16 ottobre 2017

L'amore ci avvolge tutt*


Roma, 16 ottobre 2017

Se si vuole analizzare la merda non occorre entrare in un laboratorio bensì scendere nelle fogne.
Basta coi libri di testo seriosi, i trattatelli sulla moneta, le elucubrazioni noiosissime sulla Catalogna, gli andirivieni concettuali sull'Euro ... andiamo a spalare la merda.
Mi hanno insegnato più Laura Boldrini e Capezzone sullo stato delle cose che viviamo che non il gradasso zerohedge.com.
E così non mi sono lasciato sfuggire il saggetto di Michela Marzano: Papà, mamma e Gender.
Michela Marzano, giornalista di Repubblica e Vanity Fair, filosofessa, professora ordinaria all'Université Paris Descartes (la Francia è sempre la ridotta preferita dai sessantottini di risulta), curatrice di una collana di saggi per la PUF e deputata (non da me) presso il sedicente Parlamento della sedicente Repubblica Italiana.
Spala, vecchio Alceste, spala ...
E io l'ho letto.
Se, per un incantamento, Michela Marzano mi sedesse accanto direbbe subito: non hai capito niente!

13 ottobre 2017

"Bruciate i libri". Un'intervista a Pepe Carvalho


Pubblicato il 12 maggio 2013

Scrissi questa sciocchezza pochi anni fa, in un tempo che, oggi, mi appare completamente remoto.
La sindrome di cui è preda il bibliomane Carvalho (a cui rendo le armi della ragione) assalì anche Nietzsche; e anche me.
Occorre deporre le sottigliezze, riandare ai classici, tendere alla generosità, ignorare i difetti: in una parola: abbiamo un disperato bisogno d'azione.

* * * * *

"In tutta la mia esistenza non ho mai trovato un libro che mi abbia insegnato a vivere; in realtà dubito che esista. Ci sono libri forse utili, questo sì, ma quasi tutti allontanano dalla vita più spontanea e rendono infelici".
Pepe Carvalho, le fattezze rilassate di canuto Trintignant ultrasettantenne, conciona da un sobrio divanetto della sua casa di Vallvidrera; insolitamente facondo, applica un tono svagatamente apocalittico e divertito.
"Possedevo quasi cinquemila volumi. Me ne rimangono molti meno di mille. Colesterolo e diabete permettendo farò in tempo a bruciare gli ultimi esemplari sul letto di morte”.
Volgo lo sguardo sulle scaffalature che cingono la sala su tre lati, segnate da tacche e avvallamenti, appesantite da libri deformati da una cattiva posizione e da una eccessiva asfissia imposta dai tomi più pesanti. Le file sopravvissute presentano larghi vuoti come linee di fanti falciate da scariche di fucileria implacabili.
Un focherello vivace riscalda un tardo pomeriggio primaverile, insolitamente fresco.

09 ottobre 2017

Tre versioni di Fuksas

Mi ha sempre affascinato il mondo al contrario ... quella deviazione psicologica che sta portando l'umanità ad apprezzare la merda in luogo della cioccolata.
Il mondo al contrario è, come detto in altri luoghi del blog, un sistema di dominio.
Il cervello di Massimiliano Fuksas - le sue opere - sono una epitome incontrovertibile di tale sistema.
Di seguito tre articoli che dedicai a tale genio della disfatta del gusto.

Fuksas terrorizza Foligno

Chi ha visto la Chiesa di San Paolo a Foligno, ideata da Massimiliano Fuksas, non potrà che rimanere preda d'un brivido particolare; colui che ha racchiuso nello sguardo tale panorama, infatti, ritto davanti a quell'inopinato cubo di cemento, avvertirà, subito e impetuoso, il sopravvenire d'una serie di sensazioni contrastanti: lo stupore, anzitutto; poi la paura; quindi, potentissima, l'incredulità, che lieviterà, progressiva, sino a una ilarità da pazzi, incontenibile, disperata, un'onda fatale che allagherà il cuore, troppo impreparato a questa rivelazione; una rivelazione postmoderna, una Stimmung che da sempre amo associare al famoso rigo di Baudelaire: "Su di me ho sentito passare il vento dell'ala dell'imbecillità".
Definire brutto il cubo di Fuksas è impossibile. Qui siamo oltre il bene e il male; vaghiamo nelle regioni dell'inumano.


05 ottobre 2017

La gita


Roma, 5 ottobre 2017 

D'estate arrivo a Sipicciano, una piccola frazione in provincia di Viterbo.
Come sempre nella Tuscia romana c'è apparentemente poco da vedere; in realtà la bellezza sembra nascondersi all’occhio più volgare. Occorre ricercarla, con pazienza, spesso per anni. A volte è lei che, inaspettatamente, si rivela. Aveva sempre riposato accanto a noi, confusa nel paesaggio consueto e pacatamente familiare, e ora, per un capriccio del destino o per uno sbalzo della coscienza, risalta, come una venatura di metallo prezioso in un sedimento di materia vile.
La bellezza, dopo una pioggia magari: una pozza ci avverte d’una tomba ipogea, o ricama fondamenta di villae romane; una frana scopre passaggi segreti e cunicoli.
L’origine ama celarsi; qui ho cominciato a esistere e non certo quarantanove anni fa.

Inutile chiedere alla gente del posto. Se ne ricevono informazioni vaghe, ottuse, quasi che gli abitanti fossero la razza degenerata di un'antica civiltà che più non comprende la grandezza dei propri predecessori.
O forse questa è la plebaglia che serviva antichi signori, oggi scomparsi.

04 ottobre 2017

Angelina Jolie e i destini dell'umanità

 

Pubblicato il 25 maggio 2013

I fatti sono noti. Ecco il resoconto di una delle tante gazzette: "Angelina Jolie si è sottoposta a mastectomia bilaterale profilattica: ha la mutazione di un gene che aumenta molto la probabilità di tumore al seno, per questo (e per rassicurare i suoi figli) ha deciso di farsi togliere entrambi i seni e farli ricostruire dal chirurgo plastico con due protesi".
La notizia mi ha colpito, lo ammetto. E questo lo giudico un evento, poiché, ormai, tendo all’atarassia come un pitone nel dopocena. Ha inciso forse la notorietà internazionale del personaggio? Lo escludo. Forse la decisione, pur meditata e razionale, di amputarsi di parte della propria femminilità, tanto più importante per lei, sexy girl planetaria? In parte. E quel ‘meditata e razionale’ che sconvolge. Una tale scelta non dovrebbe suscitare ritrosie irrazionali, dilemmi antichi, spirituali?
Attenzione: non si vuole di certo sindacare il diritto dell'attrice a una vita sana e possibilmente lunga (e felice) né ad evocare norme che impediscano di disporre liberamente del proprio corpo.
Ma qui è in gioco qualcosa d’altro.

02 ottobre 2017

Pasolini, Morselli e la Roma senza Papa


Pubblicato il 1 giugno 2013

Pasolini comincia leggero: “Ho visto ieri sera (Venerdì Santo?) un mucchietto di gente davanti al Colosseo … ho creduto in un primo momento che si trattasse del gesto di qualche disoccupato arrampicato in cima al Colosseo. No. Era una funzione religiosa a cui doveva intervenire Paolo VI. C’erano quattro gatti … Credo che non ci fosse nessun romano. Un insuccesso più completo era impossibile immaginarlo(1). Tale spettacolo però lo raggelò nel profondo. Una nuova bestia dagli occhi verdi emergeva dalle acque ribollenti della postmodernità - una bestia suasiva, democratica, permissiva, tecnica: il Nuovo Potere, il materialismo consumista, il fascismo pubblicitario etc etc. Assieme alla Chiesa spariva improvvisamente dall’orizzonte storico quella tradizione agreste, familista, cautelosamente paleoindustriale, cattolica, che aveva costituito il midollo italiano per millenni e raccolto l’eredità immane della koiné greco-romana - un tronco gigantesco e immutabile da cui rampollavano le varietà straordinarie dei popoli italiani, dei linguaggi, delle arti, delle stratificazioni urbanistiche, degli incroci culturali e di sangue, delle forme, dei paesaggi, dei volti. Lo stesso fascismo storico (quello del ventennio mussoliniano), nonostante i tentativi disperati (linguistici, architettonici …), fu impotente di fronte a tale fioritura eterna. Di qui i fraintendimenti: Pasolini cattolico, Pasolini non antifascista coi fascisti. Vero: Pasolini rimpiangeva quella tradizione contadina, semplice e distillata nei tempi: in tal senso fu un vero cristiano, un dolciniano furente, debole coi semplici ed avverso al mondo clericale e piccolo borghese, crassamente pragmatico e prevaricante. Vero: egli liquidò brutalmente il fascismo storico come "banda di criminali" e "pietoso rudere", come breve accidente storico: per gli antifascisti, perciò, non fu abbastanza antifascista, poiché il suo antifascismo fu sempre diretto contro il nuovo totalitarismo dello sfrenamento edonista, dei falsi diritti civili, della falsa democrazia. Si doveva, forse, perdere ancora tempo con Almirante quando il nuovo Moloch avanzava come il Colosso del quadro di Goya?

01 ottobre 2017

La nuova moneta della Catalogna sarà il Messi


Roma, 1 ottobre 2017

La nuova moneta della Catalogna sarà il Messi.
Anzi no, scusate ... è la concitazione del momento ... dalla regia mi dicono che resterà quella di adesso: il marco riadattato.
Bel tempo stabile su quasi tutta la penisola. 
Foschie in Veneto e Trentino. 
E ora qualcosa di completamente diverso: consigli per gli acquisti.

Il Civati futuro (o chi per lui)


Pubblicato su Pauperclass il 10 maggio 2015

Ci son due momenti distinti nella partitica italiana.
L’uno è statico; l’altro dinamico (apparentemente).
Il primo è l’opera dei pupi.
Pupi, marionette, burattini. In tale fase i ruoli sono fissi. Arlecchino, Brighella, Pulcinella, i Carabinieri, Colombina, il Diavolo. I punti di riferimento abbastanza certi. Di solito il teatro dei pupi viene inscenato dopo le elezioni, quando tutti i rapporti di forza lobbistici sono definiti. C’è chi ha vinto e c’è chi ha perso; il primo passa all’incasso, il secondo cerca di riposizionarsi nei riguardi del vincitore eseguendo movimenti da Kamasutra che i pennivendoli osservano con solenne gravità.
Questo momento di stasi e sazietà dura, di solito, sino alla elezione ventura, purché sia importante. Pulcinella trema, appare il diavolo, vola qualche bastonata, Pulcinella si riscatta, Arlecchino si barcamena tra due padroni, Pantalone paga come sempre, arrivano i Carabinieri (quelli di Pinocchio, inoffensivi), vola qualche bastonata ancora, Pantalone paga. Per il divertimento del pubblico, sazio anche lui dopo l’abbuffata di junk food televisivo, vengono sceneggiati gustosi pezzi di teatrino; i ruoli, come detto, sono già assegnati. Il pubblico si identifica. Il pubblico che ha votato i vincenti se la gode (come certi tifosi che, dopo una vittoria, usano il noi: noi siamo stati grandi, noi più forti, noi più determinati); il pubblico che ha votato i perdenti cerca riscatto: vede i suoi beniamini sconfitti che cercano già un tarlo nell’azione del neo governo e li incita dalla poltrona. E così via.

La nazionale italiana è una cagata pazzesca


Pubblicato il 7 giugno 2016

Le adunate calcistiche dei bei vecchi tempi andati … le ricordo “come per suonno“, come in un sogno.
I ricordi ingigantiscono i contorni, sformano dolcemente le proporzioni; i volti, i dialoghi, gli impulsi. Solo in piena estate, nel primo pomeriggio, quando la canicola arroventa i tetti e i balconi, o, in campagna, fa schioccare vecchi tetti di lamiera, immobilizzando uomini e animali in uno stuporoso dormiveglia cullato dall’implacabile e misterico frinire delle cicale – solo allora, per pochi secondi, mi sembra di riafferrare quegli attimi d’infanzia; in modo immediato, vivido, definitivo. Persino gli odori sembrano ripresentarsi con una fragranza intatta e certa. Sono fate morgane della mente, miraggi del tempo perduto, impalpabili reperti che vivono a ridosso del vaporoso diaframma tra veglia e sogno.
Sì, ogni tanto, in quei precisi momenti, riaffiora la memoria di quei convegni estivi, vocianti, stordenti, irriducibili, inevitabili; per assistere alle partite della nazionale di calcio.

29 settembre 2017

Come scrivere senza sforzi il vostro romanzo personale

Nella sostanza sono d'accordo (come potrei non esserlo, visto quello che scrivo?); son meno d'accordo coi gusti letterari di Bardi e colle sue diagnosi.
Miyazaki e tutti i cartoni animati mi dicono poco e nulla. Ausonio, invece, mi piace.
La diagnosi, invece, è solo una: decadiamo poiché ci distacchiamo dalla tradizione.
C'è bisogno di un albero possente da coltivare (manieristi) o da incidere (eversivi della parola) o sfrondare (terroristi della parola) per progredire.
Se tale albero è reciso alla base non v'è più né manierismo, né sperimentalismo, né avanguardia.
Solo il dogma origina un'eresia e solo l'eresia fa crescere ciò che si riteneva un dogma.
Il corso d'acqua della creazione, non più alimentato, si divide in mille rivoli: la maggior parte è assorbito dall'impotenza, altri si avvitano attorno al proprio narcisismo. Nasce la metaletteratura, lo scherzo, l'aneddoto, la puttana letteraria.
Ciò che penso l'ha sintetizzato benissimo il commentatore Radek in calce a L'età della scimmia (gli stessi concetti si ritrovano, peraltro, in Nietzsche).
Proprio il disfacimento della figura del letterato e la degenerazione d'essa in una pletora di scrittori permalosi, insulsi e autoreferenziali (a cui importa nulla dell'arte e tutto della pubblicazione) mi ha fatto tornare in mente una sciocchezzuola scritta esattamente quattro anni fa.
La ripropongo come scherzo decadent, anche per alleggerire la mia plumbea reputazione.

* * * * *

Ogni lettore ha un proprio sogno nel cassetto, più o meno rivelato al cuore: scrivere un libro.
La pigrizia, il terrore della pagina bianca, la sensazione di non aver nulla da dire hanno spesso bloccato la volontà di questi autori in erba.
Niente paura. Le cose sono cambiate.
Cosa si cela dietro un romanzo oggi? Un buon titolo (generico e stupidamente evocativo), packaging accattivante, raccomandazioni, pubblicità sfacciata, relazioni di parentela, pubblicità subliminale, conoscenze nel mondo dell’editoria, pubblicità sull’onda d’una moda passeggera, la tessera della Massoneria, numerazione dell'Opus Dei, Fabio Fazio. La letteratura è fuori questione; e l’originalità pure, schifate entrambe da subito (giustamente, occorre aggiungere).
Non so come siate messi con la Massoneria e Fazio e quant’altro; posso regalarvi una dritta, però. Il titolo è decisivo. Non solo perché attira, nelle pile della libreria, il gonzo medio, ma perché un buon titolo stimola da subito l’idea per un canovaccio e una trama mediocri che, una volta oggettivati, attireranno, senza fallo alcuno, il gonzo medio.