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02 marzo 2022

Una guerra spietata

 

Roma, 2 marzo 2022

Mi ferma un tizio che non posso evitare. Conoscendomi un poco, vuole, forse, stuzzicarmi.
Ma tu sei con Putin, no? Che ne pensi, ce la farà?”.
Caro mio, io sono con pochissimi, pochissimi. Quando sarò con qualcuno te lo farò sapere. Posso dirti che non sono al fianco dei cretini del tifo, quello sì. Sulla questione in oggetto posso, invece, dirti che, finora, almeno per quanto ci riguarda, la faccenda pare la continuazione di Roberto Speranza con altri mezzi … é una guerra spietata … Giudica tu, non voglio forzarti … staremo meglio o peggio? Non che a te freghi qualcosa dato che il pane te lo provvedo con imposte e tasse …”.
La prima parte non credo l’abbia compresa, l’ultima frase sicuramente sì poiché s’è impermalito subito. Uno in meno da salutare.

Mi dicono: è la guerra! Ma io non presto attenzione all’attualità. Una guerra, una guerra vera intendo, sarebbe la liberazione definitiva.
Non la guerra di qualcuno contro altri, né la guerra degli amici contro i nostri nemici.
La guerra in sé, l’amabile sofferenza, persino la disperazione, il timore fisico della morte.
Questo ripulirebbe l’animo dalle incrostazioni, farebbe rifulgere entro il petto un nuovo nuovo cuore, dorato!
Per questo, temo, non avremo guerra, ma solo il simulacro d’essa.

Ancora una volta noto come frasi additate al ludibrio come “Guerra sola igiene del mondo”, debitamente considerate, abbiano la forza di fatti indiscutibili. Al pari delle intemerate di D’Annunzio sulla sterilità della democrazia e del Céline sulla comunità di sangue come unica via di salvezza.
In altre parole: avevano ragione loro.

Ma se non é guerra cos’è?
L’ombrello sotto cui la regressione arriverà in tre anni invece che in trenta.

Una tizia, rettrice di non so cosa, interrompe un corso su Fëdor Dostoevskij, tenuto da Paolo Nori, per “evitare polemiche in un momento di forte tensione”. La rettrice, consultatasi col rettore alla didattica, ha evidentemente deciso di oscurare i riflettori su un russo (un minore della letteratura: Dostoevskij) per non alimentare polemiche durante l’attacco militare dei Russi (di cui Dostoevskij fa parte, nolente), nostri nemici acquisiti da poco, contro gli Ucraini, di cui i maggiori e più responsabili media (digitali e analogici) hanno appurato, invece, la schiettezza amicale.

11 giugno 2017

Breviario del cretino, ovvero: perché non ci si ribella



Pubblicato su Pauperclass il 27 marzo 2016

Breviario del cretino ovvero: perché non ci si ribella?
Stiamo diventando un popolo di cretini?
Ne ho il sospetto.
Solo una popolazione europea di cretini può accettare lo stato attuale delle cose senza provare la voglia di menar le mani.
E cosa è accaduto di così profondo tanto da rimbambirci in tal modo?
Una immane mutazione antropologica, una frattura continentale, uno iato spaventoso; si è insinuato nel sangue un virus zombificante, favorito dal parallelo e debordante progresso tecnologico. A forza d'incoraggiare l'elemento immaginifico dell'uomo, il suo lato emozionale, uterino, isterico, vegetativo, siamo giunti al punto di rottura epocale, alla devoluzione della ragione.
Punto di rottura. 100 gradi celsius. Un attimo primo c'è l'acqua, l'attimo dopo il vapore. È ancora acqua, ma solo chimicamente.
Ed esattamente cosa si è rotto?
Rispondo: il principio di non contraddizione.
Il principio dei principî. L'architrave dell'homo occidentalis: “Non può essere che una cosa sia e non sia una certa cosa allo stesso tempo e nel medesimo rispetto”.
Esempio: Io sono più alto di Mario, qui e ora. Non posso essere più alto e più basso, allo stesso tempo, ora, nei confronti di Mario.
O sono più alto o sono più basso.
Facile, no?
Da ciò deriva il principio di identità (Io = Io; Mario = Mario) nonché l'amabile principio del terzo escluso: ogni proposizione dotata di senso può essere o vera o falsa. Ch'io sia più alto di Mario può essere o vero o falso.
Se non è zuppa è pan bagnato, e viceversa. Non ci sono ulteriori alternative: tertium non datur.