Roma, 5 luglio 2018
Cosa
nasconde quest’ansia da finis terrae, tale cupio dissolvi, lo
slancio forsennato verso l’informe scambiato come libertà somma,
una corsa disperata, piangente, maledetta, eppure, nell’intimo,
anelata in uno spasimo doloroso e abietto? Tale rivolgimento lo si
nota negli ambiti più disparati: un pervertito, vestito da
Carnevale, istoria le chiappe con l’augurio: “Confini
aperti per tutti i migranti come i nostri culi”:
una summa grottesca, e difficilmente eguagliabile per chiarezza.
La
voglia di farla finita. Un suicidio, nient’altro. Il suicidio
del’umano. Essere altra cosa, un oggetto, forse. L’insoddisfazione
della propria carne, dei propri pensieri. Divenire altro:
Beanotherone, non a caso, è uno dei giochi di ruolo che appare nel
famigerato depliant della mostra “Post Human Plus”. Per ora è
presentato quale gioco, un di-vertimento, appunto; presto sarà la
norma. Cosa si prova a essere …? L’importante è rinunciare a ciò
che si è: anoressia, botulino e plastica hard, mutilazioni, tatuaggi
invasivi sono la risposta disperata, occultata quale moda, a tale
compulsione. L’attrazione per il perverso polimorfo e l’androgino,
l’astrattismo decorativo, persino la voglia di vacanze (l’homo
turisticus) appare fenomeno di un’insoddisfazione ormai strutturale
della nuova psicologia umana.
A
questo ha portato il potere.