19 dicembre 2021

Una vita miserabile


Roma, 19 dicembre 2021

Dizionario etimologico di Manlio Cortelazzo e Paolo Zolli: “miseràbile, agg. ‘che è da commiserare per estrema povertà o infelicità’ (av. 1342, Domenico Cavalca), ‘che è da disprezzare per meschinità e bassezza morale’ (secolo XIV, Cassiano volgar.), ‘che ha scarsissimo valore’ (av. 1642, Galileo Galilei) ...
Il dizionario riunisce mirabilmente le tre accezioni della miseria che nel Nuovo Mondo in molti avranno patire: le infelicità e la povertà di coloro che sono destinati ad aver consuetudine, vita natural durante, solo con oggetti, sentimenti e orizzonti di scarsissimo valore, angusti e anonimi, per ordine di individui disprezzabili per meschinità e bassezza morale.
Le parole racchiudono il senso preciso dei millenni: per questo il potere ama svilirle o limitarle a un pidgin tecnico formato da pochi vocaboli; per il medesimo motivo il potere ha in odio l’umanesimo: grammatica, musica, storia, filosofia, arte, religione: qui, infatti, si cela una polisemia rivelatrice e pericolosa, migliaia di coloriture espressive, una ricchezza debordante di opinioni, logiche, intuizioni. Nelle parole, rettamente intese, è la libertà.

Mario Draghi, che biascica un Italiano di base, scolorito e banale, a tratti persino incespicante, è lo chef perfetto per i tempi nuovi: a cuocerli e prepararli con cura. Gli è stata ordinata la distruzione; lui esegue. Non credo si renda conto di quello che veramente fa; alla fine è solo un tecnico, come il pilota dell’Enola Gay o il killer digitale che dal satellite inquadra i bersagli dei resistenti afghani. E però egli, come i compari d’ascendenza anglossassone, ha il pregio dell’efficienza; perciò distruzione sarà. Ci sarà da alzare il volume per coprire i belati del mattatoio? Non troppo, dato che larga parte degli armenti, alla vista del sangue altrui, gioiscono con lunghi muggiti di approvazione.

Il patriziato italiano, prezzolato per tradire l’Italia che amministra, assomma a qualche milione di cinghiali; le odierne grufolanti assemblee delle provinciali italiane - vedere per credere - in cui ogni minuscolo partito, senza nemmeno l’assillo della campagna elettorale, si divide le residue spoglie dell’ex grasso italiano; lo stato e il parastato più torpido; le magistrature, gli alti dirigenti pubblici e semipubblici, eserciti e gendarmerie varie, i plotoni d’esecuzioni delle agenzie nazionali, le aziende sanitarie, scuole e università d’ogni sfumatura e grado … tutti compongono legioni variegate, ma sostanzialmente conniventi, attentissime a non far aprire brecce di dissenso al loro interno, oculatissime nel boicottare chiunque possa mettere in dubbio il monopolio della loro lucrosa inefficienza. Tale blocco lo si ritrova operativamente e ideologicamente compatto  nel recare il proprio paese al default, alla micragna, all’inessenzialità … purché un bottino, pur miserabile, venga assegnato loro. Trenta denari, d’oro o nichel, ma che trenta denari siano.

Un politico di altissimo rango briga per pagare alcuni lavori in nero; insulta, offende, disprezza; alla fine liquida il poveraccio come un accattone qualsiasi. Una scena già vista negli ambienti romani. Hai voglia a raccontarla: nessuno ci crede. Ognuno, nel suo piccolo, è abituato a rispettare l’autorità, qualsiasi autorità, ad accettare il verbo dal piedistallo. Il patriziato del New World, ormai privo d’ogni remora di ordine morale, sicuro entro la cintura poliziesca a lui fedele, si rivela per ciò che è: una poltiglia di ignoranza ottusa, arroganza e risentimento di classe. Di classe? Certo. Se i veri Dominanti, infatti, operano in vista della coercizione spirituale (per mutare la struttura stessa dell’anima umana e assoggettarla nell’eternità, una volta per tutte), i loro succubi (chi, una volta, con goffo linguaggio brigatistico, si appellava come sub-dominanti) non sono che individui perduti, incapaci di concepire altro che il guadagno mondano e lo squallore che deriva dall’esibizione d’una manciata di lenticchie. La guerra totale, devastante, che subiamo da decenni mira ai nostri cuori; i soldati infernali delle battaglie, però, quelli che cianciano sui visori televisivi e digitali, non risaltano che quali comuni mercenari con la sacchetta dei sesterzi assicurata alla cintura. Lanzichenecchi, edaci, spietati, deprivati sensorialmente; garzoni di bottega; in alcuni casi, proprio per questo, addirittura sacrificabili.
Dolci le dittature.
Ti schiacciavano come un verme.
Impiccagioni, giudizî sommari, ergastoli nelle budella della terra: il paradiso dei martiri, insomma. Cile, Uganda, Argentina, Sud Africa.
San Paolo, Gandhi e Mandela, poi, fortunelli, nemmeno la dittatura ebbero a provare. Insinuarono la loro azione da sofisti e legulei contro imperi razionali, dotati di un apparato etico e giudiziario in cui s’impigliò la burocrazia della repressione. Alla fine vinsero, largamente.
E ora? Quale dittatura si prova sulla nostra pelle? Nessuna. Siamo, infatti, nel totalitarismo casual.
Totalitarismo perché il sistema di dominio non ha null’altro al di fuori di sé stesso tanto che persino le alternative rientrano nella struttura ideata per dominare. Ciò è garantito dalla tecnica.
Casual, inoltre, dato che i carnefici han lasciato cadere scudisci e catene per inscenare, quale arma, un teatrino dell’umanità offesa: animali dagli occhioni lacrimosi, foreste depauperate, donne barbute o perseguitate, invertiti e pervertiti, storpi e psicopatici di varia natura hanno segato le sbarre del Barnum International Circus per assurgere a paladini del Nuovo Mondo e attaccare l’umanità.
Come nel racconto celeberrimo di Edgar Allan Poe, Il sistema del dottor Catrame e del professor Piuma, essi tengono in ostaggio la normalità, ciò che, secondo l’Antico Ordine, veniva confinato entro il sacro recinto del buon senso.
Un vittimismo straccione ci tiene sotto scacco dall’Artide all’Antartide. Il boccone ghiotto è, ovviamente, l’Europa mediterranea cioè il brodo di coltura e la scaturigine della razionalità.
L’attacco all’Italia, paese dell'anno 2021, e alla Grecia questo significa.
Che l’immondo New World per affermarsi abbia attaccato il cuore della civiltà è perfettamente comprensibile.
Caduto il Centro, ciò che dà parvenza di senso alla Civiltà in quanto tale, cadranno le roccaforti minori, da Gerusalemme a Baghdad.
Il Nord Europa ha già rassegnato le dimissioni da qualche secolo.
Che barzellette come la Svezia, o la Finlandia, ci dicano come dobbiamo vivere, per vivere a loro imitazione, corretta e pulita, rientra fra le grandi tragedie della storia. Preferisco mangiare con un camorrista che condividere la tavola con questi eviscerati psicotici del bene.

Ho minori diritti del cane di Luca Cordero di Montezemolo (il suo sacco di pulci mi squadrò severamente in quel di piazza Farnese, qualche millennio fa), anzi di qualsiasi botolo incontrato su un prato pubblico. Anche i maiali e i conigli stanno velocemente guadagnandosi la loro rappresentanza sindacale a mio danno. Il coniglio quale animale domestico ha già scacciato dai deschi italiani il proprio fratello alla cacciatora, e presto anche il maiale esigerà la propria intangibilità. D’altra parte chiediamoci: perché uno dei maggiori attori di Hollywood ha recato per anni al guinzaglio proprio un maialino? Tutto è propaganda nel Panopticon totalitario; che una braciolata possa configurarsi come reato è, finora, qualcosa di cui ridere; aspettiamo, però, sviluppi a breve soprattutto su camini, focolari e graticole varie, considerati già da subito - tutti - quali terribili fomiti di inquinamento.
Libellule, vermi e zanzare, invece, non vantano, agli occhi dei veri Dominanti, un animo dannato: saranno, perciò, presto scodellati sotto le specie di farine e semolini; in attesa del colpo grosso - enorme - alla Soylent Green. Cosa credete che sottintendano questi continui attacchi alla spiritualità e al culto dei morti se non la dichiarazione aperta, sfacciata, casual, che il corpo umano è nulla, solo materiale in putrefazione, uno scarto, e potrebbe, quindi, rivelarsi utile per uno spuntino green a favore di chi ancora respira? Perché sprecare tanto? Le menzogne continue, persistenti, ignobili, che ci vengono propinate h24 non spingono forse verso una considerazione suicidaria dell’esistenza, a un deprezzamento di sé stessi, dapprima privati dell’anima, della personalità, dell’individualità, e poi spossessati anche della sacralità del corpo? Il transeunte e l’irrilevante, a questo ci hanno condotto. Una particola di spazzatura, questo è l’uomo, oramai: col suo beneplacito, siamo intesi. Un mucchio di carne e ossa, da riutilizzare in comode particole postmoderne per la persistenza in una vita inutile, miserabile. Questo l’orizzonte degli eventi da cui è impossibile sfuggire.

Perché non mi sono suicidato? Per quanto possa sembrare una scusa ridicola, è proprio l’assenza di una comunità che mi ricordi nel tempo il maggior inciampo. Di fatto sono uno sfrattato esistenziale. Quale prece, sospirata da compagni, potrebbe riconciliarmi con la freddezza della sorella Morte? Che un’esistenza possa ridursi a qualche dettaglio e svanire in pochi attimi è qualcosa che mi fa orrore. Una vanità? Forse. Ogni luogo e ogni tempo felice ha covato nel seno un ribelle; e questi si è lanciato all’attacco poiché certo d’un canto postumo. 
 
Il mio maggior cruccio è non trovare nessuno con cui parlare. Ci provo … ma il discorso si fa presto corrivo, con quasi tutti. Alla fine, capita l'antifona, concedo molto, concedo tutto … vuoi impiccarti con tali minchiate, prego! Sono d’accordo! Anzi, t’insapono pure la corda!
Fatico a rinvenire una qualche profondità negli interlocutori, quasi sempre irrigiditi su blande reminiscenze professorali (i più sono citazionisti) oppure vaganti appresso a sofisticherie culturali, le più diverse ed eclatanti (buddismo, animalismo, esistenzialismo à la carte). La tragedia della solitudine, in fondo, è anche questa. Ci si ritrova a condurre una doppia vita, fra cospirazionismo solitario e condiscendenza forzata verso l’altro onde riguadagnare un minimo di vivibilità. La frizione tra i due campi, però, è terribile. Alla fine della giornata si è spossati e si preferisce abbassare serrande e tapparelle e chiudersi nel proprio mondo sospeso. Aveva ragione Machiavelli. Pulirsi della sozzura quotidiana, vestirsi condecentemente, recidere ogni malevolo cordone ombelicale col mondo per immergersi nei discorsi degli antiqui huomini. Solo a tal prezzo si riguadagna, per poche ore, la sanità mentale sfuggendo alla Bestia; l’indomani, alla luce di un sole malato, ci si ritrova paria, di nuovo, pronti alla finzione: intoccabili. “Sento di essere cresciuto fino al punto di entrare nella setta degli ‘intoccabili’ … il cui cuore si è indurito e la cui pelle è conciata e i cui sguardi sono pieni di immagini di una lontananza che soltanto pochi intravedono”, confesserà il nichilista Gottfried Benn. Ma qual è tale lontananza, nel mio caso? Nel passato, sono costretto a dire. E quale passato? In ogni recesso intoccato dalla considerazione anonima dell’utilitarismo; alla ricerca di un “di più”, di quell’apparente inutilità che solo denota ciò che è degno di esser rilevato dal pensiero. Solo qui si rinvengono ancora colori e baluginii, domesticati da una forma approvata e consolidata nel tempo; solo qui abbiamo finalmente degli esseri umani completi, una consolazione, un risarcimento.
 
Ho così pieno il cuore di gioia
che tutto a me si trasfigura.
Fiore bianco, giallo o vermiglio
mi pare il tempo freddo, 
ché insieme col vento e con la pioggia
m'aumenta la ventura
sì che il mio pregio cresce e s'eleva
e migliora il canto.
 
Così l'incipit d'una canzone di Bernart de Ventadorn. Semplice, profonda, accorata. Si respira l'inverno, a pieni polmoni, l'aria entra in noi, rinvigorendoci, e aumenta la speranza a colorare la morta stagione con le tinte della primavera. Il canto erompe, limpido, schietto: un uomo di tal fatta non ha timore o paura di nessuno, è già eterno.
 
Sto scrivendo queste poche righe in fretta, senza nemmeno rileggere o correggere. Le voglio far coincidere, infatti, col big match di campionato di serie A, Milan-Napoli. Voglio scontrarmi con l'iceberg della scemenza, inabissarmi come il Titanic.

11 commenti :

  1. Caro Alceste, nel leggere questi pensieri riconosco la personale lotta quotidiana, mia e degli altri suoi lettori, per sopravvivere all'indecenza e alla vigliaccheria.
    Il quotidiano ludibrio ci obbliga a vivere nell'ombra, scartando o almeno tentando di evitare l'irrazionale oscenità del mondo al contrario.
    Ognuno cerca rifugio in quel che può o in ciò che gli è più affine. In questi anni il misantropo è stato consolatore e compagno di viaggio, lui stesso antico uomo, capace di indicare una via di sopravvivenza.
    Possiamo medicare le tragedie del contemporaneo con le parole, ancora quel poco che abbiamo, ma alle volte si deve.
    Un caro saluto

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  2. Come dissi tempo fa, leggerla mi apre l'anima, e mi spalanca un infinito di cui ho timore.
    Grazie.

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  3. "Compagni sconosciuti, vecchi fratelli, arriveremo insieme, un giorno, alle porte del regno di Dio. Turba ingannata, turba sfinita, imbiancata dalla polvere delle nostre strade, cari duri visi di cui non ho saputo asciugare il sudore, sguardi che hanno visto il bene ed il male, che hanno eseguito il loro compito, accettando la vita e la morte, oh, sguardi che non si son mai arresi! Così vi ritroverò, vecchi fratelli: come la mia infanzia vi ha sognati. Ero infatti partito per incontrarvi, accorrevo verso di voi. Alla prima svolta, avrei visto rosseggiare i fuochi dei vostri eterni bivacchi. La mia infanzia non apparteneva che a voi. Forse, un certo giorno, un giorno che so io, sono stato degno di assumere il comando della vostra schiera inflessibile. Dio voglia che non riveda mai le strade ove ho smarrito le vostre tracce, nell'ora in cui l'adolescenza stende le sue ombre e il succo della morte, lungo le vene, si mescola al sangue del cuore! Strade dell'Artois, a fine autunno, fulve e odoranti come bestie, sentieri marci sotto la pioggia di settembre, grandi cavalcate di nubi, rumori del cielo, acque morte... Arrivavo, spingevo il cancello, e accostavo al fuoco le mie scarpe arrossate dalla tempesta. L'alba sopraggiungeva ancora prima che fossero rientrati nel silenzio dell'anima nei suoi profondi nascondigli, i favolosi personaggi appena appena formati, embrioni senza membra, Mouchette e Donissan, Cénabre, Chantal e voi, voi sola tra le mie creature di cui ho talvolta creduto distinguere il viso, ma a cui non ho osato dare un nome, caro curato d'un Ambricourt immaginario. Eravate voi allora i miei maestri? Ancora oggi, lo siete? Oh, so bene quel che c'è di vano in questo ritorno verso il passato. Certo, la mia vita è già piena di morti. Ma il più morto di tutti i morti è il ragazzo ch'io fui. Nondimeno, venuta l'ora, sarà lui a riprendere il posto alla testa della mia vita, radunerà i miei poveri anni sino all'ultimo, e come un giovane capo coi suoi veterani, raccozzando la schiera in disordine, entrerà per primo nella Casa del Padre. Dopotutto, avrei diritto di parlare in suo nome. purtroppo però non si parla in nome dell'infanzia, bisognerebbe adottarne il linguaggio: linguaggio che è dimenticato, linguaggio che cerco di libro in libro, stupido! come se un simile linguaggio potesse scriversi, se fosse mai scritto! Non conta. Talvolta mi accade di ritrovare qualche accento... ed è quel che vi fa stare in ascolto, compagni dispersi per il mondo, che a caso o per noia avete aperto un giorno i miei libri. Singolare idea, questa, di scrivere per coloro che disprezzano la scrittura, amara ironia voler persuadere o convincere, quando sempre più mi persuado che la parte del mondo ancora suscettibile di riscatto è solo quella dei fanciulli, degli eroi, e dei martiri.
    Palma di Maiorca, gennaio 1937"
    I grandi cimiteri sotto la luna - Georges Bernanos

    Mi perdonerà, Alceste, di aver utilizzato una citazione per questo mio intervento. D'altronde è difficile, almeno per me, de-scrivere meglio certi sentimenti. Infine, al di là delle parole, in questo momento storico la domanda fondamentale forse è proprio: sapremo tornare fanciulli, se non diventare eroi o martiri? Il giovane capo tornerà alla testa della nostra vita? Nulla di meno ci salverà.

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  4. Se volete comunque toccare con mano l'abisso di questo tempo, dovete recarvi in un nosocomio della vostra città. Si è impossibilitati a stare con i propri cari, anche nelle condizioni più critiche. Severissime infermiere ricevono i parenti con un vademecum di regole degne di uno stalag, 10 minuti a visita, un solo visitatore per camera,nessuna domanda né abbraccio, vietati doni o cambi di biancheria intima, verrà tutto fornito dal kommand, indossare mascherine solo fpp2 ( la prima volta sono stato sbattuto fuori perché portavo quella chirurgica),no accessi sabato e domeniche e,naturalmemte, ingresso con green pass o tampone molecolare ( quello da 45 € a botta ).
    Medici,infermieri,oss, portantini si muovono come attori su un palcoscenico tentando di interpretare ogni ruolo della commedia, i parenti ,spesso i più disperati che ancora si affidano a quella che fu la sanità pubblica, si suddividono tra rassegnati e incarogniti, rari i gesti di umanità, uno lo posso testimoniare di persona, resomi conto che l'infermiera del manicomio di 'qualcuno volò sul nido del cuculo ' non mi avrebbe mai consentito l'accesso,una vecchia rovistando in una povera borsa presa dalle bancarelle, mi ha regalato la preziossima mascherina, salvandomi da 40 km di sfaticata durante la pausa pranzo.
    Distruggeranno tutto e come sempre addosseranno le colpe agli ultimi.
    Antonio

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    1. Salve, Antonio. Ho un parente che ci lavora in uno di questi magnifici posti. Ieri mi ha raccontato che la madre di un ragazzo ricoverato lì gli aveva portato una torta per il compleanno e il personale dopo aver preso il dolce in custodia lo ha gettato tutto intero nella spazzatura per timore che potesse essere contaminato dal virus.

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    2. Ogni civiltà sceglie come finire. La nostra ha scelto di separare le famiglie e creare una segregazione di fatto tra presunti sani e presunti malati.
      Antonio

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  5. Completo come sempre.
    La questione botoli è devastante.
    Buon Natale!

    Sitka

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  6. Facciamo un po' di escapismo immaginandoci nei panni del Signore delle Tenebre in questa breve striscia:
    https://www.arkhaven.com/comics/comedy/how-to-succeed-like-a-dark-lord/merits-of-democracy

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  7. A proposito di vecchie dittature sud-americane : il pol-cor attraversa le Ande, dove vince il sinistro Gabriel Boric ("si dichiara femminista ed ecologista, inizia il suo discorso nella lingua indigena Mapuche") contro il perfido José Antonio Kast ("rappresentante di una destra estrema, figlio di uno che nel 1942, in Germania, si era iscritto al partito nazista. Kast si era dichiarato un ammiratore di Bolsonaro, cattolico fervente e assolutamente anti lgbt") che, anche a guardare la sua faccia, sembra essere stato scelto proprio per interpretare la parte del cattivo in una tenzone scritta a tavolino, dall'esito già deciso. Come anche la faccia da minchione del vincitore.

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  8. Buon Natale
    https://www.youtube.com/watch?v=lveDluMx1Jg&t=89s


    testo e note
    https://lyricstranslate.com/en/als-i-lay-yoolis-night-mentre-stavo-nella-notte-del-solstizio.html

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  9. https://www.lafionda.org/2021/12/24/fuga-dalla-liberta/

    Buon Natale Alceste

    Fernando

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Siate gentili ...