11 ottobre 2019

Me ne frego


Roma, 11 ottobre 2019

Lo ammetto, tendo all’autodistruzione.
Un tratto del carattere che può chiamarsi nobilmente caparbietà, fede, resilienza, ostinazione, purezza.
Ah, quante volte avrei potuto approfittare delle mollezze del presente!
Molte volte.
La vita si schiudeva piana; bastava dire “sì” e avrei ereditato la carriera facile, il posto immacolato e, soprattutto, il dolce sopore del conformismo - quel conformismo che, ricordiamolo, è una droga. Il conformismo rilascia nel corpo, lentamente, sostanze moralmente emollienti; si insinua nelle fibre migliori; scava negli anfratti più riposti.
Il conformista passeggia sicuro, il disprezzo già pronto sullo scaffale dell’ovvio, i giudizi che scivolano sulla vaselina della maggioranza; i conformisti entrano nella vita, come direbbe Gadda, a culo indietro, sempre sul velluto. La mediocrità gli si confà mirabilmente.


Sì, i conformisti sono mediocri. Non di quella mediocrità aurea formata dalla tradizione; no, è una mediocrità che riposa su poche parole d’ordine forgiate dal potere. L’Italia è stata distrutta da tale mediocrità; persino in ambiti in cui deve naturalmente rifuggire, essa impera. Il mediocre lo si riconosce subito: spesso è un tecnico. Il tecnico cerca di stupire o, addirittura, di umiliare l’interlocutore grattando il barattolo della competenza; poi, adescato verso pur minuscoli settori della vera conoscenza, crolla miseramente: preti che ignorano la resurrezione della carne, avvocati edaci che spalancano gli occhi di fronte a una citazione di Ulpiano, architetti e geometri all’oscuro di Arnolfo di Cambio, studenti liceali, benché cresciutelli, con una contezza assai stenta del concetto di sillogismo (“Il sillogismo è quando le cose si scambiano fra di loro”).



La mediocrità dei fanti a Gallipoli o a Verdun è altro: lì vige l’uniformità di uno schema educativo, pur spietato e crudelissimo; la mediocrità di un professionista italiano agli albori del 2020 è, invece, un largo analfabetismo di sé stessi, dei luoghi in cui si vive, di ciò che ci ha preceduti.
Sì, il conformista nasce ieri, Alceste almeno tremila anni fa.
Il mediocre cicala di frattali e logica fuzzy sbagliando le “h”; il sottoscritto conosce a menadito il punk hardcore americano, il cinema muto di Harold Lloyd e la tecnica della pittura grassa, oltre a varie questioncelle che ineriscono la sua vita, sempre più meschina.

Sherlock Holmes, questo inglese del nuovo conio, fu uno dei primi imbecilli  moderni, preceduto solo dal ragionier Robinson Crusoe.
Holmes riscosse, infatti, un successo irrefrenabile. Ignorava l’eliocentrismo, ma estendeva trattatelli minuziosi sui residui della cenere di tabacco.
Egli era efficace, ma non intelligente. Come gli Inglesi del nuovo conio
e i loro derivati antropologici, insomma, pragmatici e ottusi, inarrestabili e inutilmente produttivi.

Holmes preannunciò la psicologia malata dei tecnopueri: uomini infantili col gusto dotto della competenza settoriale. I nerd che diteggiano compulsivi sulle tastiere questo sono: tecnopueri. Amano le serie televisive (le guardano ossessivamente, magari con sottotitolli), che non sono né cinema né arte, ma sciocchi feuilleton politicamente corretti; il cibo da quattro soldi; la lacrima facile; la causa facile (TV e giornalini gliele servono comodamente confezionate, già pronte all’uso: basta riscaldarle nel forno a microonde dell’indignazione pavloviana). Non sono niente, in realtà, non vantano spessore o personalità. Persino il loro fisico, o fenotipo, pare ormai conformarsi, da conformisti quali sono, a tale anima disseccata e aliena: si assomigliano tutti. Estranei a sé stessi poiché ciò che li sostanzia non gli appartiene, ma appartiene ad Altri; essi vengono costruiti e istruiti con mattoni stranieri e si danno come dividuum: da una parte credono a tale personalità loro insufflatagli diabolicamente; dall’altro sono eternamente infelici, al limite della disperazione, poiché intuiscono, col minimo retaggio umano che residua, d’essere homunculi manovrati da forze oscure.

Il conformista, colui che dà smalto inusitato al termine mediocrità, intesa come meschinità infima, povertà spirituale somma, è nato ieri. Per tal motivo egli ripone fiducia e fede in ogni cosa dell’oggi o, al massimo, dell’appena ieri; confidando, ridicolo, in un avvenire che non esiste, ma ch’egli crede scintillante.

Eraclito già si espresse su questi figuri: “Per lo sciocco il sole è nuovo ogni giorno”.

La pietà verso i deboli, gli anziani, le donne e i bambini, secondo il tecnopuer, l’hanno inventata la FAO, il Telefono Azzurro e la Casa Internazionale delle Donne. Per lui ai tempi di Numa Pompilio, Jaufré Rudel o Sigieri di Brabante regnava l’oscurità, il delitto, la malattia, l’infamia; solo negli ultimi decenni si è intraveduta, finalmente, la compassione. Come se Cesare, Tamerlano, Lucrezia e Ferraù non possedessero un codice di valori stringenti, luminosi, inoppugnabili.

Basti valutare, a proposito di mediocri, conformisti e minchioni (tale ultima fattispecie abbonda nella miccosfera) come viene usata la parola “Medioevo”. Saddam e i Talebani: carnefici oscuri, medioevali. Ci state facendo ripiombare nel Medioevo! L’escissione della clitoride: medioevale! Il tecnopuer è, infatti, ignorantissimo. Non studia, mai. Legge e ripete la lezione: magari del Villari. Comprendo: non tutti hanno la spalle per sostenere Ernst Kantorowicz. Ma almeno la curiosità, dico io … Chi, per avventura, legge alcune poesie provenzali o del Duecento europeo avverte subito, pur nella domesticazione del verso e nella reiterazione dei luoghi comuni, una ricchezza infinita, debordante; i simboli sono gioielli iridiscenti che moltiplicano il semplice raggio di luce della nostra interpretazione in migliaia di suggestioni; in essi (uno specchio, una farfalla, una foglia) confluiscono gesti e tradizioni che rimandano a loro volta accenni, segnali, suggestioni, strane malie impossibili da definire a pieno; nella poesia duecentesca centinaia di alberi perdono le foglie, ma ognuno è un albero diverso. Tale la gloria del simbolo.

Paganesimo, residui sciamanici, protocristianesimo e tradizioni cimiteriali longobarde si fondono in un tutt’uno di commovente bellezza.

Il padre, riunita la famiglia, trae alcuni simulacri di colomba, intagliati, pazientemente, nel legno odoroso, con amore e reverenza. Li pone su alte pertiche che, a loro volta, vengono infitte nel terreno attorno la casa. Questo popolo di uccelli immaginari, mansueti e pii, immobili come lari benigni, si staglia, allora, contro i cieli chiarissimi dell’Italia medioevale; ognuno, madre, figli, nipoti, antenati, osservano tali creature  con occhio fermo e fede invincibile, gravidi d'una speranza che è inavvertita poiché naturale e sorgiva: quelle colombe, infatti, “indicano la strada di casa a coloro che sono morti lontano”.

Solo Pupi Avati, nel misconosciuto Magnificat (1993), ha reso gloria a questa tradizione.

Jaufré Rudel sente parlare di Melisenda, principessa di Tripoli. Benché Melisenda sia solo un’immagine remota, se ne innamora, per le virtù e la bellezza che i molti pellegrini testimoniano di lei. Jaufré sacrifica sé stesso, si mette in viaggio come crociato. Forse compone poesie: le sei che ci sono rimaste. In mare, però, si ammala gravemente e viene trasportato in Africa, agonizzante; supplica Dio di tenerlo in vita solo per vederla, per vedere lei, Melisenda. Dio esaudisce il desiderio: muore fra le sue braccia. La principessa tumula l’amante con ogni onore, piangendo, e lo stesso giorno “per il fortissimo dolore che ebbe dalla morte di lui”, si ritira dal secolo, presso un convento.

Questi miracoli, impossibili eppure reali, non sono credenze medioevali bensì manifestazioni dell’uomo, ripiene di una forza pura, infinita. Infinito è, infatti, il groviglio di sentimenti che qui si attorcono assieme, ricco come un tesoro che non riusciamo a quantificare. La quantità, lo sappiamo, uccide, rende poveri, meschini, non umani. Lo sapeva pure Catullo che non voleva che gli altri, gli invidiosi, i meschini, contassero i baci rivolti a Lesbia:

Dammi mille baci e ancora cento,
dammene altri mille e ancora cento,
sempre, sempre mille e ancora cento.
E quando alla fine saranno migliaia
per scordare tutto ne imbroglieremo il conto,
perché nessuno possa stringere in malie
un numero di baci così grande
”.

Il Regno della Quantità! Chi ne parla più oramai?

Io vi capisco; vi capisco tutti. Non è facile lasciar filtrare i bagliori di questi mondi, abituati come siete al dileggio, al cinismo, alla provocazione grossolana, alla faciloneria, all’insulto stupido, gratuito. Eppure: così eravamo. Lo siamo stati per millenni. Ritengo impossibile, per una questione di pura entropia, riuscire a invertire la deriva psicologica che il Potere ha progettato per noi. E tuttavia non si riesce a mollare la speranza di rinascere, nemmeno in assenza di tradizione; e in presenza del Nulla. Come fece l’imberbe costruttore di campane in Andrej Rublëv, contro tutti, contro il destino, il conformismo, la tentazione di cedere, la volgare e piacevole rassegnazione. La campana, forgiata ex novo, fondando ex novo una volontà, risuonò perfettamente, di una perfezione inaudita, incredibile.

Di tutto il ciarpame che ingombra l’attualità, migrantismo, ecologismo da multinazionale, femminicidio, omofilia, evasione fiscale, dittature antidemocratiche, i morti in mare, l'egalitarismo, la scuola aperta, la coppia aperta, i figli in comodato d'uso, i panda in pericolo  - di tutto me ne frego. 

Non siamo obbligati a vivere per questi tempi; si vive, anzi, con la missione di perpetuare ciò che esisteva prima: prima dell’Eterno Presente, dell’Anomia.

Sono autodistruttivo: come Michael Kohlhaas, in Kleist, o il tenente Féraud, ne I duellanti di Conrad. O come l'umanità, forse, programmata per smiagolare nel Nulla, una volta resasi molesta a fronte della Natura Universale.

Nel frattempo, non si abbia timore: alcune pertiche, e amorevoli colombe di legno, indicheranno il cammino a chi è perduto.

20 commenti :

  1. Tu scrivi bene Alceste. Parli di conformisti ed io ti do pienamente ragione. Ogni giorno mi imbatto in conformisti, raccomandati e idioti di ogni risma. Il mondo ( o meglio questo mondo) gli appartiene. Sono loro i degni padroni di questa terra. Vedi caro Alceste: siamo noi che siamo fuori sintonia, non loro. Loro sono pefetti. Perfetti per questo sistema. La loro vita è molto piu facile della nostra. Hai idea di cosa significhi guadagnarsi il pane onestamente senza scendere a compromessi e mantenendo la schiena dritta in Italia?!
    Ogni giorno sono bocconi amari da mandare giù, umiliazioni. Non c'è né onore né gloria. C'è forse la consapevolezza di aver mantenuto la retta via nonostante tutto e tutti?
    Non saprei, a volte basta così poco per farci crollare sotto il peso di un' esistenza non conforme: una raccomandata espressa di equitalia per esempio.
    Come dici alla fine forse qualcosa o qualcuno indicherà il cammino a chi è perduto, ma nel frattempo noi:
    "Si sta come d'autunno sugli alberi le foglie".

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    1. Equitalia, una querela, un incidente: tutto programmato.

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    2. Ora si chiama: Agenzia delle entrate-Riscossione. Penso che nell' immaginario della gente "Equitalia" rimarrà per sempre, un po come la parola "manicomio" che è sopravvissuta ai tristi bagni penali riservati ai dissidenti e alle persone scomode dove ci finivi a discrezione pseudo psichiatrica.

      Il controcazzari saccente.

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  2. Bella parola "me ne frego", bisognerebbe diffondere questo verbo con la stessa costanza dei testimoni di Genova, si, quella multinazionale americana inesistente in Italia prima del 1945.

    https://www.google.com/amp/s/www.fanpage.it/attualita/testimoni-di-geova-s-p-a-un-fiume-di-soldi-dietro-la-fede-conti-segreti-e-fondi-speculativi/amp/

    Il controcazzari col capo di cenere cosparso.

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  3. Salve Alceste! A parte il solito scritto lucido e puntuale come ben pochi ormai, rimango sempre un po' stupito quando citi la conoscenza dell'hardcore punk americano. Faccio fatica a coniugareuno spirito che immagino classico, come credo tu possa essere, col l'hardcore. E lo dico da grande appassionato di hc punk, in particolar modo quella fiammata che dal '78 '79 almeno fino al 1984 infiammò i giorni di molti giovani e giovanissimi americani più o meno disadattati. Ricordoche molti e molti post fa mi rispondesti di apprezzar molto i Flipper, per esempio. Che erano una band incredibile. Pensavo che magari potevi ritenere l'hardcore una manifestazione triviale e qualunquista di una qualsivoglia sottocultura giovanile. Invece, forse, mi sbagliavo. Crumbo

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    1. Nel punk hardcore americano, a differenza di quello inglese, c'era tutto: dai Fugazi ai Flipper ai Minutemen a Rollins sino a gruppi neonazisti ... Ciò che mi piaceva era questo: ci si giocava la pelle.
      Gli Americani si giocavano la pelle, gli Inglesi avevano il welfare. Infatti, come Italiani, tedeschi, giapponesi, francesi et cetera ebbero il progressive. L'America no, niente progressive.
      L'hardcore americano era la manifestazione di qualcosa di più profondo, l'intuizione che un mondo andava scomparendo; da allora solo il grunge (i Nirvana andarono a scuola dai Melvins), per pochi mesi, riuscì ad accorpare un vasto schieramento di rivolta, sicuramente velleitario, ma noi dobbiamo giudicare la psicologia di massa non la forza della riuscita dell'azione. Da allora più nulla.
      L'hardcore, la poesia provenzale, le icone, le colonne ioniche, i sillogismi, la liturgia protocristiana, il cinema muto, la lettaratura persiana medioevale, tutto ha una propria ragion d'essere da valutare.
      Alcune manifestazioni sono volgari, altre bislacche, alcune profonde: tutte rimandano a una radice comune dell'uomo, che è ciò che interessa.
      Certo, fra i Black Flag e Guido Cavalcanti mi porterò alla tomba il secondo.

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    2. Io ho avuto una simile predisposizione verso la letteratura americana contemporanea. Fino a quasi 40 anni non leggevo niente che provenisse da oltreoceano, prediligendo i grandi romanzieri russi o francesi, o la Commedia e Shakespeare. Poi un giorno mi capitò tra le mani un romanzo di Don de Lillo, " Rumore Bianco " iniziai a leggerlo e da quel momento mi si aprì un mondo fino al allora appena intravisto. Tutti i temi, i tic, le mode le ossessioni del mondo moderno, dell' Occidente ( se questa parola avesse un senso) della politica , dello spettacolo, depravazioni e vizi le hanno anticipate i vari Palahniuk, Bunker, Ellroy. Un secolo, quello americano, destinato a cambiare per sempre i connotati della nostra civiltà, tutte le teorie economiche, sociali politiche oggi vigenti sperimentati nei vari laboratori di Los Alamos e poi esportati in tutto il mondo con le buone o le cattive. In un romanzo di Cormac McCarthy " Non è un paese per vecchi " si paragonano le note disciplinari di un liceo texano prima della guerra con quelle degli anni settanta, si passa dal divieto di masticare chewing gum a quello di spaccio, alla nota per mancato saluto al professore al tentato stupro, il tutto nel giro di due generazioni. Dal cuore di tenebra del mondo gli americani anticipano al resto dell' universo quale sarà il loro prossimo destino. Quando chiesero a De Lillo il perché della copertina di " Underworld" dove una croce si staglia contro le twin towers anni prima dell' 11 settembre, lui rispose " era una bella foto ". Ma era già scritto tutto. Le guerre giuste e quelle sbagliate, gli assassini in gita che sconfinano in Messico, dollari e sangue , un secolo prima dei cartelli della droga , tutto chiaro. Nessuno di loro riceverà mai un Nobel per la letteratura , McCarthy si è rinchiuso in un ranch, meglio premiare i nuovi nomi della globalizzazione letteraria che le cassandre inascoltate della capitale dell'impero.

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    3. McCarthy e Philip Dick sono (furono) gli unici veri letterati d'America.

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  4. Finalmente Alceste sembra delineare il senso della speranza che deve perdurare in chi tenta ancora di esercitare la propria (la propria) volonta', credendo in un destino e una destinazione diversi, sempre che si sia in grado di averne la visione intima incontaminata, legata alla propria storia ancestrale.
    Una volonta' che non puo' non essere connessa a una realta' superiore che le da' vigore e guida. Si tratta forse anche di quell'intimo senso di giustizia che ognuno puo' sentire interiormente se gli presta ascolto, e che non cambia da uomo a uomo, o da paese a paese, restando quindi una vera forza contagiosa spontanea.
    Il Regno della Quantita': a me sembra che qualcuno invece ne parla, ancor piu' in questo periodo di disvelamento oltraggioso della grande menzogna. Su questa cosa resto un poco perplessa: purtroppo non do' alla cultura un'importanza decisiva nel rendere gli individui piu' individui e meno massa...non quella che mi sembra le attribuisca Alceste. Poi ci si dovrebbe mettere d'accordo su cosa sia l'intelligenza, termine ormai applicato anche alle macchine e quindi sempre piu' deprivato di connotati umani. Non la ritengo certo quella quantita' numerica misurabile dai tecnici delle connessioni neurali; ne' tantomeno misurabile nella capacita' mnemonica, sempre quantitativa, sebbene sia sicuramente un qualcosa da tenere in allenamento per oliare 'le connessioni'.
    Saluti, Ise

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  5. Pezzo bellissimo, di quelli indimenticabili. Grazie e complimenti. Enrico

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  6. Chi ci pensa alla mediocrità? La scuola, che sforna mediocri come bocconcini morbidi alle cinque pomeridiane venduti dai fornaretti; chi se li piglia? La Pubblica Amministrazione, il nepotismo diffuso tra le PMI e i carrozzoni delle compartecipate. Sono il 90%, ma un buon 50% di questi sono anche furbacchioni sopravviventi sulle spalle dei coglioni onesti e capaci, e degli imbecilli inetti.

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  7. Alceste, lo sai di essere il più grande scrittore italiano, vero? :)

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    1. Lo ignoravo, almeno sino alla tua notazione. Purtroppo credo che lo ignorino quasi tutti.

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  8. come sempre eccelso Alceste. completamente d'accordo sulla mistificazione infame riservata al Medioevo, ricordo anche alcuni articoli di Fini che ne parlavano, in modo meno poetico e più didascalico...ma il succo era questo.

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  9. Illustrissimo Dott. Alceste
    le chiedo umilmente di girare
    il seguente link a monsu' Poliscriba:

    https://megachip.globalist.it/cronache-internazionali/2017/09/15/le-brigate-anarchiche-della-nato-2011525.html

    Umilmente la saluto e la ringrazio.

    Il controcazzari (con la testa sotto i suoi piedi)

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  10. Hanno pubblicato questo pezzo su Come Don Chisciotte e i commenti sono ancora più astiosi e insultanti del solito. Certo che la controinformazione oltreché un bugigattolo è veramente a un livello di bassezza intellettuale sconcertante... e dovrebbe costituire l'ambiente telematico alternativo?! Vien da pensare che in fondo anche a buona parte dei "controinformati" questo mondo va bene così, perché sono disposti a passare il resto dei loro giorni a fare i leoni da tastiera e litigare sulla fuffa partitica, sulle ricette economiche keynesiane, o sulla geostrategia planetaria nell'assoluta impotenza su quanto gli accade sotto casa. Ho l'impressione che molti di quelli che voglio prendere le distanze dalla narrativa mainstream non riescono comunque ad immaginare un mondo effettivamente diverso: è stata uccisa la fantasia dell'uomo che vuole tramutarsi in azione. Dai un display, la pagnotta e i circenses all'uomo moderno e questi non ti chiederà altro che di lasciarlo in pace a sprofondare... mi viene in mente un curioso esperimento che un etologo (Calhoun) fece coi roditori (Universe 25) e mi sembra di vivere qualcosa del genere su scala globale. In pratica aveva creato un paradiso artificiale per topi, ma questi anziché riprodursi felici in assenza di rapporti di tensione e sfide naturali tendevano verso l'annichilimento non trovando nel loro habitat perfetto più alcuna ragion d'essere. Le conclusione di Calhoun fu che non importa quanto sofisticato l'uomo crede di essere, una volta che il numero di individui in grado di ricoprire un ruolo supera largamente il numero di ruoli disponibili l’inevitabile conseguenza è la distruzione dell’organizzazione sociale. Individui nati in queste circostanze sono così distaccati dalla realtà da essere incapaci persino di alienarsi. I loro comportamenti più complessi diventano frammentati e la morte sociale precede di molto quella fisica.

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    1. Credo che i miei ultimi post vadano in tale direzione. Topi o non topi, senza sfida, senza l'Altro, senza l'Estraneo, ci si riduce a nulla, si ha voglia di nulla, ci si bea di nulla.

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    2. Alceste scrive con la prosa e la sintassi del letterato, ma di questi tempi a chi è concesso l'esprimere concetti per iscritto sono solo giornalisti e accademici (tra l'altro non legge più nessuno). Se non sei né l'uno né l'altro ed arrischi argomenti alti, sei percepito come uno sparatore di incomprensibili supercazzole, pretenzioso e arrivista.
      In sostanza Blondet e Bagnai hanno la patente per il registro aulico, Alceste no. Ed ecco anche spiegato il fenomeno dei "seguaci" su quei siti: è gente che nemmeno arriva a capire i contenuti, ma vuole starci dentro uguale, e dà il suo contributo di appartenenza vociando approvazione ammirata e sgangherata.

      C'è poi da considerare il clima di dileggio verso qualunque opera che mostri timide pretese di dover essere presa con un minimo impegno per venir pienamente compresa. Tale anti-intellettualismo imperante lo dobbiamo al postmodernismo, che insiste in sostanza nell'umiliazione di ogni contenuto artistico. Un regista americano di recente ha detto che a Hollywood è ormai impossibile girare commedie, non c'è più verso di far ridere spettatori che decostruiscono e relativizzano ogni cosa.

      Poi non scordiamoci che parecchi individui che leggono controinformazione vengono dalla destra, sono ignoranti e diffidenti verso la cultura e pure orgogliosi di esserlo. Volgari e nani dello spirito.

      Non aiuta nemmeno il fatto che Alceste nei suoi scritti migliori, come questo, faccia dei riferimenti, o descriva episodi, del suo vissuto personale. Su comedonchisciotte sono abituati a leggere critiche e analisi su episodi di storia e politica recenti o attuali. La gente che legge là crede che Alceste scriva specificamente per quella testata... alcuni apprezzano ma come già detto di gente assolutamente priva di vita interiore ce n'è assai di più, non capiscono e se la prendono con l'autore invece che indovinare i propri limiti...

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  11. Restando fedele
    a ciò che mi è caro e che è la cosa piú
    importante,
    impedendo in tal maniera che si
    cancelli con gli anni,
    sentirò poi forse
    del tutto inatteso
    il brivido della durata
    e ogni volta per gesti di poco conto
    nel chiudere con cautela la porta,
    nello sbucciare con cura una mela,
    nel varcare con attenzione la soglia,
    nel chinarmi a raccogliere un filo

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Siate gentili ...