05 novembre 2025

Il segno del comando


Roma, 5 novembre 2025

Cede la duecentesca Torre dei Conti, eretta dal Papa delle Crociate Innocenzo III, della famiglia Conti di Segni (simbolo araldico: aquila imperiale a scacchi dorati e neri contornata di rosso). 

Si cercano responsabili, che mai si troveranno; si lanciano accuse al cioccolato, telefonatissime, che mai avranno risposte poiché le istituzioni, rette dall’odierno patriziato traditore, sono mafiosamente strutturate per troncare e sopire ciò che le mette pur blandamente in discussione; il volgo, invece, nemmeno più strepita, rassegnato, conformista, intontito dalle droghe e addomesticato come un cane da pollaio a non proferire verbo poiché ogni parola di critica equivale all’odio e l’odio attira la vendetta e i gendarmi sulla porta di casa (poveri assessori diffamati, poveri sindaci ingiuriati, poveri ministri calunniati, poveri leccaculo delle Belle Arti!).

Il digitale, poi, permette un chiacchiericcio continuo in cui i più cretini son sempre in bella vista.
Esso s’appaga goliardicamente di sé stesso.
La natura delle cose, invece, ama nascondersi.

Riferisce Piero Maria Lugli, in un saggio occulto quanto impervio, basandosi anche sugli scritti del padre Giuseppe, archeologo e topografo, che la forma segreta di Roma veniva individuata rispettivamente dai punti sacri intercettati da due circonferenze concentriche: quella del primo miglio e l’altra, più antica, del quinto miglio (1 miglio romano = 1,480 chilometri).

E dove si trovava, in Roma, il centro di tali due circonferenze?

Cominciamo con l’anomalia del centro della circonferenza dei primi e dei quinti migli, il quale ricadeva … nell’area del Foro della Pace (nel luogo oggi corrispondente all’incrocio tra via Cavour e via dei Fori Imperiali), dove era originariamente collocata la marmorea Forma Urbis Romae. Il centro della circonferenza dei primi migli non coincideva con il luogo ove si ritiene fosse collocata la Forma Urbis bensì con la Torre dei Conti ove esisteva, prima del Foro della Pace e al posto di una delle nicchie del portico del Foro, il tempio della dea Tellus, la Grande Madre il cui culto fu comune a tutte le civiltà matriarcali fin dall’età del bronzo.
Gea era la madre-sposa di Urano con il quale generò Rhea-Cibele, sposa di Marte, identificata dai Romani con Cerere … A similitudine dell’omphalos di Delfi, a Roma esisteva in epoca arcaica un pozzo oracolare della dea Gea presso il tempio della dea Tellus … questo pozzo o umbilicus… era allora chiamato col nome significativo di mundus, accesso agli inferi e vagina cerimoniale dell’agro romano: si chiamava appunto mundus Caereris e in quel pozzo, prima della mietitura dell’orzo e del frumento, veniva sacrificata a scopo propiziatorio una ‘porca praecidanea’ [precidaneo ovvero da uccidersi prima; si trattava del sacrificio propedeutico da eseguirsi prima dei successivi sacrifici: allo scopo di emendarne eventuali errori; sacrificio che pare sia stato consumato il 3 novembre 2025]”.

La Forma Urbis era una pianta marmorea di Roma (metri 13x18) risalente all'età severiana e di cui oggi sopravvivono alcuni frammenti.

Si continui:

La misura della circonferenza dei quinti migli e la localizzazione del suo centro nel tempio della dea Tellus [Tor dei Conti] vanno prese come generatrici di tutto il meccanismo matematico e geometrico della forma simbolica di Roma, risalente forse ad Augusto [il primo imperatore] e al suo progetto di restaurazione della religione arcaica etrusco-romana; questa forma … durò almeno fino a Nerone (il quale, tra l’altro, era cultore di astrologia e di pratiche esoteriche)”.

E ancora:

La stella di Nerone fu solo uno sviluppo di quella augustea … La stella di Augusto rappresentava il sidus iulium, ma ritengo che la sua simbologia fosse assai più complessa: probabilmente l’immagine era derivata da una altera forma (forse un triangolo puntato su Veio come una punta di freccia) che si accompagnava all’alter nomen sempre con la finalità di impedire ai nemici di impadronirsi con incantesimi di Roma; Augusto integrò questa immagine arcaica con una secondo triangolo opposto al primo in modo da rappresentare una stella a sei vertici” che, fra l’altro, era l’immagine astrale della Venus Genitrix, progenitrice della famiglia Iulia”.

Conoscere la forma occulta d’una città consentiva di scoprirne il suo nome esoterico e, quindi, anche la divinità protettrice. Per questo si celebravano cerimonie evocative (e-vocare = chiamar via) per attrarre, chiamandoli col loro nome intimo, i patroni fuori dalla città da conquistare e lasciarle, quindi, nude e indifese. Un rituale magico che, ora, è rivolto contro Roma, centro dei due cicli di civiltà, classico e cristiano, con le sue irradiazioni mondiali; una città disarticolata sin alla sua segreta radice.

Il sidus iulium fu la cometa apparsa nei cieli di Roma, per sette giorni, dopo la morte di Giulio Cesare - segno della sua divinità. Cesare apparteneva alla gens Iulia, che si faceva risalire a Enea, figlio di Anchise e Venere (suo figlio adottivo fu Ottaviano, primo imperatore, riecheggiato simbolicamente, in un moto interno di derisione, nella morte dell’umile operaio Octavian, nato sessantesei anni fa nella Romania, la terra dei Romani). Enea fondò Lavinio, nel Lazio; il figlio di Enea, Ascanio o Iulo, Alba Longa, metropoli di Roma (metropoli = città presa a metro, città modello); il figlio di Ascanio, Bruto di Troia, fondò Londra (Brutus, Britanni; cfr. Nennio, Historia Brittonum). 

I due maggiori imperi della storia europea reclamano un comune mito fondativo (fra i sette oggetti sacri che proteggevano la prosperità dell'Impero, quattro erano di ambito troiano: lo scettro di Priamo; il velo di Iliona, figlia di Priamo; il Palladio, statua lignea di Atena, recata a Roma da Enea; le ceneri di Oreste, matricida e figlio dell'assediante Agamennone, cfr. Mino Gabrieli, I sette talismani dell'Impero).

Crolla il Segno del Comando, crolla l’Europa e l’Antico Ordine: l’Impero, l’Occidente, Veio etrusca e Troia, Venere e Marte, la Grande Madre e il Padre Celeste cristiano, Età del Bronzo e Medioevo, simbolicamente coavvinti presso la porta stretta, l’umbilicus, l’omphalos, il Centro; essi dileguano lasciandoci bruttati dalla calcina degli sfaceli che si depositerà lentamente creando i deserti della waste land.

L’attuale catastrofe significa inversione somma ovvero la ri-acquisizione dell’unità sotto spoglie nichiliste.

Si ricompongono gli scismi (cfr. Leone XIII e Carlo III), sì, ma sotto quale cielo? A cosa mirano se non alla poltiglia universale?

A New York eleggono un sindaco socialista e musulmano. Dopo i milioni di libri e le ciance enduring freedom seguite al sacrificio di ulteriori torri fatali, nel settembre 2001. Questo tizio, però, non è né musulmano e né socialista, solo un apolide sotto cui ricomporre l’apparente caos delle guerre nichiliste. L’obiettivo era spianare, livellare, devastare Iraq, Afghanistan e le terre limitrofe; poi Siria, Libano; presto Persia e Israele; seguirà la pace, la quiete, sotto il dominio del Nulla.

Quando si parla ardentemente e sperabilmente di futuro multipolare significa desiderare il mondo al contrario ove il baldo geopolitico da tastiera recherà, se è fortunato (anzi: molto fortunato), il martini al tavolo di un apolide che nemmeno lo considera come essere umano.

Per alcuni queste son solo leggende malferme, ma la verità, che qui ama nascondersi, vi trasuda, distillata dalle operazioni magiche degli artefici dell’ultimo lembo di storia che potremo raccontare. L’esoterismo è specchio e poi metafora di impulsi inevitabili, oramai scatenati. L’uomo fu forgiato per la catastrofe; e l’avrà.

Ci rimangono le chiacchiere rassicuranti, i soldatini del Kursk, le panzane sullo stretto, la mirabilandia della globalizzazione.


Ruotando e roteando nella spirale che sempre più si allarga,
i
l falco non può udire il falconiere;
le cose si dissociano; il centro non può reggere;
e la pura anarchia si rovescia sul mondo,
la torbida marea del sangue dilaga, e in ogni dove
annega il rito dell’innocenza;
i migliori hanno perso ogni fede, e i peggiori
si gonfiano d’ardore appassionato.

Certo qualche rivelazione è vicina;
certo s’approssima il Secondo Avvento.
Il Secondo Avvento! E le parole sono appena dette
che un’immagine immensa sorta dallo Spiritus Mundi
mi turba la vista; in qualche luogo nelle sabbie del deserto
una forma dal corpo di leone e dalla testa d’uomo
con gli occhi vuoti e impietosi come il sole avanza
con le sue lente cosce, mentre attorno
ruotano l’ombre degli sdegnati uccelli del deserto.
Nuovamente la tenebra cade; ma ora so
c
he venti secoli di un sonno di pietra
furono trasformati in incubo da una culla che dondola.
E quale rozza bestia, finalmente giunto al suo tempo avanza
verso Betlemme per esservi incarnata?