Luca Leonello Rimbotti
Il terrore, viene dalle prove che l’uomo dovette sopportare, dalle sue dure disillusioni, dalla sua fantastica tastiera di sensazioni brucianti e alterate. Perfino il baratro, il tetro destino, l’estasi morente, diventano canzone.
Il destino tragico di Edgar Allan Poe è il sigillo biografico di un genio letterario che trovò negli estremi di una vita disagiata e randagia i motivi, della sua più allucinata ispirazione. Attirato dai vortici della perdizione, dagli enigmi più insondabili della vita, egli di tutto fece simbolo. Sia i racconti che le poesie rivelano la sua tenace e ipnotica attrazione per il limite, e, ancora oltre, per ciò che il limite nasconde e promette: la morte. I racconti a base di orrore e di fantastiche e primordiali paure, l’ignoto che da ogni parte aggredisce chiunque osi addentrarvisi -i protagonisti come i lettori- e la sospensione di una sempre imminente tragedia pronta ad abbattersi: tutto questo costituisce la trama che tiene uniti i raccordi di una monte fuori da ogni, norma.
Forse pazzo; forse, come a volte egli, stesso scriveva, cosciente di esserlo, Poe ha ancora oggi la rara capacità di trascinarci lungo i labirinti della narrazione con la stessa calda, febbrile angoscia di un’iniziazione demonica. Un viaggio continuo nell’imperscrutabile. Qualcosa che, sempre ovunque, minacciosamente incombe, l’ineluttabile che, da un momento all’altro, può calare la sua lama con la forza misteriosa di una giustizia barbarica, un taglione che precipita. E’ questa la violenza inesorabile del destino, che sovrasta l’uomo, che lo sospinge verso estremi di follia, un destino che si nutre di vittime e di sciagure.
Il destino tragico di Edgar Allan Poe è il sigillo biografico di un genio letterario che trovò negli estremi di una vita disagiata e randagia i motivi, della sua più allucinata ispirazione. Attirato dai vortici della perdizione, dagli enigmi più insondabili della vita, egli di tutto fece simbolo. Sia i racconti che le poesie rivelano la sua tenace e ipnotica attrazione per il limite, e, ancora oltre, per ciò che il limite nasconde e promette: la morte. I racconti a base di orrore e di fantastiche e primordiali paure, l’ignoto che da ogni parte aggredisce chiunque osi addentrarvisi -i protagonisti come i lettori- e la sospensione di una sempre imminente tragedia pronta ad abbattersi: tutto questo costituisce la trama che tiene uniti i raccordi di una monte fuori da ogni, norma.
Forse pazzo; forse, come a volte egli, stesso scriveva, cosciente di esserlo, Poe ha ancora oggi la rara capacità di trascinarci lungo i labirinti della narrazione con la stessa calda, febbrile angoscia di un’iniziazione demonica. Un viaggio continuo nell’imperscrutabile. Qualcosa che, sempre ovunque, minacciosamente incombe, l’ineluttabile che, da un momento all’altro, può calare la sua lama con la forza misteriosa di una giustizia barbarica, un taglione che precipita. E’ questa la violenza inesorabile del destino, che sovrasta l’uomo, che lo sospinge verso estremi di follia, un destino che si nutre di vittime e di sciagure.