Unreal City, 6 marzo 2021
Un
qualunque artificio, un gesto, una consuetudine, un suono, una parola.
Quanti
secoli o millenni sono occorsi per tramandarlo sin a noi?
Eppure,
oggi, son bastati pochi decenni per ridurla in cenere.
Un Essere neutro e meschino è qui, dorme accanto ai bambini, passeggia col viso benevolo, incontro agli
anziani, accarezza il ventre delle puerpere, si esibisce da
palchi correttissimi; amico del cane, della foca, degli alberi, degli Ultimi; la Sua
bilancia, apparentemente equa, dona al povero e al malato, allo storpio e alla
puttana
Egli sorride, a ognuno.
Basta
osservarlo, però, con più attenzione, magari in un attimo in cui rilascia
inavvertito i lineamenti, per scoprire le gengive fameliche e uno sguardo
esulcerato dalla follia.
Egli non è la Morte, poiché la Morte è benigna, Sorella Morte.
Questa
Moira onnipotente, invece, viene, forse a ritroso, dalla fine dei tempi; osserva
distaccato, da paesaggi remoti e desolati; il fiato diaccio, la fronte bianca,
da lebbroso, la cavità del naso bendata da un brandello di sudario. Ma nessuno si accorge dell’inganno. Egli sfiora, continuamente, ognuno di noi, con le dita distorte: noi e gli oggetti più consueti, i volti, le
prospettive, ciò che fu sempre consustanziale all’umanità e per essa vitale, tramutandolo in
Qualcosa d’Altro, indistinguibile dall’originale, ma vuoto, freddo, inetto e
destinato alla distruzione. Il contagio
dilaga, quotidianamente; ciò che si credeva sacro è dissacrato, il falso
convive con il vero sino all’estinzione del vero.
Il
vero e il falso, alla massima potenza, sfiorano gli occhi di tutti; chi,
tuttavia, si accorge di tale lebbra che rende insensibili e vuoti? Il falso,
continuamente alimentato, dilaga; il vero, come un bimbo non amato, si
rassegna, deperisce a vista d’occhio, dilegua. Un paesaggio che Egli osserva muta improvvisamente; pare lo stesso di prima, ma non è così. Del pari un
saluto, un albero, un moncone di muro, una strada. Nulla sembra cambiare eppure
tutto è cambiato. Si avverte un disagio: cosa sta accadendo? The time is out of
joint. La falsificazione, inavvertita, comincia a scavare metalli, carne,
legni, pietre. Anche noi diveniamo falsi, lentamente, l’epidemia avanza
incontrastata, un torpore invincibile inaridisce un braccio, risale le arterie,
reifica il cuore, paralizza la coscienza naturale.
Eppure
nulla sembra cambiato: ma tutto è cambiato.
Legge
di Siegel. Il digitale, la paccottiglia dell’umano, la parodia della storia,
invade ogni pertugio, deborda dai cessi, dai visori, dalle università, dagli
empori, dalle lingue; nella notte, inavvertito, uccide ciò che ritiene la
propria copia, vi si sostituisce, come uno psicopatico. Replica sé stesso, come
un tumore fulmineo, sino a guardare, come in uno specchio allucinato, miriadi
di sé stesso. Prima o poi, ragiona, dominerò il mondo. Ma non c’è gioia in ciò che
dice, solo ansia di distruzione. Di bocca in bocca, di lingua in lingua, egli
conquista le anime.
I
suoi proseliti passano le giornate seduti, con la testa vuota, compiendo atti
risaputi e minimi, insulsi, un sorriso sardonico e disperato stampato diuturnamente sul volto. Si proclamano giusti, ma si rendono conto d’essere solo
i Golem d’un carnefice: vorrebbero quindi urlare, fare qualcosa, ma non sanno
più farlo. E allora si inginocchiano al loro despota.
Egli
sta.
Egli è il vincitore.