28 aprile 2020

Fughe nella prigione


Roma, 28 aprile 2020

Fughe nella prigione è un librino di Curzio Malaparte, pubblicato nel 1936, dopo la condanna al confino per attività antifasciste (Malaparte fu espulso dal PNF nel 1933, dopo una prima, entusiastica, adesione). Eccovi la prefazione all’edizione del 1954. Vi chiedo di assaporare qualche eco remota. Non giudichiamo, culliamoci un pochino. C’è più umanità e vita (ampiezza di vita) in queste righe che in un tomo di mille pagine di Baricco. E poi troviamo il riferimento a una dolente consonanza con Cesare Pavese. Pavese, da comunista, assaggiò, infatti, la cella di Regina Coeli e il confino, più duro di quello di Malaparte, dopo una delazione di Aldo Segre, alias Pitigrilli:
Essere stato in prigione o al confino, è per molti, in Italia, e non solo in Italia, un volgare pretesto a ogni sorta di speculazioni politiche. Per me è soltanto un'esperienza umana, che ha egualmente giovato all'uomo e allo scrittore. Ne avrei tratto senza dubbio anche qualche vantaggio di ordine pratico, se mi fossi imbrancato anch'io in questo o in quel partito politico, e avessi gridato sui tetti, come han fatto tanti altri, che io pure sono un martire della libertà. Non mi pento oggi, e non mi pentirò mai, di non aver commesso un simile errore di gusto.
Ho conosciuto un solo scrittore, in Italia, che della prigione e del confino non abbia fatto materia di speculazione politica: Cesare Pavese. E lo stimo, lo rispetto, lo amo anche per questo. Un mese prima della sua morte, ai primi di Luglio del 1950, lo incontrai a Roma, in Via Sistina. Ero con la povera Jana, che già meditava il suicidio. (Jana si ammazzò otto giorni dopo). Cesare Pavese mi disse: ‘Peccato che lei, oggi, non sia con noi’. Gli risposi che ero con loro quando si trattava di andare in prigione e al confino, non ora che si trattava soltanto di vincere i premi letterari. E proprio in quel momento mi ricordai, ma era troppo tardi, che egli aveva vinto, in quei giorni, un premio letterario, e, com'egli diceva, un 'premio mondano'. Sorrise timidamente, come per scusarsi, poi mi disse: ‘Io non sono di quelli, i quali pensano che valga soltanto la loro prigione, quella degli altri no. La mia vale quanto la sua’.
Ora Pavese è morto. Si è ammazzato. L'ossessione propria del carcere, è il suicidio: il solo modo di evadere. Basta leggere tutte, o alcune, o anche poche, delle sue pagine, per capire che Pavese non era riuscito a liberarsi dall'ossessione della prigione. Nel suo diario postumo, (Il mestiere di vivere), ha lasciato scritto: ‘Andare al confino è niente; tornare di là è atroce’. Non era mai riuscito, in fondo, a ‘tornare di là’. Dopo tanti, dolorosi tentativi di fuga attraverso l'intelligenza, la cultura, la poesia, è finalmente riuscito a fuggir di prigione attraverso la morte. (Ha detto di no a quel che pensavo quando anch'io tentavo di ‘tornare di là’: che soltanto i criminali, e i bruti, tentano la fuga segando le sbarre delle inferriate, o tagliandosi le vene dei polsi. Anche i disperati, avrei dovuto aggiungere). Attraverso la morte, questa vera libertà, la sola per cui valga morire. E penso oggi che la sua morte abbia valore per tutti, non per lui solo.
Vorrei dedicare alla sua memoria il racconto di questi miei tentativi di fuga, di queste mie fughe in prigione
”.
Queste poche righe ci involano a qualche aerea considerazione.
 


21 aprile 2020

Un tenebroso incanto



Roma, 21 aprile 2020 (2773 A. R.)

Dalle tane. È bastato diradare gli appuntamenti coi due spaventapasseri delle varie Protezioni Nazionali per tornare ad ammirare un panorama più limpido e rassicurante. L’angoscia, non più reiterata, assume le vaporose sembianze d’un succubo lontano. Frattanto, dalle tane, strisciano fuori alcuni pasciuti elementi della sedicente intelligencija italica, da circa tre mesi in vacanza premio; a blaterare, le chiavi del resort Italia in mano, pagato mensilmente da chi da loro è disprezzato fieramente, certe timide rimostranze sul carnevale orgiastico consumato sulle spoglie della Costituzione. Son bave di lumaca, nulla di preoccupante: più a giustificare un’assenza dolosa, o a malcelare sensi di colpa che risalgono dallo stomaco, uno dei pochi organi a non mentire spudoratamente poiché impossibile a silenziarsi colla menzogna del quieto vivere; oppure, tale la mia soluzione preferita, a lanciare l’inane mortaretto della rivolta: come a dire: “Ecco, io ci sono, procomberò sol io, ma, ohimé, le soverchianti forze della reazione ... capite bene ... snudo il petto alle lance avversarie sventolando eroicamente il fazzoletto moccicoso della resa ...”. Il loro comportamento rientra nella tattica dei rodomonti da osteria che sanno di perdere, adottata da decenni, e con successo, dalle peggiori opposizioni. In ciò furono maestri i comunisti, ora lo è Salvini; egli ragiona: poiché so che le mie parole, a cui non seguirà nessun atto positivo, sono inutili a cambiare alcunché io le lancio e le rilancio, sempre più sanguinosamente, onde simulare una resistenza morale granitica e ingenerare nella fasce più deboli di comprendonio la sensazione di trovarsi di fronte a una personalità tutta d’un pezzo. 

L’ultimo sparo. A Capodanno, nel pieno delle farneticazioni da cordite, certi cani s’appiattano sotto il divano. Lo stesso è capitato ad alcuni controinformatori, atterriti dal volume di fuoco delle sciocchezze monotelevisive nonché dalla teoria di cadaveri, dai gendarmi, dai rabbiosi abbaiamenti di sindaci e governatori - in tempo di pace dei perfetti coglioni - che, dalla pila di bare e sarcofagi guarniti di grafici truffaldini, hanno ruotato l’arrogante coda del pavone: vergognatevi! Fatevi un giro nella nostre camere intensive! 
È un fenomeno perdonabile e ampiamente riscontrato in passato: chi non si fida delle proprie capacità intellettuali in terra psicologica ostile significa che non ne possiede nemmeno una. O meglio: vanta il conformismo degli anticonformisti, il che non sposta il giudizio nemmeno d’un millimetro.

Morire d'evidenza


Pubblicato su Pauperclass il 20 gennaio 2016

Quando, da piccoli, si leggeva il sussidiario di storia, io pensavo: "Ma come hanno fatto questi a non rendersi conto della situazione. Erano ciechi? Come hanno fatto ad autodistruggersi? Non guardavano ciò che li sovrastava? Oppure: come possono essere stati così crudeli con gli inermi? Erano, forse, impazziti?".
Eppure è così. Le generazioni umane, immerse nel flusso del vivere e nei loro ridicoli egoismi, non si rendono conto di ciò che accade; di ciò che può accadere. Sono cieche.
Il tempo e l’avanzamento tecnologico non hanno migliorato la situazione. Stiamo per finire in una voragine, ma continuiamo come se nulla fosse. E perché?
Regalo una mia risposta, per quel che vale.
Noi neghiamo l’evidenza.
La verità, infatti, è sotto gli occhi di tutti.
Persino documentata.

Guardare il mostro in faccia


Pubblicato su Pauperclass il 18 settembre 2016  

E va bene, lo ammetto.
Ho sprecato il mio tempo.
Molti di noi l’hanno fatto ed è bene, anche per loro, addivenire, prima o poi, a un mezzogiorno di fuoco dell’anima.
Si nasce, si ama, si studia, si impara, si vive.
Ma quanto di ciò che abbiamo vissuto è frutto della nostra scelta? Non sarà che abbiamo preferito, più o meno consciamente, il caldo letto del conformismo?
Non intendo coinvolgervi; parlerò solo di me (che sono nato a sinistra, altri declineranno l’esame di coscienza a loro modo).
Sin all’inizio degli anni Duemila votavo a sinistra. Perché?
A dir la verità non lo so. La mia famiglia era piuttosto tiepida. Si votava PCI, ma i miei vecchi rimanevano sempre dei simpatici reazionarî in tema di diritti civili. Mettiamola così: desideravano un’Italia più pulita e confidavano, blandamente, nei dirigenti comunisti. E tuttavia mai comprarono una copia dell’Unità, mai si iscrissero al Partito, mai ne frequentarono le sezioni o le manifestazioni. Il loro motto, insondabile, era: nulla di troppo. E la politica attiva, militante era, appunto, qualcosa di troppo: ideologica, forsennata, un po’ fanatica.

16 aprile 2020

Aridateci la nostra libera schiavitù [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Colpo di Stato, ma che colpo se lo Stato qui non c’è ...

Stefano Rosso

Caro a-micco ti scrivo,
così mi distruggo un po’ e siccome sei a un metro di distanza, più forte ti eviterò.
Forse mi sono sbagliato: vivevamo, prima del virus, nel migliore dei mondi possibili.
Nessuno si lamentava dei turni di lavoro, dei contratti atipici di ogni sorta, delle 70 adempienze fiscali annuali per partita IVA, di Equitalia, dell’estorsione del Canone RAI (a quando la paytv?), delle garanzie estreme per accendere un mutuo, degli affitti esosi, del costo della vita, delle zone a traffico limitato, della serqua di divieti e delle trafile burocratiche per “semplificare” l’esistenza urbana e mantenere sistemi di sfaticati, parassiti e ‘o guappi ‘e cartone.
I sociologi hanno scritto un sacco di fregnacce sulla crisi delle masse prodotte dal turbocapitalismo.
Le folle solitarie, le chiamavano; la società liquida e quella dei servizi del primo mondo mantenuta dalla globalizzazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo nel resto del pianeta; la distruzione del padre e della famiglia, la donna assurta a utero in affitto, macchina tra le macchine e la transessualità ... il buio oltre la papera secondo Benigni.
Favole, ben retribuite, frottole un tanto al chilo.

14 aprile 2020

Il fantasma della libertà/2


Roma, 14 aprile 2020

In attesa di sapere se è vera o meno la notizia per cui un decreto legge può abolire gli articoli della Costituzione (no, non lo è), mi sorprendo a vivere sentimenti che prima non capivo. 
Nei libri di Manuel Vázquez Montalbán, a esempio, l’annusapatte Pepe Carvalho, reduce dal Franchismo, ha una reazione di rigetto solo a sentir parlare di polizia e commissariati. Dopo un mese circa di trattamento (assai blando, ovviamente) comincio, almeno io, a lentamente comprenderlo. Il controllo minuzioso abbinato alla propaganda totale, intensiva, onnicomprensiva, alla fine, sfianca. I rovistamenti polizieschi (documenti, identità, tragitto, motivazioni) sono, come detto, la parte leggera ancorché profondamente urtante. Ciò che logora davvero è l’atmosfera, continua, del sospetto. Si è ingenerato un microclima in cui ci si guarda continuamente le spalle e ogni passante pare un delatore intabarrato. Ma perché si ha paura se tutte le carte detenute sono in regola? Ma, obietto, le carte non saranno mai più in regola. Mai più. 
Tale affermazione ora non la si gusta a pieno. Proseguendo di tale passo essa diverrà, forse, merce comune anche alle intelligenze più recalcitranti. Ex falso sequitur quodlibet: ho citato spesso tale locuzione a proposito dei nuovi cretini. Se vengono abolite la logica e il principio di non contraddizione, sdoganando il falso, allora tutto è possibile. Allo stesso modo se accettiamo che un decreto legge possa, di fatto, fare premio sulle fonti primarie del diritto allora tutto è possibile. Non voglio evocare derive dittatoriali poiché qui siamo già in piena dittatura. Non inganni il termine; consideriamo il nudo concetto. Il dictator romano veniva nominato in seduta notturna, dai consoli e dal Senato. Una carica straordinaria, non assimilabile a nessun altra, che prevaleva sulle magistrature ordinarie. Il dictator assommava in sé poteri civili e militari, senza collegialità; era, inoltre, insindacabile rispetto alla deliberazione popolare della provocatio. La nomina avveniva in casi estremi, in periodi emergenziali vien da dire, quali guerre o sedizioni. L’ultimo dittatore fu Caio Giulio Cesare. Con Cesare la dittatura da eccezionale si mutò in ordinaria tanto che negli ultimi cinque anni di vita la detenne continuativamente. La congiura venne originata proprio da tale stato d’eccezione ritenuto inaccettabile da qualche sognatore. L’eccezionalità aveva, infatti, inferto ferite profonde alla normazione repubblicana: il figlio adottivo di Cesare, Ottaviano, inaugurò, di fatto, l’Impero.

13 aprile 2020

Voce dal sen sfuggita ...


Inutile, poi, correggere.
In tal senso si espresse con sentenza definitiva Pietro Metastasio:

"Voce dal sen sfuggita
poi richiamar non vale.
Non si trattiene lo strale
quando dall'arco uscì
"

Una verità antica ("Nescit vox missa reverti", cicalava persino Orazio) che solo recentemente si volle monetizzare dalle parti di Vienna arrogandosene il copyright.
La caccia ai  bambini prosegue.

Il conte Gentiloni: "Il Piano Rinascita non può aspettare". Si attendono rappresentanti della sinistra con mazzi di rose rosse sulla tomba di Licio Gelli. Piano Resurrezione, evidentemente, suonava male. Una volta, circa un millennio fa, "Rinascita" fu superciliosa rivista politico-ideologica-culturale del Partito Comunista. Uno dei suoi collaboratori, poi direttore, era il palindromico Asor Rosa.

Un lapsus, anzi un lapis freudiano, prende le nostre televisioni che illustrano le fake news. Quali sarebbero i preclari esempi di tali notizie infondate?  
Le bibite fredde non aumentano la pericolosità del virus.
Gli animali non trasmettono il virus.
I migranti non trasmettono il virus.
Tre delle maggiori industrie improduttive italiane, insomma.

Beppe Grillo, prendendo spunto dalle parole di Jorge Bergoglio: "Pensiamo a un reddito universale di base". Lo ri-dico: Grillo è il miglior politico italiano. Non mente mai, dice sempre la verità. Non capisco perché non lo stiano a sentire. Basta leggere ciò che scrive il suo Blog per avere contezza del futuro. E però ancora si fa affidamento su impiastri di citazioni tratti da chissà dove, dalle fonti più oscure e ridicole. Mettiamoci in ascolto. Grillo parla pure in Italiano ... Ascoltiamolo: "Pensiamo a un reddito universale di base". 
Perfetto.
Ecco a voi, quindi, anticipate da chi sa, le provvigioni da poltrona del Ventunesimo Secolo, la Belle Époque della dolce improduttività. Remunerare il far niente: una sorta di riedizione del Paese di Bengodi. Niente di nuovo: il massone Carlo Collodi l'aveva anticipato nel famigerato Paese dei Balocchi. L'apripista era nientemeno che Lucignolo, figurina che sgorbieggia delicatamente l'Illuminismo. Pinocchio, che segue Lucignolo, non è, perciò, ancora pronto per il Paese dei Balocchi. Prima deve sottostare ad alcune prove, onde illuminarsi pienamente: dapprima è mutato in ciuco, poi gli tocca stare tre giorni nella balena. Son tutte simbologie della rinascita. La mistica trasformazione in asino l'abbiamo già in Apuleio (invece della Fata Turchina c'è Iside); la balena è, ovviamente, derivata dal libro di Giona. Dobbiamo risorgere a nuova esistenza, insomma. Lo dicono sia il Conte che il conte.

Prima Tromba. Calca per l’apertura del primo McDonalds’ a Teheran.

11 aprile 2020

Peace & Covid [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Siamo al prologo di un Nuovo Ordine Sparso.
Ci attende un secolo di presidi sanitari: ma dove cazzo sono tutte queste mascherine! Centinaia di milioni, l’oggetto più richiesto del pianeta, più prodotto, il nuovo feticcio.
Hanno visto containers, ne sono atterrati airbus stracolmi, carichi immensi fermi in dogane, o svaniti nel nulla... le han prese i Cechi … no! sono stati i crucchi, le mafie, i koala australiani superstiti dall’incendio che li ha quasi sterminati; qualcuno, forse un aviatore, le ha sostituite con straccetti per acchiappare la polvere … Another one bites the dust
Se tutto andrà bene, saranno a breve sdoganate e vendute al dettaglio a prezzi modici, financo date gratis.
Se tutto andrà male, come sembra il destino di questa mascherata universale, le pagheremo a caro prezzo e le dovremo sostituire ogni 4 ore, rifornendoci da distributori a colonna ai bordi dei marciapiedi, usando una comoda app come se si trattasse di una sosta in zona blu.
Eravamo noi quelli che il velo sulle donne islamiche è incivile.
Come non detto, eccoci tutti imbavagliati, incontaminati ... “starnutati” addosso e occhio al drone che ci scansiona la febbre … e un giorno la tachipirina sarà un’arma ribelle e illegale.
2020: è scoppiata la pace nel mondo.

08 aprile 2020

Pinzellacchere virali


Roma, 8 aprile 2020


I sopravvissuti (Survivors, 1975) fu un telefilm britannico di largo successo, anche in Italia. Trama: uno scienziato cinese pasticcia con il virus (dell’influenza?) in laboratorio, poi se ne va in giro quale paziente 0. Mosca, Berlino, Singapore, New York, Montreal, Roma, Atene, Madrid, Orly, Londra: le linee aeree diffondono il contagio in tutto il mondo. Il virus, mutevole, è incontrastabile; i milioni muoiono, Londra si riduce a una comunità di 500 individui. I sopravvissuti, in ragione di uno su cinquemila, sono costretti a rimedi neolitici. Il telefilm si compone di tre stagioni: di tredici episodi le prime due, di dodici la terza. Quest’ultima, la trentottesima quindi, si chiude con un fiat lux. Nelle Highlands, ove resistono circa 150.000 esseri umani, Alec riaccende la centrale idroelettrica. Highlands, le terre alte; Alec-Adamo, i centoquarattaquattromila della nuova Gerusalemme Celeste. Son tutte supposizioni velleitarie, le mie. Però gl’Inglesi, dal loro Impero in dissoluzione, sono latori d’una sapienza che li reca avanti cinquant’anni. Dobbiamo prenderli sul serio anche quando scherzano. Alcune profezie, infatti, se le portano nel sangue, inavvertite. Sono Isaia asintomatici.

La Monarchia Universale, alla quale si tende, mal si accorda con le analisi sull’America cattiva, l’Israele covo della giudaglia, la Russia perfida, la Cina formica assassina, l’Europa decadente. Le nazioni o gli aggregati di nazioni non contano nulla, sono espressioni geografiche. I rappresentanti nazionali, a qualunque livello, valgono solo quali manutengoli di concrezioni di potere apolidi. E basta. Di potere; il che implica posizioni dominanti anche economiche. Gli equilibri geopolitici, che fanno tanto leccare i baffi agli esperti del settore, sono la risultante delle forze in campo operate da tali grumi di potere sovrannazionali. La risultante delle forze applicate al sistema-mondo va nella direzione dell’omogeneità e della centralizzazione a livello mondiale. Sinarchia, mondialismo, globalizzazione. Ognuno, in tale fase, cerca di ritagliarsi un posto al sole contrattando strategicamente le condizioni migliori della futura Dittatura Panottica. Con le buone, le cattive; senza spargere troppo sangue, però. Con tremila morti si è ottenuta la resa del Medio Oriente, a esempio. Questo si chiama “dominare”. Qualcuno ancora pensa, in pieno 2020, che gli attacchi contro Afghanistan e Iraq siano stati recati dagli Stati Uniti d’America avendo quale comandante in capo il Presidente degli Stati Uniti d’America: roba da chiodi.

La legge nr. 225 sull’Istituzione del Servizio Nazionale della Protezione Civile fu approvata il 24 febbraio 1992. Il 17 febbraio 1992, una settimana prima, era stato arrestato Mario Chiesa decretando l’inizio della fine dei giochi post-1945.

05 aprile 2020

Resurrezione


Roma, 5 aprile 2020

Lo meritiamo. Sì, meritiamo che due commercialisti ci vengano a dire quali sono i nostri diritti e quali i nostri doveri, comprimendo i primi e ampliando i secondi, a piacimento. L’uno, un mediocre funzionario, l’altro un esserino dalla voce strascicata e annoiata d’eunuco bizantino. Giusto così. Tale farsa discende dall’umiliazione dell’intelligenza perpetrata attraverso decenni di deculturazione. Sostituita, l’intelligenza dei fatti, dai fatti nudi e crudi. Il ridicolo mattinale d’un dei due figuri, irto di cifre e dati incomprensibili, deprime ormai le giornate dell’Italiano medio. Ammesso e non concesso (io, almeno, non lo concedo) che siano veri, congrui e onesti, c’è da notare che i fatti, isolati, sono stupidi. Solo le migliori interpretazioni valgono; non c’è bisogno dell’assicurazione di Nietzsche per convincersene. Ma qui di interpretazioni, valutazioni, sistematizzazioni, non ce ne sono. Rileva solo la brutalità del numero grezzo, isolato, decontestualizzato e gettato in faccia alle passive platee dell’eterno presente. E così, in pieno 2020, in nome della sicurezza nazionale, due tizi che scambiano l’esofago per il piloro, hanno il potere di modellare la vita democratica d’una delle nazioni più avanzate del mondo. Su commissione, certo, però il Potere si concede ormai in tal modo. Le verità sono esposte in evidenza. L’assassino se ne gira coll’impermeabile insanguinato, lasciando impronte su tutto il mobilio poiché ha, nella manica, dell’impermeabile magari, polizia e giudici e politicanti. 

Costituzionalisti cercansi. Questa sciocca figura professorale, compiaciuta o altera, a seconda della complessione morale o del conto in banca (ingrassato, al solito, dai micchi italiani) presume sé stessa versatissima nelle fonti del ius patriae d’ogni tempo. Erudita, altresì, nelle pinzellacchere giuridiche che si celano negli interstizi della volontà dei Legislatori del 1946, sapiente nei cavilli, saputissima nelle gradazioni di decadimento gnostico-giuridico, dalla Costituzione ai regolamenti condominiali; e sofista puntiglioso quando ha convenienza d’esserlo, trasandato allocutore allorché il padrone ha voglia di manica larga. Questo causidico un tanto al chilo, incravattato come un salame e disponibile a tutto, persino a parlare dai più squallidi pulpiti televisivi, gode dell’assenza più formidabile. Dov’è finito? Lo cerco, da giorni, digitando su google il nome delle nostre glorie cattedratiche, così ghiotte, un tempo, a concionare le più esilaranti assurdità su referenda, riforme, abolizioni, competenze. Da google, che scioglie il passato e lo riordina sovieticamente a proprio piacere, escon fuori solo timidi spetezzi. I costituzionalisti s’adeguano alla nuova realtà: “Certo, potrebbe rinvenirsi un tale rischio, ma le procedure di bilanciamento assorbono come air bag costituzionali eventuali cadute nello stato d’eccezione. D’altronde, l’emergenza, caro signore ... ripeto, non esiste pericolo veruno ... come delineai nel mio Le fonti primarie, del 1998, esaminando le codificazioni austroungariche in tempi di sforzo bellico emanate dal von Kolovrat-Liebsteinsky che Lei ben conoscerà ...”.