04 luglio 2021

Ode a Pierre Littbarski

Unreal City, 4 luglio 2021

Guardo alcuni spezzoni dei sedicenti Europei di calcio con un misto di noia e ineluttabilità. Un tempo questi appuntamenti, lungamente anelati per quattro anni, mobilitavano i precordi popolari dei milioni: ora son giochini a margine dell’immaginario, quasi inessenziali.

I mass media, dal canto loro, legati a filo doppio a tali esibizioni sempre più anonime, son costretti a pompare nelle stanchissime arterie dell’emozionalità italiana ogni sorta di eccitante: magniloquenze, iperboli, patriottismi ipocriti – facendoli recitare da guitti che tengono la scena da decenni e che, a ben vedere, nel vivere quotidiano sono i più cinici detrattori dell’Italia e i primi menefreghisti delle progressive sorti del Paese. Parassiti, amebe, tenie.

La comparsa della Madonna di Fatima, Paola Ferrari in De Benedetti, internamente luminescente, non so in virtù di quale metabolismo televisivo, come il bicchiere di latte recato da Cary Grant ne Il sospetto, annuncia il Verbo dell’orgoglio nazionale, falso come una moneta da tre euro, in un tripudio di banalità spicciole, per cui alcuni giocatori di medio cabotaggio vengono elevati a guerrieri delle Termopili.
In realtà, lo si avverte a pelle, è una manfrina in cui i primi a non credere sono proprio i trombettieri; i loro epinici risultano assai interessati ché alle sorti del calcio vengono legate prebende e grassi posti di lavoro. Dagli statali della RAI, pagati con la bolletta della luce, sin al più infimo blogger che lucra disperato su tale nazionalismo stitico.

Le ciance girano a vuoto, si sprecano eufemismi, accrescitivi, esagerazioni, fanfaronate. Sugli schermi italiani questa giostrina risulta quasi dimessa; sulle piattaforme internazionali vibra di altra spettacolarità, ma non fatevi ingannare: è solo vernice d’oro sulla stessa patacca.

I pataccari globali, da Dazn a Sky a Chiunque Altro, son peraltro coloro che il calcio l’hanno distrutto, forse definitivamente, sottraendolo alla condivisione di tutti, sterilizzandolo, riducendo gli empiti brutali del tifo a una pantomima politicamente corretta. The show must go on? Sì, ma quale? I ventidue mutandati, gonfi di anabolizzanti, e galvanizzati fisicamente dalle numerose presenze coloniali, sembrano darsi un gran da fare eppure il coinvolgimento non ne guadagna. Manca il guizzo eccentrico, la giocata inattesa; superare un difensore è divenuto una questione da centometristi più che da prestipedatori o da giocolieri. Le finte, il bluff, la costruzione cartesiana sono sostituiti o dalla foga da gorilla oppure da un tatticismo sfiancante. Raramente riesce uno stop, difficile vedere un lancio superiore ai venti metri. Il dribbling è preterito, abbondano le mischie e le capocciate adrenaliniche, il passaggio a caso, il cosiddetto pressing (alto, medio, basso) per cui gli attaccanti si trasformano in difensori per poi arrivare sfiatati, nonostante il doping, e sbagliare cross di dieci metri o appoggi e tiri relativamente elementari. I fondamentali languono nel cassetto della memoria, a favore di un presunto approccio scientifico di cui si fatica a rintracciare la radice ultima. Il primo scienziato italiano, paradigmatico della scientificità applicata al calcio, vinse uno scudetto grazie al Napoli suicida e due Coppe Campioni, ma senza le inglesi. Il vate europeo dell’ultimo ventennio, invece, Pep Guardiola, allena un undici da almeno mezzo miliardo di euri e però alle conferenze stampa, materiali o immateriali, è osannato a priori, specie dopo aver battuto il Pizzighettone Cracovia per 6 a 2, per le presunte qualità mesmeriche del suo pastone da tic toc. Le chiacchiere PolCor e i finti aneddoti (su Carlo Mazzone: un altro esempio) rinsaldano l’aria da bravo ragazzo, lubrificando la pubblicità, i flash, le presentazioni in HD: la verità è che la Spagna è divenuta grande da una data precisa, il 1992, anno delle Olimpiadi di Barcellona. Prima di quell’anno sembravan tutti ciuchi bolsi, poi le asine, debitamente ingravidate, han partorito purosangue. Si è avuta nella terra d’Annibale, evidentemente, proprio nel ’92, una straordinaria fioritura di spagnolette (le noccioline di Superpippo) o di carrube portentose che dura ancor oggi; fra alterne fortune.

Eppure ciò non spiega la decadenza del rito collettivo del calcio, la soporifera nube che lo avvolge, nonostante lo strofinamento dei lustrini che gli hanno appiccicato addosso. Il problema non sta nemmeno nelle coorti di famelici usurai che accompagna la carriera agonistica dei migliori calciatori (o ritenuti tali) o nella mafia dei settori giovanili in cui, spesso, i migliori vengono boicottati a favori di altri elementi i cui genitori sono in grado di pagare la mazzetta.

No, il problema risiede nella mancanza di personalità dei vari attori in campo. Ciò è dovuto principalmente alla devoluzione dell’Europeo, come tipo antropologico, e alla proliferazione dei mezzi di comunicazione che rende trito ogni aspetto del gioco vanificando ogni aura o possibilità di mitizzazione popolare.

Ronaldo assomiglia a tutti gli altri, gli altri a sé stessi; il tatuato palestrato a ogni altro tatuato palestrato; il negro tutto sprint ai negri tutto sprint che abbiamo visto negli ultimi vent’anni. Il messicano o il cileno o il brasiliano d’importazione, deprivato dei caratteri originari, si diporta come un ventenne metropolitano qualunque, di Berlino o Parigi o Londra, identico a ogni altro - ulteriore innocuo belinone che cicala banalità ai microfoni interconnessi della Monarchia Universale. L’inglese, con barbetta e baffetti, sembra un Italiano ripulito, gli spagnoli sembrano studentelli tedeschi, i danesi aiutano le vecchiette ad attraversare le strisce, i turchi, secolarizzati dalla correttezza, li ritrovi, indistinguibili, in ogni altra nazionale: un di questi, Emre Can, sembra l’attorucolo di una telenovela turca di Mediaset (che, infatti, è turco). Dilavato dai tratti distintivi che rendevano le nazionali gruppi esclusivi e riconoscibili, l’Europeo s’è trasformato in un muscolato qualsiasi, privo di passione, agonismo, coratelle e fegato e le cui uniche emozioni coincidono con l’osservanza rispettosa delle liturgie PolCor: dall’inginocchiamento postribolare che omaggia un gruppuscolo estremista americano (la Baraldini fu condannata a 43 anni per molto meno) ai minuetti in favore di presunti surriscaldamenti globali et similia. Persino la mobilitazione ordinata in campo dal capitano danese Simon Kyaer a tutela di Christian Eriksen perde, in tale contesto dolciastro, gran parte della forza simbolica ed eversiva, da antica confraternita maschile, per diluirsi nel perbenismo pandemico della correttezza ecumenica.

In altre parole: mancano l’Italiano, il Greco, il Tedesco, lo Spagnolo - la poltiglia dilaga. L’Italia, la Grecia, la Germania, la Spagna, per ciò stesso, sono ritenute dallo spettatore, pur incosciamente, fioriture aliene e inessenziali. A che pro tifarle? Manca, del pari, il giocatore con una fisionomia riconosciuta: il mattatore folleggiante, la canaglia, il terzino spietato, la bandiera, l’irregolare. Senza l’Apocalittico, anche l’Integrato si dilegua; né Beatles né Rolling Stones, insomma; neanche gli Oasis: siamo ai Maneskin.

La leggenda e la poesia sono impossibili, poi, in questo mondo che vive delle frantumaglie del presente. Questo il nodo cruciale. Una volta le figurine Panini rivelavano al nostro universo di adolescenti le fattezze dei giocatori italiani, per la prima volta; quasi del tutto sconosciuti rimanevano, invece, i grugni di quelli sudamericani. Tale nube d’ignoranza favoriva, inevitabilmente, il sorgere della leggenda. Le manifestazioni europee e mondiali ci consegnavano le apparizioni mariane di Cubillas e Rivelino, Eder e Ardiles, Michel van de Korput e Lozano, finalmente. Privati addirittura dei volti degli eroi, la leggenda e la poesia avevano buon gioco a effondersi sulle gesta, di cui si intuiva la grandezza a intervalli di quattro anni durante una breve e intensa celebrazione giubilare. Non v’era troppa differenza fra il cantare di Igor o del Campeador Cid o di Orlando a Roncisvalle o gli atleti cantati negli epinici di Pindaro e i tunnel di Socrates, le sgroppate di Rummenigge e Schachner o, per capitombolarci nel provincialismo più dolce, i calci d’angolo di Massimo Palanca, che tutti avevano forse intravisto per qualche secondo a 90° Minuto; o i dribbling mefistofelici di Pierre Littbarski, che, in verità, vivevano solo nella nostra voglia di calcio. Se qualcuno poteva davvero testimoniare che Massimo Palanca, colla sua aria da gendarme meridionale, capelli ricci e baffoni, aveva uccellato il portiere dall’angolo, chi poteva invece giurare sull'impresa di Pierre Littbarski dato che la Bundesliga non era trasmessa da nessuna televisione? Littbarski aveva dribblato il guardalinee! Sì, ma come? Nessuno lo sapeva, ma il fatto rimaneva, fra noi, inconfutabile. Il più saputo di solito circoscriveva la prodezza: fascia destra; finta alla Garrincha del Tedesco di Colonia, verso l’interno; difensore ingannato e a farfalle, tocco rapido con l’esterno del piede a far avanzare il pallone parallelamente alla linea laterale del campo, altezza tre quarti; Pierre avanza fulmineo sulla striscia gessosa a inseguire la sfera, ma si trova l’impaccio del guardalinee: allora ecco un altro leggero tocco a spingere la sfera in avanti, giro elusivo attorno all’uomo in linea, ammammaloccuto dall’espediente, e ricongiungimento con l’amato pallone qualche metro avanti; ulteriore e morbido tocco d’esterno e cross radente nell’area piccola: rete! Qualcuno di voi si chiederà se ciò è mai avvenuto: non lo so. Forse sì, forse no. Ma è la leggenda che conta.

Anche Ulrich Stielike, altro eroe crucco, fece una cosa simile, forse durante la militanza al Real Madrid: di fronte all’avversario fintò all’interno, ma, senza toccare la palla, corse all’esterno: il centrocampista che lo fronteggiava rimase pietrificato dalle opposte pulsioni (vado a destra? Vado a sinistra?) facendosi superare dal pallone senza intervenire: il perfido Uli, quindi, superata la vittima, si ricongiunse con la sfera pochi metri avanti, tranquillo e a testa alta, coi suoi baffi a spiovente e la tranquilla stempiatura da accorto bottegaio di provincia.

Leggènda: “... evento storico deformato dalla fantasia popolare [B. Fioretti, 1620] … dal lat. eccl. [sec. IX] legénda … ger. di lêgere ‘leggere’, cose che si devono leggere … sembra che la diffusione del sostantivo … sia dovuta alla popolarità della Legenda sanctorum di Jacopo di Varazze ...”.

Le vite dei santi di Jacopo da Varazze o da Varagine (1228-1298), località del Savonese, ebbero immediata diffusione fra i credenti più umili. Tali cose sono da leggersi, sono leggendarie, poiché exempla di santità, ma anche istigatrici umili e profonde della fede; tradizioni orali che Jacopo condensa in uno dei capolavori del Medioevo italiano in cui il tedio del cibreo e la gioia della scoperta sono avvinte inestricabilmente. Sono vere o false queste leggende? Ciò non è rilevante, sono da leggersi e basta. Nascono e si modellano in accordo al sentimento popolare; in tale humus ingigantiscono, si piegano a mille coloriture locali, agli ansimi d’una religiosità ancora vergine e, perciò, creativa; al contempo vanno raffinandosi in una versione umana e riconoscibile della rivelazione metafisica in cui vicenda terrena e celeste coincidono. Una Volontà ineluttabile tutto sovrasta, ma la redenzione non viene mai negata.

La conversione di Sant’Eustachio: “Sant’Eustachio si chiamava Placido e comandava l’armata dell’imperatore Traiano. Per quanto fosse molto misericordioso pure era dedito al culto degli idoli … poiché era perseverante nell’onestà il Signore lo giudicò degno di conoscere la sua parola; ed ecco che un giorno, mentre si trovava a caccia si imbatté in un gruppo di cervi fra i quali uno ve ne era più grande e più bello che, sdegnando la compagnia, si allontanò nel folto della selva. Eustachio si mise a inseguirlo fino a che l’animale non salì su un’altissima rupe. Allora si avvicinò alla rupe pian piano pensando fra sé al modo di catturarlo: quand’ecco che fra le corna del cervo vide risplendere una luminosissima croce … e il Signore così parlò per bocca del cervo … e disse: ‘O Placido, perché mi perseguiti? Io ti sono apparso in questo animale per uno specialissimo favore: sono Cristo che veneri senza saperlo e al cui cospetto sono ascese le tue elemosine; ecco, ho voluto cacciarti, mentre tu mi cacciavi”.

Nel limo nasce la leggenda; la leggenda o la bella illusione permettono la vita, la fierezza e la serenità che infonde il Bello. La Fede alberga presso il Bello, in quanto unica Verità concessa all’uomo. La verità, che è Bellezza, vivifica, e rende la vita degna di essere vissuta; e tollerata.

La leggenda di Pierre Littbarski permise di credere e tifare per anni; e credere giustifica il breve volgere delle cose e del tempo concessoci. Disseccare la poesia, cioè la leggenda, rende lo scorrere del tempo uno scialo di triti fatti, impossibili da organizzare in un divenire sensato. Si diventa pazzi, letteralmente.

Tutto ciò che tocca il politicamente corretto, esso dissolve. Ove interviene, tutto degenera nella parodia. Così l’umanità e la pietà sono distorte in qualcosa che rassomiglia a quei sentimenti puri, ma che, invece, è profondamente diverso, e ingannevole. Non v’è nulla di bello, euritmico, profondo, sereno, alto, vasto, in questa ondata folle che sta travolgendo il mondo. Ogni atto apparentemente altruista è a doppia lama: non di dolce apertura al prossimo, ma di un opportunismo appiccicoso, untuoso, dolciastro. Dolciastro è parodia di dolce. “Dolce color d’orïental zaffiro” o “E il naufragar m’è dolce in questo mare”, per usare altro verso debitamente facile, sono esempi d’una retta concezione del termine dulcis.
Nel film Inferno (Dario Argento, 1980), invece, ispirato a una lettura di Thomas De Quincey, ecco la parodia. Un trattato dell’alchimista Emilio Varelli descrive le tre dimore delle Madri infernali: Mater Suspiriorum, Mater Lacrimarum e Mater Tenebrarum dislocate a Friburgo, Roma e New York. Tali enclavi, in cui vige la legge del mondo al contrario, sono avvolte in un lezzo particolare:

“- In un capitolo del libro si parla di un odore cattivo, molto particolare. E in questo quartiere io sento un odore strano, dolciastro, nauseante ... mi capisce?
- Dicono che sia per via della fabbrica di biscotti. Abito qui da molto e lo sento da sempre. Cos'è, la infastidisce? È solo questione di abitudine, col tempo non lo avvertirà più”.

L’odore nauseante, dolciastro, ma non dolce, avvisa della congrega di streghe che alligna tumorale nei recessi del quartiere.
Pochi avvertono la nausea, altri, invece, additano dolosamente una falsa causa; quasi tutti, però, si abituano e non ci fanno più caso.
Intanto l’umanità dilegua.

Nell’aria s’ode un ululo di corni, uno sfacelo.

53 commenti :

  1. Nei gloriosi tempi che furono, più o meno fino ad una quarantina di anni orsono, il calcio era lo sport della domenica ed era fruito andando allo stadio o ascoltando le partite attaccati ad una radiolina; per noi ragazzini di allora il calcio, fuori dai riti domenicali, era rappresentato dalle figurine Panini, icone ammantate di un'aura di sacralità al pari dei santini e come non ricordare quelle mitizzate come "rare" che i più fortunati potevano scambiare anche con quaranta o più figurine ordinarie.
    Diciamocelo pure, il calcio per noi non era uno sport, era una religione, una fede con i suoi santi ed eroi ed i suoi sacerdoti che officiavano all'interno di Novantesimo minuto.
    Dopo gli anni '80 è iniziato il Crepuscolo degli Dei; calcio scommesse, campagne acquisti miliardarie, dream team da 100 mld di lirette di allora, partite teletrasmesse sempre più frequenti, calciatori strapagati assunti come testimonial ed opinionisti su ogni scibile e disciplina umana. fine dell'età del mito, fine dell'età degli uomini, inizio dell'era degli omminicchi e dei quaquaraqà.
    In politica è accaduto, più o meno, lo stesso; cadute le austere e ieratiche figure della prima repubblica abbiamo preso la china del degrado in caduta libera. il resto non è più neanche storia, è cronaca da giornaletto di provincia.



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    1. "Nei gloriosi tempi che furono..." e poi "una quarantina di anni orsono" ... meraviglioso: la memoria storica è stata resettata alla fine della 2 guerra mondiale, il mondo fu generato negli anni '50.
      Senza offesa! non ho saputo trattenere questa piccola osservazione, ma porca l'oca, hanno lavorato proprio bene.

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    2. Senza offesa: come fai a dire questa cosa in un blog come questo?
      D'altra parte, se parli di pallone, la memoria è quella esistenziale di ognuno di noi: dai cinquanta in su, pressapoco.

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    3. Caro Barabba, non ho alcuna ragione per offendermi perché hai perfettamente ragione, anzi, direi che collocare negli anni '50 l'inizio della non-storia contemporanea è decisamente ottimistico; ogni generazioni, infatti, ritiene di essere la prima dell'umanità ed al ventenne di oggi non può essere richiesta memoria storica anteriore alla propria data di nascita. un esempio?
      incontrai tempo fa un ragazzotto con una maglietta recante la scritta "Wish you were here" e non resistetti dal chiedergli cosa significasse e chi fosse il gruppo o l'artista cui era riferita. La risposta fu: "vorrei che tu fossi qui, è la canzone di un rapper americano..." capito? Video killed te radio star poi you tube ha completato il resto ma anche quest'ultimo ha le ore contate.
      Che ci posso fare se, per motivi generazionali, non posso citare competentemente gli scudetti del Pro Vercelli o del Casale Monferrato (nozioni apprese su un Albo della Panini di fine anni '70)?

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    4. Beh Alceste, lo ha scritto Alessandro, "Nei gloriosi tempi che furono, più o meno fino ad una quarantina di anni orsono" una frase che mi ha colpito come del tutto paradossale. Quando poi scrive delle figure austere e ieratiche della prima repubblica, ho subito pensato al ciccione che negli anni 80 scrisse il catalogo delle discoteche italiane con circa 250 voci. Garantito ci avrà messo anni di assidue frequentazioni a maturare la conoscenza necessaria. Craxi aveva una corte di nani e ballerine, il partito comunista era più o meno alleato dichiarato degli Stati Uniti anche prima che tangentopoli lo rendesse chiaro, ma i suoi elettori votavano pensando alla rivoluzione.
      Ma capisco che Alessandro intendesse il paragone come relativo alla situazione attuale. Al confronto di Letta o di Di Maio, persino La Russa e Bersani fanno la loro porca figura, mentre Berlusconi era assolutamente un gigante, curava rapporti personali con Putin e Gheddafi e chissà quanti altri, chiacchierava di uscire dall'Euro, e di gasdotti dalla Russia...
      Detto questo, il suo blog Alceste è notevole, ma è all'acqua di rose al confronto ad esempio con il canale video "Way of the world" che lei cita a lato non so quanto scientemente con un link alla omonima canzone dei flipper. Oramai non fa video di commento, si limita a meri clip di durata qualche manciata di secondi, di esposizione dei fatti nudi e crudi ad esempio https://odysee.com/@wayoftheworld:7/diversity:7
      ogni giorno ne piazza un paio fino a che non lo caccieranno pure da odysee, ma intanto lentamente crea sconcerto e indignazione, spezzoni da mandare a parenti e amici a sostegno delle proprie eresie, col tempo sedimenta convinzioni risolute, fa legioni.

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  2. I miei ricordi di bambino sono legati agli eventi sportivi visti nella vecchia tv con mio padre. Le leggendarie tappe del giro o del tour, gli incontri di boxe, il tennis o il calcio. Perfino la Formula 1 con gli incidenti spettacolari e tragici acquistava un sapore epico e fatale.
    I campioni sapevano accendere auree mitologiche da antiche divinità classiche. Personalità definite, scultoree, rappresentavano caratteri e destini.
    Ognuno poteva sentirsi rappresentato, identificandosi nella storia e nei modi del proprio idolo.
    E proprio quello sport è stato oggetto di attacco dissolutorio. L'indifferenziato sa dove colpire e poco alla volta ci si trova in una landa desolata, meticciata...propriamente "trans", che vuole essere la nuova e ultima frontiera del nulla.
    Ammetto di sentirmi un po' orfano di quel mondo, di quelle telecronache forbite, eleganti. Orfano dei cartelloni pubblicitari a bordo campo: Diadora, Agfa, Stock84, Termozeta.
    Oggi mi limito maliconicamente a guardare vecchie puntate di novantesimo minuto.
    Un caro saluto Alceste, a lei e a tutti gli ospiti del blog

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  3. Buonasera e grazie a tutti.
    Il declino è iniziato con la sentenza Bosman, un giocatore olandese di second'ordine. L'Olanda fu la culla dei massoni e degli illuministi radicali e, conseguentemente, l'Olanda divenne uno degli incubatori del calcio liofilizzato e polcorretto.
    Non seguo il calcio per tifo, mi piaceva perché l'ho giocato sino a un decennio fa, a livello amatoriale. Esso ha seguito il decorso tumorale dell'Europa: spersonalizzazione, mercimonio, ingaglioffimento pubblicitario, ossessività nella proposta olotelevisiva, spezzatini agonistici. Risultato: giocatori tutti eguali, mancanza di epos, sparizione lenta del tifo, soprattutto del più simpaticamente becero.
    Per farmi due risate sui tifosi che furono mi tocca vedere i film di Pippo Franco.

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    1. Rimango colpito da questa frase : mi tocca vedere i film di Pippo Franco. Ecco, Pippo Franco, da poco salito agli onori delle cronache in quanto unico ospite in una addomesticata trasmissione televisiva che ha parlato tranquillamente delle cure alternative al covid e della lucida follia delle norme vigenti. Un minuto degno del miglior contro informatore. Ma qui vorrei ricordare una ,per me, indimenticabile interpretazione del comico romano in un episodio in cui il protagonista, per amore, si doveva dividere nel tifo calcistico tra le due squadre della Capitale ,correndo tra curva Nord e curva sud e, nel frattempo, indossare le maglie di Roma e Lazio. Rammento ancora al cinema,una sala di periferia per un film di di secondo ordine, le risate fragorose del pubblico, ad ogni espressione,strabuzzamento d'occhi,affanni e rincorse, mai udii un pubblico più felice e e rumoroso davanti allo schermo.
      In un periodo dove l'assimilazione forzata dei kulaki italiani procede spedita,ricordare anche solo le commediacce, le risate,le beffe o,da ultimo il calcio di quaranta anni fa, equivale a paragonarla a un'età dell'oro.

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    2. Infatti è così.
      I film minori di quella cinematografia, inclusi gialli e poliziotteschi, individuavano un'età felice.
      La commediaccia, poi, era sempre costruita secondo schemi farseschi plautini, eternamente efficaci, condotti da caratteristi formati sulle tavole dei palcoscenici.
      Ricorderai, sempre in quel film, Mario Carotenuto barista che serviva tazzine giallorosse. Perché? Perché in tal modo i laziali dovevano baciare i colori della Roma ... come si fa a non ridere?

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  4. Alessandro, Marco, Alceste: il calcio come attuale fenomeno mitopoietico, in poche parole.
    I miti degli dei e degli eroi, nell'evo contemporaneo sono traslati in quelli dei pedatori mutandati strapagati. L'umanità anche nel suo più intimo nocciolo ancestrale è passata dalla tragedia - guerra - alla farsa - la partita di pallone.
    "Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto" come scrive Chesterton.

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    1. Qui non si crede al pallone: si fa notare come prima a calcio ci giocassero degli Europei, adesso dei bambocci in serie. Come accade al pugilato, una disciplina assai più antica, che ha subito la medesima decadenza. A interessare lo storico dev'essere la devoluzione del tipo europeo e, presto, mondiale.

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    2. La mitopoiesi è un fenomeno radicato nell'essere umano, di che stupirsi. Ognuno crea i suoi dei, i suoi santi ed eroi a propria immagine e somiglianza; un popolo di predoni creò a suo tempo quell'Adonai che garantiva le vittorie militari e la sottomissione delle popolazioni locali, una figura che, come scrisse Nietzsche, rappresentava la Volontà di Potenza di quel popolo. La miriade di Santi e di Madonne che popolano l'immaginario cattolico cos'altro sono se non un atto di mitopoiesi? la maggior parte di quei personaggi non è mai esistita o è la trasposizione di figure leggendarie precedenti o di divinità pagane. E che dire di quei leader politici di destra o soprattutto di sinistra che tuttora campeggiano sulle magliette dei millennials odierni? C'era una volta il Che...
      Il problema non è tanto il processo in sé quanto la qualità di queste figure, la loro profondità e le potenziali ripercussioni che implicano.
      L'eroe calcistico in molte sedi (v. Maradona per Napoli, esempio eclatante) cos'altro è se non un surrogato del Santo Patrono?
      L'abominio è stato compiuto dal calcio mercato quando ha permesso la mobilità di tali figure: ce lo immaginiamo S. Gennaro ceduto a Milano con contratto triennale rinnovabile in cambio di diritti televisivi Mediaset sui miracoli compiuti?
      PS: questi esempi potrebbero risultare blasfemi, lungi da me offendere la sensibilità religiosa di chichessia.

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    3. Ma figurati Alessandro, non sei tu a plastificare la fede...

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    4. Si alla fine ho scritto "i miti degli dei e degli eroi", correggendo un iniziale "i miti di dei, santi ed eroi" per motivi stilistici, perché il primo è una frase fatta e quindi si legge meglio.
      Quando poi cito Chesterton non lo faccio con bigotte intenzioni sanfediste, ma con il freddo distacco del propagandista.
      Come (d'altronde rilevato da Alessandro) scriveva Spengler echeggiando Nietzsche, come avrà pensato anche Edward Bernays, ogni civiltà, che dico, ogni gruppo umano, ha un mito fondante che dona identità a ogni suo membro e gli impartisce una direzione da seguire, a livello di psiche profonda, per la fioritura del collettivo. A livello individuale ognuno persegue in piena consapevolezza i propri interessi, ma ciò è un'isola che galleggia nel mare dei comportamenti indotti collettivi.
      I miti fondanti oggigiorno nella società liquida sono prodotti dai social media, ieri dalla scuola e la televisione, e sono quelli che ahimé giustamente riporta Alessandro sopra.
      Ora, se una volta il mito modello era il santo martire sbranato vivo, al momento del bisogno la civiltà aveva a disposizione il suo Tommaso Moro, o opposto ma analogo il suo Galilei, o la splendida morte del maresciallo Ney, o il gran vituperato che prende atto della sconfitta e si spara, eccetera.
      Oggi invece, i miti fondanti dell'Occidente terminale sono del tutto negativi: i calciatori del consumismo voyeuristico, le donne in carriera del tramonto demografico, gli ebrei e i negri vittime di orribili sevizie subite dall'Occidente quando era civiltà attiva e vitale, che cattivi, dovete vergognarvi nel profondo, dovete produrre chi è fortunato, e sopra ogni cosa consumare mi raccomando, fino alla china del dirupo e poi fare la fine dei lemming, che noi c'è da instaurare il Nuovo Ordine depopolato, meticcio, verde e per noi elite anche transumano.
      Per questo penso che la cronaca rosa sia assai più nobile, e di gran lunga preferibile ai libri di Stefano Benni, o alle pretese letterarie del tipo "sciagurato egidio" dei vari gianni brera messi là a suonare il piffero verso lo strapiombo.

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  5. Vi lascio un mio commento da donna.
    Sono stata cresciuta da un padre tifoso sfegatato; lo ricordo ogni domenica con la radiolina attaccata all’orecchio e ammetto che riuscì a rendermi una tifosa per un certo periodo di tempo. Ho smesso di seguirlo quando mi sono resa conto che il calcio ha preso il posto della religione come oppio dei popoli.

    Bentornato (finalmente).

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    1. Di oppioidi se ne hanno tanti ormai. Pochi giorni fa mi sono fatto un coast to coast col tram 19: da capolinea a capolinea, decine di chilometri nel traffico. Un'adolescente se li è fatti a capo chino sul visore; arrivata alla meta era ancora lì che smanettava.

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    2. Magari leggeva Alceste , magari...

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  6. Ho appreso stamattina della vittoria del Italia anche se, alle 22.45 stavo nel letto aspettando di addormentarmi con l'orecchio teso per sentire eventuali festeggiamenti. Migliaia di cittadini con le valvole di sfogo spalancate a gridare e suonare clacson come scalmanati per un risultato già sicuramente deciso a tavolino. Il popolo represso può diventare pericoloso quindi sfogarsi è sempre positivo , anche se , ad esempio ,nel fare l'amore con una bella donna o masturbarsi da soli sotto la doccia si raggiunge lo stesso risultato, la differenza è notevole. Stamattina al lavoro, rigorosamente imbavagliato in mezzo ad imbavagliati riflettevo su quegli spalti gremiti di smascherati esultanti e mi chiedevo se qualcun' altro stesse riflettendo sul assurdità di tale comportamento obbligatorio la cui non osservanza causa pene esemplari già confermate da giudici del lavoro. Da un pò consiglio a chi avesse cento euro da buttare , di scommettere sulla vittoria del Italia agli europei . Stasera vediamo se la finale sarà tra l'euro recalcitrante Inghilterra o la brava europea Italia. Mi sembra di sapere già come andrà a finire. Bentornato Alceste , ottimo articolo che offre sempre tanti spunti di riflessione.

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    1. La tua ipotesi calciocomplottista non è del tutto campata in aria ... soprattutto dopo aver visto il secondo tempo di Spagna - Italia, gara fra chi ha cercato di giocare a pallone, pur tediosamente, e un manipolo di stagnari.
      A latere: ammetto di essermi un po' commosso per la vicenda di Luis Enrique (la perdita della figliola) che, peraltro, nel dopopartita, pare si sia comportato da uomo d'altri tempi.

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  7. Chi lo sa, forse il tifo per la nazionale di calcio è una sorta di surrogato del patriottismo. Non essendosi sviluppato storicamente uno spirito patriottico, gli italiani ripiegano inconsciamente sulla nazionale di calcio. Ovviamente, come tutto ciò che è sguaiato e volgare, è un “patriottismo” essenzialmente effimero. Emblematicamente gli italiani conoscono l’inno nazionale solo perché lo sentono alle partite di calcio ed ovviamente conoscono solo quella parte, senza nemmeno capirla peraltro (non sanno chi sia il famigerato Scipio, oppure che il testo dica “stringiamoci a coorte” e non “a corte”), come lei aveva già accennato in uno scritto di un po’ di tempo fa. Nel caso vincessero anche l’ultima partita, probabilmente ci ritroveremo di fronte a scene come quella del finale di “in nome del popolo italiano”, che per coincidenza rappresentava un volgare festeggiamento per la vittoria della nazionale italiana proprio contro l’Inghilterra. Finita la partita e digerita l’ultima pizza, gli italiani faranno scomparire il redivivo patriottismo con l’ultimo rutto di birra. Come disse quel tizio? “Gli italiani perdono le partite di calcio come fossero guerre e le guerre come fossero partite di calcio”. Ma gli italiani son sempre felici, esultano sempre.

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    1. Diciamo che c'è stata una regressione antropologica: da amor di patria a patriottismo di facciata sino a familismo e al narcisismo. Ultima meta: solipsismo nichilista. Una regressione in accordo con la volontà di chi ha voluto e forgiato la nuova società. Inconsciamente alcuni cinquantenni sentono tale mancanza (la sentono perché l'hanno vissuta nel loro svolgersi più frenetico) e si attaccano a tutto rimpiangendo i bei tempi, persino i film con Lino Banfi. Uno di loro sono io.

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  8. Devo dire che non ho mai amato troppo la scuola iberica. La famosa “ragnatela” portoghese, vecchia come il cucco. Me li ricordo bene, negli anni ’80: si passavano la palla per ore, ossessivamente, con ebefrenica, incrollabile ostinazione, come sonnambuli. Non segnavano manco a pagarli! Per anni è girata voce che ai portoghesi facesse schifo segnare. Che ne avessero una vera e propria repulsione fisica. Gli spagnoli sono uguali. È gente semplice, innamorata di se stessa. Si impadroniscono della palla e non la mollano più. Ora, quello stesso stile di gioco, solo un poco velocizzato, reso commercialmente più appetibile e riproposto nel nuovo millennio come “tiquitaca”, ha tosto entusiasmato nugoli di nostrani maccabei, sempre inclini alle dolcezze dell’autorazzismo e a quelle, appena meno invitanti, dell’esterofilia. Ma non è cambiato granché. Anzi, ha reso ancora più manifeste le sue implicazioni culturali.
    È uno stile compiaciuto, autoreferenziale, a suo modo infantile, che persegue il sogno proibito del 100% di possesso palla. La riduzione del match a una mera pratica onanistica davanti allo specchio: senza avversari, senza nemmeno le porte. L’eroe non è più l’uomo che decide la partita. No. È uno che tocca il pallone 9.740 volte. Un palleggiatore compulsivo. Ma è ovvio che il palleggio compulsivo non è che una specie di parafilia, da inserire di gran carriera nel prossimo DSM. Poi magari la partita la vincono gli altri, e nemmeno di misura.
    L’iberico è fatto così: segnare gli ripugna. In effetti, il gol sarebbe un inconveniente, una seccatura. Spezzerebbe l’incanto narcisistico del palleggio perpetuo, interminabile come l’analisi del dottor Freud. La palla passerebbe agli altri, che la rimetterebbero al centro... Il mondo imporrebbe di colpo, ancora una volta, la sua sgradita presenza... Bisognerebbe ricominciare tutto da capo...

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    1. Mi ricordo partite di tennis di noia letale con gli spagnoli, sulla terra battuta: 4 o 5 ore di spallettate. I portoghesi irresoluti, anche: i loro centravanti furono di incredibile irresolutezza.
      Cosa cambiò?
      La mentalità?
      La trasformazione da vecchi falangisti in progressisti?
      Macché, arrivò un doping ben controllato, di Stato.
      E allor l'Iberia prese a vincere, in ogni campo. Mai rinnegando del tutto l'ammuina: se l'ammuina la fai con gli anabolizzanti, però, ti viene meglio, sino all'irresistibilità.
      A parti tali notazioni, c'è da ribadire come il gioco sia ormai involuto, antispettacolare. I protagonisti sono tutti eguali, le nazioni pure e i marker antropologici avviati alla dissoluzione finale. La sportività inglese, a esempio, che si cibava dell'algido dilettantismo aristocratico, è un pallido ricordo come insegna l'episodio dell'inglese per caso Raheem Sterling. Incredibilmente una delle nazioni più conservatrici pare l'Italia.

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    2. Non direi che sia cambiato poi molto. Nel calcio, almeno. Il Portogallo, dopo Eusébio, per riagguantare uno straccio di trofeo ha dovuto aspettare Cristiano Ronaldo, una specie di Don Giovanni calcistico il cui catalogo ostenta il numero dei gol realizzati in luogo delle donne conquistate. Ma Cristiano Ronaldo ha ormai 36 anni, e non si vede chi debba rimpiazzarlo.
      La Spagna, per ricominciare a vincere, ha avuto invece l’infelice idea (infelice secondo me, ma staremo a vedere) di recuperare proprio lo stile di gioco che il Portogallo provava negli stessi anni a dismettere. Mentre quelli trovavano uno che finalmente bucava le difese avversarie, questi ne raccoglievano il tristo retaggio di palleggiatori impenitenti, che fanno dell’orizzontalità l’unica dimensione concepibile. Naturalmente gli spagnoli non se la raccontano così, ma ognuno si costruisce il romanzo familiare che crede. E a loro il padre portoghese e cincischione non piace. Un mezzo fallito che passa le serate al bar, a levarsi la schiuma della birra dai mustacchi? No, certo! Meglio un genitore alto, biondo, olandese, che pratica un calcio innovativo e tromba la moglie anche prima della partita. Così, nella loro toccante genealogia, il tiquitaca sarebbe “l’evoluzione spagnola del calcio totale olandese”. Col piffero! Il tiquitaca è l’evoluzione spagnola della ragnatela portoghese, adattata ai tempi, cioè con più pressing e più velocità. Ma quello è. E infatti, della vecchia ragnatela, conserva lo stigma inconfondibile: l’assoluta incapacità di segnare.
      Non è che la Spagna, nel calcio, sia diventata improvvisamente vincente. Ha vinto per alcuni anni, ma sempre arrancando. E, a quanto sembra, continua ad arrancare: stavolta, su 6 partite, infila 5 pareggi nei tempi regolamentari; nelle ultime 2 si trascina addirittura fino ai rigori. Non vede mai la porta, tranne che contro la povera Slovacchia. Però c'è da dire che si vendono bene.

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  9. Meno male che tra i calcinacci e le travi che cadono della nostra stanca civiltà occidentale ormai in rottamazione, quattro risate possiamo ancora farcele : "..Natalie Portman ha pubblicato un libro per bambini che combatte gli stereotipi di genere. L'attrice ha dato alle stampe nei mesi scorsi “Fables”, una raccolta di tre famose favole per bambini riscritte in maniera più egualitaria, ispirandosi al suo modo di raccontare le storie ai figli cambiando i pronomi. “Mi sono ritrovata a cambiare i pronomi in molti dei loro libri perché c'è una presenza maggiore schiacciante di personaggi maschili, in maniera sproporzionata rispetto alla realtà” ..." https://tg24.sky.it/spettacolo/2021/03/15/natalie-portman-libro

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    1. Ho profetizzato per lei la poltrona di Presidente d'Israele, quindi occhio a quello che fa e dice ... potrebbe addirittura seppellire rabbini e kippah.

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    2. la sig.ra Portman è una cialtrona in malafede! le fiabe tradizionali serbano un tesoro di risorse per la psiche delle donne, le eroine sono tantissime, e astute, ardite, appassionate...la sistemazione che si limita alla poverella che trova marito, è un facile bersaglio, ma prima di tutto una sopraffazione culturale dell'imperialismo (perbenista) USA (Disney)

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  10. Gli ultimi 3 rigoristi inglesi che hanno regalato la coppa all'Italia di inglese hanno oggettivamente poco. Si insinua che possano essere stati messi là in quell'ordine affinché in caso di vittoria le orribili stampa britannica e BBC potessero tessere le lodi di questi "tre leoni", e quindi della forza della diversità ("diversity is our strength") della società multirazziale. D'altronde se la lotteria dei rigori avesse avuto esito sfavorevole, come effettivamente successo, poco male, avrebbero taciuto, e magari velatamente accusato l'Italia relativamente omogenea (ancora per poco pare, vedere https://voxnews.info/2017/12/08/milano-nel-2040-italiani-saranno-minoranza/) di razzismo, come puntualmente hanno fatto, vedere

    https://neovitruvian.com/2021/07/14/leconomist-pubblica-una-storia-bizzarra-lamentando-la-mancanza-di-diversita-nella-squadra-italiana/

    Questo blog neovitruvio ti rovina la formattazione della colonna dei collegamenti a destra, Alceste. L'articolo è la solita maldestra traduzione dall'inglese, ma cita Keith Woods che è un brillante giovane filosofo di cui tento di non perdermi i video, quello sul prodromo dell'offensiva neoliberista esemplificato nella gestione della crisi del comune di New York negli anni 70 mi pare di averlo già proposto qui in passato.

    Tornando ai 'tre leoni', quanto scritto sopra sarebbe un concertato complotto mediatico, ed avrebbe dovuto per forza vedere la complicità del ct inglese Southgate, che peraltro è piuttosto obbediente ai dettami polcor.
    Trovo la questione affascinante: è fondato credere al complotto che gli ultimi 3 rigoristi siano stati messi lì per motivi propagandistici, il che suggerirebbe tutta una serie di inquietanti connivenze?
    Mi ricorda la questione degli ebrei: il loro peso - sproporzionato rispetto alla demografia - nei centri nevralgici di potere, ossia la finanza e i media, i quali sembrano costantemente agire in maniera ostile verso le popolazioni di tutte le nazioni sviluppate, invece che "al loro servizio", come dichiarano, lascerebbe sospettare ci sia un complotto che si dipana da decenni volto a quelle sostituire ed estinguere, e che negli ultimi anni ha visto un'accellerazione impressionante. Oppure è semplicemente naturale compimento nei fatti tangibili del mondo reale, dello stato di decadenza culturale in atto da decenni?

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    1. A mio avviso la seconda ipotesi è la più sensata (e quella alla base della mia impopolarità a destra; non che a sinistra sia popolare ...).
      Gli Ebrei complottano contro il mondo occidentale e ariano?
      No.
      Gli Ebrei fanno gli Ebrei: sono tali da millenni. Sdoganati dall'Illuminismo, hanno occupato, con la loro forza mimetica e le astuzie levantine, i posti migliori, assecondati in questo dal vero Potere che ne ha sfruttato la geniale forza sovversiva (creatasi anch'essa nei millenni).
      D'altra parte anche il genio dell'ebraismo finirà nella discarica della storia. I sintomi già sorgono violenti: sempre più serie TV vertono sulla secolarizzazione dell'Ebreo e sulla fine della sacralità dell'Ebreo stesso. Lo stesso Olocausto sta depotenziandosi sino allo sbadiglio. Ciò significa che l'Ebreo è servito come potenza dissacrante; ora non serve più. Anche quel monoteismo finirà nello sgabuzzino.
      Il Potere, che si è servito di tutti, questa enorme Massoneria preparata da sempre, e sbocciata pienamente durante l'Illuminismo, sembra l'attore della storia: in realtà esso pare inessenziale; l'infiorescenza dell' inevitabile. Inevitabile che l'uomo decada, inevitabile che ogni bellezza perisca. Il suicidio dell'umanità, insomma, segue regole ferree, al di là degli apparenti responsabili.
      Ma di questo parlerò fra qualche giorno.

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    2. Lei con ciò propone una sorta di slittamento dei sospetti, da quelli che detengono il potere, a certuni che "gestirebbero" chi detiene il potere?

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    3. Devo correggere quanto scritto sopra, "se la lotteria dei rigori avesse avuto esito sfavorevole, come effettivamente successo, poco male, avrebbero taciuto". Effettivamente non hanno taciuto, ma hanno denunciato 'commenti razzisti' sui social da parte dei tifosi delusi. Quindi il piano b in caso di sconfitta era farli salire sul pedistallo non da eroi ma da vittime del razzismo, che funziona sempre. I commenti razzisti l'avranno scritti indiani e musulmani, se non addirittura complottisticamente piantati artatamente da chi ha detto a Southgate di far tirare ai 3 gli ultimi rigori, da chi dà ordini nella federazione inglese insomma.

      Tra l'altro solo due giorni dopo la finale, il 13, hanno piantato una installazione agiografica dei 3 formato gigante https://www.football.london/arsenal-fc/news/saka-sancho-rashford-arsenal-mural-21051506

      Non hanno fatto in tempo però a togliere le corone dalle teste a seguito dell'inopinata sconfitta ai rigori.
      Mi chiedo perché non abbiano semplicemente rubato la partita, alla Byron Moreno.
      L'arbitro olandese probabilmente è meno malleabile, e la uefa meno corrotta della fifa di allora.

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    4. I commenti razzisti ci sono sempre: ormai vige una dittatura per cui ogni alito contrario viene etichettato come razzista. La solita manfrina a cui nemmeno credono ... è solo un uso strumentale ... al netto dei coglioni che si attivano da soli al solo udire qualche parola chiave, come i cani durante l'addestramento.
      Per quanto riguarda lo slittamento: secondo me non slitta nulla. Dal Seicento in poi hanno garrotato l'Europa per mezzo dell'oro, ora stanno finendo il lavoro per mezzo dei diritti civili. Peraltro questi famigerati diritti civili non sono stati inventati nel '68, ma proprio durante il primo Illuminismo nelle fogne protestanti olandesi, prima che inglesi. Da lì l'infezione nel settore latino tramite la Francia. Non è questione di etnie, ma di potere. Il potere è nelle mani di chi detiene l'oro (inteso come simbolo) che lo esercita con la propaganda più sfacciata. Le due ganasce della tenaglia: usura e PolCor ...

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    5. Aggiornamenti:
      I tweet 'razzisti' del dopopartita finora individuati sono 44 su 585.000, provenienti da profili per lo più in India, Arabia saudita ed Egitto. Nonostante ciò, prontamente nei talk show provano a sfruttare l'isteria per spostare ancora la finestra di overton: uno ha suggerito di abolire l'anonimato su internet, ovvero ci si deve collegare alla rete con nome e cognome. Un altro ha chiamato misure draconiane contro i fantomatici razzisti: non dovrebbero avere lavoro, né ricevere sussidi, il passaporto dovrebbe essere loro ritirato. In pratica li si vuole ridotti a chiedere l'elemosina per strada. Tutto questo perché essendo uno psicoreato non è criminalizzabile, e allora per ripicca loro dimostrano di poter infliggere un trattamento peggiore che in carcere. Vedere per credere il video del noto commentatore:

      https://www.youtube.com/watch?v=Rmc12n5uCPU

      Uno dei tanti murales della testa di Rashford che sorride beffardo, incorniciato da altisonante motto anti-razzista, ha subito l'orribile sacrilegio di qualcuno che ci ha scarabbocchiato sopra 'pippa' e 'bastardo' a seguito del rigore sbagliato. Beh, il luogo è stato trasformato in un santuario, con una miriade di foglietti con pensierini, fiori, bandiere, affissi tutt'attorno al murales. La gente vi si assembra e si appoggia al murales compunta e dolente, in religioso silenzio, come se al muro del pianto, o come l'anno scorso per George Floyd insomma.
      La ricetta qui sta diventando inverno di lockdown, ed estate di martellamento antirazzista.
      https://www.theguardian.com/uk-news/2021/jul/13/manchester-shows-support-for-marcus-rashford-its-evolved-into-something-special

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    6. Risulta parecchio scoraggiante vedere come usurati trucchi da ciarlatano (ingigantire fenomeni marginali sino a renderli epocali) possano muovere le masse. Eppure è così. Il Regno della Quantità.

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    7. Si beh George Floyd almeno è dovuto morire prima di essere dichiarato santo, ma si vede che ormai queste sono quisquilie che si possono saltare a piè pari.
      Per pura casualità, visto che non sono complottista, a questa accellerazione di monnezza mediatica contro il fantomatico razzismo si è accompagnata la dichiarazione fatta alla chetichella da Johnson che verranno implementati i passaporti vaccinali, al momento per "accedere ai night club".
      Oltre a provvedere alla ovvia esigenza di mimesi per tale provvedimento impopolare, l'accanimento antirazzista di questi giorni potrebbe servire ad inquadrare eventuali nuove ondate di protesta antivax come composte da razzisti, per mera sovrapposizione mediatica di due eventi ascrivibili a categorie, i razzisti e gli antivax, che rimandano alla stessa maggioranza autoctona. E' vera e propria guerra di demoralizzazione psicologica. Nel frattempo si costruiscono nuovi gulag per la quarantena in tutta la gran bretagna.
      Blondet ha ripubblicato un articolo interessante a volo d'uccello sulla situazione e come si connette con l'instabilità economica di fondo del Sistema

      https://www.maurizioblondet.it/ragionare-per-comprendere-cosa-pensano-i-cosiddetti-complottisti-del-covid-dei-vaccini-e-soprattutto-di-quello-che-si-cela-dietro-la-grande-spinta-mediatica-a-vaccinarsi/

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    8. Scusa Barabba, ma non avevo parlato del passaporto di Boris Johnson?

      http://alcesteilblog.blogspot.com/2020/02/passaporto-per-leternita.html

      Dicevo: "E a cosa mira la doppia gamba usura-polcor: al controllo, ovvio. Alla stabilizzazione coatta dell'umanità in una condizione di sospensione morte-in-vita".

      Tra l'altro qui coniai il termne coglionavirus: era il 23 febbraio 2020. Ma non voglio rivendicare doti da profeta. Solo distinguermi dai coglioni.

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    9. Capisco Alceste, ho riletto il breve pezzo del 23 febbraio 2020 e te ne do atto. Deduco di aver evocato involontariamente vecchi, spero, dissapori che non avrei evocato ne avessi saputo qualcosa.

      Tuttavia la squisita manovra "alzare una grande polemica inesistente sul razzismo nei media per implementare il passaporto sanitario alla chetichella" di Boris merita per lo meno di essere citata nel momento in cui si pone in atto, cioè ora, ne converrai.
      L'evoluzione - bollimento lento - del governo inglese sull'obbligo vaccinale è stata, dall'estate 2020: "No, we would never do that."
      Autunno: "We have no plans to do that."
      Inverno 2021: "Unfortunately, it may be necessary for us to do that."
      Estate 2021: "Sorry, but this is how it is from now on - for you at least."

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    10. Credimi: sono tutti dalla stessa parte.
      Parlo dei dirigenti: Salvini, Johnson, Draghi, chi diavolo vuoi.
      L'unica speranza (la mia, intendo) era che - inavvertitamente - il gioco delle tre carte risvegliasse qualche ardore sepolto nell'elettorato. Mi sbagliavo.
      La vaselinizzazione dell'Agenda Unica si serve, ovviamente, di tutto: antirazzismo, omofobia, pinguini e panda, lesbiche portabandiera. La gente, a quanto pare, va in sollucchero. Altri, dissenzienti, sono talmente sfiduciati da essere già rassegnati al reddito imperiale di sudditanza (leggi: povertà digitale ed estinzione di massa).

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    11. ahahah, ardore sepolto nell'elettorato... uahuhuhahahaha !!!

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  11. Alceste scusa, una domanda. Ma secondo te perchè il popolo dei sinistrati ha questa foia del sorvegliare (e possibilmente) punire? e non mi riferisco al patriziato eh, che dal suo punto di vista avrà le sue sporche ragioni...no no, la gente comune...50 60enni ex borghesucci che fiaccolano per i diritti del pinguino patagonico e poi vorrebbero rinchiuderti in un container se esponi un dubbio sul green pass...son semplicemente andati via di testa no?...

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    1. Si tratta di una degenerazione storica. L'antica fedeltà al Partito si è trasformata dapprima in conformismo quindi in fanatismo conformista. Ciò che dice Obama o Michele Serra, insomma, equivale ai diktat di Togliatti degli anni Cinquanta. Guareschi parlava di tri-nariciuti: due narici per respirare, una per far colare via il cervello. Si riferiva alla cieca obbedienza dei militanti comunisti, sorta di robot alle dipendenze dell'Ideologia. Tale obbedienza si trasformò in conformismo, col declinare del PCI, e infine in accondiscendenza a una serie di formule retoriche che nemmeno venivano più dal Partito, bensì da una sinistra mondialista vacua e artificiale. Greta e il pinguino patagonico sono prodotti del ciarpame progressista creato a freddo nei laboratori del progressismo ecumenico. Il sinistro si abbevera a tali pozze di nulla: il suo fanatismo, però, è intatto, da Guerra Fredda: la ferocia degli scioperanti di Modena è la stessa dei filovaccinisti attuali (e dei difensori del pinguino).

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    2. Quanti di questi psicopoliziotti- exborghesucci che fiaccolano sono dipendenti statali?
      Esiste/è mai esistito il fenomeno del dipendente statale di destra??

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    3. In questo, il forzitaliota è almeno più capace di pensiero critico, o per meglio dire, meno manipolabile. Non per doti intellettuali, ovviamente, ma perchè almeno non è stato manipolato per decenni dal Partito, e perchè privo di sovrastrutture ideologiche. La sua bussola interiore è orientata, come direbbe il buon Jerry Calà, verso la cara e vecchia faiga !

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    4. KARL:

      COme i sinistri sono la degenerazione del socialismo, i destri lo sono dell'anima cattolica-pievana. Opportunisti e praticoni. Basti vedere la parabola dei forzisti che trent'anni fa volevano fare la rivoluzione liberale e oggi sono ai banchetti coi radicali (forzisti, leghisti, democristiani d'accatto). La parola chiave è: degenerazione cioé parodia di un comportamento antropologico una volta sensato quanto logico.
      Più che Jerry Calà parlerei di Guido Nicheli, detto Dogui, cumenda dei primi cinepanettoni: l'essenza del forzista d'antan.

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    5. barabba:

      Caro Barabba, da frequentatore cinquantennale della Tuscia posso dirti che lo statale di destra esiste, ma come detto a Karl, ha caratteristiche da praticone e da basso edonista. Quando l'Italia decise di smobilitare l'agricoltura, immise decine di migliaia di inetti presso l'amministrazione pubblica e le mammelle militari (polizia, carabinieri, provinciali, comunali - le Regioni ancora non c'erano) originando un generone statale reazionario, ma dalle medesime qualità di quello sinistro: una manica di lavativi. E però lo statale di destra si fa i cavoli propri, vuole sbevazzare e mangiare la porchetta, raccomandare figli e nipoti e del pinguino patagonico o di Greta poco gl'interessa.

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    6. Adesso con la stretta polcor imminente i poltroni nelle "forze dell'ordine" non se ne potranno più fregare, saranno costretti ad arrestare e detenere no-vax, chi protesta contro l'arroganza degli immigrati, delle donne sul luogo di lavoro, dell'indottrinamento lgbt nelle scuole ecc.ecc.
      Al riguardo, vorrei proporre questo interessante stralcio in tema "forze dell'ordine" scritto da uno che ne fa parte, commentatore altrove:

      "Il Ministero dell’interno è stato sempre in mano a certo schieramento politico, salvo qualche brevissima parentesi con Lega e Forza Italia (che sono ‘centro’). E ritengo probabile che le nomine dei dirigenti (Prefetti e Questori, ma non solo) ne siano state condizionate. Inoltre, le FF.OO. dipendono gerarchicamente dalle rispettive amministrazioni (Ministero dell’interno per la Polizia, Comando Generale per i Carabinieri, etc.) ma tutti dipendono funzionalmente dalla magistratura, che ha potere sanzionatorio. Se uno non commette reato, ma fa qualcosa che non piace al magistrato, si becca una censura, ossia a quell’operatore (Ispettore, Maresciallo, Sovrintendente, Brigadiere) viene inibita l’attività di polizia giudiziaria (indagini e atti connessi) e finisce dietro una scrivania a fare cose altre che la Polizia giudiziaria. E non è l’unica sanzione. Quindi vi è un doppio controllo: gerarchico e giudiziario; se i due ‘controllori’ sono legati dallo stesso filo (scegliete voi il colore) si ha una commistione tra i poteri esecutivo e giudiziario.
      [...]

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    7. [...]
      Beh, quanto sopra si trova nel codice penale e di procedura penale, quindi niente di misterioso. Vi è stato fin dagli anni ’70, un costante indottrinamento alla ‘non violenza’ che ha condizionato tutti e a ogni livello: le polemiche sull’uso delle armi e della coazione fisica, sulla legittima difesa, hanno tutte quella matrice, fomentata da quella parte politica che ha sempre propagandato la sovversione violenta delle Istituzioni. I Romani, più saggi, dicevano “vim vi repellere licet”; in un talk show, un piuttosto noto presentatore disse che “chi si difende è un assassino”: questo è il clima. Quindi il cittadino, in divisa o in borghese, è disarmato innanzi tutto psicologicamente: quando mai si è sentito che uno stupro possa compiersi ‘coram populo’ senza che gli uomini presenti intervengano con energia? Difesa personale non significa ‘della mia esclusiva persona’, ma anche di chi mi sta vicino; e il cittadino ha la facoltà di procedere a un arresto in flagranza di reato, mettendo subito l’arrestato a disposizione della polizia nel frattempo giunta. Fantapolitica? No, codice penale. Ve la figurate la scena? Certo che no: la paura di rogne giudiziarie (magari dopo quelle fisiche) fa girare dall’altra parte anche coloro che avrebbero i mezzi fisici per opporsi. Le telecamere per ogni dove, fanno il resto. Dicono per la sicurezza; il delinquente, specie d’importazione, se ne sbatte, ma se qualcuno reagisce pur senza eccedere, eccolo immortalato. Non è raro sentire gente dire che se reagisce “passa dalla parte del torto”, mentre ‘il torto’ l’ha sempre chi delinque. La ‘sicurezza’ come la intendono gli Stati è molto diversa da come la intende il cittadino (KGB=Comitato per la Sicurezza Interna; tutte le denominazioni di polizia politica o segreta contengono il lemma ‘sicurezza’ nella loro denominazione). In genere, il delinquente, specie alloctono,non ha da perdere: becca il reddito di cittadinanza, le assistenti sociali perorano la sua situazione, arrotonda con qualche reato, le cui vittime sono restie a denunciare per vari motivi.
      [...]
      Io non ho potestà di controllare nessuno; tuttavia c’è la polizia postale e altri che controllano il web. Ricordate quando un tizio scrisse sui social delle frasi irrispettose su Mattarella, e la DIGOS gli perquisì la casa? Analizziamo il fatto. Il vilipendio al Presidente della Repubblica è reato. Si è risaliti all’autore che è stato denunciato e finirà davanti al giudice, che valuterà (c’è molto da dire ma non ho ancora fatto colazione) se è in che misura condannarlo. Ora, la perquisizione serve per acquisire elementi di prova: ma se si è scoperto il reato e il suo autore è stato denunciato, a che serve ancora? Domanda retorica. Inoltre, mancando le condizioni di urgenza, la polizia non ha agito di iniziativa (se mi trovano la armi addosso, è garantito che mi fanno subito una perquisizione domiciliare senza attendere l’ordine del P.M.). Quindi, ordine del magistrato. Per cercare che cosa? Il libro sulla vita di Mussolini per poter dire che è stato trovato “materiale ideologico “? "

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  12. In qualche articolo quasi ti schernisci quando si accenna allo sport, ma ho notato che sei un grande conoscitore, soprattutto del mondo pallonaro che ancora valeva qualcosa, cioè quello che è morto con la legge Bosman, anche se c'erano già state avvisaglie d'involgarimento già in precedenza. Condivido tutto ciò che scrivi. Sono nato a metà anni Settanta e il calcio fino alla fine degli anni Ottanta manteneva, nonostante tutto, un suo fascino. Oggi è uno spettacolo di uno squallore unico, sotto tutti i profili, dentro e fuori dal campo di gioco. Pensiamo solo alla Coppa Campioni, con le sue partite andata e ritorno, sostituita dalla pagliacciata che ha preso piede a metà anni Novanta. La verità è che in trent'anni è stato distrutto tutto, per ammassare denaro, quindi anche potere, nelle tasche di un'oligarchia economico-finanziaria e dei suoi portaborse, e per dar spazio alla lucida follia femminista, che oramai tira le file dell'attuale Occidente rincretinito.

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    1. Ma sì hanno devastato tutto. Bosman fu la causa occasionale. Troppe fanfare, troppo digitale, falsità, urlacci. Basti confrontare le telecronache di Nando Martellini, che vivevano di silenzi, con il berciare attuale, spesso in coppia. Oggi è imposibile la leggenda, il racconto, l'eroe. E infatti abbiamo gli ominicchi.

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    2. Ricordo ancora quando ragazzino rimasi deluso dal non sentire più la voce di Martellini nei mondiali messicani. Oggi sono inascoltabili, hai pienamente ragione. E come se vogliano essere loro i protagonisti dell'evento e non quanto accade in campo, che è comunque sempre più deprimente, non solo sotto il profilo tecnico ma anche "estetico", visto come sono conciati. Fino alla fine degli anni Ottanta avevano ancora un po' di buon gusto, ma oggi fanno solo una gran tristezza. Quando seguo sporadicamente un incontro in tv, della nazionale di solito, rigorosamente tolgo l'audio. Comunque questo dei commenti infiniti e insulsi attorno all'evento sportivo in corso è un vizietto che ha preso piede in qualsiasi disciplina trasmessa in tv.

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Siate gentili ...