11 febbraio 2020

Normal blood [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

La recente storia della libertà dell'umanità porta al punto dove l'umanità non vede più nessuna ragione sufficiente per andare avanti e cade nella tentazione di distruggere sé stessa e il mondo

Hans Urs Von Balthasar

Il sangue mestruale è normal blood.
Come molti di voi sanno, lo ha deciso la Nuvenia a settembre 2019, lanciando una campagna promozionale di assorbenti igienici che ha scatenato l’indignazione di molte donne e una levata di scudi che ha solo sfiorato la liscia superficie del “tema” proposto, tutto tondo e irraggiante buonismo.
Non sto affrontando questo argomento in ritardo, come qualcuno potrebbe pensare, giudicando il mio intervento fuori tempo massimo o decisamente lontano dall’essere sul pezzo.
E poi non è nemmeno un tema, è un anatema.
Signore e signorine hanno abboccato all’amo, rifiutando lo spot perché feriva pudore e igiene che non possono essere svenduti al pubblico ludibrio.
Niente di questo sottintendeva la telepropaganda progmod dell’assorbente, oltretutto acquistato dalla risorsa colorata che doveva rappresentare, evidentemente, il lato antistupro dell’Africa immigrazionista da riabilitare agli occhi di quelle popolane troglodite e razziste che si sentono minacciate al solo attraversare certi pacifici territori urbani, dominati dallo straniero che non fa torto a nessuna quando si tratta di violenza carnale, non disdegnando il menarca quanto la menopausa.
Le donne, secondo l’agenda globalista della normalizzazione di ogni soggetto, evento, sensazione, orientamento psico-sessuale, linguaggio, comportamento deviante, malattia, necrofilia, stregoneria vera o da fiction, satanismo artistico, etc. dovrebbero mostrare le proprie abbondanti perdite ematiche nei consessi pubblici senza sentirsi a disagio, senza essere giudicate.
Ma questo è un paravento, è una quinta indispensabile alle rappresentazioni che l’Arcinemico inscena per ingannare tutti coloro - soprattutto le donne delle quali sa accarezzare con astuzia l’amor proprio, secondo un modus operandi già felicemente applicato nel Giardino delle Delizie Eterne - che si aspettano, dal suo potere di intrattenimento mefistofelico, la liberazione totale da ogni catena esistenziale.
Gli attori di cui si serve l’Autore sempre in cerca di personaggi, sono, in questa discesa nel lume gastrico della sociofollia, il peggio della peristalsi teatrale: ad esempio, macchiette come il Giuseppi, prossimo accusato al processo Salvini, a cui, per tale spiacevole incidente politico, viene tolta la posa in prima fila davanti allo scatto digitale che ha recentemente immortalato la Compagnia del cannello, vista l’eutanasia programmata a cui sta andando incontro l’Unione Eurotica franco-krukka.
Dietro quella normalità del sangue versata su ovatte innocenti, dicevo, si percepisce qualcosa che drena linfa vitale dalla radice ultima dell’appartenenza.
È il sangue degli sconfitti dall’Indistinto che hanno perduto suolo, confini, nazioni, identità, tradizione.
Il sangue ci appartiene, è una densità oscura, non mero flusso ematico, è l’agognato nutrimento di un famelico vampirismo progressista che vorrebbe suggere dal collo dei viventi il senso della vita personale, famigliare, collettiva e storica.
Un tempo si diceva che il sangue non è acqua; ma in quale tempo se il tempo è stato menomato?
Sono sei le dimensioni essoteriche del vivere, tre spaziali, tre temporali ridotte a un continuum quadridimensionale da un certo scientismo che calcola la fine del tempo derubricandolo quantisticamente come pura illusione, come illusoria, da Husserl in poi, sarebbe divenuta la materia.
Sono infinite le dimensioni esoteriche che si irradiano nel cuore di tenebra di ognuno, fino a dove può il conosci te stesso e la volontà accecata da eccessiva autoreferenzialità non trasmuta l’interno in inferno.
Questo volerci dissanguare in vita fa il paio con il terriccio cadaverico imposto per legge, in morte.
Non mi confondo in merito ai rituali di sepoltura, cremazione o restituzione delle proprie spoglie agli agenti incosapevoli della natura, un po’ Dea, un po’ madre, un po’ matrigna a seconda del livello malthusiano inerente all’esserino di genere che leggicchia svogliatamente qualche blog green in ossequio al suo innato senso ecologico post-ideologico che ignora l’Antigone e i suoi stasimi.
Sono conscio dello spregevole fatto che la storia, tanto quella spicciola, quanto quella che ci sovrasta da millenni, è in via di dissoluzione frenetica, già processata e condannata a morte a Norimberga, il 20 novembre 1945.
Se ieri Castro poteva affermare con durezza, ma poca lungimiranza, che la Storia lo avrebbe assolto, oggi, un Salvini che vuole finire sotto processo, non potrebbe affermare lo stesso e per questo invoca su di sé un proscioglimento popolare, di una massa emofilitica allo sbando priva di memoria, affetta da grave deficit storico.
Si raccolgono, in questa inconsistenza parmenidea dell’essere sempre immersi nella melma presente, i frutti dell’inseminazione artificiale nelle pieghe della carne, nell’adattamento encefalico e nervoso, del nichilismo, del vuoto come unica forma informe alla quale prostrarsi innalzando un peana in direzione del Big Bang astronomico ... onnipotenza creatrice di noi ombre inutili nel fluire cosmico irrazionale ... casualità delle casualità.
Le Scritture definivano impure le donne mestruate e ad esse non ci si poteva accostare.
In quei giorni segnati dal sangue veniva impedito loro di frequentare il Tempio, di tenere rapporti sociali soliti.
Su questi precetti e altre “sevizie” maschiliste, s’innesta da oltre mezzo secolo la rivendicazione e la difesa dei diritti della donna.
Non mi addentrerò in questa requisitoria femminista, questo imene ideologico e suicida a sigillo definitivo di ogni insidia fallocratica vera o presunta che sia, perché comprendo in maniera del tutto sensata che non si possono sovrapporre le cronache dell’Antico Testamento con la totalitaria attualità politicamente corretta.
Rilevo pacatamente che in quei tempi, le donne, quanto gli uomini, fino all’avvento degli antibiotici e dell’igiene come pratica propedeutica al parto naturale, avevano un’ aspettativa di vita, come ci si esprime oggi con sicumera statistica, di quattro decenni, se non meno, e le morti bianche devastavano le culle.
Le mancate gravidanze erano vissute come un rischio di estinzione del proprio gruppo sociale, fobia ingiudicabile dall’alto della nostra civiltà contraccettiva e sovrappopolata.
Il flusso mestruale decretava uno spreco di fertilità, così come la masturbazione maschile.
Questo è ciò che ci separa e distingue inesorabilmente dagli Antichi: loro sentivano nello scorrere del sangue l’ineluttabilità della sopravvivenza contro il logos avverso delle condizioni naturali del mondo, contro la conquista di geni altri ai propri, per il dovere di perpetuarsi sopprimente il diritto all’estinzione.
Sì, erano forse accoppiamenti eccessivamente giudiziosi e spesso consanguinei, ma antagonisti dello spreco di ovuli e semi, di Sodoma e Gomorra, senza i quali oggi non saremmo qui a sproloquiare di uteri in affitto e appropriamento emulativo dell’eterosessualità da parte degli omosessuali.
Ecco l’anatema lanciato contro il mestruo.
Tu, donna, fai del tuo corpo ciò che vuoi, perché quel sangue che scorre tra le tue cosce e che tutti gli uomini devono vedere, onorare e non giudicare, determina, ad ogni ciclo, la sacra fine della tua schiavitù di animale riproduttivo.
Parlando con molti medici e rivolgendo loro domande sui limiti della medicina, ho avuto la netta sensazione che le patologie autoimmuni e l’antibioticoresistenza siano delle inibizioni conservative contrarie ad ogni tentativo di prolungare ad libitum i giorni dell’uomo sulla terra.
Verrà un giorno, non lontano da questi che stiamo subendo, che questi freni, questi sistemi di sicurezza genetica, ci riporteranno a quella condizione di bassa aspettativa di vita e di alta fertilità che, orgogliosamente, scienza e diritto hanno creduto di abbattere.
Se pensate che io desideri la sottomissione uterina della donna, vi sbagliate.
Constato, con una lucidità a tratti cinica, che la pillola Enovid, il primo anticoncezionale orale della storia, spacciato per regolatore ormonale del ciclo mestruale, fu testato su larga scala a Porto Rico nel 1956 all’insaputa di 225 donne povere e ignoranti, anno in cui il premio Nobel della letteratura svedese, Harry Martinson, scriveva il poema fantascientifico Aniara, che significa angoscia in greco antico: uno sforzo letterario che tesse una lode nordica, quindi una fine algida, all’estinzione dell’umanità che, volontariamente, s’un’astronave alla deriva nello spazio e senza meta, si priva, non per diritto riproduttivo ma per disperazione, del suo unico scopo umano ed animale, la procreazione, preferendole suicidi, omicidi, rituali sessuali ludici, lascivi e sterili.

3 commenti :

  1. Ma tu guarda, non sapevo che ora dalle donne ci si aspetta che mostrino le perdite ematiche. Ero rimasta al tempo in cui si prospettava la possibilita' per le donne di eliminare una volta per tutte questo sacrificio mensile di sangue, per essere finalmente libere ed eguali al maschio; tutto quel flusso mensile appare eccessivo e sprecato per quelle sparute volte nella vita (che ormai ci si augura si riducano a zero) in cui l'ovulo e' accolto all'appuntamento nell'utero da un vero spermatozoo.

    Le donne secondo l'agenda globalista saranno Xenofemministe e attiviste queer, come apprendo da un libro di recente pubblicazione di una docente inglese, Ms. (che forse le risultera' offensivo) Helen Hester... il passaggio da queen a queer di cui si presentiva l'attuazione, insieme alle tante altre abbondanti sorprese accelerazioniste, antispeciste trans cibernetiche che ci attendono a braccia aperte.
    La docente ci rende edotti e cosi' apprendo anche del vecchio metodo Del-Em per estrarre il sangue mestruale tutto in una volta ed ema(to)ncipare la donna presto queer, che non sente il bisogno di definirsi, no limits no gender no cisgender ne' transgender...la moltiplicazione del gender, che ricorda tanto un miracolo.

    Aniara e' anche un nome femminile in Danese. E si' che parlavamo dell' angoscia attenuata dallo Xanax in queste pagine di blog; in Aniara ci pensa Mima, la macchina che regala trips allucinogeni.
    E poi caro Il Poliscriba sai cosa mi ha fatto venire in mente la tua menzione della disperazione di Aniara? Un'astronave senza meta, un'astronave passeggeri, 8000 passeggeri...definita anche nave da crociera interplanetaria...l'ho accostata alla Diamond Princess spiaggiata a Yokohama: un delirio di disperazione dove i passeggeri sono arrivati ad augurarsi di essere infettati al piu' presto per poter uscire da tale prigione di lusso. A ogni nuovo infetto riparte la quarantena di settimane. Poi abbiamo la Westerdam cruise ship che non sa a quale porto votarsi, rifiutata da Giappone, Taiwan, Tailandia...poi la crociera World Dream, che e' stata messa in quarantena a Hong Kong...
    Sono state definite "petri dish cruises", "floating prisons"...come vascelli di lusso in cui saremo tutti confinati, persa la loro identita' battagliera, offrono lusso e comodita' in cambio dell'impossibilita' di muoversi, relazionarsi, avere contatto diretto con la realta' esterna.

    Un caro saluto,
    Ise

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  2. Forse, cara Ise, l'astronave di Aniara è una metafora in piccolo del pianeta Terra che già vaga senza meta nel nero cosmico... infettata da questa umanità. Saluti cari.

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  3. Caro Anonimo,
    la metafora del pianeta e' bella e suggestiva, eccetto per me una cosa: l'umanita' non e' il virus che infetta tutto il resto. L'umanita' e' la prima vittima del virus, reale o immaginario che sia. Quel che conta alla fine e' la percezione che se ne ha: le reazioni, che danno il via a una nuova realta', scaturiscono dalla realta' percepita, non da quella effettiva, e tutto sembra concorrere perche' l'uomo abbia una percezione di se e del mondo "viralmente" distorta, grottesca, mefitica e solo negativa. Prova ne sia il fatto che tale percezione e' costantemente amplificata (trasmessa viralmente e virtualmente), spettacolarizzata, sottoposta ad emulazione e quindi "celebrata" da chi conduce il giogo. Si celebra a nostra insaputa lo spettacolo della nostra riduzione in schiavitu': se reale o fittizia, quanto imposta e quanto autoindotta…qualcuno sara' ancora in grado di capirlo? Avra' ancora l'interesse o la volonta' di farlo?!
    Cari saluti a te,
    Ise

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