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24 gennaio 2022

Il prigioniero


Roma, 24 gennaio 2022

Vede, caro figliuolo ... Il generale Francesco Paolo Figliuolo (1961-vivente), potentino come mezzo Roberto Speranza, e italiano come (forse) mezzo Roberto Speranza, pluridecorato, più del Gran Mogol delle Giovani Marmotte, avrà mai sparato una cartuccia in vita sua?
E chi lo sa.
Di sicuro sappiamo ch’egli iniziò formazione e folgorante carriera nel 1980: corso 162 (motto: “Onore!”) presso l’Accademia Militare di Modena.

Cronologie. 23 febbraio 1972 (corso 154, nessun motto), otto anni addietro. Eugenio Cefis (1921-2004), successore di Enrico Mattei, tiene un famigerato discorso presso l’Accademia Militare di Modena: Il pontefice dell’ENI illustra (con inflessioni apodittiche e mai dubitative) alcuni nudi fatti: l’Italia (e l’Europa) più non esisteranno; i cadetti dell’Accademia, futuri Figliuoli del mondialismo, ben avrebbero fatto, quindi, a dichiarare fedeltà agli enti sovranazionali invece che alla Patria, la terra dei padri. In pochi minuti Cefis liquida un paese, un continente, una cultura ancestrale.

Giugno-luglio 1972. Pier Giorgio Bellocchio (1931-vivente), fratello del regista Marco, pubblica nel mensile “L’Erba Voglio” (nr. 6) l’allocuzione di Cefis, arricchendola di qualche azzeccata postilla.

Settembre 1974. Elvio Fachinelli (1928-1989) dona l’ominoso numero della rivista a Pier Paolo Pasolini, assieme a un libriccino di Giorgio Steinmetz (alias Corrado Ragozzino) su Cefis. Pasolini, che in quel momento sta lavorando alle bozze di Petrolio, accetta il regalo di buon grado. Quelle parole lo recheranno alla verità dei fatti incontrovertibili; egli ne comprese al volo la devastante portata tanto da fargli abiurare l’impegno politico comunista, la sinistra, la futilità della polemica di partito. La sua conoscenza, profondamente intuitiva, della storia italiana, sotto tale nuova prospettiva cambiò radicalmente. È la rivelazione dell’anamorfosi: il cambio del punto di vista, originato dal caso (in questo: un discorso di Cefis), fa sì che la figura dapprima percepita si definisca in nuove, imprevedibili, definitive e terrificanti silhouettes.

9 gennaio 1975. Pasolini annuncia il grande romanzo Italiano, Petrolio, in un’intervista a “Stampa Sera”.

2 novembre 1975. Il cadavere di Pasolini è rinvenuto presso l’Idroscalo di Ostia.

Dalla lettura de “L’Erba Voglio” alla rena fetente di Ostia passano circa quattordici mesi.
Quando si staccano gli occhi dal circo del quotidiano, dalla polemica e dagli imbecilli e, anche per puro caso, si affondano nella melma della verità: nell’Hellfire Club della verità, allora ... Allora si scappa; o ci si vende; oppure si muore.
 

L’occhio della Provvidenza. Roberto Speranza nasce a Potenza il 4 gennaio 1979. Come sempre accade, egli, inavvertito ai più, sbaraglia sin da giovane tutti i concorrenti. Politici di lungo corso, volponi, maneggioni e culi di piombo cedono il passo alla nuova speranza del partito. Nessuno sa perché ciò accada: e tuttavia accade. Speranza muove da un fortino partitico anch’esso trascurato, spesso dileggiato. Eppure adesso è qui. Come un predatore seriale: pochi attimi prima non c’era, ora è nel villaggio.

23 dicembre 2017

Aspettando il grande botto (il potere ci frega alla grande)


Pubblicato su Pauperclass il 1 ottobre 2015
 
A cosa ci siamo ridotti?
Ma non erano le forze della controinformazione a dover liberare il mondo?
Non eravamo noi tutti, tramite il magico mondo virtuale, a doverci unire, pian piano, per denunciare al popolo del Mondo Connesso i sotterfugi ignobili e criminali del potere e agire di conseguenza?
A cosa ci siamo ridotti?
A qualche isterico che sbraita soluzioni da saltimbanco e non riuscirebbe a portare verso di sé manco una maggioranza qualificata dell’assemblea condominiale?
A qualche squilibrato che crede a tutti i complotti e, quindi, di fatto, non crede più a niente?
A qualche vecchio umanista cattolico che spurga un po’ di veleno, ma sa già, in cuor suo, che le sue mura sono state abbattute dalle trombe di Gerico della propaganda e le trincee improvvisate già travolte da una artiglieria disinformativa mai vista (e sospettata) prima?
A qualche arnese che blatera di economia e vaticina ogni settimana la fine del mondo finanziaria?
A professorini insultanti che pontificano narcisisti, ma poi, all’atto pratico (armiamoci!), vengono seguiti da dodici-persone-dodici?
A chi crede che il petrolio è finito e quindi …
A chi crede che alluvioni e terremoti sono gestiti dalla CIA …
A cosa ci siamo ridotti?
Ve lo dico io: a gente che aspetta il botto.
Siccome non sappiamo fare più niente aspettiamo il botto fine-di-mondo che ci libererà dai tiranni a cui non sappiamo manco fare il solletico.

01 ottobre 2017

La nazionale italiana è una cagata pazzesca


Pubblicato il 7 giugno 2016

Le adunate calcistiche dei bei vecchi tempi andati … le ricordo “come per suonno“, come in un sogno.
I ricordi ingigantiscono i contorni, sformano dolcemente le proporzioni; i volti, i dialoghi, gli impulsi. Solo in piena estate, nel primo pomeriggio, quando la canicola arroventa i tetti e i balconi, o, in campagna, fa schioccare vecchi tetti di lamiera, immobilizzando uomini e animali in uno stuporoso dormiveglia cullato dall’implacabile e misterico frinire delle cicale – solo allora, per pochi secondi, mi sembra di riafferrare quegli attimi d’infanzia; in modo immediato, vivido, definitivo. Persino gli odori sembrano ripresentarsi con una fragranza intatta e certa. Sono fate morgane della mente, miraggi del tempo perduto, impalpabili reperti che vivono a ridosso del vaporoso diaframma tra veglia e sogno.
Sì, ogni tanto, in quei precisi momenti, riaffiora la memoria di quei convegni estivi, vocianti, stordenti, irriducibili, inevitabili; per assistere alle partite della nazionale di calcio.

27 giugno 2017

"E benvenuti a 'sti frocioni ..."


Pubblicato il 30 novembre 2016 

Mi son da poco rivisto uno degli ultimi rantoli della commediaccia all'italiana: Fracchia, la belva umana (regia di Neri Parenti, 1981).
Riassumo la trama per i quattro o cinque che non l'hanno visto: la vita del goffo impiegato Giandomenico Fracchia (Paolo Villaggio) è stravolta da un imprevisto; egli rassomiglia, come una goccia d'acqua, a un criminale folle e sanguinario soprannominato la Belva Umana (ancora Paolo Villaggio). Sulle tracce dello spietato psicopatico (con qualche problema edipico; la madre, oppressiva, è interpretata da Gigi Reder) son tutte le polizie della Repubblica: i Carabinieri, la Digos e, ovviamente, la Polizia di Stato guidata nella caccia dal Commissario Auricchio (Lino Banfi).
Le tre polizie, felicemente disorganizzate, l'una all'oscuro di ciò che fa l'altra, arrestano l'uomo sbagliato, ovvero il povero Fracchia; e lo arrestano per tre volte, sottoponendolo a perquisizioni e sevizie sempre più brutali (alla fine dovranno rilasciargli un documento per distinguerlo dalla Belva, ma servirà a poco ...).