Migranti visigoti. Leggo da un libro di storia delle medie, a caratteri cubitali: “LE MIGRAZIONI BARBARICHE”. E sotto: “Fra il IV e il V secolo numerose popolazioni barbariche varcano, a ondate successive, i confini dell’impero romano. Persino Roma, l’antica capitale, viene attaccata e saccheggiata due volte. L’impero d’occidente, più debole ed esposto di quello d’oriente, si avvia verso il declino”.
Faccio notare, oltre al vezzeggiativo ‘migrazioni barbariche’ in luogo del vetusto ‘invasioni barbariche’, l’uso del minuscolo per le parole ‘impero’, ‘occidente’, ‘oriente’. Ma il bello arriva ora. In verde, poco sotto: “L’idea chiave”. Ancor più sotto, in neretto: “Integrazione”. E quindi il testo: “Fra i regni nati dalla divisione dell’impero d’occidente, durano di più quelli in cui Romani e barbari si integrano fondendo le rispettive culture e vivendo pacificamente. Un esempio positivo è il regno dei Franchi”. A latere la rubrichetta “Ciak, si impara”: probabilmente i pargoli dovranno connettersi a internet e assistere a un videospettacolino PolCor: il testo, poco sotto, recita infatti: “Le migrazioni, ovvero gli spostamenti di popoli, sono un fenomeno antichissimo …”. Siamo in piena zona Boldrini.
Par di capire, insomma, che Alani, Visigoti, Alemanni, Pitti, Sassoni, Burgundi non fossero che Risorse (in maiuscolo) dell’impero (in minuscolo) invitate a una bella cooperazione culturale (un immane déjeuner) foriera di altissimi Esiti Culturali, Artistici, Urbanistici e Umani (in maiuscolo), e che la fine della latinità (in minuscolo) rilevi quale inevitabile e auspicabile evento lungo le Strade del Progresso e della Libertà della Storia (in maiuscolo, stavolta). Che l’occidente (in minuscolo) abbia cominciato a riallacciare lentamente le proprie fila culturali solo sei secoli più tardi (grazie ai testi greci e latini ritradotti dall’arabo) è una cosa che non tange gli estensori del sussidiarietto MinCulPolCor.
Vengo a sapere, peraltro (poiché sono ignorante come una zucca) che il concetto “migrazioni barbariche” riscuote già da anni un certo successo, tanto che i crucchi, sempre loro, hanno già coniato un bel termine: Völkerwanderung, ovvero “migrazioni di popoli”. Noi, certo, ancora applichiamo l’odioso sostantivo “barbari”, ma date tempo al tempo … Anche quel testo “Roma … viene attaccata e saccheggiata due volte” lo trovo sovraccarico di acrimonia, ma, anche qui, lasciamo scorrere lento il miele sotto i ponti dell’ecumenismo e della filantropia … Per l’intanto propongo, dal basso della mia modestia, un più conciliante: “Le carestie e la crescente sovrappopolazione dell’Europa del Nord e dell’Est crearono, in modo perfettamente naturale, il fenomeno dei migranti visigoti e longobardi che si riversarono pacificamente (spinti dai migranti Unni) per le strade dell’impero apportando la ricchezza della varietà culturale ai brutale retaggio imperiale romano e fondendosi irresistibilmente in una miscela di più larga e comprensiva umanità”.
De Maistre? “Dateceli dai cinque ai dieci anni: saranno nostri per sempre”.
Giulio Cesare. Esigo, da subito, che Giulio Cesare e i legionari della X siano qualificati come migranti.
BBC. In un documentario BBC: “La rozza cultura romana a contatto con quella, raffinatissima, dei Celti …”. Come non sentirsi in colpa? Mi scuso con L’Inghilterra, duemila anni dopo, a nome di tutti i discendenti di Giulio Agricola, per l’imposizione della perniciosa mésaillance latino-celtica, avvenuta a fil di daga.
Strunz. Una delle rare sopravvivenze longobarde nella lingua italiana: strunz (merda). Quando il biondo migrante Giovanni Trapattoni diede in escandescenze a Monaco accusando, in grammelot longobardo-milanese, il giocatore longobardo Thomas Strunz, lì, in quel preciso momento, il 10 marzo 1998, il Caso, questo gigantesco Infante che gioca con i ciottoli della Storia, decideva di offrirci uno spettacolo in cui si miscelavano argutamente lo spasso e la più profonda meditazione.
Sindrome di Stendhal. Cesare pianse, a Cadice, davanti alla statua di Alessandro Magno. Di fronte alla leggenda rimproverava la propria inettitudine di uomo: aveva, allora, trentadue anni. A differenza di Cesare, non ho mai pianto. Ogni tanto, però, mi sono commosso. L’ultima volta in cui ciò avvenne: presso il Museo dell’Alto Medioevo. Stavo ammirando degli orecchini d’oro, a cestello, di squisita fattura longobarda. In essi vedevo concentrati il crudele gioco del tempo e degli uomini: ciò che crea la bellezza.
La fine della scuola. Professori universitari, docenti liceali, maestri, presidi, rettori, dirigenti di Provveditorato: questa è la schiuma (o la feccia) che insozza l'Italia. Laddove questi reduci del Nulla arrivano, il Nulla si crea. Il loro mondo, oliato da un dolce disimpegno, finanziato senza riserve dai padroni del vapore, è un mondo inesistente nella realtà, e conformista sino al lealismo più bieco, di artificiale follia. Ormai non si insegna più una cultura, un modo d’essere, ciò che definisce la propria umanità: si trasmettono, invece, sempre più impalpabili notazioni tecniche strette nella morsa di una pruderie correttissima.
Il progetto è chiaro: separare la storia dalla tecnica per impedire la scienza. L’individuo come parte di una comunità dal rilievo culturale definito e peculiare non dovrà più esistere. Esisterà, invece, l’individuo intercambiabile e gonfio di nozioni imparziali e scipite, e il cui quoziente intellettivo, nettamente più basso, sarà in rapporto inversamente proporzionale al grado di specializzazione. Un idiota sapiente.
L’apprendimento veloce di alcune nozioni di base (matematica, giurisprudenza, psicologia, medicina), mai connesse le une alle altre, e sempre ancelle, o puttane, di un’occupazione settoriale, genererà architetti, ingegneri, contabili, cibernetici e medici tecnicamente puri.
La sparizione di classi, aule, scuole e università, favorita dalla smaterializzazione e dalla parcellizzazione digitale del sapere, è alle soglie; anzi è già fra noi. Fra le nazioni non latine (gli idioti nordici) tali esperimenti sono attivi da anni.
Sherlock. Non vi dovranno essere più scienziati, bensì tecnici integrali. Un tecnico integrale controlla tutto della propria materia almeno quanto ignora ciò che gli sta intorno. Conan Doyle rappresentò il tecnico integrale (che sapeva tutto sulle ceneri di tabacco e ignorava l’eliocentrismo) nel suo primo romanzo su Sherlock Holmes, Uno studio in rosso. Questo idiota londinese è il prototipo del tecnico di successo, abile, brillantissimo, senza storia e senza riferimenti. Se Sherlock Holmes fosse fra noi finirebbe diritto nel reparto documentari della BBC.
Hagakure. I, 147: “Un uomo la cui reputazione si basa sulla sua abilità in una tecnica è uno stupido. Concentrando tutta la sua energia in un solo campo certamente vi eccelle, ma non è interessato ad altro. Un uomo simile è inutile”.
Storia e storici. Dovrà sparire, inoltre, lo storico. Le sopravvivenze consisteranno nei corifei castrati di una nuova religione: quella che incita al Bene, all'Universalità, all'Amore Indistinto: ovvero alla dissoluzione. Una religione del Presente, senza profondità. Per loro varranno gli ammonimenti alle figlie di Lot: mai voltarsi indietro. Provate a presentare un progetto (qualsiasi progetto) basato sulla memoria, o sulla preservazione d'essa. Vi diranno che no, non va mica tanto bene: la memoria è identitaria, si prova un certo tanfo nazionalista, le quadrate legioni, Blut und Boden. Meglio una memoria condivisa, magari inventata di sana pianta, ma condivisa da tutti, dagli italiani e dai marocchini, dai romani e dai cinesi, dai falisci e dai polacchi, da ebrei e da congolesi: cioè un presente artefatto e, perciò, accettabile. L'affresco di una chiesa della Tuscia Romana non è un affresco cristiano, concretato da secoli di logica, terrore e fede: è qualcosa da sfrondare dalle asperità della storia, da devitalizzare e ridurre a pappa indistinta in modo che tutti possono ammirarlo e goderne in pieno relax, senza pericolo, come si può ammirare e godere di un divano Ikea. Tale il miracolo dei nuovi tempi.
Il teatro di Ferento, a esempio, è patrimonio di tutti, anche dei nuovi italiani. Non conta il sangue, il passato che divide, ma la cittadinanza attiva.
Che poi i cosiddetti nuovi italiani se ne freghino di tutto questo e ci vadano a cacare (nel teatro) è una realtà talmente inaccettabile per questi nichilisti da non venire neppure presa in considerazione. La boutade di un razzista.
Una visione basata sul nulla, che promana da nulla, e si arricchisce giorno dopo giorno di neghittosità, ottusità, alterigia e luoghi comuni ereditariamente trasmessi (figli e nipoti degli accademici sono irresistibilmente attratti dai sedili più comodi della facoltà in cui insegna il loro satollo parentame). Questi citrulli, compiaciuti delle proprie benemerenze, che si appuntano l'un l'altro con grandi spetezzi PolCor, rappresentano le nuove intelligenze istituzionali dell’ex Italia. Sono un patriziato inattaccabile.
Meritocrazia. Un altro concetto importato dalla pentola delle streghe del turbocapitalismo anglosassone. La meritocrazia c'entra pochissimo col merito. La meritocrazia crea, nel tempo, esclusivamente una casta di obbedienti servitori del nuovo mondo. Chi è, infatti, il meritevole? Chiunque segua il cursus honorum già prestabilito dal potere. Coi suoi corsi di laurea, i dottorati, le specializzazioni. Al termine di tale cursus il meritevole ha acquisito una capace borsa di titoli che gli apriranno le porte del servilismo più abietto: tutti titoli inattaccabili, burocraticamente efficaci, piccoli mattoni con cui edificare carriere utili per una multinazionale o una ONG, ma assolutamente perniciosi per la vita della propria comunità. Guardate in faccia i meritevoli: sono i vostri peggiori nemici. Sostanzialmente psicopatici, impermeabili alla logica del reale, ossequiosi, insulsi. A ben guardare mancano di tutte le qualità positive che denotano un essere umano: la magnanimità, lo scetticismo costruttivo, l'ironia, la conoscenza vasta e profonda che consente la morbidezza della tolleranza e la precisione delle diagnosi. Che Mario Monti sia un granitico imbecille è un dato evidente sin dall’esame fisiognomico più superficiale.
Il meritocratico Macron. Macron merita sicuramente di essere dove è ora, allevato con cura secondo i dettami della teocrazia europea vigente. Uno dei tanti. All’orizzonte vedo già sgambettare nuove file di ballerine a lui simili: ci si rassegni, le Macronettes sono il futuro.
Biblioteche. Il Cesare di Bernard Shaw si disinteressa del destino della biblioteca d’Alessandria: “Lasciatela bruciare, è una memoria d’infamie”. Il passato è certo una collezione brutale di strepiti e terrori, di ignobili vergogne e vociferazioni insensate e massacri; solo questo, però, rendeva senso alle luci improvvise, ai sacrifici e ai miracoli che gonfiavano i frutti della bellezza. Questo mosaico spietato e ricchissimo è, infatti, opera compiuta da uomini e non da simulacri d’essi.
1963. Un testo per le scuole medie del 1963, L’anima dei popoli, D’Anna editore. Una bella antologia della letteratura epica europea. Libro solido, con belle cuciture, buona carta. Oggi sarebbe impensabile: L’anima dei popoli! In copertina le glorie nazionali: Iliade e Odissea, Eneide, I Nibelunghi, Il Kalevala, Il cantare del Cid, Il canto della Schiera di Igor, La Gerusalemme liberata, La Canzone di Orlando. In appendice estratti da La divina commedia e dal Don Chisciotte. Grecia, Roma, Germania, Finlandia, Spagna, Russia, Italia, Francia. Di tali entità solo la Russia sopravvive. Vanishing peoples.
Ricordo mia nonna che li chiamava zingani.
RispondiEliminaAltro nome non conosceva.
Gli altri all'epoca più che altro si vedevano in televisione e il nonno li chiamava negri.
Pannella era il finocchio.
I miei nonni giuro sull'Onnipotente erano due brave ed oneste persone.
Ho nostalgia di quei tempi.
Un caro saluto
Te ne racconto una più dura. Una mia zia sposò un soldato americano durante la guerra e si trasferì negli Stati Uniti nel 1945. Quando la andai a trovare, fine anni Ottanta, il discorso cadde sul razzismo contro i neri. Io sottolineavo il fatto che noi italiani eravamo più tolleranti etc etc. Lei mi disse: "Non siete razzisti solo perché non avete ancora i negri". E il marito aggiunse: "E non avete neanche i giapponesi (tojos mi pare li chiamasse) che comprano le industrie americane e rovinano i lavoratori". Erano due bravissime persone.
RispondiEliminaBell'articolo.
RispondiEliminaNon è più tempo di polcor, occorre una revisione dei valori.
Indipendenza vale più di democrazia (se si trovano a entrare in conflitto).
Il commento sui neri però, quello veramente stupido, la zia se lo poteva risparmiare.
Non so se lo condividi ma ti ricordo che se i neri sono andati in America e stanno venendo da noi è perché prima (prima) siamo andati noi da loro,
Evidentemente non hai mai viaggiato in Africa o in Sudamerica a parte qualche vacanza di un paio di settimane perché sennò avresti avuto a cuore di mettere un distinguo sulla questione.
Viaggia Alceste, vai senza meta usando gli autobus e dormendo in posti dove l'albergo migliore è una topaia da quattro soldi, perditi in paesi dove ogni pietra racconta storie di sfruttamento servile eretto a sistema con la complicità di una Europa che faceva finta di non vedere in cambio di oro e spezie, in cui negli sguardi delle persone vedi ancora certi lampi di paura e soggezione che sono gli stessi degli schiavi dei secoli andati di fronte alle incomprensibili esigenze del padrone bianco, dove il medio borghese europeo che lí può illudersi di essere un ricco si abbandona alle turpidudini più immonde con ragazzini e ragazzine minorenni sapendo che tutt'al più gli costerà qualche euro in più di riparazione.
Non ce la caveremo ritornando al sacro egoismo della micragnosa piccola borghesia che tu chiami "brave persone" perché quelli sono stati i orimi complici delle oligarchie che a partire dagli anni ottanta hanno iniziato il loro attacco alla democrazia partendo dal welfare, dal sindacato e dal lavoro salariato.
E pggi attaccano proprio la micragnosa borghesia, come era ampiamente prevedibile fin dall'inizio...
Ma per lo meno assecondando quella grossolana rivendicazione di una primiitiva coscienza politica potremmo riuscire quantomeno a mettere in discussione l'onnipotenza delle élite tecnocratiche.
Evidentemente la sublime civiltà europea non è ancora pronta per immaginare e costruire il vero "nuovo".
Uno dei miei livres de chevet è Memoria del fuoco, di Galeano.
RispondiEliminaDubito, comunque, che ciò che sta succedendo possa essere compreso con i vecchi schemi.
Ormai è stata inscenata una lotta all'ultimo sangue fra vecchio e nuovo e l'obiettivo è l'Europa bianca. Con questo non voglio pormi nel campo dei suprematisti anche se, ovviamente, qualcuno me lo rinfaccerà.
Tupac Amaru e Geronimo sarebbero d'accordo con me.