24 luglio 2017

Mortacci


Roma, 24 luglio 2017

Appena fuori Roma, sull'antica consolare Flaminia, a pochi passi dal campo di battaglia che vide trionfare Costantino contro Massenzio, si apre la città dei morti.
Il cimitero di Prima Porta.
Il più grande camposanto del Lazio e, forse, dell'Italia centrale.
In questa vasta città deserta si può scorrazzare per ore.
Campi a terra che si stendono per chilometri, lunghe infilate di fornetti a cinque o sei livelli, cappelle gentilizie, tozzi edifici multipiani, labirintici, gravati da decine di migliaia di loculi, ognuno diviso cartesianamente in settori e sottosezioni uniti fra loro da scalinate interne, montacarichi, scale a chiocciola.
D'estate, all’ora di pranzo, durante la canicola che sancisce il riposo da sombrero parastatale, il silenzio è altissimo. Solo un frinire incessante di cicale rompe la quiete, ma presto anche tale rumore si derubrica a sfondo sonoro, inavvertito. 
Il cielo è di un azzurro compatto, implacabile.
Alcuni viali sono bordati da pini altissimi e ombrosi, altri sembrano perdersi nella campagna romana, verso la Tiberina; i ruderi di una villa romana interrompono il soliloquio della distesa funebre; stradine secondarie ritagliano larghi prati fitti di croci stitiche, due stanghe di metallo: i funerali di chi è morto povero o, forse, di chi è stato inumato da poco.
I nati morti o i neonati sono sepolti a parte. Un po' di terra anonima li ricopre; a volte i genitori abbelliscono il minuscolo tumulo con una piccola siepe, o con giocattoli, bambole che non saranno mai cullate, o palloni che non saranno mai calciati. Le girelle coloratissime frullano senza posa, agitate da un alito appena di vento; le silenziose stelle filanti, gialle verdi rosso fuoco, si alzano e si abbassano al ritmo della brezza quasi lasciando presagire l'inconsistenza della natura umana.

19 luglio 2017

Il plebeo Bossetti


Roma, 19 luglio 2017

Massimo Bossetti è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio, ma è innocente.
Massimo Bossetti non fa parte di nessuna clientela, gruppo, associazione, massoneria. Nell'Italia del 2017 è, quindi, pura carne da cannone, sacrificabile.
Nell'Italia del 2017, che è una galera a cielo aperto, come scrissi in Prigione Italia, occorre appartenere a qualche consorteria altrimenti si è spacciati: il medesimo destino che tocca ai detenuti di una vera galera. Consorterie, a scelta: statali, banche, camorra, partiti, mafia, confindustriali, ring pedofili, giornalisti, lobby sioniste, ONG, servizi natoamericani, pretame, sindacati, militari, vacche sacre del politicamente corretto.
Se si è davvero scaltri o abili è possibile rientrare in più di un gruppo di tale patriziato dominante: questo spiega le porte girevoli fra partiti e magistratura, tra banche e mafia e vertici globalisti, fra pretame e pedofili, fra camorra e ONG.

16 luglio 2017

L'italiano: piccolo, sempre più piccolo. Microscopico


Roma, 16 luglio 2017

L'ho sempre detto: si getti a mare l'accademia e si torni alla fenomenologia più acuta. Basta panegirici: osserviamo la dura realtà. E la realtà è questa: l'italiano sta scomparendo. Non solo l'italiano che intratteneva con la propria lingua e il proprio passato un rapporto fecondo; l'italiano acculturato, in grado di compitare con sicurezza Petrarca, Leopardi e Machiavelli; che aveva ben chiare le geografie e i luoghi dell'anima (torri, casali, mura, canali, monasteri). No. A decadere è pure la figura fisica dell'italiano. Non sembra quasi più tale. Non vanta più distinzione. La forma del suo vivere è sciatta. Si veste male, casual, ciabattone, menefreghista; è loffio nei movimenti, calvo, oppure, al contrario, ostenta proliferazioni pilifere da turcomanno o un'artificiale complessione da palestra; tatuato come un maori, con movimenti da orango, maleducato, stupido come zucca lessa. Maschi e femmine tendono ad assomigliarsi nei modi: ciò che li differenzia è il diportamento da gradasso nel maschio (a simulare una virilità inesistente) e la sfacciataggine nella femmina, declinata o nei modi della donna-manager, padrona di sé stessa, indipendente e altera, o nelle smorfiosaggini da zoccola.

12 luglio 2017

Allegri ragazzi, tutto il mondo ci deride


Roma, 12 luglio 2017

Gli Italiani vogliono false speranze, le bramano, vivono per esse.
Da ogni parte.
La falsa speranza induce l'individuo a tirare avanti per un po', senza scadere nella disperazione che, latente, lo attanaglia giorno dopo giorno: una sorta di costante depressione che prepara a concretarsi come nuovo abito del cittadino futuro.
Latente, seppur non manifesta violentemente. A quiet desperation.
A destra sinistra al centro nei gruppi d'opinione nei gruppuscoli.
La falsa speranza è molto allettante.
In primo luogo allontana definitivamente l'azione salvaguardando l'individuo da ogni assunzione di responsabilità.
E permette, poi, di azzuffarsi dolcemente al ritmo di "l'avevo detto che ..." e "come scrissi in un post di due anni fa ...".
Queste false speranze riposano sul nulla sottovuoto. Come se un sistema gigantesco, perfettamente oliato, con capitali infiniti a disposizione possa autodistruggersi per far contento qualche coglione della controinformazione.
Se non contrastato dagli uomini, il potere si trasforma, non muore. Sta sottilmente mutando anche ora, sotto i nostri occhi. Verrà sacrificata qualche testa, alcuni popoli, si insceneranno nuovi conflitti (etnici, religiosi, economici) e tutto procederà a gonfie vele.
D'altra parte sono gli Italiani stessi a reclamare questi andirivieni.
La risalita alla considerazione generale di Prodi e Berlusconi è lì a confermarcelo.
Invece di penzolare da qualche quercia se ne vengono, alle soglie del 2018, sotto ai microfoni a fare i padri nobili.

10 luglio 2017

Piccola fenomenologia del fascismo a venire


Pubblicato il 13 ottobre 2013

Scrissi le sciocchezzuole qui sotto riportate nell'ottobre 2013.
Siamo nel 2017: ci siamo quasi. Di fronte al fascismo finanziario e al fascismo PolCor, il fascismo classico diviene un'alternativa credibile e, soprattutto, desiderabile.
Che dire?
Meglio Caradonna di Draghi, meglio Francisco Franco di Saviano e Repubblica.

* * * * *


Nello straordinario film di Billy Wilder, Vita privata di Sherlock Holmes, il dottor Watson, chirurgo militare in congedo dalla seconda guerra anglo-afgana (la storia si ripete), così celebra il proprio amico: "Era l’agosto del 1887 ed eravamo di ritorno dallo Yorkshire dove Holmes aveva risolto il controverso caso dell’ammiraglio Abernethy. Ricorderete che egli aveva infranto l’alibi dell’assassino calcolando di quanto era affondato un gambo di sedano in un panetto di burro, in una giornata particolarmente calda …".

Ovvio, Holmes era inglese e per gli inglesi (e gli imbecilli di talento) il particolare vale più dei concetti.
Sono d'accordo, limitatamente alle scienze in generale (la letteratura è altro).
E col tempo ho anch’io sviluppato uno spirito d'osservazione per le minuzie, una sorta di microfenomenologia che porto spesso a conferma di eventi di ben più ampia portata. Tra i sorrisi degli astanti, parecchie volte.
Questa volta ho deciso di condividere con voi questa ricognizione del quotidiano.
Elencherò tre fatterelli che mi hanno colpito assai. Non per la singola pregnanza, ma per il fatto che si sono succeduti in un breve lasso di tempo (quattro giorni) ad opera di tre lavoratori di uno specifico ambito, quello del trasporto pubblico.

02 luglio 2017

Lasciate che i bambini vengano a noi


Roma, 2 luglio 2017

Migranti visigoti. Leggo da un libro di storia delle medie, a caratteri cubitali: “LE MIGRAZIONI BARBARICHE”. E sotto: “Fra il IV e il V secolo numerose popolazioni barbariche varcano, a ondate successive, i confini dell’impero romano. Persino Roma, l’antica capitale, viene attaccata e saccheggiata due volte. L’impero d’occidente, più debole ed esposto di quello d’oriente, si avvia verso il declino”.
Faccio notare, oltre al vezzeggiativo ‘migrazioni barbariche’ in luogo del vetusto ‘invasioni barbariche’, l’uso del minuscolo per le parole ‘impero’, ‘occidente’, ‘oriente’. Ma il bello arriva ora. In verde, poco sotto: “L’idea chiave”. Ancor più sotto, in neretto: “Integrazione”. E quindi il testo: “Fra i regni nati dalla divisione dell’impero d’occidente, durano di più quelli in cui Romani e barbari si integrano fondendo le rispettive culture e vivendo pacificamente. Un esempio positivo è il regno dei Franchi”. A latere la rubrichetta “Ciak, si impara”: probabilmente i pargoli dovranno connettersi a internet e assistere a un videospettacolino PolCor: il testo, poco sotto, recita infatti: “Le migrazioni, ovvero gli spostamenti di popoli, sono un fenomeno antichissimo …”. Siamo in piena zona Boldrini.
Par di capire, insomma, che Alani, Visigoti, Alemanni, Pitti, Sassoni, Burgundi non fossero che Risorse (in maiuscolo) dell’impero (in minuscolo) invitate a una bella cooperazione culturale (un immane déjeuner) foriera di altissimi Esiti Culturali, Artistici, Urbanistici e Umani (in maiuscolo), e che la fine della latinità (in minuscolo) rilevi quale inevitabile e auspicabile evento lungo le Strade del Progresso e della Libertà della Storia (in maiuscolo, stavolta). Che l’occidente (in minuscolo) abbia cominciato a riallacciare lentamente le proprie fila culturali solo sei secoli più tardi (grazie ai testi greci e latini ritradotti dall’arabo) è una cosa che non tange gli estensori del sussidiarietto MinCulPolCor.
Vengo a sapere, peraltro (poiché sono ignorante come una zucca) che il concetto “migrazioni barbariche” riscuote già da anni un certo successo, tanto che i crucchi, sempre loro, hanno già coniato un bel termine: Völkerwanderung, ovvero “migrazioni di popoli”. Noi, certo, ancora applichiamo l’odioso sostantivo “barbari”, ma date tempo al tempo … Anche quel testo “Roma … viene attaccata e saccheggiata due volte” lo trovo sovraccarico di acrimonia, ma, anche qui, lasciamo scorrere lento il miele sotto i ponti dell’ecumenismo e della filantropia … Per l’intanto propongo, dal basso della mia modestia, un più conciliante: “Le carestie e la crescente sovrappopolazione dell’Europa del Nord e dell’Est crearono, in modo perfettamente naturale, il fenomeno dei migranti visigoti e longobardi che si riversarono pacificamente (spinti dai migranti Unni) per le strade dell’impero apportando la ricchezza della varietà culturale ai brutale retaggio imperiale romano e fondendosi irresistibilmente in una miscela di più larga e comprensiva umanità”.

De Maistre?Dateceli dai cinque ai dieci anni: saranno nostri per sempre”.

Evgenij Zamjatin, Noi


01 luglio 2017

Idioti in marcia (la merde)


Pubblicato il 7 maggio 2017

Raspail. Sulle recenti elezioni presidenziali francesi non si può che citare, a spanne, Jean Raspail: "I Francesi di fegato? Gli ultimi sono morti in Algeria". L’eventuale vittoria della Le Pen, pur benvenuta, è solo un sassetto in una macina da mulino.

Barbie. C'è poco da dire o fare. Il primo turno l'ha vinto la Barbie del potere, l'asessuato Macron. Anch'egli un vizioso, ne sono certo. Il potere seleziona con cura i suoi pupazzi: li vuole fotogenici e ricattabili. E loro si prestano, ovviamente, sempre meglio che lavorare. Il numero di pervertiti in politica è ormai una solida maggioranza. 
Sorprende, a riguardare le statuine politiche al soldo delle oligarchie, l'insulsaggine di tali figure. Personaggi che sembravano imprescindibili, buoni a riempire le prime pagine per anni, lontani dai riflettori sembrano inghiottiti dal nulla, come certe meteore pop che vissero brevi attimi di gloria e oggi svernano come casalinghe o prostituti o drogati cronici. Blair, Schroeder, Bush, lo Smutandato Clinton, Sarkozy, Zapatero. Che fine ha fatto Zapatero, l'uomo eletto col Partito Operaista Spagnolo, alfiere dei diritti dei gay e delle scimmie antropomorfe, e nuovo araldo della nuova sinistra?

Inutile sperare nella democrazia degli idioti, inutile sperare che le elezioni cambino il corso degli eventi.

Facezie dalla città profonda


Pubblicato su Pauperclass il 31 marzo 2017

La mattina ci si sveglia, sempre più estenuati e senza scopo. Si dà un'occhiata di fuori, ci si rallegra se, tra la caligine urbana, possiamo intravedere un sole malato, pallidissimo. Dopo le consuete abluzioni, il rito del caffè: non vi è più un giornale davanti alla tazzina, bensì un Ipad azzurrino: si apre qualche sito controinformativo, con scarsa voglia a dir la verità, e lo si compulsa come la casalinga di Voghera o la manager in carriera fanno con l'oroscopo. L'oroscopo favorevole, lo sanno tutti i giornalai, predispone al buonumore (e all'acquisto di altra carta); la notizia controinformativa che stuzzica le nostre velleità da rivoluzionari in poltrona stimola likes, commenti e flames. Gli altri oroscopi, quelli che predicono sventura o non sono in linea con i fucili a schioppo digitali, li si sommerge di contumelie (di solito si accusa l’autore di alcolismo o di indulgere nell’uso di droghe o di somma ignoranza su alcuni concetti che il commentatore, invece, padroneggia come un domatore di leoni avendo conseguito, vent'anni prima, una laurea specialistica proprio in quella materia lì).
I gestori dei siti di controinformazione dovrebbero allinearsi alla tendenza dei giornali femminili e far sì che ogni notizia lisci il pelo al controinformato. Zerohedge come Branko. In tal modo ognuno potrebbe così alzarsi dal tavolo del caffè mattutino convinto di aver vinto la guerra (o di essere sul punto di vincerla) contro il nemico giurato (le banche, i Rothschild, l’Euro). Tutto questo senza aver versato una sola goccia di sangue, e senza aver elargito nemmeno una botta sulla zucca a qualche cellerino. Un bel sollievo. Ci pensate?

La battaglia che non si combatte


Pubblicato su Pauperclass il 10 febbraio 2017

La geopolitica è interessante, appassionante e ci consente di tifare come juventini e interisti, ma in Italia non esiste che un conflitto: quello del patriziato italiano contro il resto del paese.
Il patriziato, che assomma circa il 20% degli italiani, è assai variegato al suo interno. Ne fanno parte, infatti, personaggi fra loro apparente diversi: Prodi e Monti, capoccia dell’ANM e del CSM, presidenti di Camera e direttori di talent show, i giudici del TAR e i cuochi televisivi, sindacalisti in pantofole ed ex segretari di partiti con fiamma a Montecarlo, appaltagironi e comiche sguaiate di RAI3, mafiosi e archistar, anticamorristi alle vongole e proprietari di yacht, trans e cattedratici, mestatori di gossip col parrucchino e pettegoli al soldo dei servizi segreti, decani del giornalismo e Comandanti delle due Polizie, cravattari e capi di cooperative, attorucoli da prima serata di RAI1 e comandanti degli Stati Maggiori, cardinali alla Carlo Maria Martini e amministratori delegati di aziende private a capitale pubblico, onorevoli animalfemministi e onorevoli destrorsi à la Chiappe d’Oro, i capoccia di MPS e i priori di comunità di cenobiti col wi-fi, giocatori di serie A e ministri colla terza media, sindacalisti in pantofole e assassini devoti al sociale, amministratori delegati di multinazionali delle auto con residenza in Svizzera e magnati di stampa progressista con residenza in Svizzera, grassatori di Iniquitalia e presentatori di Sanremo, ONG lacrimevoli e ONLUS piangine, figli e nipoti di presidenti della sedicente Repubblica Italiana, giudici amministrativi e vallette con la farfallina presso la voliera della fica, statali e parastatali di livello apicale, direttori di ASL, pervertiti e mignottoni assortiti (ognuno può escogitare, per puro divertimento, gli accostamenti più favolosi).

Donald, I have a dream ...


Pubblicato su Pauperclass il 10 novembre 2016

E così Trump ha vinto.
I presunti grandi rivolgimenti mi vedono sempre tiepido.
Brexit, Trump, referendum scozzesi, elezioni spagnole.
Il tifo (che si riassume nel motto: il nemico del mio nemico è un amico) non è mai stato nelle mie corde.
E ormai son divenuto troppo disincantato per prestar fede a queste brevi ubriacature.
L’unico mio interesse è osservare le nervature del potere che si muovono sottopelle.
Esse acconsentono a un movimento contrario al montante feudalesimo basato sul censo e il familismo?
Acconsentono, inoltre, a un ritorno alla normalità, dove il sì è sì, il no è no, e una perversione è una perversione e non un inno alla libertà?
Vedremo.
Vedremo se, con Trump, la Finanza internazionale e l’economia basata sul nulla cederanno lentamente il passo al lavoro, al problema dei salari, alla vera libertà imprenditoriale e all’umanità.
E vedremo se, con il buon Donald, il mondo occidentale comincerà a guardare se stesso e il prossimo con le lenti della normalità e i piedi per terra; e non all’incontrario.
Perché di questo sono sicuro: Hillary, i Clinton, la UE, gli USA, i potentati economici ci hanno imposto un mondo dove ogni parola e gesto, filtrati dal finto progresso del politicamente corretto, hanno assunto il significato diametralmente opposto.

Quel comunistaccio di Trump


Pubblicato su Pauperclass il 3 marzo 2017

Questo è un divertissement, prendetelo per tale.
Nella distopia di Philip Dick, Radio Free Albemuth, il protagonista è Nicholas Brady, un esponente della controcultura di Berkeley (e il suo migliore amico è uno scrittore di fantascienza chiamato Philip Dick).
Il romanzo fu scritto nel 1975 e pubblicato postumo, nel 1985. Qui da noi arrivò nel 1996, per merito delle edizioni Fanucci, che lo hanno regolarmente ristampato. Una (mediocre) versione cinematografica vide la luce nel 2010. Radio Free Albemuth vegeta a latere della grande produzione dickiana, ormai sdoganata: sostanzialmente non se lo impipa nessuno.
L’opera è, infatti, molto complessa: potrebbe definirsi una volgarizzazione fantascientifica del pensiero cristiano-gnostico dei primi secoli dell’era volgare.
In luogo di Dio è una navicella spaziale che parla telepaticamente ai propri adepti, invitandoli alla redenzione spirituale; al posto dei cristiani gnostici perseguitati ci sono hippie e libertari di sinistra; invece di legionari e pretoriani romani gli agenti della FAP (Friends of American People), un gruppo di delatori a mezzo fra la CIA e il KGB; e, invece dell’imperatore persecutore, un Tito Vespasiano Augusto a esempio, trova posto un volgare Presidente degli Stati Uniti, Ferris F. Fremont, una miscela di Nixon e McCarthy, populista, destrorso e reazionario.

L'Hollywood-Islam chiude i battenti?


Pubblicato il 14 novembre 2016

Traggo ispirazione da un articolo a firma di Maurizio Blondet dall’esplicito titolo: Obama, pulizie di fine stagione. Uccide i capi di Al-Nusra, molla Kiev …


E qui un breve estratto:

L’ha scritto il Washington Post il 10 novembre: “Alti funzionari del Dipartimento di Stato”  hanno informato il giornale che Obama non poteva più permettersi di “trattare col diavolo” per esercitare una pressione militare sul presidente Bachar al-Assad”.  Obama avrebbe ordinato di localizzare ed uccidere tutti i dirigenti di Al Qaeda attivi in Siria, anche con droni. E anche il WP non aveva bisogno di chissà quali fonti anonime: bastava che andasse  sul sito del Dipartimento Usa  del Tesoro per vedere che il detto Ministero  comunicava: “Abbiamo smesso di pagare i qaedisti”. Beninteso, il linguaggio non è così esplicito, ma lo è abbastanza: “L’ufficio per il Controllo degli Attivi Esteri” (il Tesoro  ha appunto un  ufficio con questo nome) ha  agito oggi per  interrompere  le operazioni militari,   di reclutamento e finanziamento  del Fronte Al Nusra. Specificamente il il detto ufficio ha indicato quattro leader di Al Nusra  – Abdallah Muhammad Bin-Sulayman al-Muhaysini, Jamal Husayn Zayniyah, Abdul Jashari, and Ashraf Ahmad Fari al-Allak –   in coordinamento col Dipartimeno di Stato, come individui responsabili di fornire  al Al Nusra  sostanziale sostegno finanziario e logistico, dal reclutamento di combattenti alla raccolta di fondi”.

Non sto mai a chiedermi se una notizia è vera o falsa.
La domanda che mi preme è sempre una: i dati riportati si inseriscono ragionevolmente nella struttura generale del problema?

Anno nuovo vecchi trucchi?


Pubblicato il 4 gennaio 2017

A Capodanno abbiamo avuto due attentati: uno in Turchia, l’altro a Firenze (a dir la verità non escludo che, nel mondo, ce ne siano stati altri, di massacri, ma l’attenzione dei media va dove la porta la sciatteria e la NATO).
Mentre il primo assorbiva occhi, orecchie e cuore della platea mondiale, il secondo (una bomba contro un centro culturale di Casapound) ha avuto una distratta e annoiata notazione a pie’ di pagina (e, se l’ha avuta, ciò si deve unicamente al grave ferimento di un artificiere; altri due episodi consimili nel 2016 pare siano passati sotto traccia).
L’attentato contro Casapound è da valutarsi con cura. Potrebbe essere nulla o un primo focherello.
Appena l’ho saputo mi si sono accesi gli special dell’irrazionalità, come un vecchio flipper complottista. È stata una folgorazione istintuale, prelogica; indipendente da ogni cogitazione; in un secondo mi si è aperto, come un Paolo di Tarso degli anni Settanta, l’antico ventaglio delle possibilità (che sono sempre quelle, dagli anni Settanta, appunto):

Sono stati i rossi
Sono stati i neri
Sono stati i servizi