che ingigantisce nella testa, possono addirittura gettare nel panico più abietto. Perché questo è: panico, come se la Natura volesse possederci e perderci definitivamente, in Sé. Eppure occorre tener duro, a costo di appiattirci al terreno e restare lì, immobili. No, non è facile; il conformismo è una droga potente; il sentiero stabilito dal potere invita a proseguire, sempre: perché inoltrarsi nel bosco?

Siamo talmente assuefatti a prendere posizione all’ombra di tali mascherine - la destra la sinistra la libertà il progresso la reazione - da nemmeno immaginare un mondo deciso da noi stessi, in cui le biforcazioni, i sentieri più sicuri e i pericoli vengono individuati da cippi e segni escogitati dall’esperienza della vita e del passato, senza il comodo di tali meschinità.

06 dicembre 2019

Quante stupide galline che si azzuffano per niente

 

Roma, 6 dicembre 2019

A Parigi c’è lo sciopero generale.
Incendi, tumulti. Presso la Senna? Smoke on the water.
Sembra un indizio preciso di sollevazione popolare, eppure non lo è.
Tutto appare anacronistico.
La parola “sciopero” è la più datata di tutte, fuori sincrono, risibile.
Si sciopera astenendosi dal lavoro. Ma, poiché il lavoro è sempre più residuale, lo sciopero, inevitabilmente, appartiene sempre meno al corpo sociale. Senza tener conto che la maggior parte dei lavoratori, che diverranno una minoranza, non scioperano di sicuro. O perché lo ritengono inutile, o perché non gliene frega nulla o perché non possono permetterselo, per vari motivi. Chi sciopera, già oggi, è una  minoranza nella minoranza, hai voglia a spaccare qualche vetrinetta.

03 dicembre 2019

Belle Époque


Roma, 3 dicembre 2019

Mi è capitato di assistere a una retrospettiva dei fratelli Lumière.
I signori Lumière, distillando il lavoro dei decenni precedenti, sgomentarono le platee parigine alla fine del 1895 (28 dicembre) proiettando, nel Salon Indien du Gran Café de Paris, L’uscita degli operai dalle Officine Lumière e il fatidico Arrivo del treno alla stazione de La Ciotat.
Da quella data ogni fotografo, curioso o artista anela la cinepresa.
Centinaia di operatori, più o meno improvvisati, si sguinzagliano per il mondo, ormai ridotto a sgabuzzino dell’essere umano, piazzando i nuovi occhi a registrare il quotidiano.
Mosca, Roma, Vancouver, New York saltano dalla realtà all’immagine divenendo fruizione: per il pubblico sempre meno scelto: alla fin fine per il mondo tout court.

Già nel 1896 abbiamo una vasta scelta di immagini. I Francesi conoscono in diretta le capitali d’Europa, gli Americani i sobborghi londinesi, i Canadesi il Ponte Ripetta a Roma; l’Occidente si fa stretto, l’Atlantico si prosciuga, l’Europa si rimpiccolisce a vista d’occhio. Decadono la meraviglia e l’arte, subentra la cronaca minuta.

26 novembre 2019

Pausa caffè



Roma, 26 novembre 2019

Sarà più facile di quanto si pensi. Abituarsi alla monarchia degli sfaccendati e dei pezzenti che si credono benestanti. Sarà ancor più facile che fare il callo papillare al gusto degli insetti tostati e delle alghe liofilizzate.
Voglia di lavorare saltami addosso. Sì, vi è la costante, pervicace, inaffondabile, idea che il lavoro più non renda. A che pro lavorare? E allora, pian piano, ci si sprofonda nel miele accumulato da madri padri e nonni, quegli orsi selvatici; e si succhia, lentamente, con un occhio, atterrito, a imposte e balzelli e cedole condominiali, e l’altro, speranzoso, alle mirabilie della tecnica finanziaria che promette, caschi il mondo, cospicui interessi; sotto forma di paghetta digitale; ogni tre mesi, direttamente sul conto in banca: ventotto euri, quattordici euri, ventisette euri: a rimpinguare le scorte dei sommenzionati orsi.

No, non si ha più voglia di lavorare. È un complotto? In effetti, a compulsare le orge statistiche, pare proprio un complotto più che un trend. Lavorare equivale innanzitutto a essere qualcosa. Il lavoro identifica. Il lavoro, poi, specie quello artigianale o altamente professionistico, immette in una considerazione di sé stessi più alta: il restauratore, il geometra, il falegname, l’avvocato, il ragioniere: ecco le corporazioni. La corporazione è, come la si consideri, un’entità sovraindividuale, appena al di sopra della famiglia; e al di sotto della Patria: entità che spiacciono ai dissolutori.


18 novembre 2019

Io sono Liliana


Roma, 18 novembre 2019

Hartman. Sull’umanità in generale la penso come il sergente Hartman: “Qui vige l’eguaglianza: non conta un cazzo nessuno! Io sono un duro, però sono giusto: qui non si fanno distinzioni razziali, qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani o messicani!”.
Non parteggio, non tifo; osservo.
Il piagnisteo attorno ai tweet antisemiti contro la senatrice a vita Liliana Segre riuscirebbe a gettare nella depressione persino Heidi.
In pochi attimi si è creata, per utilizzare una sempreverede locuzione di Pier Paolo Pasolini, una “bolgia di stupidità” che ha risucchiato ogni ansimo di ragionevolezza.

Categorie. La destra, la sinistra? Esse, nella realtà, non esistono (non esiste, cioè, un uomo di destra come non esiste un uomo di sinistra); non esiste nemmeno il fascismo o il neoilluminismo. Esistono, però, attitudini inestirpabili dell’animo umano che, per comodità, o per meglio controllare gli armenti (leggi: i coglioni), vengono classificate sotto tali amabili categorie.

12 novembre 2019

Io sono Giorgia [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Guardo MyssKeta(mina) offrire cosce procaci da puledra autosufficiente al parterre di una discoteca di Bologna.
Indossa la solita mascherina da odalisca d’harem; lei, erotica fantina su mortadelle, che l’infantile orda di ammiratori dessinistra vorrebbe candidata per il PD alle prossime regionali d’Emilia-Romagna, urla: “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono cristiana”.
Giorgia Meloni, la Le Pen de’ noantri, la pasionaria regina di Coattonia, così come i merli repubblichini e faziolitti berciano dai palinsesti tv e dalle pagine illeggibili dei loro colicosi mandatari editoriali, sta assurgendo ad altezze mediatiche impensabili fino a qualche mese addietro.
Ma veramente il Potere, così impersonale, che liscia il pelo del candido felino persiano acquattato sulle tornite gambe di MyssKeta - forse programmata da una farfalla Monarch a vivere un’estate d’orge social e destinata ad essere terminata in un inverno  dominato dalle macchine pensanti - vuole  tutto questo dimenarsi ritmico di slogan sovranisti?

07 novembre 2019

Cristo per caso


Roma, 7 novembre 2019 

Ho sempre avuto in sospetto gli atei dichiarati e compiaciuti, io ateo.
Mi dan fastidio i tifosi; chi comprende la vastità del Tutto mai parteggia per qualcosa: comprende, invece.
O per meglio dire: ricomprende.
Fra i pochissimi autori che fan toccare vivamente tale sentimento vi sono Leon Bloy e Jorge Luis Borges. Il secondo sulle orme del primo.

Leon Bloy fu un reazionario, un cattolico, devoto alla Madonna de La Salette (La Salette-Fallavaux). Straniero in patria, straniero fra gli stessi cristiani.

La sua visione, apparentemente semplice, ha risvolti di terribile grandiosità. Anche qui, come per l’idealismo, valgono le famose parole: facile è afferrarne le premesse, vertiginoso e quasi impossibile calcolarne gli esiti e viverli, come fossero per noi operanti, ogni giorno.

In Bloy ho ritrovato il mistero della divinità, intatto.

28 ottobre 2019

Il gregge alza la testa (paralipomeni a "Avemo vinto, poppolo!")


- Avemo vinto, poppolo!

- Per un paio d'anni siamo a posto

Roma, 28 ottobre 2019

Ottobre, andiamo. È tempo di votare … Ben il 65% degli elettori umbri ha staccato il fondoschiena dalla poltrona per recarsi alle urne. I pecoroni, insomma, han lasciato gli stazzi, lordi di letame da olotelevisore, eccitati da pastori e capibastone e sottopanza, per addomesticarsi definitivamente in qualche stambugio da voto; ricavato, nella maggior parte dei casi, da scuole, scuole laddove, ormai, gli studenti più non studiano, ma si diportano, onde confermare, anno dopo anno, esame dopo esame, quel sottile analfabetismo da tecnici per cui i primi rudimenti d’informatica convivono con la vaporosa consapevolezza che Alessandro Magno, Giulio Cesare e Ramsete II sono contemporanei l’uno all’altro (e magari si strinsero la mano a Teano).

24 ottobre 2019

My generation


Roma, 25 ottobre 2019

Fà ddiesci mijja e nun vedé una fronna!
Imbatte ammalappena in quarche scojjo!
Dapertutto un zilenzio com’un ojjo,
che ssi strilli nun c’è cchi tt’arisponna!
 


Dove te vorti una campaggna rasa
Come sce sii passata la pianozza,
senza manco l’impronta d’una casa!
 


G. G. Belli, Er deserto 

La mia generazione, e qualche suo sparuto dintorno, vomitate, senza troppi affanni, fra i Sessanta e i Settanta, sarà l’ultima a conservare, intimamente, immediatamente, naturalmente, brandelli dell’Antico Ordine.

Una mia vecchia insegnante fu, in tal senso, una delle prime a segnalare la dissoluzione. Si sta muovendo qualcosa, mi disse. Qualcosa. La smobilitazione, il riflusso definitivo. Lei, che aveva votato per decenni al Centro (Partito Repubblicano o Liberale: La Malfa e Malagodi, se tali nomi riescono ancora a dire qualcosa a qualcuno), annusava lo sbraco. Era il 1993. Le pagliacciate romene, cecoslovacche, ungheresi, eltsianiane volgevano al termine: la disfatta rilevava su ciascuna tavolata, a destra, a sinistra, nel mezzo; e sottosopra. Non c’erano strade, solo una. L’unica strada possibile di lì a mezzo secolo, a oggi: e oltre, oltre Giove e l'infinito.

Il comunismo quale estremo katechon si insinuò nella mia coscienza intellettuale; mi convinsi che, al di là dei caporioni, un mondo di due secoli svaniva per lasciar posto a niente.

Perché di questo sono sicuro: col comunismo scomparve anche il capitalismo. E ogni ideologia concorrente al Nulla. Non è capitalismo, il nostro, bensì una dittatura. E le dittature, pur se originano da luoghi diversissimi, e da premesse inconciliabili, remote le une alle altre, finiscono per assomigliarsi tutte. L’ansia del controllo le uniforma straordinariamente.

22 ottobre 2019

Le ombre [Il Poliscriba]

 

Il Poliscriba

"Là, nel deserto australiano, esiste un posto dove gli aborigeni pregano, all'interno di un supermercato, davanti a vernici e detersivi, perché una volta in quel punto sorgeva un albero sacro".
W. Herzog

Eccomi immerso nel mondo delle ombre.
Nelle mie orecchie il pianoforte batte gli accordi minori del trio op.100 di Franz Schubert, quel secondo movimento lento  intriso del lamento tetracorde del violoncello che, per alcuni di voi, ricorderà le scene a lume di candela di Barry Lyndon.
Scriverò di getto, non mi soffermerò granchè, come mia consuetudine, sul mio pensiero distrofico, per evitare di inondarlo di importanza auto-trofa che proprio non desidero tributargli.
La mia dissertazione ignorante, oggi, verte sul sospetto e sulla mania che da esso promana.
Mi riferisco, più precisamente, a questo continuo cercare dietro i sipari, i burattinai, visto e considerato che sulle marionette o i pupi sospesi ai fili dei loro manovratori, non c’è molto da dire.
Quello che ho osservato in maniera discreta, senza troppo vacillar di presunzione, è la completa assenza di prospettiva dei supposti "Agenti del Male" per mancanza di tempo e non del suo contrario.
In genere, il sospettoso, che per motivi lessicali non nominerò complottista o complottologo, è convinto, in buona fede, che il male non sia banale - perdonate la rima non cercata - ma più informato del popolo mazziato e in anticipo sugli eventi, anzi è lui che li crea e li dirige, consapevole che il futuro è nelle sue malvagie mani.

18 ottobre 2019

Se c'è la goccia è GIM!


Roma, 17 ottobre 2019

"Se c'è la goccia è GIM!".
Così recitava un vecchio refrain pubblicitario della Galbani. Se, tagliando il gorgonzola, colava la predetta goccia, allora si era in presenza del genuino, autentico, saporoso, gorgonzola DOP GIM.
Era la goccia a rilevare come essenziale. 
Goccia: GIM; no goccia: no GIM.
Chiaro, limpido, adamantino.
E così per le signore.
Se, aprendo le pagine digitali di un qualunque brogliaccio, c'è una bella signora o una bella ragazza, e questa è vittima, vittima della brutalità islamica, nordcoreana, maschile, razzista, clericale, omofoba et cetera allora qui rilevano le buccine del Potere, a tutto sfiato, nella loro essenza più pura e pagliaccesca.
La tecnica usata è quella illustrata in Son tutte belle le signore dell'Occidente.
Una tecnica che, a prima vista, sembra puerile; e infatti lo è; dev'esserlo, puerile, poiché suo compito è imbonire milioni di micchi che, appunto, reagiscono come esserini puerili. Tecnopueri. Ovvero adulti con mozioni infantili dell'animo.
Basta una foto: inutile proseguire. Asia la Curda (Asia Ramazan Antar, 1997-2016, l'Angelina Jolie del Kurdistan), recentemente risalita alla ribalta per motivi ovvi, agnello sacrificale dei Turchi/Islamici/Latori di Membro Qualsivoglia, sempre cattivacci, persuade, col suo sorriso innocente e irresistibile, legioni di esserini.

11 ottobre 2019

Me ne frego


Roma, 11 ottobre 2019

Lo ammetto, tendo all’autodistruzione.
Un tratto del carattere che può chiamarsi nobilmente caparbietà, fede, resilienza, ostinazione, purezza.
Ah, quante volte avrei potuto approfittare delle mollezze del presente!
Molte volte.
La vita si schiudeva piana; bastava dire “sì” e avrei ereditato la carriera facile, il posto immacolato e, soprattutto, il dolce sopore del conformismo - quel conformismo che, ricordiamolo, è una droga. Il conformismo rilascia nel corpo, lentamente, sostanze moralmente emollienti; si insinua nelle fibre migliori; scava negli anfratti più riposti.
Il conformista passeggia sicuro, il disprezzo già pronto sullo scaffale dell’ovvio, i giudizi che scivolano sulla vaselina della maggioranza; i conformisti entrano nella vita, come direbbe Gadda, a culo indietro, sempre sul velluto. La mediocrità gli si confà mirabilmente.


Sì, i conformisti sono mediocri. Non di quella mediocrità aurea formata dalla tradizione; no, è una mediocrità che riposa su poche parole d’ordine forgiate dal potere. L’Italia è stata distrutta da tale mediocrità; persino in ambiti in cui deve naturalmente rifuggire, essa impera. Il mediocre lo si riconosce subito: spesso è un tecnico. Il tecnico cerca di stupire o, addirittura, di umiliare l’interlocutore grattando il barattolo della competenza; poi, adescato verso pur minuscoli settori della vera conoscenza, crolla miseramente: preti che ignorano la resurrezione della carne, avvocati edaci che spalancano gli occhi di fronte a una citazione di Ulpiano, architetti e geometri all’oscuro di Arnolfo di Cambio, studenti liceali, benché cresciutelli, con una contezza assai stenta del concetto di sillogismo (“Il sillogismo è quando le cose si scambiano fra di loro”).



08 ottobre 2019

Siamo stati un po’ tutti Bruce Lee ... e Charles Bronson [Il Poliscriba]


Il Poliscriba
"I più facoltosi si avvalsero di mezzi corazzati e cingolati con attendenti al pezzo. Un megalomane noleggiò un aereo da bombardamento! ... I meno abbienti contrapposero le non meno efficaci astuzie della guerriglia! ... Le ostilità cessarono al tramonto. Tutti tornarono a casa con le loro prede e i loro trofei, giusto in tempo per vedere la Domenica Sportiva".

Da Il secondo tragico Fantozzi

L’indignazione protratta troppo a lungo alla fine annoia, nausea come tutto ciò di cui si abusa e, a seconda del temperamento d’ognuno, dal bradipo alla scimmia furiosa, se non trova il giusto sfogo rischia di presentarsi sull’epidermide sotto forma di psoriasi o di una volgare dermatite atopica il cui solo rimedio è ben descritto nell’introduzione al Moby Dick di Melville:

Ogni volta che mi ritrovo sulla bocca una smorfia amara; ogni volta che nell'anima ho un novembre umido e stillante; quando mi sorprendo a sostare senza volerlo davanti ai magazzini di casse da morto, o ad accodarmi a tutti i funerali che incontro; e soprattutto quando l'ipocondrio riesce a dominarmi tanto che solo un robusto principio morale può impedirmi di uscire deciso per strada e mettermi metodicamente a gettare in terra il cappello alla gente, allora mi rendo conto che è tempo di mettermi in mare al più presto. Questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola. Con un gran gesto filosofico Catone si butta sulla spada: io zitto zitto m'imbarco”.

La frustrazione del prudor di mani diviene una dipendenza come altre da presentare a una seduta autoterapeutica di anonimi arrabbiati, di machi che trasudano una virilità già infettata dalla spossattezza presenile, oggetto di un diario di Cheever: “Salve a tutti! Mi chiamo Il Poliscriba e sono incazzato nero, perché mi hanno impedito di andare al voto dopo la fine del governo giallo-verde. Sono un frustrato da tastiera, non mi sento come tutti Muhammad Alì e sono 6 giorni che non rompo a calci un pc”… applausi, solidarietà, un pizzico d’invidia mal celata e pacche sulle spalle.
I consigli si sprecano.
Tenere a bada l’ira in un mondo pacificato, convincersi che la castrazione del maschio sia buona e giusta, per una striminzata sacca di resistenza maschile è cosa assai difficile, ma alla lunga, sopportabile con qualche accorgimento. 

04 ottobre 2019

Il maschio è inutile


Roma, 4 ottobre 2019

Poiché, come è emerso, assai naturalmente, in una conversazione digitale col Poliscriba, non c’è nulla da fare per l’Italia, almeno divertiamoci (non so se questa era la vera intenzione riposta del mio interlocutore, ma l’ho intesa così).

Il tratto diaristico del blog è innegabile. D’altra parte cos’è un blog se non il resoconto d’uno scialo di triti fatti, per dirla col poeta? Questa forma, purtroppo, costituisce il suo punto debole. Come se un estraneo volesse sbirciare in un diario e aprisse una pagina a caso: la ricostruzione della personalità di chi lo scrisse sarebbe assai difficile basandosi su quell’unico modo dell’anima. Come nel post sulla caduta del governo che “era nei patti”: ma che ci azzecca, avrà detto qualcuno, quella coda sui Saraceni e sugli uccisori dei Saraceni? Bisognerebbe leggerli tutti, i post, soprattutto quelli iniziali, più sciatti, per comprendere qualcosa:  per avere contezza della vita d’un uomo occorre ingoiare il mondo, disse, a giusto proposito, Tahar ben Jelloun.

E però divertiamoci: ci si conceda questa vacanza. Non ho più voglia di impegnarmi.

Quando, in un paese che ha collezionato individui di genio assoluto, un paese che è paradigma e matrice delle maggiori manifestazioni dell’animo umano, dalle Pandette all’ingegneria alle tempere grasse – quando si ha un passato di spaventevole ricchezza e ci si ritrova con una paccottiglia anarchica senza alto né basso, che riuscirebbe a equivocare, sprovvista com’è di mezzi logici, un fischio per un fiasco, allora non possiamo che limitarci al divertimento.

Esempio. Nel 2018 vinsero, a mani basse, due liste antieuropiste. Entrambe si accordarono per una coalizione di governo: 57%! Un 57% lanciato ad ariete contro Bruxelles e le sue riforme da Monarchia Universale! Senza contare che c’era, all’opposizione, un altro 10%-15% (Fratelli d’Italia, Forza Italia) a cui tali istanze non avrebbero dovuto risultare così estranee (nome omen, o no?). Due Italiani su tre, insomma, erano partiti - matita copiativa in resta - contro il Saracino della giostra di Bruxelles: per farlo a pezzi.

02 ottobre 2019

L'oscuro potere verde [Il Poliscriba]


 Il Poliscriba

"La città-cadavere, da incubo, chiamata R'lyeh ... fu costruita incalcolabili eoni prima della storia conosciuta, da enormi, ripugnanti forme che gocciolarono dalle stelle oscure. Ivi si stabilirono il grande Cthulhu e le sue orde, nascosti in verdi, limacciosi sotterranei… Nella sua dimora di R'lyeh, il morto Cthulhu attende sognando"
H. P. Lovecraft

Domenica 29 settembre 2019

Mentre scrivo, sta passando un’orda di centauri rombanti tutto il loro disappunto contro chi auspica la fine dell’era degli idrocarburi, voluta dai signori del fotovoltaico.
Li osservo compiaciuto: mi ricordano le calate barbariche cavalcate sui resti della civiltà romana.
La macchina, lo schiaffo e il passo di corsa hanno ancora un retrogusto del menefrego di futurista memoria.
So distinguere tra il falso e il genuino storico: i bipedi che mi trascorrono davanti alle retine sono forme narcisiste, edoniste, incastri culo-sella che non hanno certo intenzione di andare in guerra; sono predatori del tempo liberato, di like sui social; si muovono emettendo ossido di carbonio in branco, per affinità metalliche, sul set di un fottuto sequel di Mad Max; sono cadenti metamorfosi di quel che resta dell’ovile classe media oltre la sfera del “buono”, ben derisa dal Fusaro filosofo, in cerca di finanziamenti per il suo neonato movimento sovranista, con il giusto epiteto di Selfie della gleba.
Il Gaber gli ricorderebbe che chi si inventa un bel partito per il nostro bene sembra proprio destinato a diventare un buffone.


27 settembre 2019

San Marco Cappato (Porro, Quirites, libertatem perdimus)


Roma, 27 settembre 2019

Perdere la libertà in nome della libertà: lo trovo logico. Il Demonio o il Diavolo o Lucifero, ne abbiamo accennato molte volte. L’Arcinemico. L’equivoco, per chi, in luogo del bisturi e del martelletto dei filologi, usa la clava, è sempre dietro l’angolo. Alceste mi sta diventando beghino! Il Diavolo! 

Il potere, invece, usa le lame più raffinate e gli uomini migliori. Uomini che non vantano una morale, ma sicuramente un istinto nichilista per la distruzione: d’altissimo profilo. Individui ormai perduti, avidi di dissoluzione, ma decisi, in nome dell’Ultima Utopia. Esseri che hanno una meta, che inquadrano prede nel mirino telescopico di un algido e spietato fanatismo; vaste opere di deforestazione spirituale son da loro condensate in poche pagine sprezzanti, di lucidissima ansia nullificatrice. Quasi tutti angloamericani, poiché quelle terre sono il distillato di una separazione progressiva dalla tradizione e, perciò, dall’umano. Shakespeare fu veronese, normanno, danese e, sicuramente europeo; la lingua inglese venne forgiata in quei tempi come l’Italiano nel Duecento, per magici influssi coavvinti; un secolo dopo, però, si era già indurita in una comunicazione definita e funzionale, perfetta per i tempi rivoluzionari; il distacco temporale e spirituale da Roma, l’esilio in una terra vergine, il ricominciare, di fatto, una nuova stirpe, confortata dalle interpretazioni messianiche d’un vecchio libro di aneddoti storici compilato dagli Ebrei, l’utilitarismo, poi, al servizio della strage (estirpare il passato!) e, quindi, di una umanità novella: America. Il mondo convenne a Nuova York dove una statua francese accoglieva la fanga del mondo e la ribattezzava sotto nuovi soli. Addio Europa, addio Macbeth.

Il ciarpame italiano (giornali, sindacati, confindustrie, intellettuali all you can eat) non è che l’esecutore stolido, rigonfio di basse prebende, di tali psicopatie di massa.

24 settembre 2019

Mio figlio è una checca e io non lo sopporto [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Profondo nord-ovest italiano, 5 luglio 2019

Mi trattengo a parlare con M. al bar sotto casa gestito dal signor Wong; sono le 8 e 30 di una calda mattina d’estate e il termometro sullo smartphone segna già 29 gradi.
M. è un buon marito, un ottimo padre, un instancabile lavoratore, un artigiano onesto, lo conosco da quindici anni.
Si è ingrigito nel tempo, come me del resto, i nostri frammenti di dialogo front-coffee negli anni si sono imbalsamati in grugniti, espressioni linguistiche più contadine che urbane, ma non è la crudezza dei discorsi che ci manca.
Abbiamo entrambi il dono della sintesi e della verità: non ci vergogniamo delle nostre condizioni di maschi flagellati da questo postmoderno che cerca in ogni istante di annullarci, di renderci un postpensiero, vecchi arnesi arrugginiti da riporre in bui scantinati.
Oggi è il suo turno, vuole sfogarsi; i suoi cinquant’anni di rughe e lavoro di idraulico si aggrumano in un ghigno a me rivolto senza nessuna affettazione… Dopo l’ultimo sorso di nero bollente, mi fa: “Devo accettarlo, mi capisci? Lo faccio per tenere in piedi il matrimonio … ma io e mia moglie eravamo più felici quando non avevamo figli”.

18 settembre 2019

Il governo è caduto perché era nei patti


Roma, 18 settembre 2019

L’isteria della Lega poco prima del Ferragosto. Rilanci, dichiarazioni sanguinose, protervie assortite, pretese maramaldesche. Alle soglie del Ferragosto: quasi a materiare la crisi d’una assurdità metafisico-balneare. Certe rodomontate le si apprezzava da lontano; psicologicamente, remoti dal fervore della cure quotidiane, attutite: veniva voglia di dire: e fatela ‘sta crisi, ci rivediamo a settembre! Mentre si ingollava una bibita fresca, le piante dei piedi sprofondate nelle frescure dell’umida battigia. Un atto gravissimo, onusto di responsabilità epocali (aveva a liberare definitivamente il campo alle incursioni degli usurai europeisti), vissuto come uno scherzo: rammentava certa paccottiglia che i giornali, una volta, quando ancora sussistevano come giornali, inserivano nelle pagine scarnificate della cronaca, a mo’ di curiosità: pioggia di rane in Quebec, ritrovata una seconda tomba di Nefertiti in Tunisia, cane uggiola al padrone che l’aveva abbandonato dieci anni fa (o viceversa), “Farò l’avvocato! dice Miss Torvaianica”, il sigillo del Papa ha l’emblema di Atlantide; e così via.

Personalmente ho vissuto la disfatta come se fosse stata inscenata nei bagni misteriosi ricreati da Giorgio De Chirico. Con onde simboliche, cabine metafisiche, piscine eterne. Nulla sembrava vero: possibile che …? Ma sì, lo era, tutto come previsto, in verità: non immaginavo, però, che l’epilogo assumesse tali pose stralunate e sfacciatissime. A Ferragosto! O forse sì: solo a Ferragosto poteva riaprire il teatro dei pupi della democrazia liberale: così evidente da non farsi accorgere di tanta enormità.

13 settembre 2019

Bagatelle per un massacro

Fosco Maraini, La lotta contro il nulla
Roma, 13 settembre 2019

Il rigagnolo del Sessantotto, annientato del tutto il movimento socialista, rivela l’intima natura postcapitalista; evolvendo, quasi ovviamente, le proprie pulsioni occulte in un agghiacciante postumanesimo.
Di ciò non reco certo colpa a Mario Capanna o Daniel Cohn-Bendit. Sono trasmutazioni inarrestabili della Storia che interpreto, dal mio cantuccio, come inevitabili. Ritengo, infatti, inevitabile la decadenza dell’uomo occidentale. Egli, imbevuto di quell’ansia di dominazione concettuale forgiata dalla grecità, è matrice dell’uomo universale e, per ciò stesso, quale padrone delle menti e del linguaggio, occidentalizzerà, alla fine dei giorni, e al termine della notte della civiltà, ogni cultura: nella putredine di ogni collasso di senso. Apollo ci aveva avvertiti: nulla di troppo, conosci te stesso, meglio per te, uomo, non essere mai nato! E però la sapienza è pian piano scivolata via dalla considerazione del secolo: invano, oggi, gli antichi baluardi reclamano il limite: sbriciolati gli spalti, decimate le scolte, divelti i cardini delle porte: una vasta rovina, meravigliosa ad ammirarsi, per chi ancora sa, ma inefficace a contrastare persino i più timidi fantaccini del nulla.

Si rimpiangeranno i gulag, il sangue, i massacri, le pestilenze, le eresie, i roghi dei libri e degli uomini: tutto questo, infatti, è vita. 

09 settembre 2019

L'invalicabile muro del 35% dei partiti sovranisti [Il Poliscriba]

 

Il Poliscriba

Parliamo di triage, ma non di quella ospedaliera.
Immaginiamo di trovarci ad affrontare un’emergenza politica nella nostra “cara” Europa.
Stiamo parlando dell’Europa Unita di popoli mai chiamati alle urne per sceglierla; un’ unione forzata di genti, calata dall’alto; milioni di umani che non parlano  la stessa lingua e che per alcune radici storiche, sembrano affini.
Ma non è vero che si considerano tali, ad eccezione delle accolite universitarie imbevute di viaggi e soggiorni Erasmus, anche perché, dopo secoli di spietati e maschi conflitti, in mezzo a questo ultrasettantenne simulacro di pace post bellica, ancora si detestano cordialmente; e per cordialmente s’intende una serqua di imposizioni giuridiche emanate dagli Stati del centro contro le periferie, dardi avvelenati scagliati da una sofisticata, soffocante arma tecno-burocratico-finanziaria.
Vi chiederete che cosa significhi un’emergenza politica in seno alle cosiddette democrazie mature, nel cuore repubblicano quasi infartuato all’interno dei geografici confini di terra e di mare, isole e penisole comprese, che definiamo Europa … Russia esclusa.
Significa questo: quando i popoli di siffatte repubbliche,  in risposta al loro grave malessere socio-economico e identitario, fregandosene delle sirene del politicamente corretto, bramano di eleggere leader appartenenti a partiti che s’ispirano alla sovranità popolare, scattano le medesime regole di salvaguardia applicate alle distorsioni del mercato.
Come scattano? 

04 settembre 2019

Il sacrificio della patria nostra è consumato ...


Roma, 4 settembre 2019

La provincia, che innervò l’Enciclopedia del bello italiano, la Commedia dantesca, è in via di disfacimento. La colpa, ammesso che sia onorevole trovare colpe nella Caporetto più rovinosa dell’Italia, risiede nella democrazia. La democrazia liberale, con l’illusione del controllo sulla res publica, ha dissolto i fondamenti di Siena, Arezzo, Perugia, Viterbo; e di quei centri minori, sconosciuti ai più, che conservano, nel proprio seno, ricchezze naturali e artistiche oggi incredibili, almeno agli occhi di chi, come me, le aveva temporaneamente dimenticate poiché troppo avvezzo a esse. Delegare a un geometra o a un architetto à la carte le chiavi per amministrare tali sedimenti, di millenni, equivale a rinunciare alla lotta. Solo un’aristocrazia potrebbe salvare ciò che resta. Ma viviamo ormai nel miraggio dell’uno vale uno; un’utopia auspicabile, persino: se fosse vera. In realtà - la sola realtà - un gregge ottuso e immusonito vota; il voto elegge alcuni figuri che, nelle more del loro mandato (democratico), lasciano cadere favori e minuscoli privilegi; il gran corpo tecnico-amministrativo, complice dei figuri anzidetti, si acconcia, quale complice, alla devastazione. Conventi secenteschi risolti in bed and breakfast (previa scialbatura degli affreschi), centrali biogas nel cuore di boschi sacri, macchie secolari riorganizzate per parchi a tema naturalistico-fantasy: onde soddisfare le voglie d’evasione dei micchi internazionali (svizzeri, svedesi e crucchi hanno da sculettare lungo i diverticoli della Francigena), larghe pianure, prossime a fonti sacre etrusche, predisposte per l’accoglienza della merda: ché l’ominicchio del futuro meno pensa più merda produce.

08 agosto 2019

Spigolature estive


Ottime Feriae Augusti a tutti

Roma, 8 agosto 2019

Consigli non richiesti. Chiude Pandora TV, una creatura di Giulietto Chiesa. Perché chiude? Per difficoltà organizzative, finanziarie, logistiche? Anche. Il motivo vero della chiusura o di consimili abbassamenti di saracinesca risiede, però, in altro, secondo il mio modesto avviso: mancanza di interesse nel pubblico. Alla lunga questo incide. Ritrovarsi sempre gli stessi utenti che girano da un sito all’altro mormorando le identiche parole d’ordine getta nello sconforto; si diviene autoreferenziali; si è costretti a scrivere cose che hanno l’approvazione di chi è già convinto. Divenire popolari: hic stat busillis. La controinformazione non è popolare. Anzi, sopravvive in un bugigattolo informativo. Il fallimento controinformativo è evidente. E questo avviene perché rimane tenace la superstizione secondo cui la verità rende liberi; e induce alla rivoluzione. Il che è un errore madornale. Decisivo. La verità non smuove niente. La menzogna, sotto le belle forme dell’utopia, smuove. La Marcia su Roma, la Marcia del Sale, il Treno di Lenin, la Birreria di Monaco: credete che qui in moto e in marcia fossero uomini e donne a cui si era rivelata la verità? Ma no, essi credevano. Tendevano. Avere fede. Puntare lo sguardo in un futuro da modellare secondo il proprio desiderio. Colmare il cuore di folle desiderio: ecco, questo smuove; alla marcia, alla protesta, a sopportare il dolore e la morte. La verità, ammesso che ne esista una, è assai indesiderabile. Il condottiero sa che la verità deve essere celata dalla bellezza delle mire celesti. Il Paradiso Terrestre, le Vergini, El Dorado, la Terra del Prete Gianni, il Catai, la Greenland. 

Doppiezze del condottiero. Chi guida sa. Mosè, gli ecisti greci, Tamerlano, Etzel, Colombo, Cesare, Carlo Magno, Aguirre, Fitzcarraldo. Gli eserciti, la devozione, le folle tumultuanti, il cozzare entusiasta delle lance, l’adorazione, il miracolo: in azione e in marcia, le masse; la convinzione talmente radicata in sé stessi da negare l’evidenza, ecco la fede, incrollabile, la meta che giustifica i sacrifici più inumani. Ecco formarsi le categorie dell’essoterico e dell’esoterico. Vogliamo El Dorado, l’eterna giovinezza: Ponce de León legge una silloge di leggende su Alessandro Magno: le onde del favoloso si accavallano nei secoli, da Callistene agli amanuensi, egli se ne lascia travolgere, contagia altri uomini che converte alla fede di un’impresa folle. Essi si mettono in marcia, essi credono. Credere, obbedire, combattere o la goffa metafora del’asino e della carota sono volgarizzamenti di tale attitudine inestirpabile dell’animo umano.

02 agosto 2019

Le temibili Isole Marshall

Fonte: adnkronos
Roma, 2 agosto 2019

Come si concluderà la vicenda giudiziaria dell'omicidio di Mario Cerciello Rega?
Nel migliore dei modi.
I patti stretti nel dopoguerra, da vincitore a vinto, ci obbligano a fare alcune cose; e a non farne altre.
In forza di tali patti o trattati (più o meno visibili; molti sono invisibili) gli Italiani, o Italici, sono divenuti soci degli Stati Uniti (cosa siano gli Stati Uniti, oggi, è poi da vedere).
Da ciò segue che gli Italici, che sopportano basi militari statunitensi in numero esorbitante sul proprio sedicente libero suolo, consistono in cittadini federati: così come gli Italici lo erano a Roma, prima dell'estensione della cittadinanza.
Vi erano, perciò, cittadini romani (optimo iure) e cittadini italici. I secondi, pur assimilabili nei diritti militari e fiscali, mancavano di alcune prerogative poiché "non partecipavano alla sovranità (le decisioni comuni [furono] loro imposte unilateralmente) ... [e possedevano] diritti privati e istituzioni diverse da quelle di Roma. Quindi, se consideriamo questa 'alleanza' come un insieme omogeneo ... che sta per intraprendere a suo vantaggio la conquista del mondo, dobbiamo constatare subito che il gruppo di cittadini con pieno diritto rappresenta ormai solo una parte, ben presto minoritaria, della popolazione totale" (C. Nicolet).
L'assassino americano vanta "optimo iure" (optimum ius), l'italico Mario Cerciello Rega (sconfitto nel 1945) non del tutto; pur se i due, ormai, li si ritiene inscritti nel compatto e inscalfibile cerchio della democrazia liberale: cittadini di due nazioni 'alleate' lanciate, assieme ad altri 'alleati', alla conquista del mondo.
Vittoria militare, democrazia piena, democrazia di riflesso, Alleati, NATO, Impero, Monarchia Universale.
Forse, un giorno, quando la democrazia liberale avrà piantato i suoi vessilli in tutto il mondo e verrà proclamato l'Impero Totale e Totalizzante, l'assassino e il carabiniere saranno riconciliati giuridicamente (la lex Papiria riconobbe la cittadinanza romana agli Italici sotto il Po nell'89 a.C.; la lex Roscia ai Cisalpini, nel 49 a.C., su impulso di Giulio Cesare). 
Più l'Impero Romano (quello che piace a Hollywood) si avvicinava, più ci si trasformava in cittadini del mondo. Come oggi. 
Sempre più cittadini, sempre meno liberi.
La Monarchia Universale sarà una cornucopia di diritti inutili e scintillanti. 
D'altra parte, quando si arriverà a quei tempi mirabili, non vi saranno più delitti: la droga, come l'incesto o altre parafilie, saranno stati legalizzati da decenni. Io, per fortuna, non ci sarò più, proprio come gli Stati Uniti (ve ne saranno altri, di Stati Uniti, che non alludono al New Mexico o al Maryland).
La vicenda finirà nel migliore dei modi. Confidiamo, quali Italici, nella disattenzione, nei colpetti inferti alla storia giudiziaria, qua e là, e, soprattutto, nella sciatteria, più o meno involontaria.
Sul sito del Ministero della Giustizia ("Percorsi chiari e precisi: un tuo diritto") i cittadini statunitensi registrati nelle patrie galere assommano a 21; quelli delle Isole Marshall a 3746.