27 maggio 2019

Votare liberamente con l’imposizione delle quote rosa [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Io credo fermamente nell’astensionismo estremo come liberazione finale dalla democrazia.
Per dirla con Hobbes - ma ci erano arrivati certi mistici, ancor prima, nel definire trappe, ordini e non democrazie - espressione politica che reca in sé i germi dell’autoreferenzialità individuale, del narcisismo infantile, dell’anarchia quale prodotto di scarto della dittatura bipartitica (centrosinistra, centrodestra), Leviatano che inghiotte il consumatore, l’elettore, che gli dovrebbe rendere vivibile l’invivibilità dell’essere uno, nessuno, centomila, alla ricerca di un pur misero palcoscenico dove esibire il diritto alla mediocrità totale e totalizzante.
Youtube e i suoi tiktok rendono bene l’idea.
Me ne fotto di destra e sinistra, di quote azzurre, rosa e razziali.
Se constato che la statistica non si è ancora allineata al suffragio universale e all’immissione forzata delle donne nell’agone politico, idea non originale, da rintracciarsi nelle polis greche, non vedo perché si debba imporre scelte per stabilire una parità di genere nel segreto dell’urna.
Da quando le signore e signorine si sono riversate nei palazzi del potere, qualcuno può afffermare senza ombra di dubbio che il mondo abbia cambiato direzione rispetto al suo rotolare impazzito e imperterrito nel buco nero della disgustosa stupidità assoluta e arrogante?

21 maggio 2019

Fratelli a un tempo stesso, Amore e Morte ...


Roma, 21 maggio 2019

Più si avvicinano le elezioni più ci si rifugia nell’afrore delle vecchie tane.
Privi di un empito morale alto e imparziale, e d’una riflessione risolutamente filosofica, quella che scruta, onnicomprensiva, dall’alto, sempre, tutti i fenomeni, estraendone un comune senso denominatore, un evidente nesso logico e metafisico, i controinformatori annusano stancamente le solite vecchie chiappe.
Ogni loro argomentazione, ogni diagramma, qualunque deduzione viene improvvisamente obliterata dal richiamo verso la boscaglia del conformismo. Un istinto ferino e ingannevole che li riporta all’origine della depravazione postmoderna: la democrazia liberale. Gilet gialli, secessione catalana, Trump, Donbass, Greta, centri sociali e Casapound, Marx e Junger, signoraggio e MMT, Houllebecq e Saviano residuano come vignette sbiadite; non significano più nulla questi avvenimenti a fronte del ciangottare tribunizio, dell’appartenenza da cani rognosi: ecco, allora, la dea ex machina, la matita copiativa. Comprendere che tale istinto - l’ansia della croce di Bertoldo - fu instillato sapientemente, nei decenni, proprio per formare ciò che loro son oggi, marionette da urna - comprendere tutto questo è impossibile. Impossibile elevarsi, dimenticare goffi rancori; la campanella suona e tutti accorrono alla lotteria.

19 maggio 2019

La distrazione dei distretti veneti [Il Poliscriba]


[Il Poliscriba]

La fisica insegna che la gravità, l’attrazione di due oggetti materiali, risponde alla legge di Newton la cui forza è proporzionale al prodotto delle due masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza.
Negli anni ’50 questa teoria è stata applicata allo studio dell’internazionalizzazione delle imprese, il cosiddetto commercio bilaterale tra due paesi; in particolare lo studio riguardava, negli USA, l’analisi anticipata di quelli che sarebbero dovuti essere i successivi rapporti economici con il Messico, primo vero esperimento di delocalizzazione massiccia di know-how tecnico-produttivo nella storia della globalizzazione contemporanea.
Perché Newton?
Perché si è scelto quali paesi, con quale massa di popolazione e distanza in chilometri dall’Italia erano i più indicati per l’allargamento a Est della Comunità Economica Europea negli anni ’80, qualche anno prima della fine della Terza Guerra Mondiale, popolarmente definita Guerra Fredda.
 


13 maggio 2019

Piccoli equivoci


Lubriano, 12 maggio 2019

Un conoscente della Tuscia mi accompagna per borghi e città.
Borghi e città apparentemente ordinati, ma che patiscono, impercettibili, un avanzato stato di disgregazione.
La metafora stringente è sempre quella.
Il mobile.
Il mobile di famiglia. Solido. Avito. Lucido per tante mani, eminente nella casa, nobile, dopo aver provveduto a tante generazioni. Uomini, donne, bambini costituivano l'amabile folla dei padroni e, nello stesso tempo, la ragione insondabile della sua stessa esistenza. Esso, infatti, serviva, e in tale gesto d'altruismo trovava la causa efficiente del proprio insistere nell'essere. Il mobile, infatti, era stato costruito dalle stesse mani dei padroni; intarsi e cerniere studiate con la calma di chi sa, da secoli, e non di chi apprende sbrigativamente; il materiale, poi, veniva da alberi dei dintorni, alberi che già costituivano, da tempi remoti, il paesaggio e lo sfondo naturale di ogni attore di tale simbiosi emotivamente inestricabile.
Un giorno le cose cambiano. Uomini e donne e bambini più non si rivolgono a esso quale compagno di vita. Senza che nulla trapeli alla vista, avanza, a passi inavvertiti, il demone della dimenticanza. Nessuno ripara una scheggiatura o un battente; vengono trascurate le lucidature; altri utensili o elettrodomestici usurpano funzioni ancestrali. 
Il mobile, come un bimbo non amato, si ammala.

09 maggio 2019

L’uso improprio di Pito Pito ... l’uso appropriato di Cicciolina [Il Poliscriba]


[Il Poliscriba]

La signora Staller non ha mai avuto nessun rapporto sessuale con cavalli o altri equini come per anni si è voluto far credere
Lorenzo Croce, nota gola profonda del porno all’italiana

Azz! … la liberazione sessuale.
Odio le statistiche sull’attività sessuale degli umani.
L’uomo è l’unico mammifero che conteggia i propri accoppiamenti, l’unica bestia che li suddivide in base agli orientamenti contro la sua stessa natura, santificando quelli più perversi, demonizzando quelli etologicamente normali che, contro la verginità e la castrazione morale, riempiono le culle e svuotano il paradiso.
L’uomo è un edema sulla crosta terrestre, un’eccezione animale che conosce la via della distorsione sensoriale, lastricandola di cattive intenzioni, cattivi pensieri, farneticando di uguaglianze laddove si ravvisano solo differenze, riscontrando omogeneità nel ricolmo fiorire di diversità biologiche, mentali, sociali, genetiche che definire razziali sarebbe uso corretto dell’intelletto e del sano osservare incontaminato da propaganda politica o scientifica.
Cicciolina si dimenava sui palchi e i maschi si masturbavano.


04 maggio 2019

Repetita iuvant (astenersi perditempo)


Castellaccio dei Monteroni, 4 maggio 2019

Cosa vantano in comune Emma Bonino e Michel Onfray?
Tutto.
Eppure sembrano militare su fronti opposti, inconciliabili.
Coincidentia oppositorum.
L’uno è divenuto, chissà perché, il cantore dei cosiddetti Gilets Jaunes, apparentemente sovranisti e nazionalisti, almeno nel loro corpus istintivo. Il Nostro, che si occupa di filosofia gaudente, parla un po’ qui e un po’ lì, di sotto e di sopra, ma, a ben guardare, se si possiedono bisturi taglienti e lenti d’ottima gradazione, egli si occupa solo d’un evento agognato: la dissoluzione dell’Occidente. Dissoluzione in cosa? In Qualcosa d’Altro.
L’altra Tizia o Pizia è, da quarant’anni almeno, una dichiarata nemica dell’Italia, cui mai ha tributato onori, ma esclusivamente disonori; europeista, cosmopolita, aperta a ogni refolo universalista, globalista, irenista in casa sua, massacratrice in casa d’altri; il suo unico scopo, ereditato dall’ormai Salmone Ottimo Massimo, Marco Pannella, è quello di dissolvere: Italia, Europa, Occidente; dissolverli in Qualcosa d’Altro.
Dissoluzione, infatti, è termine tecnico preciso (“dis-solvere”, da cui “dis-soluto”, “dis-soluzione” o “di-sciogliere”, disfare un tutto, frantumare un’unità, scompigliare ciò che è ordinato).
In realtà, la realtà sotto i vostri piedi, i vostri occhi e la vostra labile immaginazione, Michel Onfray ed Emma Bonino sono perfettamente consonanti.
La strategia funziona, ha sempre funzionato e sempre funzionerà, almeno contro le società deboli, confuse e prive di sentieri e cippi miliari a indicare la retta via.

28 aprile 2019

Cattivi pensieri


Roma, 29 aprile 2019

Le cose in Italia vanno male perché nessuno ha più voglia di lavorare” se ne esce un Tognazzi lutulento e reazionario (l’avvocato Marani!) in Cattivi pensieri.
Un film grezzo e scostante: una commedia nera, vera commedia all’italiana. La regia è dello stesso Tognazzi che qui si rivela nel suo doppio magistero di interprete e direttore d’orchestra. È nelle opere minori, così come nei dettagli, che si nasconde il diavolo, cioè la verità sul nostro destino di Italiani.
Dino Risi è maggiore di Bertolucci (di gran lunga), così come i cosiddetti registi a latere (Salce, Caprioli, Di Leo, Germi, Damiani) formano una costellazione artistica, oggi negletta, impossibile anche solo da imitare per i Sorrentino, i Guadagnino, i Garrone e gli attori di risulta con la tessera del PD (come dimostra la disastrosa cover sorrentiniana de La dolce vita, premiata, infatti, agli Oscar degli Yahoo).
Basta guardare La rimpatriata di Damiani, Io la conoscevo bene di Pietrangeli, L’uomo di paglia di Germi, Il giovedì o La spiaggia di Dino Risi, Splendori e miserie di Madame Royale di Caprioli (con un magnifico Tognazzi en travesti) oppure La cuccagna di Luciano Salce, con Luigi Tenco, per comprendere ch’essi, già in anni non sospetti, ci avevano donato i ferri del mestiere per aprire le porte dell’inferno.

24 aprile 2019

Non deleghiamo la nostra morte a nessuno [Il Poliscriba]


 [Il Poliscriba]

Un bel morir, tutta la vita onora
Francesco Petrarca

Come si moriva, quando il medico di campagna se ne andava e veniva per le cascine con capponi e tome sotto il braccio, mostrando il segno della riconoscenza più che dell’onorario?
Come si moriva, quando il prete e la processione dei paesani si apprestavano ad onorare in maniera semplice e contadina colui che se ne andava all’altro mondo, dopo aver faticosamente vissuto in questo?
Se non era la guerra a stenderti nel fango a vent’ anni, o la morte bianca nella culla a due, si crepava per lo più di lavoro, di ignoranza o di una malattia sconosciuta, nel proprio letto, con intorno i tanti figli, gli altrettanti nipoti, i fratelli, la moglie o il marito, il parroco, la famiglia e il paese, tutti radunati nella tua casa.
Poi qualcosa è cambiato, qualcosa che si chiama società, scienza medica, deontologia professionale, morale religiosa e sull’onda di costanti mutazioni giuridiche e del comune non senso della vita e della morte, ci siamo trovati, in tempi recenti, a svestire di quel manto misterioso la fine di un individuo.

19 aprile 2019

Italia est divisa in partes tres (la giugulare)


Roma, 19 aprile 2019

Auguro buona Pasqua e buone feste a tutti. Vale a dire: auguro che possiate staccare dall'andirivieni assordante per un paio di giorni.
Per tale motivo vi lascio col cuor leggero.

* * * * *

L’Italia si divide in tre parti: Patriziato, Plebe, Faticatori.
Il Patriziato è assolutamente improduttivo nel godimento dei massimi privilegi. Magistratura, politica, mondo prenditoriale, appaltatori sistemici, tifosi del disastro, papaveri militari, servizievoli segreti, giornalisti e ruffiani di varia natura, vescovi, migrantisti, gangli amministrativi e cancerosi dell’ex Stato Italiano.
La Plebe produce quel che può, relegata ai margini, senza alcun diritto. Campa di escamotage, piccola sussistenza, lavoretti manuali, terziario da sottomondo. La Plebe viene spesso aizzata (con successo) contro i Faticatori quando questi cercano di rialzare la testa. La Plebe si satolla di Champions League.
I Faticatori, in veloce estinzione, rappresentano, forse, secondo stime ottimistiche, il 25% degli Italiani; son quelli che producono reddito, capitale, lavoro; più genericamente, i figuri che pongono le basi perché il carrozzone vada avanti. I Faticatori pagano tasse e imposte e non ne ricevono alcun beneficio di ritorno. Sistematicamente negletti dallo Stato, vengono accusati dei peggiori crimini: fascismo, razzismo, evasione fiscale.
 


Il Patriziato è apparentemente variegato all’interno, ma vanta alcune regole auree che, in caso di necessità, ne formano uno spirito di corpo indiscusso:

15 aprile 2019

Un bimbo non amato


Roma, 5 aprile 1969

"Stanotte, nel dormiveglia, ho avuto una di quelle illuminazioni (che in psicologia si chiamano 'allucinazioni ipnagogiche') per cui poi generalmente scrivo dei versi: la traduco ora invece in prosa.
I monumenti, le cose antiche, fatte di pietra o legni o altre materie, le chiese, le torri, le facciate dei palazzi, tutto questo, reso antropomorfico e come divinizzato in una Figura unica e cosciente, si è accorto di non essere più amato, di sopravvivere. E allora ha deciso di uccidersi: un suicidio lento e senza clamore, ma inarrestabile. Ed ecco che tutto ciò che per secoli è sembrato 'perenne', e lo è stato in effetti fino a due-tre anni fa, di colpo comincia a sgretolarsi, contemporaneamente. Come cioè percorso da una comune volontà, da uno spirito. Venezia agonizza, i sassi di Matera sono pieni di topi e serpenti, e crollano, migliaia di casali (stupendi) in Lombardia, in Toscana, in Sicilia, stanno diventando dei ruderi: affreschi, che sembravano incorruttibili fino a qualche anno fa, cominciano a mostrare lesioni inguaribili. Le cose sono assolute e rigorose come i bambini e ciò che esse decidono è definitivo e irreversibile. Se un bambino sente che non è amato e desiderato - si sente 'in più' - incoscientemente decide di ammalarsi e morire: e ciò accade. Così stanno facendo le cose del passato, pietre, legni, colori. E io nel mio sogno l'ho visto chiaramente, come in una visione".

Pier Paolo Pasolini, "Tempo", nr. 14, 5 aprile 1969