1.
Appollaiati
su curve che sempre volgono a farsi iperbole,
come pulci festanti baluginano i numeri
negli schermi iridescenti del tramonto pixelelico.
2.
Numeri primi, numeri sovrani, numeri frazionari, nascosti negli anfratti, acquattati negli algoritmi, saltimbanchi burloni, cha appaiono e scompaiono, si sommano e si sottraggono, numeri integrali o ammortizzati da interessi compositi e indici d’incidenza … perché ci vuole pazienza a non perdere la speranza.
Numeri che traboccano, numeri casuali, numeri di casi, numeri irrazionali o peggio immaginari, numeri sonori, statistici o melodici, numeri indecenti o preoccupanti, numeri ufficiali, numeri verificati, li abbiamo contati tutti, a volte anche più di tutti …
perché’ li si deve rispettare anche se sono brutti.
Numeri votati, numeri vuoti, numeri positivi, numeri d’eccezione, numeri d’elezione, numeri assenti, numeri postali, numeri annacquati, numeri lievitati, numeri solidi che trotterellano nella corrente, i numeri che conti, ogni numero conta, numeri scartati e numeri solidali …
Perché nel mondo dei numeri non si è mai soli.
Così dolcemente annegando ci si annota, con un involontario moto della mente, che l’universo può essere racchiuso in un numeretto, tutti gli atomi del cosmo contabilizzati con un dieci elevato a unapotenza, ogni creatura scomposta e ricomposta nei suoi valori essenziali.
Perché stupirsi che le nostre vite vengano codificate in banche dati di alternanti “uno” e “zero”, il numero di Dio e quello del Nulla? Perché’ stupirsi che la marea dei numeri che sembra travolgerci venga abbracciata da questa meta-umanità con copioso entusiasmo al numeratore e flebilissima renitenza al denominatore? I numeri ci salvano, ci viene detto, la perfetta contabilizzazione dei moti dell’animo e delle sue radici quadrate, è preludio alla perfetta definizione della vita e ad una più alta considerazione della decomposizione.
Intermezzo
Ci si adagia su cumuli di sciocchezze, che piovono a desta e a manca, su menzogne cosi trite che ne resta solo lo scheletro da imbellire con rutilanti improvvisazioni, nulla resta della logica e del senso, dacché ogni discorso è confluito nel dolce declivio dell’idiozia.
30 novembre 2020
Drowning by numbers (Il Fu Rabal)
18 novembre 2020
I nostri carnefici
Unreal City, 18 novembre 2020
Io non ho nulla di cui dire: è mio
lontani e morti sono i miei cari
più nessuna voce
il mio compito sulla terra è finito
oscuramente
solo
vago per la mia patria che mi sta come sepolta intorno
ma tu risplendi ancora .. sole! .. del cielo!
Friedrich Hölderlin
Non ho nulla da aggiungere alla frase dell’11 marzo: “Il coronavirus serve a modellare la società del futuro. Meglio: è un esperimento sociale che inizia a modellare, definitivamente, la società del futuro”.
L'epoca che stiamo vivendo non merita commento. L'esistenza e la stessa intelligenza dei fenomeni viene frantumata in minuscole e irrilevanti questioncelle. Il Potere inventa alcuni nomi (Gimbe, lockdown) e una manciata di burattini: si passa il tempo, si spreca quel poco di razionalità residua per contrastarli, discriminarli, dissezionarli ... il risultato, vano, è sotto gli occhi di tutti.
Ciò che sta più a cuore al Potere è il chiacchiericcio insulso. Per questo viene saturato l'etere di formidabili provocazioni e sesquipedali scemenze: la malia di tali esche cattura subito l'attenzione, per l'illogica enormità ivi posta, e induce a scannarsi per ore e giorni, sfinendosi, a ricercare quell'appunto, quel link, quella versione della favola, quel ricordo.
Le elezioni americane? Sono false da quel dì, esattamente come in Italia, ma si deve passare il tempo libero a elaborare tabulati, a scremare dichiarazioni, a tarare opinioni, in una ridda scomposta in cui ognuno accusa l'altro, o trae a sé stesso l'alleato più improbabile a seconda delle convenienze meschine del momento. Alla fine il nucleo incandescente dell'inganno (la democrazia elettiva quale falsa auctorictas popolare su decisioni già precedentemente ratificate sine populo) rimane fuori da ogni considerazione.
Lo stesso dicasi per la geopolitica, questo Risiko che mai ha spiegato qualcosa.
03 novembre 2020
Italia sacra
Unreal City, 3 novembre 2020
Non
ho più voglia di fare alcunché.
È
bastata un'influenza stagionale per distruggere i monconi di ciò che
sopravviveva.
L'Italia
è finita.
Come
trovare stimoli?
Italia.
Significa ancora qualcosa per voi?
Italia.
Fate risuonare le sei lettere quando siete soli. Sillabate. A mezza bocca.
Sussurrate. Lentamente, nel silenzio atterrito dell'Italia, ripetete questo
nome sin a perderne i contorni più crassi e auscultarne il primevo tintinnio.
Italia.
Ancora.
Italia.
L'Italia
non è certo un toponimo, nemmeno un paese; tutto fuorché una nazione.
L'Italia
regge l'Occidente, quindi il mondo intero.
L'Italia
è un katechon essa stessa, l'ultimo, assieme alla Russia, la terza Roma, a
Bisanzio, la seconda Roma, e a Tehran, perno attorno a cui ruota la Mesopotamia
e il principio della storia.
Italia.
Dicono che l'Italia è bella. L'Italia è bella!, cicalano i patrioti un tanto al
chilo. Sbagliando, ovviamente, perché sono dei cretini senza rimedio.
L'Italia
è bella perché l'hanno resa tale.
Ci
si stupisce della candida bellezza di basiliche, templi, iscrizioni; ci si
sofferma estasiati davanti a panorami - definitivi - di quattrocentesca malia.
Ruscelli, declivi, colli, sentieri, filari, cipressi, muriccioli, grotte,
dirupi. Cos'è tale nervatura d'un corpo immane se non il prodotto dell'amore di
chi ha qui vissuto? Credete davvero che le dolci curve che avvolgono a spirale
il colle fortificato d'una città medioevale abbiano quel percorso o stiano lì
per decisione di un architetto comunale?
L'Italia
fu modellata nei millenni. Persino un macigno anonimo appartiene al piano della
bellezza elaborato da alcuni uomini, gli antiqui huomini. Abbattere sin un
muricciolo è davvero un sacrilegio poiché esso venne costruito avendo in mente un
piano sacro. Confini, pomerii, fondamenta, orientamenti, coltivazioni, tutto
obbediva alle leggi che governano l'universo, in ossequio alla totalità, a ciò
che sta.
Ecco
perché l'Italia è bella.
È
bastato consegnarla nelle mani della democrazia elettiva per deturparla
orrendamente. Lastricati di tremila anni su cui decide un geometra di paese ...
Regolarmente eletto, quindi, secondo il marcio sentimento di egalitè e libertè,
sacro.
E
invece no. La democrazia è sacra solo in un mondo dissacrato, in un mondo al
contrario. La democrazia elettiva è un gioco di parole, sciocco, con cui vi
hanno convinto che la libertà e la giustizia sono state concepite, di tutto
punto, come Minerva armata dal cranio di Zeus, negli ultimi secoli.
Vi
dono l'unica etica possibile per il Ventunesimo Secolo.
Diventate
dei katechon, voi stessi.
Ricordate
il finale di Fahrenheit 451? Gli
uomini divengono libri. La metafora di Bradbury è stata subito interpretata in
tal modo: leggete! Oppure: la dittatura conculca la letturatura, la conoscenza,
la scienza. Questo è un inno alla libertà e alla cultura! La minestra la
riscaldano sempre al fuoco lento della superficialità: si può essere più
stupidi di così?
Ecco, invece, la morale del romanzo, che si erge - ineluttabile e profetica - di fronte a noi, che lo abbia voluto l'autore o meno. Questa: divenire qualcosa di ordinato, di strutturato, di sensato (un libro a esempio) significa opporsi alla dissoluzione. Ecco l'etica. Cosa rappresentano Cime tempestose di Emily Bronte, le Rime di Guido Guinizzelli, i libri euclidei o l'Imitatio Christi se non uno sforzo, titanico, da parte di individui sacri (poeti santi sapienti) di fermare l'inevitabile entropia che dilaga a dissolvere, distruggere, schiantare il senso, umiliare la forma?