Roma, 30 novembre 2018
Sto leggendo L’ordine del tempo, di Carlo Rovelli.
Rovelli
è uno scienziato che nega il tempo: tale quantità, il tempo, su cui si sono
affaccendate le migliori menti dell’umanità è, infatti, assente nelle equazioni
fondamentali della fisica. Tale convinzione, basata su decenni di ricerche ed
esposta con una prosa accessibile a chiunque, qui, tuttavia, non interessa.
Ciò che interessa
risiede a latere, in una increspatura, pur importante, del suo discorso.
Ciò
che m’interessa è questo: l’immane volgersi della materia e dell’universo non è
che la traslitterazione, in gergo tecnico e divulgativo, della favola decadente
dell’uomo.
Per
quanto possa apparire ardito, sconsiderato e folle, insomma, intravedo, in tali
innocenti paragrafi, stilati da chi vive in mondi controintuitivi e di vastissima
astrazione (mondi per uomini intelligenti, quindi), la parabola di distruzione
della civiltà occidentale classica che, lo si voglia o no, col proprio corteo
di terrori e magnificenze, ha strutturato la storia della conoscenza tutta.