23 giugno 2017

Sulla chiusura di Comedonchisciotte


Pubblicato su Pauperclass il 20 aprile 2016

Non conosco i reali motivi della chiusura del sito Comedonchisciotte.
Non posso ardire di scoprirli (ignoro, peraltro, chi siano i suoi validi amministratori, di cui solo ora ho appreso i nomi in codice: Tao e Truman).
Forse le cause di tale decisione, drastica, sono banali. Chissà.
La vicenda, però, stimola a qualche breve, seppur incompleta, riflessione.
Sulla controinformazione in generale, e su me stesso; io non sono nessuno, ma, ostinandomi a interpretare la realtà alla modesta luce della mia intelligenza e delle mie conoscenze, mi reputo parte di questo mondo.
1. L’improvviso e brutale messaggio con cui uno dei due amministratori comunicava a tutti l’intenzione di lasciare non mi sorprende. Lo trovo, anzi, ragionevole. Umano. La corda si tira, si tira sin allo spasimo, e poi si rompe. Noi rimaniamo scioccati dall’ultimo evento solo poiché ignoriamo ciò che lo ha preceduto. Come quel personaggio di Hemingway a cui domandano: “Ma come hai fatto a ridurti così?”. E lui: “Prima un po’ alla volta e poi tutto insieme”.
Lo stress e le disillusioni lavorano interiormente, senza soste. Una malinconia nera avvelena lenta il sangue. D’un tratto la corda si rompe. Improvvisamente sentiamo che tutto ciò che è stato edificato è un nulla, una sciocchezza. Si cerca di perseverare per un po’, a fatica, quindi si lascia. Definitivamente. Si prova persino disgusto per tutto ciò che, una volta, occupava e dava senso alla nostra esistenza: di qui la volontà di annientare tutto in una sorta di novello “Muoia Sansone con tutti i filistei!” (pare che Comedonchisciotte andrà offline, annientando, in tal modo, dieci anni di materiale).

2. Ma cosa sono queste disillusioni?
La mancanza di gratificazione, certamente.
La gratuita stupidità di alcuni frequentatori che, in poche parole, spesso offensive, liquidano un lavoro che è costato ore o giorni d’impegno.
La gratuita idiozia di alcuni autori che, ritenendosi unti dall’olio della profezia, passano il loro tempo non a esporre le proprie idee (il dialogo socratico!), ma a irridere e demolire quelle altrui, e, conseguentemente, a trattare il prossimo come un venduto, un cialtrone, un ingannatore del popolo.
Il senso di ingiustizia a fronte degli eroi dell’informazione “positiva”, i quali, ad onta della propria crassa mediocrità e d’una moralità inesistente, accumulano onori, prebende, titoli.
Lo sconforto, a volte dilagante, che coglie nel rendersi conto che battere il chiodo d’un argomento giusto e sensato non ha il minimo ricasco nell’opinione pubblica normale (o normalizzata).
Il feroce senso di impotenza nel constatare che un mezzo come Internet, il quale prometteva, grazie all’universalità e alla libertà di fruizione, di liberare le menti, si sia rivelato un vasello di coccio in mezzo a galeoni d’acciaio. Significa qualcosa se un grande articolo di controinformazione, puntuale e sincero (di Eugenio Orso, Blondet, Mazzucco o chi volete voi), abbia 10.000 visualizzazioni e le tirate embedded della Botteri 2.500.000? Certo: significa sconfitta, e scoramento.
3. L’ultima riflessione è quella, a mio parere, più sottovalutata: lavorare e riflettere “contro” o “fuori”, alla fine ti sfianca. Si è davvero come dei proscritti. Si vuole restare fra gli agi della correttezza o prendere la via dei monti? Si desidera la vita agiata, ma in cattività, o il libero pensiero? Non è facile. All’inizio la scelta appare galvanizzante, poi, lì fuori, fra le intemperie e le privazioni, e i disinganni, si cambia, quasi impercettibilmente. È inevitabile. La crisi, prima o poi, arriva. Ci si interroga: non avrò sbagliato? Oppure: possibile che mille abbiano torto e io solo ragione? Oppure, anche se questo non lo si ammetterà mai, ci si domanda, prosaicamente: ma chi me l’ha fatto fare?
Sì, lo affermo e ne ne sono convinto: il conformismo è una droga potente. E piacevole. Vivere fuori dei margini, no; è pericoloso, stancante; ogni domanda non è mai prestabilita; ogni passo deve essere accorto; ogni svolta nasconde un’insidia. Un piccolo tratto di strada richiede tempo, sensi all’erta: e questo non tutti se lo possono permettere. Non tutti i giorni, i mesi, gli anni. Occorre staccare, ritrovare un pizzico di bonario qualunquismo; variare; scendere a valle; permettersi autoironia; altrimenti si finisce risucchiati da una follia autoreferenziale.
C’è un bel film sui proscritti, di Victor Sjostrom. Un film muto, non per tutti. È ambientato in Islanda. I proscritti del film – un uomo e una donna – sono Waldganger (a tale istituto nordico allude Ernst Jünger ne Il trattato del ribelle), esclusi dalla società a cui, a torto o ragione, hanno recato offesa. Salgono, perciò, sui monti, lontanissimi dal vivere civile. Sono felici, lì; sono liberi. Dall’alto, poi, scorgono ogni giorno un panorama neppure intuibile dal basso, vastissimo: che sia la verità? A quelle altitudini, però, le condizioni di vita sono dure; e col passare degli anni sempre più proibitive. Gli uomini normali, peraltro, neanche allora danno tregua: bisogna fuggire, più lontano, più in alto. E i protagonisti di Sjostrom così faranno, dopo aver pagato un prezzo spaventevole. E dopo i rinfacci, e i pentimenti, durante una notte lunghissima, in cui le tempeste sembrano non aver mai fine, troveranno la morte, seppure riconciliati l’uno all’altra.
No, a queste altitudini non si può vivere per sempre. Occorre scendere, fermarsi. Non per rinunciare, ma per ritemprarsi. Capire. Eliminare ciò che va eliminato. Accettare la mediazione di intelligenze altre. Ricomprendere, una volta pacati, la scena nel suo insieme, con un colpo d’occhio più vissuto e disincantato; più umano.
Spero che anche i due bravi amministratori di Comedonchisciotte facciano altrettanto.
Li aspetteremo, senza fretta, con fiducia.
E la grande riconoscenza che gli dobbiamo.

Pubblicato il 20 aprile 2016

1 commento :

  1. Mi associo nel ringraziare gli amministratori di Comedonchisiotte,
    che hanno arricchito gratuitamente e disinteressatamente tutti noi, con articoli eccellenti (di molti ho il pdf). Non posso farlo sul loro sito, perchè non ho un account Disquis, nè di altre piattaforme traccianti (per infantile ripicca).
    Un pensiero di affettuosa gratitudine, a tutti coloro che, con stoica generosità, si battono contro il desertificante conformismo (Alceste compreso). Di ottusi ed egoisti il mondo è pieno, ma nel lungo termine nessuno si ricorda di loro, perchè all'umaninità non hanno dato nulla.
    Grazie, grazie di cuore.

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