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26 novembre 2019

Pausa caffè



Roma, 26 novembre 2019

Sarà più facile di quanto si pensi. Abituarsi alla monarchia degli sfaccendati e dei pezzenti che si credono benestanti. Sarà ancor più facile che fare il callo papillare al gusto degli insetti tostati e delle alghe liofilizzate.
Voglia di lavorare saltami addosso. Sì, vi è la costante, pervicace, inaffondabile, idea che il lavoro più non renda. A che pro lavorare? E allora, pian piano, ci si sprofonda nel miele accumulato da madri padri e nonni, quegli orsi selvatici; e si succhia, lentamente, con un occhio, atterrito, a imposte e balzelli e cedole condominiali, e l’altro, speranzoso, alle mirabilie della tecnica finanziaria che promette, caschi il mondo, cospicui interessi; sotto forma di paghetta digitale; ogni tre mesi, direttamente sul conto in banca: ventotto euri, quattordici euri, ventisette euri: a rimpinguare le scorte dei sommenzionati orsi.

No, non si ha più voglia di lavorare. È un complotto? In effetti, a compulsare le orge statistiche, pare proprio un complotto più che un trend. Lavorare equivale innanzitutto a essere qualcosa. Il lavoro identifica. Il lavoro, poi, specie quello artigianale o altamente professionistico, immette in una considerazione di sé stessi più alta: il restauratore, il geometra, il falegname, l’avvocato, il ragioniere: ecco le corporazioni. La corporazione è, come la si consideri, un’entità sovraindividuale, appena al di sopra della famiglia; e al di sotto della Patria: entità che spiacciono ai dissolutori.


28 giugno 2017

Il banco del pane


Pubblicato il 17 dicembre 2016

Durante la pausa pranzo chiamo un vecchio conoscente, per un panino e un caffé.
Non siamo amici in senso stretto. La nostra corrispondenza d'animo si basa, piuttosto, sull'appartenenza alla vasta area del reducismo. Reducismo di sinistra, in tal caso. A differenza del sottoscritto, che ama troncare senza preavviso dopo aver a lungo sopportato, egli ha intrapreso una progressiva e sfiancante Via Crucis: dall'apostolato "senza se e ma" si è incamminato verso il Golgota del sinistrume più residuale e ridicolo. Rifondazione, Cossutta, movimentismo, SEL. Non comprendo ancora come un tizio intelligente e sarcastico come lui si sia fatto abbindolare dall'Orecchinato, ma è così. 
A volte anche i migliori si perdono; oppure (ipotesi più probabile) agisce nei cuori una vergogna, un pudore: è la nostalgia di ciò che fummo. Abbandonare il passato equivale ad abbandonare una larga parte di noi stessi e perciò vi rimaniamo attaccati con ogni scusa e forza, al di là di quella ragionevolezza imposta dalla cruda disamina dei fatti. 
SEL! Torna a suo merito, comunque, l'esserne scappato a gambe levate. Per sfotterlo a volte lo chiamo "Il Sellin fuggiasco".
Invece del bar usuale insiste a portarmi presso un ipermercato che ha aperto i battenti lungo un'importante via romana.