Pubblicato su Pauperclass il 7 marzo 2016
Sto leggendo con piacere e una punta di disperazione un libro di Jean Raspail, I nomadi del mare.
È fuori catalogo (logico che lo sia) così come la distopia di Raspail, Il campo dei santi (1973), dove è preconizzata la fine dell’Europa a causa di un’ondata migratoria inarrestabile.
I nomadi del mare è un romanzo-saggio sugli Alacaluf, un popolo che oggi non esiste più, e che abitava le terre dell’estremo Sudamerica, protese verso i ghiacci del Polo Sud. Gli Alacaluf (il loro nome indigeno era Kaweskar, gli Uomini) si estinsero a partire da un incontro fatale: quello con le golette di Magellano (1520), in rotta per le Indie traverso la Terra del Fuoco. A contatto con la diversità schiacciante degli europei (gli dei sconosciuti, le malattie, la repressione, l’alcolismo, la mortifera compassione) la cultura paleolitica dei Kaweskar si sbriciolò lentamente.
Scrive Raspail:
“A Puerto Eden morivano gli ultimi resti dei clan Alacaluf. Non morivano di fame … si spegnevano di disperazione, uno dopo l’altro, nella lunga notte della loro memoria. I morti non venivano sostituiti. Non mettevano più al mondo bambini perché si sapevano condannati. Erano consci che nel mondo dei vivi non c’era più posto per loro …“.
Il crollo demografico è sempre indice di decadenza, mai di progresso. Anche tale popolo, che non aveva parole per indicare la felicità e la bellezza, morì quando si trovò privo del proprio ambiente, dei modi di vita, delle usanze, della lingua, delle comuni paure, persino delle consuetudini più aspre e che rendevano l’esistenza fragile e pericolosa.
Pericolosa, ma dotata di senso.
Essere sé stessi: ecco il cuore del problema. Essere sé stessi, a dispetto di una morale altra, a costo dello scandalo, ecco la felicità. È un mio sospetto: i Kaweskar non avevano parole per la felicità e la bellezza solo perché la loro vita ne era già impregnata, al di là delle sofferenze che imponeva la sopravvivenza quotidiana.
Raspail rimarrà ossessionato da un’immagine, risalente al 1951:
“… Durante un viaggio nella Terra del Fuoco, attraversando lo Stretto di Magellano, vidi, per non più di un’ora, nel vento e sotto la neve, una delle ultime imbarcazioni degli Alacaluf. La scena era identica a quella descritta da altri viaggiatori: Byron, Bouganville, Dumont d’Urville, l’ammiraglio Barthes e … José Emperaire. Non la dimenticherò mai. Mi ha ossessionato … finalmente questa volta la esorcizzo dandole, spero, la sua vera dimensione, sulla misura dell’eternità in cui riposa ormai questo popolo. Questo incontro all’incrocio dei tempi è la base del mio libro: un po’ di braci in mezzo alla barca per far rinascere il fuoco, due donne coperte di stracci, un bambino triste, tre rematori con uno sguardo da altro mondo …“.
Questo incontro fortuito donerà ai Kaweskar un minuscolo risarcimento: in tal modo, inconsapevoli, essi si garantirono il cantore dei loro ultimi giorni. Raspail divenne l’Omero degli ultimi Uomini.