07 giugno 2022

Vincitori e vinti

Roma, 6 giugno 2022

La storia universale dell’umanità congiura fisicamente alla catastrofe.
In tale irresistibile discesa all’inferno, che non vanta nessuno spettatore esterno, nemmeno un dio minore che rida al comico divincolarsi degli ultimi giorni, alcuni vantano persino l’improntitudine di sentirsi migliori: gli ultimi prodotti del Creato, i vincitori, il frutto maturo ed estremo di una evoluzione benigna che ha sconfitto l’oscurità di centinaia di migliaia di anni.
Tali vincitori, che non hanno patria politica e partitica, sono i progressisti, la più ridicola feccia che la civiltà a due zampe abbia mai prodotto.
Un progressista si riconosce subito: la sua fede nell’esser migliore, completo e avanzato rispetto a coloro che l'hanno preceduto è, appunto, una fede: incrollabile, mai esitante, senza interrogazioni. Limpida e inconfutabile come il sole che sorge all’alba. Un tizio bisunto con le scarpe da ginnastica, in sella a un motorino scoppiettante, con una borsa frigo sulle spalle crede davvero (con naturalezza priva di dubbi: “Ovvio! Come si può mettere in dubbio una cosa del genere?”), ch’egli abbia un’esistenza di gran lunga più piena dello schiavo di Cicerone o Catone. Quando invece, come ebbi a scrivere su Pauperclass un centinaio di anni fa, lo schiavo romano vantava diritti, come il pane e l’alloggio, che il citrullo motorizzato mai si vedrà riconosciuti: non dal padrone, che non ha poiché egli si crede libero, ma da Colui che gli si china davanti con sadismo compassionevole. Il sindaco di Milano, invece, o quello di Roma, o la pletora di assessori che gli tengono inutilmente bordone, credono davvero (con naturalezza priva di dubbi: “Ovvio! Come si può mettere in dubbio una cosa del genere?”), d’esser più progrediti e intelligenti del più stupido pretore repubblicano romano; così come Matteo Bassetti si crederà assai più scaltro e tecnicamente smart d’un venditore di olive in salamoia al mercato di Salonicco nel 234 a.C. È il contrario, l’evidenza lo grida ogni giorno a piena gola, ma loro non lo sanno.
Anche Burioni o Bagnai hanno una fede indiscussa in sé stessi: il primo ha un microscopio nucleare, il secondo le affilatissime armi dell’analisi macroeconomica: Bertoldo, però, quello che si firma con la x, se aizzato a singolar tenzone contro di loro, li metterebbe nel sacco in quattro e quattr’otto.
Ogni epoca ha i propri vincitori e i propri vinti.
I vincitori della nostra ultima età sono dei vermi che non vale nemmeno la pena di confutare.
La storia umana è il racconto di un disfacimento, questo sì, progressivo.
I migliori e più accorti elementi della razza umana hanno cercato di impedire la catabasi all’inferno, creando temporanee oasi e requie alla disfatta, ma oggi sono segnati all’indice, ridicolizzati, disprezzati.
L’accelerazione di questi ultimi decenni ha, però, qualcosa di laido e vischioso che provoca l’istintiva repulsione delle poche anime senzienti ancora in vita. È davvero il cupio dissolvi, il desiderio di autodistruzione.
Ed ecco la vincitrice:

21 maggio 2022

Il vaccino di Giacomo e altre note tragicomiche sulla dissoluzione europea

Sam Taylor-Wood, Natura morta, 2001

Roma, 20 maggio 2022

Scandinavia mon amour. A cosa serve il Nord Europa? I Romani si spinsero sino in Inghilterra, ma da quelle parti mai. Renne, alcolizzati e slitte poco li stuzzicavano, evidentemente. Terre mai sfiorate dalla complessità, prive di storia, di letteratura, di arte. I migliori, per far carriera, dovettero emigrare in Russia dove appresero un po’ di civiltà dai Bizantini. Gli aborigeni rimasti, annoiati a vedere il fondo del boccale, s’inventarono un orgoglioso passato recente grazie all’apostasia luterana che spezzò l’Europa in due: siamo noi i migliori, non quei putrescenti e corrotti latini. E conseguentemente ordirono il futuro, in cui loro, dal basso di una tonitruante insignificanza, potevano insegnare la civiltà; a noi discoli, legati ancora a certe malsane convinzioni (logica, giurisprudenza, retorica, tradizione) che, perciò, ‘sta nuova civiltà, faticavamo ad apprenderla. Gran parte della merda progressista cola di lì. Se gli angloamericani l’hanno ideata, è proprio in questi luoghi maledetti che ha trovato un inveramento folle. E tutti dietro. Com’è bella, pulita, incorrotta, la Danimarca! La Norvegia? Non vedi una cicca a terra! La Svezia? Si insegna cos’è il bigolo e la fessa in prima elementare, altro che cornicette e paternoster! Siamo proprio arretrati! La Finlandia? Visto che tempra di fronte ai comunisti! Ma quelle sono terre felici, beate … le donne la danno via, eh … di propria sponte … mica bisogna assediarle dai quindici anni in poi … mentre il baffo paterno vi scruta … e pensare che nei gialli dei coniugi Maj Sjöwall e Per Wahlöö, comunisti, la Svezia appare per quel che è: un paesucolo deprimente e grigio, astorico, pieno di drogati, matrimoni falliti e figli allo sbando - in sintonia, peraltro, con la biografia degli stessi Sjöwall-Wahlöö. E però questi imbecilli dettano la linea, perché è giusto così: se si vuol far deragliare la locomotiva si mette per fuochista Sanna Marin, una che parla inevitabilmente di futuro, repellendole il passato, ma non sa nemmeno allacciarsi le scarpe, la fissità della pupilla senza palpebre a sancire l’inflessibilità delle scelte autodistruttive. In quel cervelletto abitano due convinzioni e a quelle si lega l’Europa; finito il tempo del dubbio, della storia maestra di vita. Si delega la sopravvivenza europea a questi smagnetizzati, concepiti per l’annientamento massonico direttamente nel villaggio dei dannati di Wolf Rilla. Ma chi è Sanna Marin, cresciuta da una coppia di lesbiche in un paese che inventò il proprio passato letterario a metà Ottocento a opera di un tal Elias Lönnrot? A onore del quale trascriviamo queste tre righe dalla biografia di Wikipedia: “In gioventù era un forte bevitore ma in seguito fondò, senza molto seguito, la società finlandese per l'astinenza Selveys-Seura. Nel 1849 sposò Maria Pipponius e nel 1853 divenne professore di lingua e letteratura finlandese presso l'Università di Helsinki”. Mi spiego? Mi chiedo spesso cosa faccia questa gente nel tempo libero … poiché li si sorprende a una vita meschina, angusta, sazia a ripetere le stesse fanfaluche, sempre le stesse, in tondo … hanno un’anima, anzi: uno spessore? Persino l’uomo a una dimensione vanta una maggiore stratificazione interiore … Cosa fa Sanna Marin quando gli olovisori mondiali si abbuiano? Non so immaginarmela intenta a un’occupazione fruttuosa. Forse si disattiverà, così, in automatico. Me la vedo, nell’intimità, assomigliare un poco all’Olimpia de L’uomo della sabbia; la bellissima Olimpia, creduta un essere umano da tutti, in primis dal protagonista Nathanael: “Olimpia spesso sedeva sola soletta … non di rado stava per ore intere nella stessa posizione a tavolino senza un’occupazione particolare … ella non cuciva né sferruzzava, non guardava fuor della finestra, non dava da mangiare ad alcun uccellino, non giocava con cagnolini e gattini, non si trastullava arrotolando pezzetti di carta o altro; in breve stava seduta per lunghe ore … senza spostarsi né muoversi …”; finché il losco Giuseppe Coppola decide di sequestrare (o meglio: rubare) la fanciulla (leggi: l’automa) all’inventore Spallanzani, creduto sin allora il padre: “Coppola si caricò la figura sulla spalla e si precipitò di corsa lungo le scale con una risata sinistra, sicché i piedi pietosamente penzolanti della figura strascicavano e battevano sui gradini come pezzi di legno. Nathanael ristette con occhi sbarrati; troppo chiaramente aveva veduto che il volto cereo di Olimpia aveva al posto degli occhi due nere cavità; una bambola priva di vita”. Coppola e Spallanzani; Olimpia; Nathanael; vi aggiungo Sanna e la Finlandia. Il rebus onomastico di Hoffmann è di facile soluzione. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

30 aprile 2022

Chiude la favola dell'Illuminismo: muoviamo ad tenebras

Roma, 30 aprile 2022

E luce in tenebras … L’eclisse della ragione, della compostezza, persino di un bisunto buon senso, pare ormai sul punto della piena attuazione. Ogni giorno assistiamo a una gragnola di contraddizioni e pervertimenti, talmente smodati e compiaciuti da far dubitare della nostra sopravvivenza.
Siamo tutti in pericolo.
Perduta la gravità, il decoro, la pudicizia; in altre parole, la civiltà. Lo smalto sul Nulla, direbbe Qualcuno … eppur sempre qualcosa. Il ghiaccio sottile che impediva di sprofondare … ecco qui … lo schianto e l’inghiottitoio, ben in vista.

Un tale (di quanta gente devo disfarmi prima di rimanere solo?) attacca la solfa dei cognomi. Id est: una serie di osservazioni sulla sentenza della cosiddetta Corte Costituzionale per cui passa nella dimenticanza il cognome maschile et cetera … scelta cognome materno … a favore di una libertà di scelta et cetera nel quadro di una depatriarcalizzazione et cetera … libertà again … pari opportunità et cetera … finalmente … era ora … al primo si aggiunge un secondo interlocutore che, pure lui, non se ne può fare a meno, ha da defecare le proprie breccole materiate di inessenzialità: c’è il pericolo di assommare vari cognomi nelle generazioni che si succedono (come se il figlio di Angelo Maria Torretta e Marilena Frescobaldi fosse un princeps degli Antonini) et cetera ... s’origina, poi, confusione amministrativa … non era questo il momento et cetera ... ben altro servirebbe … oggi … ben altro ... i due omarini la pensano in maniera diversa … forse … ma li vedo privi di passione, snervati, alla fin fine disposti a trangugiare la merda più fetente … la convinzione non esiste … tutto nasce per il gusto di una polemicuzza sterile … da pantofole e cubicolo … tali gli individui che mi disgustano di più … sono i Farinelli del ragionamento … gli va bene tutto nonostante scrollino la capoccia come i cani-pupazzo che si mettevano dietro il vetro posteriore dell’auto negli anni Settanta … o tempora o mores!, cicalano … e il muso da ciondoloni che va su e giù, o di qua e di là … a seconda di una labile approvazione … o di una tenue disapprovazione … anche se in realtà non approvano o disapprovano nulla … e scuotono ancor meno, ovviamente … poiché è l’automobile su cui viaggiano a determinare il "sì" o il "no", anzi son le buche e i dossi della Storia a far scartare e sbalzare il catorcio della propria epoca inducendo i moti del “sì” e del “no” … le opinioni son conseguenze dell’andatura … opinioni di terza mano, guanti leggeri di una potente mano a loro invisibile …

19 aprile 2022

Una partitocrazia immonda

Avanti poppolo ... 

The Great Reset ovvero L’Immane (Ri)Programmazione. Immane (latino immanis “crudele, perfido”, poi “spaventevole” e quindi “gigantesco, enorme”’, der. dell'arc. manis e manus “buono, adatto, giusto” [cfr. agli Dei Mani] col prefisso in “non” et cetera) ovvero universale, spaventoso nella estensione, crudele (a freddo, spietato) e perfido cioè senza fede (cfr. la per-fidia degli Ebrei et cetera); Ri(Programmazione) (latino tardo programma, greco πρόγραμμα der. di προγράϕω “scrivere prima”) ovvero solo Programmazione se si è atei materialisti o Riprogrammazione nel caso si abbia fede in una Programmazione Sacra Oltremondana et cetera. 

L’Immane (Ri)Programmazione (IR) avviene, proprio ora, sotto i vostri e i "gli ochi nostri tenebrosi” grazie all'incanto d'una azione entropica su scala universale, materiale e spirituale. Essa consiste nel ridurre ogni essere umano, dotato finora di personalità modi e sentimenti peculiari, a unità fungibile e intercambiabile. Uno vale uno (= uno vale l'altro, id est uno vale quanto un cane o un gatto = tutti valgono nulla). Di qui l’alluvione di change, podemos, si può fare, cambiamento et cetera che ritroviamo nelle Rivoluzioni Colorate dai Sessanta in poi; di qui, del pari, l’equivoco, da parte di qualche allocco, che si tratti di comunismo (il socialismo reale, coi suoi milioni di sacrificati, al confronto diverrà, nella considerazione dei resettati a venire [homunculi, omarini, esserini del futuro] un déjeuner sur l’herbe … al netto delle formiche, s’intende).

Cupio Dissolvi. Solve et Coagula. Lasciamo perdere, se si vuol capire davvero, categorie ridicole come il nazismo, il fascismo, il comunismo. Speranza non è né nazista né comunista. La Storia è troppa stratificata e complessa per ridurla a tali mascheramenti effimeri. Volete comprendere o no che qui è in gioco la sopravvivenza del genere umano stesso? E si vuol giochicchiare con le svastiche? Questi anelano a farsi Alchimisti dell’Ultima Thule e stiamo a cianciare del battaglione Azov?

IR si serve della globalizzazione per favorire "l’uno vale uno" materiale (migrantismo, delocalizzazione, pandemie, liberismo) e spirituale (secolarizzazione, insignificanza della morale e dell’etica, ripudio della gerarchia e della diversità culturale, pervertimenti polimorfi et cetera). Le due ganasce (Usura e Politicamente Corretto) mirano a polverizzare definizioni e differenze in modo da agire su un’umanità malata, plasmabile a piacere, omogenea: in-differente. Senza scampo poiché il retaggio tradizionale (oscurato o ridotto a barzelletta o a grumo ripugnante di orrori) più non fornisce chiavi di lettura del presente o, addirittura, i modesti bagagli della sopravvivenza (ciò che, una volta, si chiamava genio del popolo, arte d'arrangiarsi et cetera).

Ma torniamo a noi. Partitocrazia immonda … La locuzione è di derivazione pannelliana. Tanto famosa da assurgere a refrain comico di qualche imitatore d’antan (Gigi Sabani, se ricordo bene).

16 aprile 2022

Buona Pasqua

 

Non è facile apprezzare Piero della Francesca. Un autore ostico, come un'aspra lirica petrosa di Dante Alighieri. Ma chi sono, Dante e Piero? Possiamo avvicinarli con cautela, gradatamente; l'appressamento potrebbe, se si è discepoli tenaci, svelare la comprensione: solo allora, in quel baluginio, si potrà godere d'una parvenza di autentica felicità - una felicità concettuale, e fisica. In quel momento (sono frazioni di secondo) è possibile apprendere qualcosa di simile alla Verità. Tale Pasqua, che consuma sé stessa in attimi brucianti, non sempre è permessa. Si passa una vita ad attenderla. In più di mezzo secolo ebbi la sensazione - forse ingannevole - di tentare il Passaggio solo rarissime volte. E se fosse stata, ogni volta, una fata morgana? Non so. Quei lampi li ricordo ancora, però. Son essi che m'inducono alla persistenza nella vita. Lo scialo di triti fatti, giorno dopo giorno ... pesante, continuo; cosa aspettarsi ... nulla? ... una melanconia crepuscolare, infine, diversa e strana: e, lungo la strada, voltarsi a quel grido inaspettato: "Cleopa, Cleopa! ... dimmi: chi è quel Terzo che, sempre, ti cammina accanto?".

06 aprile 2022

Troppo ridicoli per continuare a esistere

Quale divinatore avrebbe mai potuto intuire che l'uomo decisivo per la disfatta era quello a destra? Non si sottovaluti, quindi, il traditore più sciocco, il servo più sguaiato, l'accademico più ottuso: fra loro si cela il carnefice.

Roma, 6 aprile 2022

Provo una irresistibile avversione per Jorge Bergoglio. Sono insorgenze dell’anima che è arduo definire; più facile spiegarle col ricorso all’autobiografia personale. In altre parole: se io sono così, e ho vissuto in tal modo, è inevitabile e psicologicamente logico che provi ripugnanza per un tal individuo. Quelle maniere false, buoniste, felpate; la pervicacia nel girare attorno al vero cuore del problema; l’ostinazione, questa ossessiva, di negare, con minuscoli atti di volgare eresia, il patrimonio di cui si dovrebbe esser custodi; ma sì … la volgarità soprattutto, la volgarità: il viso floscio, lo sguardo torbido, fintamente accomodante, l’umiltà arrogante, le trippe ben soddisfatte. Un gaudente che se la spassa, in ultima analisi - la bisboccia temporale camuffata dal cicaleccio da Assistente Sociale Universale mentre adempie al compito di liquidare una delle ultime roccaforti metafisiche dell’umanità: la Vergine donna di strada, a esempio, a lordare la figura non della Santa, ma il ruolo della Madre, in ogni sua nobile accezione. La mancanza di gravitas, dei segni d’un interna sofferenza, la povertà nell’eloquio (che non è semplicità, ma specchio d’una pochezza intellettuale sconcertante), l’antipatia ch’egli patisce nel riandare alla straordinaria complessità del Cristianesimo ridotto a teoria di santini politicamente corretti, lo squallore della perfidia gesuitica, ciò in cui eccelle, per cui l’oggetto del suo odio - il Vangelo - viene utilizzato strumentalmente per umiliare i simboli portanti del Vangelo … La piazza di San Pietro, a esempio, ormai un immondezzaio a cielo aperto sol perché il Trippone Argentino ha deciso di far dormire i barboni sotto il colonnato - l’ex piazza, sfregiata da metal detector, transenne orripilanti, imposture artistiche e guardie svizzere che si grattano i coglioni. E lui, dal finestrone domenicale, si compiace di tutto ciò, fra un predicozzo e l’altro … felice nella disfatta … perché quello è il suo compito, la disfatta … è allora che mi vien voglia di arrivargli alle spalle per scaraventarlo, di peso, giù di sotto - un tonfo attutito sarebbe la breve eco di una profezia quasi realizzata in pieno, quella del Mysterium iniquitatis di Quinzio ... e dell’ultimo Papa di San Malachia …

Ora è tempo di preghiera. Di pregare. L’Argentino: pregate per la pace! Preghiamo per la pace! Ma poi cosa significa: preghiamo per la pace? Senza la guerra la pace è insensata, è veleno. L’Europa ha avuto Pontefici che hanno promosso guerre; a qualche tiro di schioppo da me, nella cappellina presso il severo casale di campagna che s’era fatto erigere, Pio V aspettò l’esito della battaglia di Lepanto. Allora?

È un post di alleggerimento questo, l’ho scritto in poco più di un’oretta, di getto. Giusto per fare qualcosa perché non ho voglia di fare alcunché. L’impulso occasionale è stato un librettino altrimenti trascurabile, scritto da un tal Gideon Defoe (Atlante dei paesi che non esistono più) di cui mi ha, però, divertito una frase in quarta di copertina: “I paesi muoiono. A volte è un omicidio. A volte è un incidente. A volte è perché erano troppo ridicoli per continuare a esistere”. Dubito che Defoe l’abbia coniata pensando all’Italia eppure la frase è là; e individua un destino.

18 marzo 2022

Apologia dell’odio [B. E.]


 
Ricevo e ho il piacere di pubblicare una riflessione sull'odio e la guerra desunta dagli scritti di Giacomo Leopardi.
 
B.E.

L’asfissiante retorica culturale imperante oggi in Italia si impernia essenzialmente sui così detti “buoni sentimenti”. Una meschina morale manichea che vede la società italiana divisa in due blocchi: da una parte i buoni e dall’altra i cattivi. I buoni, che sono votati anima e corpo al trionfo dell’amore, del bene, della giustizia e della libertà. Illuminati da una vera e propria superiorità culturale (e sentendo alcuni discorsi perfino antropologica, se non razzista), i buoni si fanno carico del peso della civiltà ed indirizzano la vita della società verso le “magnifiche sorti e progressive”. Di fronte ad essi stanno i cattivi: ignoranti, bigotti, razzisti, stupidi e privi del senso di libertà. La lotta del Bene ha come bersaglio principale non un’ideologia o un partito, ma un sentimento: l’Odio. L’Odio è ritenuto, così, la fonte di ogni opposizione al progresso della società verso il Bene, tant’è vero che è stato criminalizzato anche dal punto di vista giuridico (concependo i così detti “crimini di odio”). Ma cos’è l’Odio? È possibile e giusto eliminarlo dalla società? O piuttosto non è un elemento essenziale della società stessa?

Questo scritto vuole essere un pratico discorso volto al riposizionamento dell’Odio nell’immutabile ordine naturale della vita. Le righe che seguono non sono altro che riflessioni sui pensieri esposti dal Leopardi nel suo diario filosofico, fra la fine di marzo e l’inizio di Aprile del 1821.

13 marzo 2022

Siamo sempre in ritardo col passato [Il Poliscriba]

Masters of puppets

Il Poliscriba

"Portare il tabarro fra persone che indossano piumini, bere Tocai Rosso fra persone che bevono Cabernet Sauvignon, mangiare spongata fra persone che mangiano panettone, pregare la Madonna fra persone che vanno alla Conad la domenica, gustare spalla cruda fra persone che ordinano culatello, visitare cimiteri fra persone che dicono 'weekend', ipotizzare un giro a Bagnacavallo fra persone che vanno a Barcellona, ammirare Marta Sesana fra persone che stimano Cézanne … Senza fare proselitismo, senza la speranza di convertire: una pura, tranquilla, inutile, bellissima testimonianza".

Camillo Langone


Il saggio sprofondato nelle sabbie immobili e remote, invitava a non confondere il dito con la luna.
Mi aggiro per la città dolente, sottovoce invoco il Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio e gli chiedo di aver pietà di me, secondo l’esicasmo labiale cercato e praticato dal pellegrino russo.
Nei carmeli d’oggi, le celle, per quanto ancora vagamente spartane, non presentano più al forestiero, quanto al cenobita, lo scrittoio adorno del teschio, delle scritture e della candela.
In uno dei monasteri dell’Athos si conserva una stanza dalle dimensioni modeste, denominata dai shimnik la Sala della Filosofia.
Al suo ingresso, si viene accolti da quattro pareti alte più di cinque metri interamente foderate di teschi, appartenuti ai monaci  che fecero del sacro monte dimora celeste già in sede terrestre.
La Filocalia mi allieta in questa mia continua sostituzione del presente quantomeccanico con azioni inversamente proporzionali all’utile e al dilettevole.
L’incessante orazione che sfugge alle labbra e per opera misteriosa tracima nel cuore a guisa di un lieve piacevole dolore, non è mantra, ma passaggio attraverso la Croce, la Passione e non è semplice reiterazione.
Vado a ritroso nel tempo, varcando porte, sale della filosofia nelle quali l’odore di morte, inspiegabilmente profuma di gigli, come dal sepolcro di S. Antonio da Padova, l’incorrotto, ne colsi inaspettata la fragranza, un ventennio addietro.
Il marcio afrore del nulla non può esaltarmi, l’estetica del divino, sì.
Piuttosto mi ferì il sentore stranamente dolciastro della salma di mio padre, ormai giallastra nell’epidermide, rinsecchita in una posa contorta, plasmata dagli ultimi atroci dolori collassati nell’ultimo desiderato respiro, addolcito dalle preghiere di una suora sudamericana che mi sostituì dopo una giornata trascorsa ad assistere i deliri finali d’ un’anima povera e disperata in cerca di perdono e di Dio.

02 marzo 2022

Una guerra spietata

 

Roma, 2 marzo 2022

Mi ferma un tizio che non posso evitare. Conoscendomi un poco, vuole, forse, stuzzicarmi.
Ma tu sei con Putin, no? Che ne pensi, ce la farà?”.
Caro mio, io sono con pochissimi, pochissimi. Quando sarò con qualcuno te lo farò sapere. Posso dirti che non sono al fianco dei cretini del tifo, quello sì. Sulla questione in oggetto posso, invece, dirti che, finora, almeno per quanto ci riguarda, la faccenda pare la continuazione di Roberto Speranza con altri mezzi … é una guerra spietata … Giudica tu, non voglio forzarti … staremo meglio o peggio? Non che a te freghi qualcosa dato che il pane te lo provvedo con imposte e tasse …”.
La prima parte non credo l’abbia compresa, l’ultima frase sicuramente sì poiché s’è impermalito subito. Uno in meno da salutare.

Mi dicono: è la guerra! Ma io non presto attenzione all’attualità. Una guerra, una guerra vera intendo, sarebbe la liberazione definitiva.
Non la guerra di qualcuno contro altri, né la guerra degli amici contro i nostri nemici.
La guerra in sé, l’amabile sofferenza, persino la disperazione, il timore fisico della morte.
Questo ripulirebbe l’animo dalle incrostazioni, farebbe rifulgere entro il petto un nuovo nuovo cuore, dorato!
Per questo, temo, non avremo guerra, ma solo il simulacro d’essa.

Ancora una volta noto come frasi additate al ludibrio come “Guerra sola igiene del mondo”, debitamente considerate, abbiano la forza di fatti indiscutibili. Al pari delle intemerate di D’Annunzio sulla sterilità della democrazia e del Céline sulla comunità di sangue come unica via di salvezza.
In altre parole: avevano ragione loro.

Ma se non é guerra cos’è?
L’ombrello sotto cui la regressione arriverà in tre anni invece che in trenta.

Una tizia, rettrice di non so cosa, interrompe un corso su Fëdor Dostoevskij, tenuto da Paolo Nori, per “evitare polemiche in un momento di forte tensione”. La rettrice, consultatasi col rettore alla didattica, ha evidentemente deciso di oscurare i riflettori su un russo (un minore della letteratura: Dostoevskij) per non alimentare polemiche durante l’attacco militare dei Russi (di cui Dostoevskij fa parte, nolente), nostri nemici acquisiti da poco, contro gli Ucraini, di cui i maggiori e più responsabili media (digitali e analogici) hanno appurato, invece, la schiettezza amicale.

18 febbraio 2022

REAPER vs CREEPER [Il Poliscriba]

 Il Poliscriba

"L'ultima cosa che le aziende antivirus vogliono è un cliente istruito. Dopotutto, più diventi istruito, più ti renderai conto che Avast non offre la protezione che afferma di fornire. Sfortunatamente, poiché la quota di mercato è diminuita, si sono rivolti a spingere il loro software attraverso la paura e il terrore tramite popup implacabili, prendendo di mira i consumatori più anziani e meno esperti di computer. 'Non sei protetto! Acquista il nostro software! La tua identità e gli assegni di sicurezza sociale vengono venduti online ora! I bambini verranno rubati! OMG!'. In alcuni casi, le aziende AV classiche hanno persino fatto ricorso alla creazione di malware falso per migliorare le statistiche dell'ID malware e allo stesso tempo punire i loro rivali".

(omatomeloanhikaku.com) 

La storia che oggi viviamo, dettata da questo totalitarismo sanitario che si fonda su terrore, ignoranza e volenterosi carnefici, iniziò probabilmente nel 1971.
In quei tempi c'era Arpanet che ispirò film come Tron e Terminator, un sistema di condivisione file ad uso militare e universitario messo a punto nel 1969 dalla DARPA, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.
L'era informatica nacque teoricamente con Leonardo, praticamente con Pascal, di cui Alain Turing fu grande estimatore, ma quella che viene definita età dell'informazione digitale si può far risalire  agli anni ‘30 del secolo scorso fino alla  realizzazione della prima rete di computers collegati in una linea elettrica, in grado di riconoscersi e interfacciarsi attraverso un comune sistema operativo di calcolo e memorizzazione comandi e dati.
L'idea di un programma auto-replicante, invece, fu teorizzata per la prima volta da John von Neumann nel 1949, quando il matematico ipotizzò degli automi capaci di scrivere delle copie del loro codice. L’ispirazione matematica proveniva, senza tema di smentita, dalla virologia e dall’epidemiologia, branche dell’infettivologia all’epoca non ancora intaccate dalla statistica e dalla logica booleana.
Ma fu solo nel 1971 che comparve  il primo vero worm, un codice autoreplicante capace di diffondersi.

In quell’anno, l’embrione di internet che collegava MIT, Caltech, Princeton, Cambridge, Pentagono NASA, etc. la cui storia è reperibile sul World Wide Web (invenzione di Tim Berners-Lee e Robert Cailliau conseguita al CERN di Ginevra nel 1991), fu infettata da Creeper, un programma inventato da uno dei creatori dell’architettura Arpanet, Bob Thomas. Alla sua seconda versione si dovette necessariamente assemblare un antiworm che prese il nome di Reaper. Da lì in avanti ci fu  una corsa, quasi una gara sotterranea di informatici geniali che volevano acquisire popolarità, violando i server ed essere assunti dalle industrie del settore (Assange è figlio di quei tempi).
Cosa che puntualmente avvenne.
Bastava ammettere la bravata, fare ammenda pubblica e promettere di lavorare dalla parte del "bene": governi, servizi segreti e di intelligence, aziende - firmando contratti vincolanti contro lo spionaggio industriale interno, ma non esterno - consorterie militari e di plutocrati ispirati.
Il quindicenne Rich Skrenta, ad esempio, è stato l’inventore del primo virus informatico, da lui ideato per infettare il sistema operativo Apple II.
Dopo, la sua carriera è decollata, mentre, senza abiura, si poteva finire nelle spire processuali internazionali per il resto della propria vita, come accaduto a Gary McKinnon, in arte Solo, forse il più pericoloso hacker di tutti i tempi, ancora oggi sotto libertà vigilata.