22 ottobre 2019

Le ombre [Il Poliscriba]

 

Il Poliscriba

"Là, nel deserto australiano, esiste un posto dove gli aborigeni pregano, all'interno di un supermercato, davanti a vernici e detersivi, perché una volta in quel punto sorgeva un albero sacro".
W. Herzog

Eccomi immerso nel mondo delle ombre.
Nelle mie orecchie il pianoforte batte gli accordi minori del trio op.100 di Franz Schubert, quel secondo movimento lento  intriso del lamento tetracorde del violoncello che, per alcuni di voi, ricorderà le scene a lume di candela di Barry Lyndon.
Scriverò di getto, non mi soffermerò granchè, come mia consuetudine, sul mio pensiero distrofico, per evitare di inondarlo di importanza auto-trofa che proprio non desidero tributargli.
La mia dissertazione ignorante, oggi, verte sul sospetto e sulla mania che da esso promana.
Mi riferisco, più precisamente, a questo continuo cercare dietro i sipari, i burattinai, visto e considerato che sulle marionette o i pupi sospesi ai fili dei loro manovratori, non c’è molto da dire.
Quello che ho osservato in maniera discreta, senza troppo vacillar di presunzione, è la completa assenza di prospettiva dei supposti "Agenti del Male" per mancanza di tempo e non del suo contrario.
In genere, il sospettoso, che per motivi lessicali non nominerò complottista o complottologo, è convinto, in buona fede, che il male non sia banale - perdonate la rima non cercata - ma più informato del popolo mazziato e in anticipo sugli eventi, anzi è lui che li crea e li dirige, consapevole che il futuro è nelle sue malvagie mani.
E qui, ce ne sarebbe da s-governare l’ordine di una biblioteca, ma non lo farò, pena la noia mortale che sotto forma di sbadiglio già si sta manifestando in me e in chi avrà la bontà di continuare a leggere questo mio sproloquio.
Sarò lapidario, intransigente, tranchant: il tempo è morto.
È defunto, perché è il movimento dei pensieri, delle idee e dell’uomo che si è inceppato.
Lo so, è insensato ciò che affermo ed è in piena opposizione al vorticare di cose e persone che ruotano senza sosta nella frammentata e mai pacificata geografia politico-mercantile del pianeta.
Ma tant’è.
Le vecchie ideologie, ormai rovinosamente discese nell’Ade del filosofeggiare per pochi vecchi pazzi, si nutrivano di tempo perché, dalla sua problematica, emergevano in misura e in estensione.
Dio era tempo infinito: ogni altro tempo era di ordine finito, umano, giù nelle viscere, sino al tempo meccanico, alla metrica.
Già, la metrica e di nuovo il tempo come scorrere poetico, come traccia di sé, dal razionalismo al romanticismo, fino ai precipizi onirici del decandentismo infilzato sotto l’epidermide policromatica dell’esegesi pittorica e surrealista, poi sfociata nella ripetizione ossessiva della pop-art.
Fino a quel crollo di quinquennali sviluppi agronomici e industriali, si parlò ancora di futuro e programmazione.
Nell’adesso, nel nostro adesso che nulla ha a che vedere con il qui e ora di buddhista memoria, non c’è un qualcosa che può a buon diritto definirsi “futuro”.
E se non c’è futuro, impossibile ogni trama segreta, ogni complotto, perché senza orizzonti lontani non è credibile neppure un desiderio di onnipotenza, come non è credibile per eccesso infinito di tempo, pena un tedio immortale.
Le opere, la fede, la speranza in esse, non risiedono che nel senso fisico e non estetico del tempo.
Le oscure dietrologie non tengono conto di questo tracollo sensoriale che ha investito l’umanità intera, dai paesi sommersi dall’individuo-cosmico, a quelli emergenti nello stesso genere di narcisismo polimorfo. 
L’arte del sospetto, che non è dubbio cinico, è la traslitterazione psicotica eviscerata dai racconti della Rue Morgue, è un essere fantasioso menato al guinzaglio da quel puerile esoterico XIX° secolo che, non riuscendo ad abbattere la monocraticità della scolastica, non è riuscito a informare di sé, se non il nazismo, il nichilismo capitalista e l’anima new-age, a discapito di quella percezione reale del tempo che almeno rendeva possibile il concretizzarsi dei sogni e non si ciclicizzava in presunte o presumibili punizioni karmiche.
Mi chiedevo perché, in quest’era della tecnologia, non sia possibile un tempo.
Poi, contemplando un quadro raffigurante Prometeo sofferente sulla ruvida schiena di un arido monte caucasico, forse l’Ararat biblico, e vedendolo perennemente sveglio a causa del pasteggio initerrotto del vorace rapace sul suo ventre aperto e dei suoi occhi privati di palpebre riposanti, ho compreso che il suo furto igneo, apparentemente compiuto per il progresso dell’uomo, ci condannò tutti a spezzare il flusso onirico che i nativi australiani riconobbero subito come “il tempo del sogno” dal quale scaturisce la vita.

6 commenti :

  1. Perché nessuno commenta?
    Troppo complesso? Pur anche cervellotico? Al di là del bene e del male?
    Chi mi risponde?

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  2. https://www.einaudi.it/catalogo-libri/problemi-contemporanei/conto-alla-rovescia-alan-weisman-9788806218157/

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  3. Metti in difficoltà con questo scritto Poliscriba. Il complottismo e più in generale il sospetto sono due delle chiavi di volta della narrazione controinformativa. Sono sostegni indispensabili per un certo tipo d’interpretazione dei fenomeni. Senza il “chissà cosa c’è sotto” verrebbe a cascar giù buona parte della narrazione sopraindicata. Personalmente non sono mai riuscito a dar troppo credito alle narrazioni complottiste. Troppo facile! È tutta lì la storia umana? Magari! Sarebbe persino auspicabile... Crumbo

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  4. Mi ricordo che in un monologo sul Vajont Paolini raccontava che quando era ragazzo aveva letto Siddharta e diceva..."si, letto, capìo gnente però bello, bello, bello!" ;-)

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  5. c'era un video di paolini sull'attacco alla lira ma giustamente è scomparso

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