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16 giugno 2018

Democrazia … signora del freak [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Qui non si fanno distinzioni razziali, qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani o messicani! Qui vige l'eguaglianza: non conta un cazzo nessuno! 

Sergente Hartman

Reiterare questa “santa” parola, democrazia, è lo scopo precipuo dell’ovvio politico, è il riempire quest’aria di veleni, questo vuoto/pieno normativo, questi codici che non conosciamo, ma ai quali ci sottomettiamo, questa trappola di leggi che imbalsama ciò che si sarebbe già decomposto da tempo: il vivere pacificamente, il sopportarsi reciprocamente, il tollerarsi sfiorandosi per strada, rispettando le giuste distanze, le linee gialle di cortesia, l’erba del vicino che è sempre più verde, gli orari notturni, i contratti, le obbligazioni, le opinioni, la mediocrità della quale non si fa più carico nessuno, o, chi se ne fa carico, la spaccia per superiorità culturale, artistica, arricchendosi sulla disperata incapacità individuale di non saper riconoscere i pregi atavici di una vita semplice, appartata il giusto e anonima.
La democrazia è il vivacchio costituzionale, uno strascicare i piedi da una stanza all’altra del Grande Edificio Stato, che è stato, ma non sarà, perché si consumerà nel privato dei privati, participio passato di privare.
La democrazia è commedia, la rappresentazione nemmeno tanto sublime di un mondo drammaticamente buffonesco; è una collisione/collusione di parti sceniche, phoné, brusio, applausi che sottolineano risse tra potenti, quasi sempre concertate.

27 giugno 2017

Il colonnello fa bella casa


Pubblicato su Pauperclass il 18 ottobre 2016

Mi sveglio verso le sei e mezzo, come sempre.
Accendo la televisione, aziono il televideo: no, Napolitano non è ancora morto.
Mi preparo.
Azioni di routine.
Esco verso le sette e un quarto circa.
Vicino casa noto due mezzi dell’esercito.
Soldati.
Gran vociare in dialetto stretto.
Qualcuno canta, addirittura.
Il colonnello, al terzo o quarto piano, fa bella casa.
Presto si sentirà raschiare furiosamente; poi avverrà la silenziosa, metodica, rasatura dei muri; quindi il colore (un bell’albicocca?).
Più qualche lavoricchio qua e là.
Una corvée in nero che i Nostri baldi giovani non disprezzeranno.
L’episodio mi fa venire in mente un altro ufficiale, protagonista del penultimo Kubrick, Full metal jacket; egli affermava, rivolto ai propri sottoposti, e riferendosi alla guerra in Vietnam, con tono distaccato: “Qui abbiamo un gran panino imbottito di merda e tutti quanti devono ingoiare il loro morso“.
Quando c’è una guerra, o una crisi, o una carestia, ciascuno dovrebbe fare la propria parte, infatti.
Ma non funziona mai così.
Funziona, invece, in quest’altra maniera: alcuni gustano pasticcini nelle retrovie, altri mordono il panino imbottito di merda due volte.
Oppure: alcuni degustano ostriche nelle furerie saccheggiate, altri mordono il panino tre o quattro o cinque volte; tante volte quanto è necessario a mandare in tavola le ostriche anzidette.
Anche questa è una guerra, però: la guerra civile italiana.