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11 giugno 2018

Il declino dell'intelligenza


Roma, 11 giugno 2018

Vivere in un paese in putrefazione ... chissà, forse costituisce un privilegio. Qualcuno di noi si sarà chiesto, per mero esercizio intellettuale: cosa pensavano i popoli in via d'estinzione mentre ogni loro speranza scivolava dalle dita, irrimediabilmente, e ciò che rappresentava una forza più non faceva presa sulla realtà? Gli atti e i sortilegi che legavano clan, genti e uomini venivano derisi e schiacciati con facilità: il compromesso ignominioso, la ritirata, la delusione, la morte della cerchia intellettuale ... tutto questo è già stato provato nella storia. Chi poteva dargli credito qui, da noi, con un passato e un territorio così ricchi? Eppure ecco che un futuro umiliante incombe.
Per distruggere, prima, servivano secoli, fra massacri, pestilenze e decimazioni; genti riottose si rifugiavano nelle catacombe mentali, risorgevano sotto altre vesti, si infiltravano nelle fila del nemico, vivevano una doppia vita, fra ossequio falso e autentica fede. E ora? Son bastati trent'anni per ridurre il nostro giardino a un cumulo di insensate sterpaglie; abbattuti i labili confini, i più volgari ciarlatani scorrazzano per esso, in piena libertà, sradicando alberi, trascurando siepi e orti, lasciando al solleone o al gelo le colture più delicate, mentre eleganti gazebo rovinano su sé stessi, i ponticelli si sbriciolano lentamente e le voliere, una volta chiassose incette dei popoli dell'aria, restano deserte; carcasse qua e là, lezzo di disfacimento; i padroni si disinteressano, come aristocratici preda delle estreme febbri del vizio, garzoni e inservienti sono a ubriacarsi in qualche bettola, scannandosi per un punto alle carte.

19 giugno 2017

"Il campo dei santi", libro profetico


Pubblicato l'11 aprile 2016

A trentatré anni dalla pubblicazione francese (1973), e a diciotto dalla prima e unica traduzione italiana (1998), torna nelle librerie il romanzo fantasociologico di Jean Raspail, Il campo dei santi.
Torna nelle librerie” è un mio blando eufemismo; sarebbe più esatto dire : “viene clandestinamente ripubblicato in Italia”.
È inevitabile che un’opera del genere (preveggente a tal punto da farsi, oggi, cronaca) venga sistematicamente ignorata. Sistematicamente, poiché l’industria culturale è oggi sistema, un blocco unico che non tollera spifferi.
Il pretesto per ignorare il libro è, peraltro, su un piatto d’argento: chi lo pubblica è, infatti, un fascista, Franco Freda (edizioni di AR; collana Il Cavallo Alato; euri 20); lo stesso Franco Freda che lo pubblicò, in solitaria, nel 1998.
Potreste mai immaginare un recensore de La Repubblica o de Il Corriere prendere sul serio il libro di un editore che, sui propri scaffali, esibisce La Rochelle, Evola e Hitler?
Bravi, avete dato la risposta giusta: è impossibile.

11 giugno 2017

Quando morirà l'ultimo italiano


Pubblicato su Pauperclass il 7 marzo 2016

Sto leggendo con piacere e una punta di disperazione un libro di Jean Raspail, I nomadi del mare.
È fuori catalogo (logico che lo sia) così come la distopia di Raspail, Il campo dei santi (1973), dove è preconizzata la fine dell’Europa a causa di un’ondata migratoria inarrestabile.
I nomadi del mare è un romanzo-saggio sugli Alacaluf, un popolo che oggi non esiste più, e che abitava le terre dell’estremo Sudamerica, protese verso i ghiacci del Polo Sud. Gli Alacaluf (il loro nome indigeno era Kaweskar, gli Uomini) si estinsero a partire da un incontro fatale: quello con le golette di Magellano (1520), in rotta per le Indie traverso la Terra del Fuoco. A contatto con la diversità schiacciante degli europei (gli dei sconosciuti, le malattie, la repressione, l’alcolismo, la mortifera compassione) la cultura paleolitica dei Kaweskar si sbriciolò lentamente.
Scrive Raspail:

A Puerto Eden morivano gli ultimi resti dei clan Alacaluf. Non morivano di fame … si spegnevano di disperazione, uno dopo l’altro, nella lunga notte della loro memoria. I morti non venivano sostituiti. Non mettevano più al mondo bambini perché si sapevano condannati. Erano consci che nel mondo dei vivi non c’era più posto per loro …“.

Il crollo demografico è sempre indice di decadenza, mai di progresso. Anche tale popolo, che non aveva parole per indicare la felicità e la bellezza, morì quando si trovò privo del proprio ambiente, dei modi di vita, delle usanze, della lingua, delle comuni paure, persino delle consuetudini più aspre e che rendevano l’esistenza fragile e pericolosa.
Pericolosa, ma dotata di senso.
Essere sé stessi: ecco il cuore del problema. Essere sé stessi, a dispetto di una morale altra, a costo dello scandalo, ecco la felicità. È un mio sospetto: i Kaweskar non avevano parole per la felicità e la bellezza solo perché la loro vita ne era già impregnata, al di là delle sofferenze che imponeva la sopravvivenza quotidiana.
Raspail rimarrà ossessionato da un’immagine, risalente al 1951:

… Durante un viaggio nella Terra del Fuoco, attraversando lo Stretto di Magellano, vidi, per non più di un’ora, nel vento e sotto la neve, una delle ultime imbarcazioni degli Alacaluf. La scena era identica a quella descritta da altri viaggiatori: Byron, Bouganville, Dumont d’Urville, l’ammiraglio Barthes e … José Emperaire. Non la dimenticherò mai. Mi ha ossessionato … finalmente questa volta la esorcizzo dandole, spero, la sua vera dimensione, sulla misura dell’eternità in cui riposa ormai questo popolo. Questo incontro all’incrocio dei tempi è la base del mio libro: un po’ di braci in mezzo alla barca per far rinascere il fuoco, due donne coperte di stracci, un bambino triste, tre rematori con uno sguardo da altro mondo …“.

Questo incontro fortuito donerà ai Kaweskar un minuscolo risarcimento: in tal modo, inconsapevoli, essi si garantirono il cantore dei loro ultimi giorni. Raspail divenne l’Omero degli ultimi Uomini.