Pubblicato il 12 maggio 2013
Scrissi questa sciocchezza pochi anni fa, in un tempo che, oggi, mi appare completamente remoto.
La sindrome di cui è preda il bibliomane Carvalho (a cui rendo le armi della ragione) assalì anche Nietzsche; e anche me.
Occorre deporre le sottigliezze, riandare ai classici, tendere alla generosità, ignorare i difetti: in una parola: abbiamo un disperato bisogno d'azione.
* * * * *
"In tutta la mia esistenza non ho mai trovato un libro che mi abbia insegnato a vivere; in realtà dubito che esista. Ci sono libri forse utili, questo sì, ma quasi tutti allontanano dalla vita più spontanea e rendono infelici".
Pepe Carvalho, le fattezze rilassate di canuto Trintignant ultrasettantenne, conciona da un sobrio divanetto della sua casa di Vallvidrera; insolitamente facondo, applica un tono svagatamente apocalittico e divertito.
"Possedevo quasi cinquemila volumi. Me ne rimangono molti meno di mille. Colesterolo e diabete permettendo farò in tempo a bruciare gli ultimi esemplari sul letto di morte”.
Volgo lo sguardo sulle scaffalature che cingono la sala su tre lati, segnate da tacche e avvallamenti, appesantite da libri deformati da una cattiva posizione e da una eccessiva asfissia imposta dai tomi più pesanti. Le file sopravvissute presentano larghi vuoti come linee di fanti falciate da scariche di fucileria implacabili.
Un focherello vivace riscalda un tardo pomeriggio primaverile, insolitamente fresco.
Pepe Carvalho, le fattezze rilassate di canuto Trintignant ultrasettantenne, conciona da un sobrio divanetto della sua casa di Vallvidrera; insolitamente facondo, applica un tono svagatamente apocalittico e divertito.
"Possedevo quasi cinquemila volumi. Me ne rimangono molti meno di mille. Colesterolo e diabete permettendo farò in tempo a bruciare gli ultimi esemplari sul letto di morte”.
Volgo lo sguardo sulle scaffalature che cingono la sala su tre lati, segnate da tacche e avvallamenti, appesantite da libri deformati da una cattiva posizione e da una eccessiva asfissia imposta dai tomi più pesanti. Le file sopravvissute presentano larghi vuoti come linee di fanti falciate da scariche di fucileria implacabili.
Un focherello vivace riscalda un tardo pomeriggio primaverile, insolitamente fresco.
“Mi è nota la sua filosofia” ribatto. “Una maggiore diffusione della cultura, però, è alla base della consapevolezza e della pacificazione … questo è indubbio, credo … di un maggior avanzamento dei frutti della civiltà …” riprendo, sorprendendomi della generiche futilità che mi vengono fuori. Evidentemente il Viña Esmeralda esige il suo tributo.
“I libri contengono menzogne, verità inutili e incomplete, che non servono né ad amare né a campare con coscienza”. Accavalla le gambe, sinistra sulla destra, il gomito destro poggiato sulla spalliera, la mano pendula che stringe fra i polpastrelli del medio e del pollice l’estremità d’un calice periclitante. “L’uomo ha un milione di anni, ma solo negli ultimi cinquemila ha provato il bisogno di imbrattare carte, papiri e bambù. E si è condannato da solo, come Madame Bovary, povera scema”.
“Ma l’uomo ha sempre provato il bisogno di scrivere. Le pitture rupestri, proprio quelle di Spagna, hanno più di diecimila anni”.
“Non dica sciocchezze. Qui parliamo di libri, di libri stampati - libri che, per il solo fatto di esserlo, irrigidiscono la vita e lo spirito, lo mummificano e lo rendono autoritario. Guardi la Bibbia. Finché si trattava di regole di vita di pastori del Medio Oriente, tutto bene. Ad ogni generazione i popoli trasmettevano a voce le leggende e le storie degli antenati. La comunità stessa era il libro e questa ingrossava sempre più come un fiume tranquillo. Poi divenne un libro effettivo, stampato, letto e diffuso, un cadavere immodificabile, e si trasformò in una macchina di morte. Tutti ci vedevano tutto e lo brandivano come una spada …”.
“Oso dire che la metafora suona oltremodo libresca … Mi chiedo, però, come sia possibile, una volta abolito il libro, trasmettere una cultura complessa, anche scientifica, in modo che il senso della storia non ricada nel nulla …”
“Se riesce a scorgere un senso storico in questa successione di scene da manicomio, lo ammetto, lei è un fortunato … E poi, ripeto, non sono contrario a libri di qualche utilità, tipo La riduzione delle fratture femorali o La potatura dell’olivo andaluso oltre, ovviamente, ai manuali di cucina più avvertiti … Ma è letteratura di servizio. La trasformino in pdf e la smettano di affaticare gli scaffali”.
“Fatto sta che il potere, da sempre, brucia i libri. Aldous Huxley, Bradbury, Orwell, prefigurano un futuro, questo sì – autoritario e privo di letterati …”
“Insomma lei vuole confutarmi citando cartaccia da macero?”
“Huxley da macero … bene, si gioca pesante. Ricorre proprio in questi giorni l’anniversario del rogo di Bebelplatz a Berlino. Questo però è un fatto, non un libro”.
“Sapevo che saremmo andati a parare da queste parti … il Carvalho fascista è un sempreverde. Me lo diceva anche la mia amica Alma: ‘Sei matto? Ma cosa sei, un fascista? Solo i fascisti bruciano i libri’. Gli Aztechi erano i nazisti del Messico centrale, bruciavano le biblioteche dei popoli che predavano, poi arrivarono Cortéz e Juan de Zumárraga a cancellare il loro passato in pochi anni. Diocleziano riuscì a togliere di mezzo trentasette libri cristiani, e i cristiani si incaricarono più tardi di sopprimere la maggior parte della letteratura e dell’architettura pagane, alla faccia dei Visigoti … Altri esempi? ʿUmar ibn al-Khaṭṭāb, uno dei fondatori dell’Islam politico, annientò gli archivi sumeri, caldei, babilonesi, reputati superflui al Corano; millequattrocento anni dopo arriveranno le truppe di un ex alcolizzato a disperdere le meravigliose biblioteche di Baghdad … Chi è il carnefice nella storia? E non mi parli di Hitler: nei bunker dove si era rintanato ritrovarono un parco titoli di sedicimila unità … un pericoloso ratto ghiotto di cartacce, come vede … si fosse limitato a dipingere …”
“Carvalho, per me lei sarà sempre un comunista epicureo e romantico, cioè un anarchico indolente. Divaghiamo: lo sa che Platone chiamava sprezzantemente Aristotele ‘il lettore’. Per Platone era inconcepibile accumulare libri, invece che sapienza …”
“Il maestro di Platone” ribatte placido “andò oltre: si limitò a cianciare, mangiare e rimorchiare ragazzetti. Niente, non scrisse neanche una riga. Eppure fondò il pensiero occidentale …”
“Anche Gesù Cristo, se è per questo …”
“Si limitò a spettegolare in aramaico e a fare l’hippie in Palestina, una condotta che approvo largamente. Purtroppo qualche canaglia compilò i Vangeli …”
“Una volta scrisse qualcosa sulla sabbia, ma si affrettò a cancellarla appena i discepoli cercarono di decifrarne il senso …”
“Capì tutto alla radice. Quel tipo aveva della stoffa, mi creda”.
Le fiamme del caminetto languono. Il tramonto barcellonese, quasi inaspettato, induce una penombra complice. Tento un affondo poco convinto.
“Cancellare i libri, però, è cancellare gli uomini. Senza libri, di miliardi di loro si perderebbe il ricordo di pensieri e gesta. Una biblioteca è anche una forma di risarcimento …”
“L’unica letteratura superstite è quella dei vincitori, la minoranza delle minoranze. I vinti, le uniche persone che potrebbero destare un mio interesse, hanno perso il loro Omero da tempo … Giulio Cesare, davanti all’incendio della biblioteca di Alessandria, disse: ‘Lasciatela bruciare, è una memoria d’infamie’. Aveva ragione da vendere. E, ricordiamolo, lui era un autore …”.
“Di due long seller, se ricordo bene. L’unica soluzione, mi pare, sembra essere quella di Borges. Le voglio leggere un dialogo tratto da un Utopia per un uomo che è stanco. Si svolge fra l’uomo del passato e quello del futuro, vecchio di quattrocento anni:
“I libri contengono menzogne, verità inutili e incomplete, che non servono né ad amare né a campare con coscienza”. Accavalla le gambe, sinistra sulla destra, il gomito destro poggiato sulla spalliera, la mano pendula che stringe fra i polpastrelli del medio e del pollice l’estremità d’un calice periclitante. “L’uomo ha un milione di anni, ma solo negli ultimi cinquemila ha provato il bisogno di imbrattare carte, papiri e bambù. E si è condannato da solo, come Madame Bovary, povera scema”.
“Ma l’uomo ha sempre provato il bisogno di scrivere. Le pitture rupestri, proprio quelle di Spagna, hanno più di diecimila anni”.
“Non dica sciocchezze. Qui parliamo di libri, di libri stampati - libri che, per il solo fatto di esserlo, irrigidiscono la vita e lo spirito, lo mummificano e lo rendono autoritario. Guardi la Bibbia. Finché si trattava di regole di vita di pastori del Medio Oriente, tutto bene. Ad ogni generazione i popoli trasmettevano a voce le leggende e le storie degli antenati. La comunità stessa era il libro e questa ingrossava sempre più come un fiume tranquillo. Poi divenne un libro effettivo, stampato, letto e diffuso, un cadavere immodificabile, e si trasformò in una macchina di morte. Tutti ci vedevano tutto e lo brandivano come una spada …”.
“Oso dire che la metafora suona oltremodo libresca … Mi chiedo, però, come sia possibile, una volta abolito il libro, trasmettere una cultura complessa, anche scientifica, in modo che il senso della storia non ricada nel nulla …”
“Se riesce a scorgere un senso storico in questa successione di scene da manicomio, lo ammetto, lei è un fortunato … E poi, ripeto, non sono contrario a libri di qualche utilità, tipo La riduzione delle fratture femorali o La potatura dell’olivo andaluso oltre, ovviamente, ai manuali di cucina più avvertiti … Ma è letteratura di servizio. La trasformino in pdf e la smettano di affaticare gli scaffali”.
“Fatto sta che il potere, da sempre, brucia i libri. Aldous Huxley, Bradbury, Orwell, prefigurano un futuro, questo sì – autoritario e privo di letterati …”
“Insomma lei vuole confutarmi citando cartaccia da macero?”
“Huxley da macero … bene, si gioca pesante. Ricorre proprio in questi giorni l’anniversario del rogo di Bebelplatz a Berlino. Questo però è un fatto, non un libro”.
“Sapevo che saremmo andati a parare da queste parti … il Carvalho fascista è un sempreverde. Me lo diceva anche la mia amica Alma: ‘Sei matto? Ma cosa sei, un fascista? Solo i fascisti bruciano i libri’. Gli Aztechi erano i nazisti del Messico centrale, bruciavano le biblioteche dei popoli che predavano, poi arrivarono Cortéz e Juan de Zumárraga a cancellare il loro passato in pochi anni. Diocleziano riuscì a togliere di mezzo trentasette libri cristiani, e i cristiani si incaricarono più tardi di sopprimere la maggior parte della letteratura e dell’architettura pagane, alla faccia dei Visigoti … Altri esempi? ʿUmar ibn al-Khaṭṭāb, uno dei fondatori dell’Islam politico, annientò gli archivi sumeri, caldei, babilonesi, reputati superflui al Corano; millequattrocento anni dopo arriveranno le truppe di un ex alcolizzato a disperdere le meravigliose biblioteche di Baghdad … Chi è il carnefice nella storia? E non mi parli di Hitler: nei bunker dove si era rintanato ritrovarono un parco titoli di sedicimila unità … un pericoloso ratto ghiotto di cartacce, come vede … si fosse limitato a dipingere …”
“Carvalho, per me lei sarà sempre un comunista epicureo e romantico, cioè un anarchico indolente. Divaghiamo: lo sa che Platone chiamava sprezzantemente Aristotele ‘il lettore’. Per Platone era inconcepibile accumulare libri, invece che sapienza …”
“Il maestro di Platone” ribatte placido “andò oltre: si limitò a cianciare, mangiare e rimorchiare ragazzetti. Niente, non scrisse neanche una riga. Eppure fondò il pensiero occidentale …”
“Anche Gesù Cristo, se è per questo …”
“Si limitò a spettegolare in aramaico e a fare l’hippie in Palestina, una condotta che approvo largamente. Purtroppo qualche canaglia compilò i Vangeli …”
“Una volta scrisse qualcosa sulla sabbia, ma si affrettò a cancellarla appena i discepoli cercarono di decifrarne il senso …”
“Capì tutto alla radice. Quel tipo aveva della stoffa, mi creda”.
Le fiamme del caminetto languono. Il tramonto barcellonese, quasi inaspettato, induce una penombra complice. Tento un affondo poco convinto.
“Cancellare i libri, però, è cancellare gli uomini. Senza libri, di miliardi di loro si perderebbe il ricordo di pensieri e gesta. Una biblioteca è anche una forma di risarcimento …”
“L’unica letteratura superstite è quella dei vincitori, la minoranza delle minoranze. I vinti, le uniche persone che potrebbero destare un mio interesse, hanno perso il loro Omero da tempo … Giulio Cesare, davanti all’incendio della biblioteca di Alessandria, disse: ‘Lasciatela bruciare, è una memoria d’infamie’. Aveva ragione da vendere. E, ricordiamolo, lui era un autore …”.
“Di due long seller, se ricordo bene. L’unica soluzione, mi pare, sembra essere quella di Borges. Le voglio leggere un dialogo tratto da un Utopia per un uomo che è stanco. Si svolge fra l’uomo del passato e quello del futuro, vecchio di quattrocento anni:
’E’ un libro stampato. A casa ne avrò più di duemila’
L’altro rise.
‘Nessuno può leggere duemila libri. Nei miei quattro secoli di vita non avrò superato la mezza dozzina. E poi l’importante non è leggere, ma rileggere. La stampa, ora abolita, è stata uno dei maggiori mali dell’uomo perché tendeva a moltiplicare testi superflui fino alla vertigine …’
‘Ci sono ancora musei e biblioteche?’
‘No, vogliamo dimenticare il passato, salvo che per comporre elegie. Non ci sono commemorazioni né centenari né immagini di uomini morti. Ciascuno deve creare da solo le scienze e le arti di cui ha bisogno’.
‘In tal caso, ciascuno deve essere il proprio Bernard Shaw, il proprio Gesù Cristo e il proprio Archimede’
Annuì senza dire una parola’.
L’altro rise.
‘Nessuno può leggere duemila libri. Nei miei quattro secoli di vita non avrò superato la mezza dozzina. E poi l’importante non è leggere, ma rileggere. La stampa, ora abolita, è stata uno dei maggiori mali dell’uomo perché tendeva a moltiplicare testi superflui fino alla vertigine …’
‘Ci sono ancora musei e biblioteche?’
‘No, vogliamo dimenticare il passato, salvo che per comporre elegie. Non ci sono commemorazioni né centenari né immagini di uomini morti. Ciascuno deve creare da solo le scienze e le arti di cui ha bisogno’.
‘In tal caso, ciascuno deve essere il proprio Bernard Shaw, il proprio Gesù Cristo e il proprio Archimede’
Annuì senza dire una parola’.
Le piace, Carvalho?”
“Borges, un altro topo di biblioteca che si è pentito … come Nietzsche. Oppure come Canetti e Umberto Eco che scrivono romanzi con biblioteche in fiamme … sfiancati, svuotati e accecati da letture inutili, infinite …”Lancio un’ultima, debole provocazione.
“Un critico italiano sul letto di morte chiamò a raccolta le forze per sussurrare: ‘Muoio, e non ho mai letto La Marfisa bizzarra’. Capito? Aveva di questi rimpianti qui”.
“Quel babbeo avrebbe fatto meglio a importunare la segretaria”.
“Temo che un’altra mezz’ora di conversazione ci renderà fratelli. La voglio discolpare del tutto, Carvalho. Secondo me il più grande sterminatore di libri è il capitalismo. Ha, di fatto, distrutto il passato. In fondo Petrarca, Rousseau, Quevedo non li legge e non li capisce più nessuno. Sono mucchietti di cenere, reliquie senza valore … Il presente è l’unico tempo superstite … Si è sacrificato Cervantes a Zafón e Falcones …”
“E a Manuel Vázquez Montalbán, si badi. Don Chisciotte, un altro poveraccio rovinato dai libri; per salvarlo dovettero bruciargli tutta la biblioteca … Cosa dirle, faremo a meno di Cervantes, poco male. E poi come fai a fidarti di un libro in cui due tizi vagabondano per milleduecento pagine e per milleduecento pagine non piove mai …”La conversazione è chiusa. Carvalho si alza con insospettabile agilità.
“Ravviviamo le fiamme. Mi passi quelle due brossurette lì … sul tavolino … Eccole qua: un’antologia di poesia erotica castigliana e Il problema dell’alloggio di Engels. Benissimo, stagionate al punto giusto … Guardi come le fiamme si leccano i baffi. Bruciate, maledetti perditempo. Sa cosa abbiamo fatto? Abbiamo liberato l’umanità da altri due insolenti molestatori. Siamo dei benemeriti. Venga, come premio ci aspetta una caldeirada abbondante e sopraffina … Biscuter, arriviamo! Come sosteneva il mio creatore, la crapula è cultura, una delle poche possibili”.
“Borges, un altro topo di biblioteca che si è pentito … come Nietzsche. Oppure come Canetti e Umberto Eco che scrivono romanzi con biblioteche in fiamme … sfiancati, svuotati e accecati da letture inutili, infinite …”Lancio un’ultima, debole provocazione.
“Un critico italiano sul letto di morte chiamò a raccolta le forze per sussurrare: ‘Muoio, e non ho mai letto La Marfisa bizzarra’. Capito? Aveva di questi rimpianti qui”.
“Quel babbeo avrebbe fatto meglio a importunare la segretaria”.
“Temo che un’altra mezz’ora di conversazione ci renderà fratelli. La voglio discolpare del tutto, Carvalho. Secondo me il più grande sterminatore di libri è il capitalismo. Ha, di fatto, distrutto il passato. In fondo Petrarca, Rousseau, Quevedo non li legge e non li capisce più nessuno. Sono mucchietti di cenere, reliquie senza valore … Il presente è l’unico tempo superstite … Si è sacrificato Cervantes a Zafón e Falcones …”
“E a Manuel Vázquez Montalbán, si badi. Don Chisciotte, un altro poveraccio rovinato dai libri; per salvarlo dovettero bruciargli tutta la biblioteca … Cosa dirle, faremo a meno di Cervantes, poco male. E poi come fai a fidarti di un libro in cui due tizi vagabondano per milleduecento pagine e per milleduecento pagine non piove mai …”La conversazione è chiusa. Carvalho si alza con insospettabile agilità.
“Ravviviamo le fiamme. Mi passi quelle due brossurette lì … sul tavolino … Eccole qua: un’antologia di poesia erotica castigliana e Il problema dell’alloggio di Engels. Benissimo, stagionate al punto giusto … Guardi come le fiamme si leccano i baffi. Bruciate, maledetti perditempo. Sa cosa abbiamo fatto? Abbiamo liberato l’umanità da altri due insolenti molestatori. Siamo dei benemeriti. Venga, come premio ci aspetta una caldeirada abbondante e sopraffina … Biscuter, arriviamo! Come sosteneva il mio creatore, la crapula è cultura, una delle poche possibili”.
e parafrasando...(...da uno che 5000 libri li teneva e se li è rivenduti quasi tutti ..)...:
RispondiEliminafutturi è megghiu di liggiri
Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria. Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. E' assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Rassomiglierebbe all'autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente nell'infanzia, ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi. Lavora volentieri al loro benessere, ma vuole esserne l'unico agente e regolatore; provvede alla loro sicurezza e ad assicurare i loro bisogni, facilita i loro piaceri, tratta i loro principali affari, dirige le loro industrie, regola le loro successioni, divide le loro eredità; non potrebbe esso togliere interamente loro la fatica di pensare e la pena di vivere? Così ogni giorno esso rende meno necessario e più raro l'uso del libero arbitrio, restringe l'azione della volontà in più piccolo spazio e toglie a poco a poco a ogni cittadino perfino l'uso di se stesso. L'eguaglianza ha preparato gli uomini a tutte queste cose, li ha disposti a sopportarle e spesso anche considerarle come un beneficio. Così, dopo avere preso a volta a volta nelle sue mani potenti ogni individuo ed averlo plasmato a suo modo, il sovrano estende il suo braccio sull'intera società; ne copre la superficie con una rete di piccole regole complicate, minuziose ed uniformi, attraverso le quali anche gli spiriti più originali e vigorosi non saprebbero come mettersi in luce e sollevarsi sopra la massa; esso non spezza le volontà, ma le infiacchisce, le piega e le dirige; raramente costringe ad agire, ma si sforza continuamente di impedire che si agisca; non distrugge, ma impedisce di creare; non tiranneggia direttamente, ma ostacola, comprime, snerva, estingue, riducendo infine la nazione a non essere altro che una mandria di animali timidi ed industriosi, della quale il governo è il pastore. Ho sempre creduto che questa specie di servitù regolata e tranquilla, che ho descritto, possa combinarsi meglio di quanto si immagini con qualcuna delle forme esteriori della libertà e che non sia impossibile che essa si stabilisca anche all'ombra della sovranità del popolo.
RispondiEliminaTocqueville in questa pagina è stato certamente profetico ma per altri versi anche troppo ottimista.
RispondiEliminaAlceste, so che è contraddittorio condividere l'assunto del "tuo" Carvalho suggerendo un libro... hai letto il saggio su Lovecraft di Houellebecq? Se non lo hai fatto te lo consiglio, è divertente ed in tema con questo post.
Saluti da Orte
Leonardo
Per Giuseppe.
RispondiEliminaIn effetti ho riscontrato la stessa sindrome da rigetto .... non per i libri, ma per gli scrittori. E certi autori. La maggior parte li ho bruciati assieme alle frasche di olivo ...
Per Leonardo.
Sì, ho letto quel libretto. Lovecraft mi piace molto e anche MH, anche se è rinunciatario e depressivo.
Il povero HPL visse tempi simili ai nostri, negli anni Venti, in anticipo di un secolo rispetto a noi. In quei giorni l'Italia ancora esisteva, infatti.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaPer Sitka.
RispondiEliminaOttime citazioni vecchio mio.
I rimpianti NON sono per i bibliofili (a volte di un'ignoranza abissale), ma per chi sempre amò la conoscenza (e perciò ha letto libri su libri).
La troppa conoscenza avvelena il sangue e l'azione ... specie in questo frangente storico dove si avrebbe bisogno di legioni di Larsen (Larsen la Morte).
A mio parere, il rimpianto dell'azione, della cosiddetta "vita vissuta", è l'autoinganno per eccellenza. Le biografie, le confidenze, le poesie di personaggi che ci sono stati tramandati come "attivi" fanno spesso riferimento ai loro dubbi sull'esistere, sulla sproporzione tra ciò che si è fatto e ciò che resta nella memoria sensibile e nella stessa carne dei protagonisti. Quante volte noi stessi ci siamo domandati: "ma ero io quello lì?" ripensando alle migliaia di cose che necessariamente accadono nella vita di ognuno. L'intellettuale è affamato di azione, ma il "vero" intellettuale è iper-attivo (le gesta di un Pasolini o di un Wittgenstein insegnano). l'intellettuale ha però, rispetto al "pratico", la capacità di fermarsi e riconoscere il dramma umano che consiste nell'impossibilità di trattenere la pienezza delle sensazioni correlate ai ricordi. Leopardi osservava i giovani del "di' di festa" con un senso di impotenza e di autoesclusione, Pirandello diceva: "o scrivi o vivi" entrambi mitizzando la vita vibrante, brulicante e irriflessiva, e (aristocraticamente, un po' come te e Carcalho) disprezzando la propria condizione di osservatori lucidi e consapevoli.
EliminaLa singolarità è vicina
RispondiEliminaRay Kurzweil ed.apogeo
" Il ritmo del cambiamento accelera. L'evoluzione della scienza e della tecnologia non è un processo lineare, ma esponenziale: la sua stessa accelerazione tende ad aumentare. E la crescita esponenziale è "esplosiva", a un certo punto procede tanto veloce da provocare un salto qualitativo. È quello che succederà presto, sostiene Ray Kurzweil: quel punto, la "singolarità", è dietro l'angolo. Tre aree, in particolare, la stanno preparando: l'ingegneria genetica, la nanotecnologia, l'intelligenza artificiale forte - e l'evoluzione di ciascuna favorisce e accelera l'evoluzione delle altre. Quale sarà il risultato" Un formidabile potenziamento degli esseri umani, che grazie a queste tecnologie saranno in grado di superare la loro "biologicità". Una voce ottimista nella riflessione sul futuro e insieme un avvincente libro di alta divulgazione sulle frontiere della ricerca scientifica e tecnologica.
Il mio commento sara molto meno acculturato,forse sbagliato,tutti i libri credo siano in realta a vario titolo manuali.Quello che si e' perso nel tempo e' la cultura orale che era pregna di esperienza"sul campo" e di confronto "reale" con il prossimo dal peggior elemento alla migliore mente,questo mix amdava ad accrescere sempre il saggio che di questo faceva tesoro e "aggiornava"e metteva in dubbio il proprio credo.I libri nascono da questo,dalla necessita che questa esperienza non vada perduta,ma si sono velocemente trasformati in verita (per comodita' e interesse di alcuni)e appunto in manuali.Per spiegare il concetto diro',che sono convinto che un umile muratore sia in grado di costruire una casetta con un buon manuale,che un ingegnere a fare lo stesso.Il muratore ha esperienza frutto del tempo e non si fida del suo sapere quindi applichera il manuale a suo modo,l ingegnere ha verita' certe non conosce le piccole minime variabili,le astuzie,il libro e' verita' e deve essere applicato.Secondo me la vera cultura nasce dal confronto del piu distante dal tuo sapere e dall applicazione del sapere stesso,spesso invece vedo dottissimi di pinocchio conversare tra loro della storia e confrontarsi aspramente ma poi se si chiede loro ma il legno con cui e' stato fatto pinocchio era stagionato o no ? Rispondono che non e' importante,e non e' importante saperlo.
RispondiEliminapienamente d'accordo - meglio il sapere del contadino che la follia di nietzsche .....kafka voleva che fossero bruciati tutti i suoi manoscritti ma quel coglione di brodo li salvò e li pubblicò....se avesse rispettato le volontà dell'amico, non avrei improntato i miei rapporti con l'altro sesso sull'esempio delle lettere a felice e a quelle a milena; forse sarei stato diverso...forse sarebbe stato, visti i risultati, una sana educazione alla terra - senza troppe seghe mentali...ma in ogni caso anche se non li leggiamo o li avessimo sempre disprezzati, i libri ci influenzeranno sempre
RispondiEliminaUn Alceste d'annata si potrebbe quasi dire...
RispondiEliminaApprofitto per dire due cose. Dopo un'attenta riflessione sono giunto alla conclusione che non siamo in grado di fare quello che dici te. Una presa di coscienza, quasi un inconscio collettivo che si tramuta in azione quotidiana è fantascienza (se pensi che non si riesce nemmeno a mettere d'accordo i quattro lettori di questo blog). E se abbassassimo le pretese? Che ne diresti di un altro duce o un altro re? Meglio che nulla, di certo meglio che adesso, peggio non potrebbe essere. Sarebbe qualcosa.
Punto due. Hai mai visto il film di John Carpenter "Fuga da New York"? Dove il protagonista Jena Plissken deve uscire vivo dalla città di New York (diventata un immondezzaio di criminalità) insieme ad un ostaggio importante. Secondo me le città italiane sono destinate a quella fine. Diventeranno un ricettacolo di stranieri di tutti i tipi più o meno delinquenti che vivranno nel degrado più totale lasciando marcire le città stesse e tutto quello che contengono. Gli ultimi indigeni bianchi o cristiani si sposteranno a vivere in campagna o sui monti a coltivare la terra armati di fucile per difendersi dalle orde barbariche provenienti dalle megalopoli cittadine ormai senza più cibo né acqua potabile. Questo scenario un po' apocalittico secondo me non si discosta molto da quella che potrebbe essere la realtà. La china che abbiamo preso è questa, stile i "sopravvissuti" alla Charlton Heston.
brod....non brodo - scusate ma la tastiera ....
RispondiElimina1988: l'indice di criminalità negli Stati Uniti raggiunge il quattrocento per cento. Quella che un tempo fu la libera città di New York diventa il carcere di massima sicurezza per l'intero paese. Un muro di cinta di quindici metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem, e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Circonda completamente l'isola di Manhattan, tutti i ponti e i canali sono minati. La forza di polizia statunitense, come un esercito, è accampata intorno all'isola. Non vi sono guardie, dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più. (narratrice)
RispondiEliminaCitiamo, senza ricorrere a Carpenter, il nostrano "Medioevo prossimo venturo" del professor Vacca.
RispondiEliminaSiamo divenuti troppo sofisticati ... il sistema imploderà su sé stesso ... per questo conveniva arrivare con un blocco sociale e umano omogeneo ... e invece ...
basterebbero diecimila ...
Osserva il gregge che pascola davanti a te: non sa che cosa sia ieri, che cosa sia oggi: salta intorno, mangia, digerisce, salta di nuovo. È così dal mattino alla sera e giorno dopo giorno, legato brevemente con il suo piacere ed il suo dispiacere, attaccato cioè al piolo dell'attimo e perciò né triste né annoiato… L'uomo chiese una volta all'animale: "Perché mi guardi soltanto senza parlarmi della felicità?" L'animale voleva rispondere e dire: "Ciò avviene perché dimentico subito quello che volevo dire" – ma dimenticò subito anche questa risposta e tacque: così l'uomo se ne meravigliò. Ma egli si meravigliò anche di se stesso, di non poter imparare a dimenticare e di essere sempre accanto al passato: per quanto lontano egli vada e per quanto velocemente, la catena lo accompagna. È un prodigio: l'attimo, in un lampo è presente, in un lampo è passato, prima un niente, dopo un niente, ma tuttavia torna come fantasma e turba la pace di un istante successivo. Continuamente si stacca un foglio dal rotolo del tempo, cade, vola via – e improvvisamente rivola indietro, in grembo all'uomo. Allora l'uomo dice "Mi ricordo".
RispondiEliminaFriedrich Nietzsche, 15 ottobre 1844 – 25 agosto 1900 -
Considerazioni inattuali
PURTROPPO -
Viva l'azione: una spada sguainata che ti arriva dritta in faccia sostituisce e riassume in un lampo tutto l'inutile ciarpame letterario che ci e' permesso leggere, che e' per lo piu' prodotta distrazione mentale per lo schiavo "colto", o per il "caporale". I pochi libri importanti sono ben nascosti.... Il "Grande fratello" di Mediaset non e' molto diverso da Madame Bovary. Imparare ad evitare una spada, cioe' a sopravvivere ad una guerra o ad un evento catastrofico, o al Potete, non viene insegnato dai libri o dai manuali. Si chiama "pratica" cio' che insegna le cose fondamentali della vita. Convengo pero' che certi libri siano interessanti, o almeno seducenti. Qualcuno di loro fa intravvedere uno scampolo di verita', s'intende ben crittografato. La crittografia e' la chiave di lettura dei (pochi) testi (e dipinti) mirabili e concessi a noi plebe. Tutto il resto e' noia... Anonimo di nome R.
RispondiElimina