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17 febbraio 2021

Diario di un pazzo (De excrementis)


Unreal City, 17 febbraio 2021

La merda ci repelle.
È un dato di fatto.
Eppure un istinto primordiale quanto invincibile ci costringe a controllare fuggevolmente ciò che si è appena depositato nella coppa del cesso.
Ognuno di noi tende, volente o nolente, a farsi aruspice della propria merda.
Quale sostanza già consustanziale al nostro corpo, essa, infatti, potrebbe recare indizî sulla nostra salute.
Per la medesima causa si cercano sui media, pur nel disgusto, più o meno conscio, notizie e novità sul governo, sui ministri, sui partiti; e sulle previsioni degli atti di questo o di quel governo, di questo o quel ministro o partito.

Regole basilari per migliorare l'intelligenza del reale:

- Se li vedi in televisione sono traditori.
- Se chiedono il voto impostori.
- Se affermano giallo forse è verde, forse rosso, forse azzurro. Ma non giallo.

Vi pare difficile?
Lo diventa, tuttavia, poiché ognuno di noi risente di tare derivategli da scene primarie ideologiche; difficile liberarcene: il pericolo rosso, la minaccia nera, l'orda gialla, Stalin, Mussolini, Hitler, Lenin, San Simonino, il Rabbino coi pidocchi, il Ragno plutomassonico, I ragazzi venuti dal Brasile. Suggestioni otto-novecentesche, assai tarde, che impediscono il volo d'aquila. Tali sbiadite icone, esacerbate dalla nostalgia, sono talmente resistenti da ricattarci psicologicamente: di qui la coazione a ri-entrare nelle cabine elettorali o a illudersi sanguinosamente che saltimbanchi in affari come Meloni o Zingaretti siano latori di un messaggio, di un ideale, di una speranza.

Roberto Speranza fra pochissimo non conterà più nulla.

11 settembre 2017

I Diecimila


Roma, 11 settembre 2017

La minoranza fa la storia. La maggioranza fischia, o se ne sta zitta. Se vinci, applaude.

È sempre esilarante la cronistoria dei titoloni del Moniteur sul ritorno di Napoleone dall'Elba. Prima lo dichiarano mostro, usurpatore, orco, tigre, poi, allorché il Corso avanza incontrastato, divengono cauti, neutri; quindi eccoli slittare verso il servilismo: Napoleone diviene Imperatore; poi lo sbraco definitivo: il giornalone si genuflette sino a Sua Maestà, Deità circonfusa di gloria e inondata da nostalgici petali di rosa.
Non preoccupiamoci dei buffoni, vanno e vengono, come la risacca delle fogne.

Qui non si vuole un duce né un despota illuminato né un conducator: occorre selezionare una minoranza che vada oltre. Oltre l'ignominia, lo sberleffo, i processi, la colpa. Gli uomini di tale minoranza dovranno essere disposti a perdere tutto, a dimenticare la propria vita. Italiani di tal fatta saranno insensibili ai richiami della carità pelosa, della democrazia plutocratica, del piagnisteo internazionalista. Essi accentreranno in loro le uniche virtù che fanno i vincitori: la rinuncia a sé in nome di un'idea; e la magnanimità. Nulla li smuoverà. La caparbietà ne farà dei testimoni della reazione, ovvero dei martiri. Essi dovranno tenere i piedi per terra - ben in terra! - per attingere al passato come un Anteo ribelle e accendersi di quel fanatismo quieto che miscela il disprezzo e la ridente fatalità.