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15 ottobre 2020

888immuni [Il Poliscriba]

Il Poliscriba

Approfitta della guerra ragazzo, perché la pace sarà terribile”.

Non so sgravare la gente del male di vivere, perché non sono una levatrice.
Mi si chiede di scrivere qualcosa di più leggero, ameno: sono attratto dalle coincidenze, non per forza significative.

Età carolingia. La diffusione dell'immunità in età carolingia si spiega non con una volontà di rinuncia alle proprie prerogative da parte del potere pubblico, come si è scritto in passato, bensì con il tentativo da parte del potere centrale di rafforzare la potenza sacrale dello Stato.

Immunità. E se lo Stato coincide con il mondo intero, oggi, l’immunità sanitaria che trae origine e forza da quella politica di età carolingia, coincide con il rafforzamento della sostituzione dell’oggetto di culto religioso con l’oggetto puramente laico, e affermo, puramente, con lo stesso identico significato di purezza condannato, quando fu e non sarà mai più pensiero predominante dei cultori di un ritorno all’ariogermanesimo ottocentesco.
L’immunità promette una protezione, una separazione, una filtrazione sociale, biopolitica… promette... non mantiene.

Officium hospitalitatis.  Fin dal 793 Carlo Magno inserì fra i doveri del sovrano anche tale uffizio. Gli ospedali sono inoltre studiati, nella medievalistica, come perni di organizzazione del territorio e della viabilità (si pensi agli ospedali sorti nei pressi delle strade o dei ponti, preposti non solo all’accoglienza dei viaggiatori ma anche alla manutenzione delle strutture di passaggio e di valico); come centri di gestione patrimoniale (grazie a lasciti e donazioni numerosi ospedali divennero grandi proprietari fondiari e gestori di capitali mobili, assumendo in certi casi la funzione di monti di deposito e di prestito); e, ancora, come fulcro dell’incontro fra chiese e autorità civili locali nel momento in cui si dovevano fronteggiare problemi come il pauperismo, le ondate epidemiche, e si voleva mettere mano a politiche non solo sanitarie e di ordine e decoro pubblico, ma anche di rafforzamento del potere e della sua immagine; dal momento che, infine, la carica di ministro ospedaliero era di fatto considerata alla stregua di un beneficio ecclesiastico.

Ospedali sotto l’egida del COVID-19. I malati sono questione statale, i parenti stiano fuori, non infettino e non si infettino. All’occorenza vi consegneremo le ceneri dei vostri cari. State buoni se potete; morirete di salute e per la salute. Égalité, fraternité (fratelli tutti secondo bergogliana enciclica) e santé.

22 febbraio 2019

Il crollo della Galassia Centrale


Roma, 22 febbraio 2019

La metafora dell’abisso è perfettamente adeguata.
Cadere nell’abisso. Abiezione. Abietto.
La faccenda, credetemi, è semplice. Si cade, ma, privi d’ogni riferimento, non si cerca di risalire; anzi, si prende gusto alla caduta in una sorta di cupio dissolvi. A un certo punto ci si sorprende a esclamare: “Ma sì, tutto è perduto, di più, ancora di più!”: la gioia nell’autodistruzione, di sé e di tutto, persino di ciò che si reputava eminente e bello, è un ragno che ha tessuto la sua tela per anni e anni, all’oscuro, entro le più intime fibre del nostro essere; finché questo animalino, che non degnavamo d’uno sguardo, tale sfuggente e simpatico esserino, creduto innocuo per un lungo tempo negligente, non decide di stringere le fila del lavoro secolare; e allora le trippe si accorgono che la tela è costituita da fili d’acciaio. Stringe cuore e budella in una morsa terribile e ci fa gridare, sempre più forte, in una foia d’annientamento, che la caduta è bella, desiderabile, è ciò che si voleva, è una liberazione, finalmente.
Il superuomo o Ubermensch di Nietzsche è qui fra noi.
Colui per cui il piacere (la Volontà di Potenza!) consisteva persino nella gioia del proprio annientamento: eccolo qua.
E però non scorgo bestie bionde, o signori; e nemmeno una nuova aristocrazia.

16 dicembre 2018

Einstein on the beach


Roma, 16 dicembre 2018

Ho recentemente riletto, per merito di Massimo Fini, che l’ha riproposta, la famigerata “Lettera su Dio” di Albert Einstein.
Non intendo certo parlare della multiforme grandezza di Einstein come fisico né inoltrarmi nell’attento soppesamento delle benemerenze (gli apporti della moglie e dei predecessori) bensì esaminare un limitatissimo campo della sua azione di pensiero.
Come “politico” e “uomo dell’ordine civile”, a esempio, Einstein è, concettualmente, un mio nemico.
Egli, infatti, è un pacifista; un pacifista che vuole assicurare la pace tramite un governo mondiale:
L'unica speranza di protezione sta nell'assicurare la pace mediante organi sovranazionali … Occorre creare un governo mondiale che sia in grado di risolvere i contrasti fra le nazioni con decisioni vincolanti: un governo fondato su una costituzione non ambigua che sia approvata da tutti gli Stati e che conferisca solo ad esso la disponibilità di armi d'offesa. Si è davvero amanti della pace solo se si è disposti a cedere la propria forza militare alle autorità internazionali e a rinunciare ad ogni tentativo o addirittura ai mezzi per far valere i propri interessi con la forza”.

11 settembre 2018

Un serraglio di disperati (Biathanatos)


Roma, 11 settembre 2018

Queste frammentarie bagatelle per un massacro non vanno prese troppo sul serio.
Non le ho nemmeno rilette. 
Sono convinto di esse, però.

La Natura Universale vuole espandersi e riprodursi; una infinitesima parte di sé stessa si plasma come DNA ancestrale in una pozza primordiale; epoche di inconcepibile durata generano, per miracolo, l’uomo.
Anche l’uomo partecipa a tale moto immane di riproduzione: per assecondarlo dimentica l'origine dell'indifferenziato e crea la società.

L’essere umano cerca di sfuggire all'orrore dell'origine; per far ciò egli sublima continuamente in tribù, comunità, polis, popolo. In fondo la favola umana non è che il tentativo, uno fra i miliardi di tentativi, per cui la vita umana, accidente della Natura, cerca di affrancarsi da essa, cioè dal Nulla.

L’esistenza umana è un caso particolare della Natura; il Nulla è assoluto.
Esistenza umana e Nulla non sono, quindi, poli di eguale dignità.
L’esistenza umana, riflessa negli innumerevoli esempi di civiltà, è il miracolo: un’eccezione al Nulla.
Tutto venne detto in quelle righe di Anassimandro: “Principio degli esseri è l’infinito [άπειρον]. Da dove infatti gli esseri hanno origine ivi hanno anche la distruzione secondo Necessità poiché essi pagano l’uno all’altro la pena e l’espiazione dell’ingiustizia secondo l’ordine del tempo”.

30 agosto 2018

È il libro di Qoelet la summa teologica che oggi domina i soccombenti [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Nelle dissertazioni inutili e sovraccariche di non-penso, i nostri monitor, variabili pixels, hanno funzione di spettroscopio, di scanner e ci obbligano a una disattenzione per il dettaglio, riducendoci a sintetiche sintassi telegrafiche, esplorabili soltanto con la vista, amputandoci il resto dei sensi.
Pensavamo che fossero le macchine a non avere coscienza o, al limite, fantasticavamo di un sé immaginifico che, le memorie estese al silicio, avrebbero potuto agganciare in una confusione di stringhe informatiche.
Si è rovesciato il nesso: ora noi non abbiamo sesso, senso, nessun denso pensiero, soltanto dita strumenti di follia edonistica, narcisismo touch-screen, e per sentirci reali ci occupiamo e preoccupiamo in una serie infinita di selfie, che autoscatti non fa neolingua chiamarli.
Intorno, il sisma sociale, l’involuzione economica che smaterializza i nostri corpi, ci rende inservibili, invendibili, non negoziabili, solo macellabili, per un’eventuale riserva energetica o un pasto nudo di future generazioni affamate, come quelle che ci precedono oggi sulla scala della povertà assoluta.
La rivoluzione è un trafiletto su libri di storia completamente revisionati.
Le slide e i quiz, forgiano l’ignoranza monolitica dei nostri figli smemorati, assenti all’essere e all’essente, al punto che anche la psicoanalisi non ha più presa su involucri biomeccanici privati di raziocinio, senza scomodare la logica aristotelica.
La gaia scienza, forse, resterà in piedi, incastrata in un solitario tomo, come un vecchio monolite traslucido che tenterà di assimilarci, per cablature genitico-organiche, a mammiferi in via d’estinzione ammalati di inciviltà altamente trasmissibile e letale.
È probabile che ci vorranno secoli per ristabilire la gerarchia ontologica.
Il futurismo letterario di Wells è ancora fortemente plausibile, sorpassa il Mondo Nuovo huxleyano sottolineato dalla traccia dello Zarathustra di Richard Strauss, ma resta eterno secondo dietro a qualunque odissea post-omerica.

Non è l’ottimismo che ci occorre, ma l’interventismo.
E non diamo la colpa al nichilismo nicciano/heidegerriano etc
E’ il libro di Qoelet la summa teologica che oggi domina i soccombenti.

27 maggio 2018

666: il numero della Vita [Il Poliscriba]


[Il Poliscriba]

666: il numero della Vita
ס     ו        ר     ת

 Tav       resc         vav     sameh
T Ra O S = SORAT
Sorat è il demone solare.
Secondo la Qabbalah, è l'espressione in parole del numero 666.


Tutta la vicenda della Creazione descritta nei vari miti e riportata dopo millenaria tradizione orale in Scritti Sacri, si può facilmente ricondurre, se non ridurre, alla dicotomia luce-tenebre.
La successione temporale – ma il discorso del tempo, come sappiamo/intuiamo, non ha riferimento se non spaziale, ovvero la sua dimensione ricade ancora in una misura o percezione di movimento all’interno di uno spazio apparentemente vuoto, tridimensionale ma integralmente costituito da un fluido attivo conosciuto, accettato o rifiutato come Etere – è deducibile dalla trasmutazione materia-luce e luce-materia.
In fisica questa trasmutazione viene per lo più definita, DECADIMENTO.

19 marzo 2018

Stiamo tutti cercando qualcosa di reale [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

"C’è sempre un momento nella storia degli uomini in cui la difesa della propria tradizione culturale vuol significare che tutto ciò che è accaduto non è stato vano, che il tormento, la gioia, l’odio, l’amore folle e smisurato per affermare la realtà di una passione, continua a vivere e ad avere un senso. Ma quando, guardando indietro, si pensa di appartenere ad una tradizione non più recuperabile, ci si persuade che il destino non dà nessuna spiegazione e nemmeno l’ombra di una motivazione su ciò che è stato, allora la ricostruzione di un’identità perduta e dimenticata diventa impossibile e rimane soltanto l’angoscia dello sradicamento, la desolazione e la solitudine vissute come incubo quotidiano".

Stefano Zecchi (dalla prefazione a Il tramonto dell’Occidente di Oswald Spengler)

Nel Carmelo si entrava nella cella e un teschio appoggiato sul piccolo scrittoio, accanto al rigido giaciglio, ricordava l’estrema debolezza della carne, il martirio dei sensi, il Golgota, la rudezza della vita di un soldato che conosce il breve sonno, mai ristoratore, di una notte  corona di poche ore, prima del mattutino.

L’eroe, il santo e il mediocre soli possono morire pacificamente, affermava Bernanos.
In questa ribalta da piccola bottega degli orrori che ci si è apprestati a definire società dello spettacolo (bizzarre-freak), il mercante, il cliente e il politico sono la manifestazione infida del sublime giullare, dell’atletico saltimbanco, dell’illusionista, del ciarlatano da fiera che annusano la credulità del volgo, il senso innato della fede, l’atavico desiderio di spostare ogni centimetro del proprio fragile essere in un’incarnazione, nelle radici occulte di un oggetto di culto supremo che, dopo la morte di Dio, ai bordi della strada, è destinato ad essere un’intercambiabile ridda di metempsichici frammenti di un’ Atlantide Iperborea.

La vita è così tremendamente straordinaria a causa dell’ordinarietà della morte.
La paura è talmente ovvia, salutare e diffusa da rendere il coraggio molto poco desiderabile.
La quotidianità è un elenco di azioni sconclusionate, una serqua di aforismi estrapolati da un inedito di Cioran riscritto dal suo eteronimo, Fernando Pessoa.

13 ottobre 2017

"Bruciate i libri". Un'intervista a Pepe Carvalho


Pubblicato il 12 maggio 2013

Scrissi questa sciocchezza pochi anni fa, in un tempo che, oggi, mi appare completamente remoto.
La sindrome di cui è preda il bibliomane Carvalho (a cui rendo le armi della ragione) assalì anche Nietzsche; e anche me.
Occorre deporre le sottigliezze, riandare ai classici, tendere alla generosità, ignorare i difetti: in una parola: abbiamo un disperato bisogno d'azione.

* * * * *

"In tutta la mia esistenza non ho mai trovato un libro che mi abbia insegnato a vivere; in realtà dubito che esista. Ci sono libri forse utili, questo sì, ma quasi tutti allontanano dalla vita più spontanea e rendono infelici".
Pepe Carvalho, le fattezze rilassate di canuto Trintignant ultrasettantenne, conciona da un sobrio divanetto della sua casa di Vallvidrera; insolitamente facondo, applica un tono svagatamente apocalittico e divertito.
"Possedevo quasi cinquemila volumi. Me ne rimangono molti meno di mille. Colesterolo e diabete permettendo farò in tempo a bruciare gli ultimi esemplari sul letto di morte”.
Volgo lo sguardo sulle scaffalature che cingono la sala su tre lati, segnate da tacche e avvallamenti, appesantite da libri deformati da una cattiva posizione e da una eccessiva asfissia imposta dai tomi più pesanti. Le file sopravvissute presentano larghi vuoti come linee di fanti falciate da scariche di fucileria implacabili.
Un focherello vivace riscalda un tardo pomeriggio primaverile, insolitamente fresco.

28 giugno 2017

Il mondo al contrario


Pubblicato il 24 febbraio 2017 

Gli Ebrei sono il popolo più considerevole della storia mondiale perché essi, posti davanti alla questione se essere o non essere, hanno scelto … l’essere a ogni costo: questo costo fu la falsificazione di ogni natura, di ogni naturalezza, di ogni realtà, dell’intero mondo interiore non meno che dell’esteriore. Essi si trincerano contro tutte le condizioni alle quali, fino a quel momento, a un popolo era possibile vivere, era consentito vivere: crearono, estraendola da sé stessi, un’antitesi concettuale alle condizioni naturali, – in maniera irreversibile essi hanno, nell’ordine, rovesciato la religione, il culto, la morale, la storia, la psicologia nella contraddizione ai loro valori naturali“.

Sono alcune considerazioni di Friedrich Nietzsche tratte da L’Anticristo. Il filosofo va alle radici della décadence cristiana e le ritrova nello snaturamento di valori operato dalla teologia ebraica: “Il prete svaluta, dissacra la natura …“, si inventa cioè un mondo al contrario dove l’antico ordine (di cui l’istinto vitale, la bellezza e la morale erano i fondamenti) viene sovvertito e sostituito da un nuovo ordine assolutamente irreale, antinaturale, piccino, risentito, compassionevole sino all’idiozia.
Tale décadence, inoltre è solo una recita, avverte Nietzsche, “solo un mezzo: questa specie d’uomini ha un interesse vitale nel rendere malato il genere umano e nel capovolgere in un significato esiziale per la vita e denigratorio per il mondo i concetti di ‘buono’ e ‘cattivo’, di ‘vero’ e ‘falso’ …“.
Invertire le coordinate vitali dell’esistenza: questo l’assalto al cielo tentato dalla Globalizzazione.

12 dicembre 2016

Annegare nella libertà


Pubblicato su Pauperclass l'11 marzo 2016

Quasi tutti hanno sentito parlare del delitto del Collatino (un quartiere di Roma).
Due pervertiti hanno irretito, seviziato e assassinato un ventitreenne, Luca Varani.
Il loro gesto era premeditato. “Volevamo provare l’effetto che fa“, ha dichiarato uno di loro, in una grottesca parodia del classico di Jannacci. Premeditato, benché attuato sotto il pesante effetto delle droghe.
Alcuni opinionisti (fra questi Maurizio Blondet) hanno evocato le categorie di Bene e Male.
È logico che Blondet lo faccia: è cristiano e cattolico; giudica secondo la morale cristiana e cattolica.
Credo, tuttavia, ch’egli sia fuori strada.
Fare appello a un sistema di valori (qualsiasi esso sia) rende necessariamente incapaci alla comprensione della vicenda. Parimenti inadeguato è riferirsi agli autori dell’omicidio quali “annoiati figli di papà”: il censo, o la noia, qui, entrano poco o nulla.
Meno fuorviante è il richiamo alla pazzia; a patto che con tale termine s’intenda un tipo di pazzia del tutto inedito: una affezione nichilista dell’animo.
Ritengo, infatti, che l’assassinio di Varani sia avvenuto in una zona al di là del Bene e del Male.
Stragi, torture e delitti son sempre avvenuti. Tutti, però, originavano o da una morale o da una visione dell’esistenza o quale reazione all’infrazione delle stesse (erano, quindi, accettati o riprovati in nome di un codice superiore).
Persino l’act gratuit di Gide ne I sotterranei del Vaticano ricade in tale categoria: nel romanzo vi è sì un gesto omicida insensato (poiché senza movente), ma questo è pur sempre la negazione di un’etica dominante ancora valida e riconoscibile da tutti.
L’assassinio del festino omicida del Collatino, però, si invera nella più totale assenza d’una morale. Interna ed esterna. In esso non rinveniamo, come vuole Blondet, il Male, come antitesi al Bene, ma nel vuoto: esso ha la propria radice nel Nulla (degli animi e della società).
Qui hanno patria i nudi fatti: abbiamo agito così.
Questo è accaduto. E basta.