“Io non so’ razzista, ma a me del negro morto non me ne frega niente. Quello stava a cercà’ qualcosa da rubà’ e ha trovato qualcuno più tosto de lui. Poi il resto so’ tutte fregnacce. Ma quello che stava a fà’ in Italia? Dimmelo tu perché io non lo so. È fuggito dalla guerra? Non ce credo manco se me lo dice la Madonna. Dalla guerra? Ma che guerra … so’ tutte fregnacce. Vengono perché trovano l’America … e che America! Allora divento profuga pure io … dove se firma? Credi che sto a scherzà’? Io baratto la vita mia con quella de profugo … subito! Io fuggo da ‘na guerra, ma una vera mica finta … a me l’Italia m’ha dichiarato guerra, l’Italia m’ha r-o-v-i-n-a-t-o … lo Stato Italiano me vole morta … ecco la verità … dopo cinquant’anni de lavoro [al mercato ortofrutticolo] ho dovuto vende tutto, pure il banco … adesso vivo co’ mi sorella che sta ferma a letto … in due camere … una pensione ci paghiamo l’affitto e le bollette, coll’altra ce campamo … aspettiamo aspettiamo, ma che? L’invalidità, l’accompagno … qualcosa … se no è dura …ma bisogna conosce qualcuno … profuga … come no … anzi, meglio … moglie de un profugo morto ammazzato così me sistemo tutta la vita a spese vostre … faccio la vittima … bisogna sapesse vende … se ritorno indietro de’ cinquant’anni una solo cosa faccio: non lavoro … perché chi ha lavorato per davvero dentro ‘sto paese ora fa il pezzente … e allora non me devi [rompere le scatole] co’ ‘sta storia del morto che a me non me ne frega niente. Me devo vergognà’? E allora me vergognerò … a settant’anni sonati sai che paura …”.
La cosa inquietante di questo sfogo (che ho raccolto sul tram 8 a Roma, e che non era diretto a me, ma a un compagno di sventura della signora) è che anch’io provo i suoi stessi sentimenti.