Roma, 3 settembre 2018
Non ci rimangono molti attimi per gioire di questi tempi.
Non ci rimangono molti attimi per gioire di questi tempi.
L’unica
possibilità di evadere consiste nell’incappare, per puro caso, in qualcosa che
confermi in modo implacabile tutti i nostri più neri pensieri; qualcosa di
talmente scoraggiante da rinvigorire, paradossalmente, il corpo estenuato dalla
gragnuola di conferme al peggio che arrivano dalla Monarchia Universalis.
A
vedere certi spettacoli si rimane dapprima increduli e poi a bocca
aperta, progressivamente scossi da una risatina a bassa tensione: prima un ah!
ah!, inaudibile, (come a dire: ecco qua!), poi un tremolìo malsano, da
febbricciola quartana, che non può che culminare in un ghigno sussultante; non
sonoro, tuttavia: assomiglia più a una serie di brevi espirazioni in cui
smiagola la nostra rassegnazione e la residua speranza: in modo da concretare
(l’assoluta mancanza di speranza) e rinascere avvolti dalla consapevolezza di
uno sbarazzino “tutto è perduto”; da finis terrae briccona.
In
tali momenti sono posseduto, infatti, da un demone burlone.
Mi
vengono sempre in mente le parole d’una poesia di Enoch Soames, il tragico e
memorabile personaggio del racconto omonimo di Max Beerbohm che vende l’anima a
Lucifero per viaggiare nel futuro e scoprire, nelle enciclopedie del secolo a
venire, che sarà un letterato insignificante:
Torno torno alla piazza
buia e silenziosa
passeggiai sotto
braccio col Diavolo.
Nessun suono s’udiva
se non lo scalpitare degli
zoccoli
e lo scroscio del suo riso,
e del mio.
Avevamo bevuto vino
nero.
Gridai :"Voglio correre con te, Maestro!"
Gridai :"Voglio correre con te, Maestro!"
"Che
importa", gridò lui,"stanotte
chi di noi due corre
più rapido?
Non c’è nulla stanotte
da temere
Proprio
oggi, mentre aprivo, chissà perché, le pagine digitali di Unicef Italia, lo
spiritello mi è saltato dentro.
“Voglio correre con te, Maestro!” …
Nella
main page una bambina bianca, molto graziosa e paffutella, viene siringata da un
alacre dottorino: in nome della sicurezza. La sicurezza data dai vaccini.
A
parte tale epifenomeno, ogni tinta chiara è bandita dal sito: tutta l’Africa,
ridente e redenta, trasuda dai pixel.
Che
fine ha fatto la razza bianca?
Estinta,
almeno riguardo tale limbo digitale: forse una dichiarazione d’intenti
ideologica o una speranza antropologica si concreta in tali scelte, di cui è pietoso
supporre l’incoscienza. L’occidentale bianco, col suo gravame di storia,
filosofia, orrori, abbagli, conquiste e grandiose ascese celesti è sentito (un’ipotesi
di lavoro, la mia) come un fardello troppo pesante da recare per gli esserini
del futuro: Kipling ha da essere discacciato dalle nostre plaghe; oppure,
intuizione non troppo lontana dal vero, Unicef si augura un mondo non più
bianco, caffellatte magari, dove l’uomo si rimpicciolisca a livello infantile,
senza essere infante: boccalone, quieto, inoffensivo, divoratore di
sciocchezze: un tenero esserino, ancora una volta.
Abbassare,
livellare, chinarsi, bamboleggiare: sono i verbi della bontà istituzionale;
chinatevi e sarete eletti; ricordate la grandezza e sarete gettati nella
Gehenna. Tale, in un guscio di noce, il dettame sottostante alle operazioni
umanitarie in terra europea. L’intera questione migranti poggia su tale
equivoco, artificialmente indotto: l’occidentale ha colpe, e deve, quindi,
discolparsi: sparendo. Ciò che Egli ha prodotto possiede le stimmate del peccato: deve anch’esso
dileguare; ciò che ha pensato, poi, rappresenta un’eresia crudele: che sia
relegata nella dimenticanza. L’uomo bianco è un rottame inservibile.
Tale
comandamento, visibile, si accompagna a una considerazione ben più
fondamentale. L’uomo bianco e la sua civiltà devono sparire poiché troppo
acuminati; i sillogismi, le arti, le astuzie, la ferocia dei millenni
rapresentano un bagaglio culturale pericoloso per il potere. La conoscenza del
mondo classico, affinata nel fuoco rinascimentale e gotico, ha prodotto
esemplari intrattabili, cattivi, sospettosi, malevolenti: i discendenti di
Machiavelli o Shakespeare o Bertoldo non possono essere turlupinati da un
Federico Rampini qualunque; sono accorti, derisori, scettici, taglienti, acidi;
ogni movenza del potere è da loro prevista con facilità; essi sanno sub specie
aeternitatis; chi ha letto Seneca, Anassimandro, Macbeth o i cori di Eschilo ha
una prospettiva della storia e dell’esistenza umana da Sileno: ogni
armeggiamento o traffico psicologico causidico per lui rappresenta, quindi,
solo un trucco; egli possiede una contezza, immediata e abbacinante, del fondo
tragico dell’esistenza: prestigiatori da tre palle un soldo come Kofi Annan,
McCain, Obama, Zapatero e via cantilenando, per loro son solo bambinoni che
negano con lo sbaffo della marmellata sul naso.
Per
tale motivo, e nessun altro, si cerca l’olocausto della conoscenza nelle scuole
e nelle università: storia, filosofia, lingue classiche, arte, scienza - tutto
ciò che l’Occidente ha elaborato viene diluito nella tecnica, oppure cancellato
o deriso o eliminato (a che serve il latino? quante volte l’abbiamo sentito?):
la mira non è indirizzare verso l’inesistente mondo del lavoro, ma creare degli
sciocchi, dei rachitici del pensiero, dei pesci rossi, degli avitaminici della
profondità metafisica: teneri esserini del futuro.
Per
tale motivo (in secundis, direbbe Totò) tutto il passato deve essere obliterato
o diluito (ancora!) secondo dettami retrospettivi da Orwell: ogni pensatore
aspro, impervio, crudele, difficile, rivelatore sarà, perciò, ignorato o
travisato o annacquato o esposto alla gogna del Politicamente Corretto.
Oppure,
è l’operazione più subdola, candeggiato vigorosamente sino a ridurlo a santino:
l’intero pensiero di Pasolini ha subito questo trattamento tanto che,
nell’immaginario collettivo, egli residua solo per qualche innocua frasetta,
sempre la stessa, da esibire nella bacheca dell’ovvio.
Dell’Unicef ho un sentore vago che promana dal mio passato scolastico. Mi ricordo (militavo alle elementari) che tale organizzazione era, ovviamente, buona: tale la dipingevano maestre, direttori scolastici e quant’altro. Buona con i bambini. Bambini malnutriti o affamati, dalla scarsa educazione, dissetati a pozzanghere mefitiche, con pance gonfie e arti scheletriti, marasmici o edematosi, terribili a vedersi, assediati dalle mosche, perniciose mosche africane; inerti, in una sorta di abbandono mortifero, raggomitolati nelle braccia di donne dalle mammelle pendule, gli occhi bianchissimi, sbarrati nell’ineluttabile attesa della morte. Filmini e opuscoli venivano sottoposti alla nostra attenzione di settenni: debitamente terrorizzati, poiché, lo si sentiva a pelle, eravamo noi, e la pacchia di cui godevamo, i responsabili di tale massacro. Le mamme (di noi bianchi) si diportavano con cuore più leggero; parecchie di loro discendevano direttamente da Bertoldo e, negli anni Settanta, la loro crudele carica di scetticismo verso il politicamente corretto era quasi intatta. Solo qualcuno, dal cuore più tenerello, disimpegnava i sensi di colpa compilando un conto corrente di lire mille o duemila o cinquemila, moduli natalizi che, periodicamente, traboccavano dalle cassette postali o, surrettiziamente, venivano inseriti nei nostri quaderni a quadretti, fra un’equivalenza e un pensierino (allora così eran chiamate le composizioni in italiano): Descrivi la tua giornata di ieri, Una gita in campagna, Descrivi la natura del parco, Cosa pensi della tua città.
Anche Carlo Delle Piane, figlio bruttarello di Totò nel celeberrimo Guardie e ladri, compone pensierini. Totò è un ladruncolo che vive di espedienti, Fabrizi una guardia che se lo fa sfuggire e rischia il licenziamento. Fabrizi è costretto, perciò, dal regolamento inflessibile, a riacciuffare Totò, in un gioco di specchi psicologici e comici che coinvolge i rispettivi nuclei familiari.
Dell’Unicef ho un sentore vago che promana dal mio passato scolastico. Mi ricordo (militavo alle elementari) che tale organizzazione era, ovviamente, buona: tale la dipingevano maestre, direttori scolastici e quant’altro. Buona con i bambini. Bambini malnutriti o affamati, dalla scarsa educazione, dissetati a pozzanghere mefitiche, con pance gonfie e arti scheletriti, marasmici o edematosi, terribili a vedersi, assediati dalle mosche, perniciose mosche africane; inerti, in una sorta di abbandono mortifero, raggomitolati nelle braccia di donne dalle mammelle pendule, gli occhi bianchissimi, sbarrati nell’ineluttabile attesa della morte. Filmini e opuscoli venivano sottoposti alla nostra attenzione di settenni: debitamente terrorizzati, poiché, lo si sentiva a pelle, eravamo noi, e la pacchia di cui godevamo, i responsabili di tale massacro. Le mamme (di noi bianchi) si diportavano con cuore più leggero; parecchie di loro discendevano direttamente da Bertoldo e, negli anni Settanta, la loro crudele carica di scetticismo verso il politicamente corretto era quasi intatta. Solo qualcuno, dal cuore più tenerello, disimpegnava i sensi di colpa compilando un conto corrente di lire mille o duemila o cinquemila, moduli natalizi che, periodicamente, traboccavano dalle cassette postali o, surrettiziamente, venivano inseriti nei nostri quaderni a quadretti, fra un’equivalenza e un pensierino (allora così eran chiamate le composizioni in italiano): Descrivi la tua giornata di ieri, Una gita in campagna, Descrivi la natura del parco, Cosa pensi della tua città.
Anche Carlo Delle Piane, figlio bruttarello di Totò nel celeberrimo Guardie e ladri, compone pensierini. Totò è un ladruncolo che vive di espedienti, Fabrizi una guardia che se lo fa sfuggire e rischia il licenziamento. Fabrizi è costretto, perciò, dal regolamento inflessibile, a riacciuffare Totò, in un gioco di specchi psicologici e comici che coinvolge i rispettivi nuclei familiari.
L’inseguimento
iniziale fra Il Principe (Ferdinando Esposito) e Aldo Fabrizi (Lorenzo Bottoni),
dal centro di Roma, ricco e affollato di auto, uomini e vestigia, sino ai
suburbi più estremi, fra pratoni interminati, bettole e baracchette, è una
delle cose più esilaranti e commoventi della storia del cinema italiano. Roma
era bellissima, naturalmente. Nel 1951, anno di produzione del film,
l’utilitarismo angloamericano da quattro soldi non aveva ancora divorato ciò
che si era. Sì, è così, c’è poco da fare. Forse (una mia debole deduzione)
anche lo sceneggiatore Ennio Flaiano, da genio qual era, intuì in anticipo gli
avvenimenti futuri: all’origine della lotta tra la guardia e il ladro è,
infatti, l’americano Mr. Locuzzo (truffato da Totò con una falsa moneta romana).
E cosa fa Mr. Locuzzo a Roma? Distribuisce, novello Unicef, e quale modello di
bontà (gli Americani, dal dopoguerra in poi, ci hanno molto amati), pacchi-dono
ai bimbi italiani disagiati. Beneficenza agli sconfitti, insomma.
Dall’arroganza di Locuzzo (un caporale, evidentemente, nella logica
esistenziale del Principe De Curtis) nascono i guai di Bottoni ed Esposito. Ne
nasce un rimpiattino comico di prima scelta; Bottoni si mette in cerca di Esposito riuscendo a infiltrarsi, grazie
all’esibizione di un interessato altruismo, nella sua famiglia (regala capi di
vestiario dismessi); Esposito sfugge, e, nelle more della latitanza, si occupa
dell’educazione dei figli. In uno di tali convegni, il più zuccone dei tre,
Libero, impersonato da un grande Carlo Delle Piane, relaziona il padre su un
tema svolto in classe: Descrivete la
figura di vostro padre.
E
Libero (nome scelto con perfidia) attacca a parlare come un treno, con voce
monocorde e implacabile, rimarcando con forza il “mio padre”:
“Dunque. Tema. Descrivete la figura di vostro padre, le sue abitudini, il suo lavoro, le sue aspirazioni. Svolgimento. Mio padre non è quello che si dice un bell’omo. Mi ricordo che una volta che lui litigò in autobus uno lo chiamò scucchione. Il lavoro di mio padre è stare molto fuori di casa e poi ritornare con stoffe, orologi, ombrelli e pure copertoni. Mio padre prima di uscire dal portone guarda sempre chi c’è per strada e ogni tanto telefona che vuole la biancheria …”
Totò, sciarpa e giacca consunta, ma indossate con dignità, inizialmente bendisposto, accarezza e bacia con tenerezza la figlia più piccola (è quella brava a scuola!); un vero capofamiglia, severo e comprensivo; il capofamiglia, però, allo “scucchione” si rende subito conto che il pensierino declina verso una inaccettabile sincerità; progressivamente, al crescere delle rivelazioni, mostra tutte le sue riserve: in un tripudio di frasi abortite, monosillabi, sottecchi al di sopra degli occhiali e gesti di trattenuta stizza, rotando lo sguardo senza posa in un gioco ove convivono sbalordimenti impotenti e irritazione, sino all’esplosione finale quando il pensierino è ridotto in brandelli.
“Dunque. Tema. Descrivete la figura di vostro padre, le sue abitudini, il suo lavoro, le sue aspirazioni. Svolgimento. Mio padre non è quello che si dice un bell’omo. Mi ricordo che una volta che lui litigò in autobus uno lo chiamò scucchione. Il lavoro di mio padre è stare molto fuori di casa e poi ritornare con stoffe, orologi, ombrelli e pure copertoni. Mio padre prima di uscire dal portone guarda sempre chi c’è per strada e ogni tanto telefona che vuole la biancheria …”
Totò, sciarpa e giacca consunta, ma indossate con dignità, inizialmente bendisposto, accarezza e bacia con tenerezza la figlia più piccola (è quella brava a scuola!); un vero capofamiglia, severo e comprensivo; il capofamiglia, però, allo “scucchione” si rende subito conto che il pensierino declina verso una inaccettabile sincerità; progressivamente, al crescere delle rivelazioni, mostra tutte le sue riserve: in un tripudio di frasi abortite, monosillabi, sottecchi al di sopra degli occhiali e gesti di trattenuta stizza, rotando lo sguardo senza posa in un gioco ove convivono sbalordimenti impotenti e irritazione, sino all’esplosione finale quando il pensierino è ridotto in brandelli.
La
scena dura pochi secondi: vera arte popolare.
Notare come i cognomi sublimino in denotazione di classe: Bottoni origina da un mestiere, come i Fabbri, i Fornari, i Beccaria, i Tessari; Esposito da expositus: l’expositus era il neonato abbandonato alla ruota degli infanti dell’Ospedale napoletano dell’Annunziata. Esposito: come il settentrionale Diotallevi e il romanesco Proietti.
Notare come i cognomi sublimino in denotazione di classe: Bottoni origina da un mestiere, come i Fabbri, i Fornari, i Beccaria, i Tessari; Esposito da expositus: l’expositus era il neonato abbandonato alla ruota degli infanti dell’Ospedale napoletano dell’Annunziata. Esposito: come il settentrionale Diotallevi e il romanesco Proietti.
En passant leggiamo la lista degli sceneggiatori di Guardie e ladri: Vitaliano Brancati, Ennio Flaiano, Ruggero Maccari, Stefano Vanzina, Mario Monicelli, Aldo Fabrizi. Flaiano era un genio, come detto, ma di quelli appartati e, quindi, inclini a essere sottovalutati. Federico Fellini, intellettualmente cleptomane, e detentore di un bastone rabdomante che vibrava in presenza di un genio suo pari, quando recava visita al Bastian Contrario, prendeva a frugare velocemente, lui assente per un bisognino, cassetti, scrivanie e agende: in cerca di uno spunto, di un’indicazione, di un’ideuzza da rubare: una miniera d’intelligenza, infatti, riserva pepite anche nella spazzatura. Come Maiorana, che appuntava intuizioni da Nobel su una scatola di cerini.
Aldo
Fabrizi, invece, a differenza di Maiorana e Flaiano, fu un genio misconosciuto.
I
bofonchiamenti, le impennate autoritarie, i rabbonimenti in un patetico mai
molesto, lo strabuzzare degli occhi da batrace, i battibecchi condotti con
inspirazioni e sfiati esasperati: tale è la personificazione di una vera arte popolare.
La fuga di Bottoni e di Esposito, due poveracci, finisce all’Acquacetosa: nei pressi, insomma, del futuro Circolo Canottieri Aniene.
Anch’io fui responsabile di un tema simile a quello di Carlo Delle Piane, in terza elementare. Descrivi il tuo papà, ordinò la maestra: obbedii. Il parto letterario conseguente mi valse dure reprimende fra le mura amiche. In esso non rivelavo al mondo che mio padre era un ladruncolo (militava, anzi, in partibus Bottoniorum), ma, cosa più grave, l’esatto ammontare del suo stipendio, per quel che ne potessi capire allora: una retribuzione abbastanza magra, in verità; il che costituiva non una vergogna, ma un fatto da occultare, ché le ristrettezze, benché costringessero a una dignitosa austerità, andavano lavate in famiglia. Al pari dei pantaloni che indossavo, dismessi da un cugino più grande e ricchi di toppe simmetriche ai lati dei miei coglioni in erba: toppe, per fortuna queste, occultate dal grembiule blu, misericordioso residuato ideologico di un’Italia dolcemente fascista, cattolica, socialista.
Le pezze al culo, le pezze ai coglioni nel mio caso, erano merce ordinaria nei sobborghi romani più estremi, specie nei primi anni Settanta. Le toppe, assieme alle gambe corte, ai pidocchi, alle avitaminosi, alla delinquenza minorile; alle baracche, alle case minime, ai lotti popolari, alle pozzanghere; e a un tasso di abbandono scolastico prossimo a quello dello Zaire.
La fuga di Bottoni e di Esposito, due poveracci, finisce all’Acquacetosa: nei pressi, insomma, del futuro Circolo Canottieri Aniene.
Anch’io fui responsabile di un tema simile a quello di Carlo Delle Piane, in terza elementare. Descrivi il tuo papà, ordinò la maestra: obbedii. Il parto letterario conseguente mi valse dure reprimende fra le mura amiche. In esso non rivelavo al mondo che mio padre era un ladruncolo (militava, anzi, in partibus Bottoniorum), ma, cosa più grave, l’esatto ammontare del suo stipendio, per quel che ne potessi capire allora: una retribuzione abbastanza magra, in verità; il che costituiva non una vergogna, ma un fatto da occultare, ché le ristrettezze, benché costringessero a una dignitosa austerità, andavano lavate in famiglia. Al pari dei pantaloni che indossavo, dismessi da un cugino più grande e ricchi di toppe simmetriche ai lati dei miei coglioni in erba: toppe, per fortuna queste, occultate dal grembiule blu, misericordioso residuato ideologico di un’Italia dolcemente fascista, cattolica, socialista.
Le pezze al culo, le pezze ai coglioni nel mio caso, erano merce ordinaria nei sobborghi romani più estremi, specie nei primi anni Settanta. Le toppe, assieme alle gambe corte, ai pidocchi, alle avitaminosi, alla delinquenza minorile; alle baracche, alle case minime, ai lotti popolari, alle pozzanghere; e a un tasso di abbandono scolastico prossimo a quello dello Zaire.
Il
primo anno, alle medie, la mia classe, sezione H, ricavata dalle camerate di un
dormitorio pubblico in parte dismesso, ospitava trentacinque anime; il secondo
ventuno; il terzo tredici. Alcuni alunni entravano e uscivano dal riformatorio;
molti non sapevano compitare una riga; alcuni, a cavallo tra una bocciatura e
l’altra, cominciarono a lavorare. A dodici anni sorpresi un mio ex compagno,
allora già quattordicenne, mentre camminava sul marciapiede opposto al mio, con
un fagottino di cartapaglia giallina: il suo pranzo, probabilmente; si avviava,
lo seppi dopo, presso l’officina di un amico del padre. Ad apprendere il
mestiere. Lo vidi passare, io inosservato. Avrebbe svitato e avvitato bulloni
per circa trent’anni, sino a morire, per un tumore fulminante, nel 2008.
Appresi della sua morte solo poco tempo fa. L’immagine di Stefano, consumata
dal trascorrere di più di un’epoca, è tutta lì: un ometto sconfortato e
caracollante, con un involto meschino stretto fra il torso e il braccio
sinistro, entrambe le mani sprofondate nelle tasche, su di un marciapiede sbrecciato
da Guardie e ladri:
verso
un futuro cui nulla aveva da chiedere; e che nulla gli avrebbe riservato.
La classe di trentacinque undicenni, cui apparteneva lo scrivente, iniziava le lezioni alle quattordici e staccava alle diciannove. Tre giorni a settimana. Vigeva, infatti, la pratica del doppio o triplo turno.
La classe di trentacinque undicenni, cui apparteneva lo scrivente, iniziava le lezioni alle quattordici e staccava alle diciannove. Tre giorni a settimana. Vigeva, infatti, la pratica del doppio o triplo turno.
La
scuola, pur fatiscente, conteneva decine di sezioni: le si frazionò, quindi,
come manovalanza da fabbrica.
Fu
in quel periodo, allorché si usciva di scuola nel pomeriggio morente, inondando
le strade buie e deserte, le mani sporche di inchiostro o gesso, che cominciai
ad amare le luci della sera.
Dalla
scuola a casa mia c’erano un paio di chilometri. Li affrontavo con calma. La
brezza serotina, repentinamente pungente e liberatoria, dopo le ore passate al chiuso,
tonificava il cuore. I gruppetti sfoltivano pian piano il numero. Ognuno
gradatamente ritrovava la strada di casa, infilandosi in portoni e caseggiati
familiari, gli stessi, da sempre.
I
lampioni, sostenuti da pali in legno, recavano un bagliore esitante, smorzato
dal fogliame indorato dei platani; i riquadri delle finestre dei lotti
brillavano come accensioni da presepe; il vento autunnale recava un
profumo sottile e grato da refettorio: minestre riscaldate, bolliti di verdura,
soffritti. Qualche rara vetrina ancora illuminava una breve porzione di cammino:
i negozi della borgata, però, eran già predisposti alla chiusura, e vantavano una
sensazione irredimibile di dismissione, da serranda a mezz’asta: la fatica del
giorno sgocciolava via gli ansimi estremi. Il silenzio del ritorno era rotto
solamente dallo scalpiccìo dei passi sulle foglie; o dagli sfiati dei
meccanismi d’apertura di qualche autobus evanescente; la pernacchia di qualche
motoretta, attutita dalle prime brume, si dileguava velocemente. Lungo la
discesa, sulla via principale, intuivo cortili e anditi; qualche richiamo,
improvviso, da lontano: un nome, un’urgenza; l’abbaiare d’un cane; gli ultimi
metri, lungo il camminamento comune dei palazzi: traverso le finestre ecco le rassegna
muta di vite minuscole e nature morte piccolo borghesi: gli andirivieni
affaccendati delle madri, bambini già al tavolo, di cui si scorgevano solo le
teste brune, un filo che reggeva il bulbo d’una lampadina nuda, una coppia
d’anziani, un attaccapanni gravato da soprabiti e cappelli grigi e verdi, il
tramestio agognato e caldo della cena, un capo chino nell’esiguo raggio d’un
paralume. Non ho mai dimenticato, io, le luci della sera.
Con le nostre toppe, le cedole per i libri gratis, la merenda portata da casa, rosette e succhi e biscotti della nonna, guardavamo i documentari dell’Unicef, sbalorditi e increduli di fronte a tanta miseria. Operatori culturali, a fine visione, ci tenevano sermoni edificanti. Mai li vidi assistere uno di noi. Noi, infatti, eravamo i fortunati, i colpevoli. Anche Stefano era colpevole. Chissà cosa pensava di quegli anni quando ripuliva carburatori, motorini d’avviamento e spazzole d’accensione. Per me, mi ritengo fortunato: feci in tempo a vedere, e comprendere, e ricordare, le luci della sera.
Sul sito dell’Unicef i bianchi, come detto, non rilevano.
Con le nostre toppe, le cedole per i libri gratis, la merenda portata da casa, rosette e succhi e biscotti della nonna, guardavamo i documentari dell’Unicef, sbalorditi e increduli di fronte a tanta miseria. Operatori culturali, a fine visione, ci tenevano sermoni edificanti. Mai li vidi assistere uno di noi. Noi, infatti, eravamo i fortunati, i colpevoli. Anche Stefano era colpevole. Chissà cosa pensava di quegli anni quando ripuliva carburatori, motorini d’avviamento e spazzole d’accensione. Per me, mi ritengo fortunato: feci in tempo a vedere, e comprendere, e ricordare, le luci della sera.
Sul sito dell’Unicef i bianchi, come detto, non rilevano.
Ricompaiono,
tuttavia, in una pagina quasi nascosta: la pagina del direttivo di Unicef
Italia:
http://www.unicef.it/chisiamo/unicefpeople/consigliodirettivo/home.htm
A scorrere i ceffi salta subito all’occhio quello di Scipito l’Africano: Walter Veltroni.
Walter, col suo solito mezzo sorriso, i lineamenti rilasciati e indecisi, gli stessi che aveva a sedici anni quando rischiò di essere pubblicato da una famosa casa editrice, mercé gli uffici di mammà, ed ebbe la fortuna di farsi fotografare assieme a un giovane Ferdinando Adornato e a un Pasolini parecchio perplesso. Recita il profilo del Veltroni umanitario: “Attualmente è commentatore cinematografico presso Iris, canale televisivo di Mediaset. È da molti anni attento e appassionato osservatore dei fenomeni dello sviluppo dell'Africa, continente che ha visitato diverse volte, in qualità di Sindaco, insieme a studenti delle scuole romane. È al suo secondo mandato nel Consiglio Direttivo dell'UNICEF Italia”.
http://www.unicef.it/chisiamo/unicefpeople/consigliodirettivo/home.htm
A scorrere i ceffi salta subito all’occhio quello di Scipito l’Africano: Walter Veltroni.
Walter, col suo solito mezzo sorriso, i lineamenti rilasciati e indecisi, gli stessi che aveva a sedici anni quando rischiò di essere pubblicato da una famosa casa editrice, mercé gli uffici di mammà, ed ebbe la fortuna di farsi fotografare assieme a un giovane Ferdinando Adornato e a un Pasolini parecchio perplesso. Recita il profilo del Veltroni umanitario: “Attualmente è commentatore cinematografico presso Iris, canale televisivo di Mediaset. È da molti anni attento e appassionato osservatore dei fenomeni dello sviluppo dell'Africa, continente che ha visitato diverse volte, in qualità di Sindaco, insieme a studenti delle scuole romane. È al suo secondo mandato nel Consiglio Direttivo dell'UNICEF Italia”.
Veltroni,
che, per sua stessa ammissione, non fu mai comunista, ma di sinistra, di una
sinistra immaginaria, democratica, brodosamente filoamericana, è fatto così:
antiberlusconeggia e pubblica per Mondadori (Mondazzoli), si batte contro la pubblicità nei
film (lottò in tal senso a fianco di Federico Fellini) e contro il conflitto di
interessi (sempre dell’Omino di Burro), ma finisce a cicalare su un canale
Mediaset. In lui tutto è limpido; oserei dire cristallino: la politica è una
barzelletta da recitare, senza clamore, con bonomia: l’elettorato asseconderà.
D’altra parte, all’elettorato intendo, cosa rimane da fare? Votare. E allora si
voti! E chi vota l’elettorato? Walter Veltroni.
La
sua parabola politica ed esistenziale è, tuttavia, diversa da quella di una Valeria
Fedeli, a cui riconosco, almeno, la tenacia: se la seconda è coriacea,
immasticabile e d’una resilienza scoraggiante per ogni avversario, il primo rassomiglia
piuttosto a un di quei ripetenti su cui stingeva la denigrazione di Carlo
Emilio Gadda: “Idioti dentro la capa più
che se la fosse fatta d’un tubero … sordi al latino, reprobi al greco, inetti
alle storie, col cervello sotto zero in geometria e in aritmetica, non
sufficienti nel tiralinee, persino con la geografia erano insufficienti! Eppure
venivano giù come un olio al loro imbandierato varo, varati finalmente nel
sciocchezzaio con tutti gli onori e i carismi … più insulsi erano, e più felice
e liscio gli andava sottoculo lo scivolo … e come a culo indietro discende la
nave, così essi, il maggior numero, come nave o gambero, e proprio perché gamberi,
a culo indietro, in ragione dei loro non-titoli, discendevano, scivolavano
felicemente nel mondo”.
Andiamo avanti.
Andiamo avanti.
Accanto
a Veltroni campeggia il volto da Latin Lover de’ Noantri di Giovanni Malagò: “Presidente del CONI … Imprenditore … giocatore
di calcio a 5 … ha partecipato con la Nazionale Italiana al Mondiale in Brasile
nel 1986. Amministratore Delegato e Socio del Gruppo Sa.Mo.Car. Spa,
Presidente, Amministratore Delegato e Socio della Samofin Spa, società di
partecipazioni. È stato Presidente del Circolo Canottieri Aniene dal 1997 al
marzo 2017, e ne è attualmente Presidente Onorario. È stato Consigliere di Air
One Spa, Consigliere di Banca di Roma e poi di Unicredit, Membro del Consiglio
del Territorio Roma di Unicredit, Consigliere di Tecnimont SpA e di
Maire-Tecnimont SpA. Attualmente è Consigliere di Auditorium-Parco della
Musica, Advisor per l’Italia di HSBC Bank, Membro di Giuria Fondazione Guido
Carli, Membro dell’Advisory Board di Agenda Sant’Egidio e Socio Onorario e
Consigliere dell’AIL. Ha presieduto i Comitati Organizzatori degli
Internazionali d’Italia di tennis 1998 e 1999, dei Campionati Europei di
Pallavolo maschile del 2005 e dei Mondiali di Nuoto di Roma 2009. Azzurro
d’Italia, nel 2002 è stato insignito con la Stella D’Oro al Merito Sportivo,
dal 2001 al 2003 e dal 2009 al 2013 è stato membro della Giunta Nazionale del
CONI. Attualmente è anche membro della commissione ‘Affari Pubblici e Sviluppo
Sociale per lo Sport’ del CIO e della Commissione Marketing e nuove fonti di
finanziamento dell’Associazione dei Comitati Olimpici Nazionali (ANOC)”.
Sintetizzo,
con altre parole, il pastone anzidetto: venditore di auto di lusso presso Villa
Borghese, Gianni conobbe Luca Cordero di Montezemolo sino a
divenirne intimo amico; membro del Circolo Canottieri Aniene (a differenza di
Cesare Previti che fu membro e Presidente del Circolo Canottieri Lazio: luoghi
non di canottaggio, ma d’incontro del jet set e dell’imprenditoria d’altissimo
bordo del generone romano), ebbe a disorganizzare, con successo accecante, da
Presidente della Federnuoto, i disastrosamente memorabili Mondiali di Nuoto del
2009, risoltisi in una catastrofe di piscine incompiute, vasche disseccate
dall’incompetenza e ripieghi, acquatici, dell’ultim’ora. Lo scheletro possente
dello Stadio del Nuoto, aborto costosissimo e orrendo dell’archistar Calatrava,
ristà, quale epitome dello Sperpero, a testimoniare tanta conclamata inettitudine.
La
disfatta, unanimamente riconosciutagli, valse al Nostro la promozione a
Presidente del Coni.
Abbiamo
poi Brunello Cucinelli, il mio preferito: “Presidente
e Amministratore delegato della Brunello Cucinelli SpA, maison di moda italiana
operante nel settore dei beni di lusso assoluto, specializzata nel cashmere e
divenuta nel tempo uno dei brand più esclusivi nel settore del pret-à-porter ‘informal
luxury’ a livello mondiale”.
E
poi Alberto Baban: “Fondatore e
presidente di Tapi Spa, gruppo all'avanguardia nella produzione industriale di
tappi sintetici in polimeri. Dopo avere ricoperto numerosi incarichi a livello
locale e nazionale nel Sistema Confindustria, è attualmente Presidente di
Piccola Industria – Confindustria” e, last but not least, Ginevra Elkann: “Presidente di Asmara Films, da lei fondata
nel 2010 e di Good Films, società di produzione/distribuzione cinematografica
che ha co-fondato nel 2011. Dal 2011 è presidente della Pinacoteca Giovanni e
Marella Agnelli, siede nel consiglio di amministrazione di EXOR, nel consiglio
consultivo di Christie’s ed è membro del Comitato d'acquisizione e del Comitato
Esecutivo della Fondation Cartier di Parigi. Dal 2013 siede nell’Advisory Board
di UCCA, Pechino e in quello della American Academy di Roma”.
E
poi altre figurette di secondo piano PolCor e riempitivi giovanilistici a cui
non voglio nemmeno accennare.
Di
cosa discorreranno, tali Apolidi, nel Consiglio Direttivo di Unicef Italia è,
per me, fonte di un mistero ominoso che non ho voglia di penetrare. Forse di
Ferrari? Di cashmere? Di “lusso assoluto”? O, magari, di “lusso informale”? O magari,
vista la derivazione ideologico-imprenditoriale dei Maggiori, di quando un
arbitro accorderà un rigore a Cristiano Ronaldo: onde sbloccarlo
psicologicamente: gli scarponi italiani, evidentemente, lo intimoriscono.
Marco Ferreri gira Come sono buoni i bianchi nel 1988, in piena era di riflusso morale, spirituale, politico. La storia, deboluccia, di un gruppo di bianchi, animati dalla bontà e dalla voglia di salvare l’Africa dalle miserie e dalla colpa.
Marco Ferreri gira Come sono buoni i bianchi nel 1988, in piena era di riflusso morale, spirituale, politico. La storia, deboluccia, di un gruppo di bianchi, animati dalla bontà e dalla voglia di salvare l’Africa dalle miserie e dalla colpa.
La
banda finirà, giustamente, cannibalizzata da veri Africani.
Giustamente.
Questi sono gli Africani che ammiro: di fronte ai cretini come resistere alla
tentazione di mangiarseli? Sono gli Africani che scimmiottano i bianchi quelli
da prendere a calci nel sedere, che siano seduti su un gommone o su un trono.
Me
li sarei mangiati anch’io, quei cretini da Unicef, fossi stato un Africano, che
la cosa che più mi irrita è la simulazione della bontà a surrogato della
frustrazione borghese. Sì, i veri Africani sono i nostri alleati. Questa orda
di bianchicci che vuol insegnarci a vivere, aizzati dai Bianchi Maggiori dei
vari Consigli Direttivi della Bontà … dobbiamo mangiarceli … lessi o arrosto,
non conta … prima gli scemotti delle varie organizzazioni filantropiche, delle
cooperative, delle magliette rosse … e poi risalendo, che l’appetito vien cannibalizzando,
gli Altri … più succosi … un Veltroni allo spiedo, una Elkann in salmì …
dobbiamo sbrigarci prima che l’Italia e gl’Italiani si estinguano, rosolati nei
bracieri dell’Usura e del politicamente corretto.
Il film più illuminante sull’Africa: Echi da un regno oscuro, di Werner Herzog (Echos aus einem düsteren reich, 1990). Un documentario su Jean-Bédel Bokassa, dittatore e Imperatore della Repubblica Centroafricana. Emulo di Napoleone, Bokassa edificò un monumento kitsch di sfarzosa idiozia retto dal “lusso assoluto” e da una crudeltà bestiale e insensata, Bokassa sublimò pian piano nella leggenda grazie alle accuse di cannibalismo, nepotismo e torture; oltre a essere, da vero gorilla traditore del suo popolo, il finanziatore (in diamanti) delle casse del Presidente Francese Valéry Giscard d’Estaing, ennesimo pigmalione apolide antifrancese. Una condotta che spiega, oltre ogni dire, il conferimento a Bokassa del Cavalierato dell’Ordine della Legion d’Onore; oltre a quello di cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Legion d’Onore: trofei PolCor a cui anche i nostri governanti sono adusi (rilevando come non Italiani o meglio: antitaliani).
I Legionari nostrani (Bonino, Pisapia, D’Alema, Veltroni, Scajola, Frattini, Prestigiacomo) non sono né occidentali né bianchi, ma solo Apolidi: come i membri del Consiglio Direttivo di Unicef Italia, novelli Bokassa dell’altruismo a ogni costo (a costo dell’Italia). D’altra parte nemmeno Bokassa era Africano: se lo fosse stato avrebbe divorato D’Estaing al cartoccio. Che non fosse Africano o negro (così come Veltroni e Prodi e Malagò non sono né bianchi né Italiani), ma solo una scimmia che imitava i Bianchi Apolidi, ce lo dice la metafora finale di Echi da un regno oscuro: dal serraglio sardanapalesco e allucinante dell’Imperatore-Napoleone, ch’egli ha abbandonato come l’irresponsabile direttore d’un manicomio, il regista sceglie uno scimpanzé; lo inquadra; la bestia, innocente e attonita, guarda a favore della telecamera, verso di noi, biascicando come un vecchio rugoso. Solo alla fine, attraverso le sbarre che rigano quel volto dagli occhi sconfitti, ci accorgiamo che la scimmia, un déracinée perfetto, fuma: fuma! Una boccata dopo l’altra, con gesti abitudinari, disinvolti, di perturbante umanità; atroci nella loro incongruità.
Il film più illuminante sull’Africa: Echi da un regno oscuro, di Werner Herzog (Echos aus einem düsteren reich, 1990). Un documentario su Jean-Bédel Bokassa, dittatore e Imperatore della Repubblica Centroafricana. Emulo di Napoleone, Bokassa edificò un monumento kitsch di sfarzosa idiozia retto dal “lusso assoluto” e da una crudeltà bestiale e insensata, Bokassa sublimò pian piano nella leggenda grazie alle accuse di cannibalismo, nepotismo e torture; oltre a essere, da vero gorilla traditore del suo popolo, il finanziatore (in diamanti) delle casse del Presidente Francese Valéry Giscard d’Estaing, ennesimo pigmalione apolide antifrancese. Una condotta che spiega, oltre ogni dire, il conferimento a Bokassa del Cavalierato dell’Ordine della Legion d’Onore; oltre a quello di cavaliere di Gran Croce dell’Ordine della Legion d’Onore: trofei PolCor a cui anche i nostri governanti sono adusi (rilevando come non Italiani o meglio: antitaliani).
I Legionari nostrani (Bonino, Pisapia, D’Alema, Veltroni, Scajola, Frattini, Prestigiacomo) non sono né occidentali né bianchi, ma solo Apolidi: come i membri del Consiglio Direttivo di Unicef Italia, novelli Bokassa dell’altruismo a ogni costo (a costo dell’Italia). D’altra parte nemmeno Bokassa era Africano: se lo fosse stato avrebbe divorato D’Estaing al cartoccio. Che non fosse Africano o negro (così come Veltroni e Prodi e Malagò non sono né bianchi né Italiani), ma solo una scimmia che imitava i Bianchi Apolidi, ce lo dice la metafora finale di Echi da un regno oscuro: dal serraglio sardanapalesco e allucinante dell’Imperatore-Napoleone, ch’egli ha abbandonato come l’irresponsabile direttore d’un manicomio, il regista sceglie uno scimpanzé; lo inquadra; la bestia, innocente e attonita, guarda a favore della telecamera, verso di noi, biascicando come un vecchio rugoso. Solo alla fine, attraverso le sbarre che rigano quel volto dagli occhi sconfitti, ci accorgiamo che la scimmia, un déracinée perfetto, fuma: fuma! Una boccata dopo l’altra, con gesti abitudinari, disinvolti, di perturbante umanità; atroci nella loro incongruità.
Ed
è in quel momento che presentiamo con certezza altri déracinées, strappati da
sé stessi, altre moltitudini, e nuovi signori e padroni.
L'ho visto anche io documentario su Bokassa. Però c'è stato anche Thomas Sankara. Ho letto dei suoi scritti molto belli contro l'individualismo e la competitività del mondo moderno. l'Africa torna sempre nei pensieri di noi tutti, come se fosse la nostra ombra , S.
RispondiEliminaSankara era africano, Bokassa scimmiottava l’Europa. Veltroni scimmiotta l’Italia.
EliminaComplimenti. Davvero scritto bene. Ho in odio tutte le unicef di questo mondo. Mai dato una lira. Presto appenderemo i sinistri. Non faremo prigionieri . Faremo fuori anche i magistrati loro amici e il resto della banda. Aspettiamo il caos. Saremo pronti. Ricacceremo al mittente a fucilate anche i pagatori di pensione. Che Dio ci assista!
RispondiEliminaSperiamo, ma ci credo poco.
EliminaMi hai fatto venire fame..complimenti e ad maiora. Consiglio vivamente i libri di Flaiano, impareggiabili capolavori dimenticati, sfiorato dall'altro mostro Palazzeschi. Gli italiani risorgeranno presto, madidi e allucinati dalla sveglia alle 8 e dalla partitella del venerdì sera. Lottiamo per la consapevolezza e l'acesa personale e collettiva, unica ragione di vita contemporanea, ad maiora!!
RispondiEliminaEnnesimo applauso ad Alceste, i cui scritti aspetto con impazienza. Grazie per avermi fatto fare un giro nel distopico chi siamo di Unicef Italia...
RispondiElimina(Il link nell'articolo non va per via del punto finale).
Un abbraccio
Grazie per i complimenti e la segnalazione.
EliminaIn risonante accordo col Tema di fondo - l'inconciliabile, irrisolta, cruda contraddizione - e, ancora una volta, con Tono, Stile e Colore. A quando un Bel libro? RT
RispondiEliminaE chi lo pubblica?
EliminaSe qualcuno volesse pubblicarlo devolverei il magro ricavato per tradurre alcuni testi introvabili.
Magari qualche volenteroso esiste ...
Può pubblicarlo da sé, come certamente saprà. Sono sicuro che molti - se non tutti - i fedeli lettori di questo blog sarebbero felici di leggerLa. Io sicuramente.
RispondiEliminaNon sono capace di impaginare il pdf ... Amazon ha regole precise. Vedremo.
EliminaGrazie Alceste.
RispondiEliminaGuardie e ladri...un capolavoro.
mi permetto di pubblicare l'inseguimento.
https://www.youtube.com/watch?v=ZVdFTvZ6iwg
Guardate i ragazzi che giocano a calcio e difendono Totò...
Mi fanno venire in mente anche quella puntata di "specchio segreto" di Nanni Loy in cui il tizio si finge evaso da Regina Coeli e chiede una cintura per i pantaloni...
è notizia di oggi: https://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca/multato_mentre_scarica_mobili_a_un_cassonetto-3951818.html
"denunciate!"
Ora suppongo che qui siamo fra persone dotate di un cervello abbastanza, dico abbastanza, abile... quindi mi pare chiaro che non difendo nessuna inciviltà e prepotenza...
Ma mi chiedo: in nome di cosa abbiamo sacrificato quello che appare nel film, e che oggi, se sopravvive...lo fa con molta fatica?
Cos'era? Era troppo e troppo poco per definirlo semplicemente, io le parole non le trovo...
Cosa abbiamo perso e in nome di cosa?
L’arte d’arrangiarsi. Eravamo agricoltori, cacciatori, meccanici, pescatori ... adesso facciamo multe e andiamo al supermercato.
EliminaMa e'davvero cosí improbabile che sull'Europa scenda la sera di una nuova notte di San Bartolomeo?
RispondiEliminaE chi sarebbero gli Ugonotti? Il nostro destino sembra la Pace ... chi si dovrebbe incaricate dei massacri? Per un massacro ci vuole arte e volontà ... pregi che gli Europei più non possiedono.
EliminaI volenterosi prendono nota. In California e' passata una legge secondo cui chi possiede una bibbia verra' sbattuto in galera! In un'altro stato Usa verra' insegnato anche il satanismo a scuola: se si insegna il cristianesimo, ovviamente e per correttezza, dovra' essere insegnato anche il satanismo. L'idea non e' male dopotutto. Vedrei bene i "progressisti italici ecc." (papa e pedoefebofinocchiporporasupporter inclusi), oltre che farsi paladini del "neger clandestino" comunque e quantunque carico di diritti, del qualunque finocchio papa' da cui sgorgano innegabili diritti, dei diritti delle povere elites, del diritto a tranciare feti, del dirittochee'dovere al vaccino, del dirittochee'dovere al gender, del dirittochee'suicidio alla moneta a debito, del diritto alla gabbia per polli chiamata DUU (DisUnione Europea) ecc, anche del diritto ad insegnare satanismo alle elementari in Italia. Meglio sarebbe all'asilo! Perche' e' dall'asilo che si formano i buoni cittadini del futuro mondo pieno zeppo di diritti. E anche i satanisti hanno i loro sacrosanti diritti, dio buono!!! Questo e' innegabile. I radicali li vedei bene per questa nuova crociata, con tanto di scioperi della fame a cappuccini e brioches... Meglio pero' sarebbe chiamarla "satanicata"! Riguardo all'Unicef, un mio (ex penso, da tempo non ci frequentiamo) amico ebreo aveva la zia che era alto membro direttivo Unicef, di ovvia fede politica: Rifondazione Comunista! Adesso sara' in pensione (d'oro ovviamente). Sempre in giro per convegni sulla fame. Un giorno chiedo al mio amico quanti problemi di fame nel mondo avesse risolto la zia. Lui mi rispose candido:"nessuno, ovvio!". La zietta, un giorno in cui andai a trovare l'ex amico a Roma (il baraccone Unicef ha sede a Roma), ci porto' anche in dovuto pellegrinaggio serale al monumento di Pasolini dove fu ucciso, in mezzo alle sterpaglie. Mi sembro' di aver partecipato ad un rito obbligato e privo di fede.
RispondiEliminaOltre al satanismo penso che i "progressisti ecc" dovrebbero anche iniziare una lotta senza quartiere per il diritto del cannibale. Anche il cannibale, dio buono, ha i suoi sacrosanti diritti e poi ne abbiamo importati piu' di uno di cannibali, a quanto pare... Diritto chiama diritto! Quanti diritti sacrosanti per cui battervi, cari "progressisti ecc.", se ci pensate bene bene: perche' l'uomo, soprattutto se "non fascista", anche se marcio, se ci pensate bene, ma bene bene, e' un pozzo di S. Patrizio di diritti. Viva S. Patrizio, viva la Revolicion par la Revolucion! Viva il diritto, ecumenicamente sempre buono e ontologicamente progressista!
Bel pezzo Alceste. Molti suggerimenti.
Anonymous nomen R
La zia voleva la retributiva altro che fame. Il comunismo è una fede, la sinistra una posa che lo scimmiotta.
EliminaTanto di capello, meravigliosa e realistica descrizione di una generazione cresciuta nelle immense periferie degli anni 70. Quello che sfugge o meglio viene taciuto è il fatto che nessuno ci ha mai regalato niente, toppe, minestre, caffè latte la mattina a colazione. Un’Italia che lottava contro la povertà secolare e che vedeva i primi risultati grazie anche alle politiche di matrice keynesiana con tante differenze e iniquità ma perseguite dalla classe diirigente della tanto vituperata prima repubblica. Vorrei riuscire a scrivere come fai tu, nel frattempo seguo la tua lista di lettura dopo “ I proscritti “ tocca a Borges. Antonio
RispondiEliminaCaffellatte con la rosetta abbrustolita sul gas. Spero ti siano piaciuti “I proscritti”.
EliminaComplimenti per l’articolo. Caro Alceste, che film mi consiglieresti per il mio stato d’animo mesto, cupo e rassegnato? Una proposta: perché oltre ai consigli di lettura non stili anche un elenco di film che vale la pena di vedere? Come titolo consiglio: Filmografia essenziale. Saluti,
RispondiEliminaEnrico Barra.
Ci avevo pensato. Consigliare libri e film è difficilissimo poiché l’apprezzamento si sostanzia per vie personali. Ultimamente ho rivisto Arca russa di Sokurov. Per il tuo umore? Guardati una romanata leggera: Febbre da cavallo.
EliminaAlceste come il buon vino migliora e raggiunge vette di prosa sontuosa. Mi abbevero da questa fonte, dizionario alla mano, appuntandomi e cercando lemmi che non conosco....così imparo e mi commuovo....lo dico letteralmente, oggi leggendo il suo articolo a mia moglie, stupiti ed emozionati entrambi da questi scritti che sembrano raccontare e dare voce ai nostri pensieri...un caro saluto
RispondiEliminaNon posso che ringraziarvi entrambi. Un saluto.
EliminaCaro Alceste, continuo a leggerti sempre con interesse e totale condivisione. Vale!
RispondiEliminaHermannus Contractus
per Anonymous nomen R
RispondiEliminascusi ma i presidenti americani, nel momento del loro insediamento, non giurano proprio sulla bibbia?
Anche i testimoni in tribunale.
EliminaSi ma non giurano in California. Aprire gli occhi please. Sono nel caucaso in piena sbornia ma lucido: ci stanno fottendo. Ed e' tutto verissimo. Un caro saluto a chi comprende. Anonimo di nome R.
EliminaCaro Alceste, mi permetto di darti del tu anche se non ti conosco personalmente. Ma è come se ti conoscessi a fondo; ti leggo da anni con estremo diletto e interesse. Certo, a volte il diletto non compare proprio in seguito alla lettura, ma non per colpa tua, ovviamente. Ci tengo a farti i miei più sinceri complimenti. Non smettere mai di scrivere, ti prego. Sebastian
RispondiEliminaGrazie e un saluto.
EliminaGrazie Alceste ti leggo e ti faccio leggere.E'interessante vedere i sinistrati che ad inizio lettura di un tuo scritto dicono e pensano ma questo sarà un fascista per poi darti timidamente ragione tra mille ma....i sinistrati non concedono mai nulla a chi non la pensa come loro,ma le tue parole inducono un modo di pensare nuovo che li ammutolisce.
RispondiEliminaFargli chiudere il becco è un'impresa da Ercole.
EliminaIo sono un po'sinistrata ma il tema dell'identità si base etnica o culturale, per me accettare o riconoscermi in un'idea del genere, mi dispiace, non so se riesco. Poi mettere una foto brutta su un testo bello, non lo capisco. Se un lettore ha la pelle scura, o scurissima, cosa deve sentire? S.
EliminaCosa sentono gli Italiani a vedersi depredare la Patria giorno dopo giorno? Glielo chiede qualcuno?
EliminaGrazie! La patria per me, è difficile riconoscerla. La memoria non si mette in piedi con la buona volontà o con tutto lo studio possibile. Un po'come la ricerca del graal? Io ne ho solo un vago sentore quando viene commessa un'ingiustizia o quando viene mistificata la realtà, allora penso che è lì che devo restare. La patria come la raccont, sembra una cosa così dolce, avrei voluto cconoscerla anch'io ma non mi è capitato
EliminaMi chiedo(con gentilezza),cosa direbbe Toro seduto in un ipotetica intervista sul fenomeno immigratorio,cosa risponderebbe il generale Custer, e i contadini di Fontamara?Se l'immigrazione fosse di giovani e poveri Finlandesi cambierebbe qualcosa?Ci stanno portando a pensare che immedesimarsi voler conservare, amare un territorio,una città,un paese,un muretto di quartiere, sia un atto egoistico,il tutto avviene con una velocità che mi ricorda il gioco delle tre carte, fatte nei quartieri spagnoli alle tre di notte tra dozzine di voci urlanti che ti circondano..calma.Quando ami il tuo territorio apprezzi quello degli altri,ti immedesimi nell'amore che un ghanese può avere nei confronti della vallata in cui è nato,quello sguardo è il tuo davanti all'Appenino, alle Alpi,alla Valpolcevera.Diciamolo,la sinistra non ha mai amato le genti d'Italia,il popolo di questo territorio,proprio perchè come dici tu,Alceste, la sinistra è una posa che scimmiotta qualcos'altro,è finta, questa finzione arriva al paleoencefalo,la senti,la vedi purtroppo nel quotidiano con le sue pose da karaoke,e quindi non può riconoscere nemmeno l'identità altrui,di quelli che vorrebbe accogliere.E'pura teoria,sono bacini inviati con la mano mentre si balla, e l'altra al cielo in comunione con l'universo (o l'università del pensiero unico).
RispondiEliminaPotente l'immagine dello scimpanzè che fuma,un dèracinèe che non avrei mai potuto immaginare.Grazie Alceste per i tuoi sforzi e il tempo che dedichi a questo blog
Di scimmie che fumano ne abbiamo a legioni. Sono italiani che scimmiottano l’essere italiani. Potrebbero essere nati in ogni altro luogo, sono intercambiabili. Li hanno educati a questo.
EliminaPer Anonimo 6 settembre: ho chiuso un contratto e ho bevuto olre modo con il cliente russo, che ormai e' mio complice!!!@@ punto, virgola, punto e accapo!!! (Come diceva Toto'!). Detto cio' la vedo cosi': Dato un kilometro quadrato, dati "N" contendenti di cui uno autoctono e gli altri no, chi avra' la proprieta'? La questione e' feroce e bestiale. Sta a te volerla vedere oppure voler vedere cazzate! Scusa la franchezza, ma qualcuno domani dovra' parare il culo ai tuoi discendenti, se mai ne avrai.
EliminaComunque sia vi girero' il link, che vi illustrera' anche la tattica che usano. By.
Anonimo di nome R
Oggi ho visto un servizio del tg3 sulla Siria. Avevano completamente ribaltato la realtà. Nemmeno Orwell in 1984 avrebbe mai pensato si potesse arrivare a simili livelli. Hanno fatto passare i terroristi islamici tagliagole finanziati ed armati dagli Stati Uniti, Sauditi, Israeliani ecc. come i buoni che combattevano contro i cattivi russi e i cattivi dell'esercito nazionale siriano di Assad. Come fanno i sinistri, siano essi giornalisti o politici o addirittura cittadini comuni, ad avere la faccia come il culo a quella maniera?!?
RispondiEliminaCaro Alceste qui stiamo toccando vette elevatissime della più sinistra stronzaggine umana. Qui siamo al di là del bene e del male, al di là della deficienza più assoluta. Ti giuro su Dio, io nella mia vita ho conosciuto gente che si richiamava al fascismo, gente che si richiamava al nazismo, ma ti assicuro che come i sinistronzi nessuno mai. Mai e poi mai come i sinistronzi. Simili vette ( se possiamo chiamarle così) solo da loro le ho viste toccare.
Ragazzi miei, noi eravamo abituati al falso, ma qui non si tratta più di falso: è il mondo al contrario. Perfettamente contrario. Alto è il basso, assassino il buono, il pervertito la normalità e viceversa.
RispondiEliminaChe cazzate e cazzate: io vengo dal sud ma vivo da sempre in toscana e qui ho creato la mia famiglia e crescono i miei figli. Qui la gente è diversa dalle mie parti ma mi trovo bene: una volta fatto il callo ai modi più bruschi ho scoperto che qui in questo paese le persone hanno un grande cuore. Anche senza tutte le sceneggiate che si fanno nel meridione, sono capaci di commuoversi e commuovere in modo incredibile. Io per me non lo so non saranno sono le mie radici ma amo molto quest'angolo di toscana e la sua gente. l'Italia mi sembra ancora un'idea astratta, per me che ho vissuto la differenza fra questi due mondi.
RispondiEliminaLascia perdere...perfettamente d'accordo col tuo primo post, l'Italia per me sono questi mille mondi. Sitka
EliminaConcordo con "Anonimo6 settembre 2018 14:15": come i sinistronzi nessuno mai. Erano comunisti e sono diventati ultraliberali bollando gli altri come "incompetenti" (leggevo i commenti sotto un post su facebook di Claudio Borghi: tutti novelli economisti che lo insultavano e lo accusavano di ignoranza, ma ovviamente nessuno che entrasse nel merito. Del resto i loro idoli di fronte alle osservazioni di Borghi o balbettano come Padoan, o sparano dati falsi come Cottarelli). La lettura dei fatti in Siria (come in Libia, in Serbia ecc...) è ovviamente sempre ribaltata, non potrebbe essere altrimenti (poi vi è sempre l'accusa ai russi di "uccidere bambini": le conoscono bene certe tecniche di propaganda). Il bello è che qualcuna di queste merdacce ha ancora il coraggio di esporre la bandiera della Pace, tanto essi non conoscono il principio di non-contraddizione. Questi sono capaci di dire tutto e il contrario di tutto e di far passare per ignorante e analfabeta l'avversario politico di turno.
RispondiEliminaRiposto un commento perso nelle nebbie di intenet. Caro Alceste, mi permetto di darti del tu, in un’altra vita seguivo i consigli di letture contenuti nelle pagine culturali de “ L'Unità “, perciò era impossibile trovare traccia di un libro come “ I Proscritti “. Aggiungo che quando lessi “1984” a vent’anni si può dire che non né capii il significato profondo, ho dovuto sorpassare i cinquanta e vedere il mondo al contrario per comprendere finalmente il significato de “ la guerra è pace” , “ il nemico è amico “. Ma il fatto più grave è l’assoluta mancanza di avversari alla monarchia universale, penso alla Destra o alla Chiesa, ancora più sorprendente del tradimento della Sinistra ormai palese anche agli oranghi del Borneo, una guerra che si combatte praticamente con un solo esercito in campo, è sufficiente pensare che anche l’attuale governo per qualche timido distinguo al verbo universale venga giorno per giorno massacrato da tutta la batteria di fuoco delle milizie PolCor. Idem per Brexit,Trump,Putin, che non sono campioni della rivoluzione proletaria ma subiscono un pestaggio quotidiano fatto di notizie false,scandali,inchieste giornalistiche da far invidia a Goebbels. Comunque grazie per l’impegno profuso in questo blog, sembra il riflesso di un immagine allo specchio.
RispondiElimina1984: chi poteva comprenderlo allora? E tuttavia Orwell non fece che echeggiare Zamjatin ... erano letture fuorviate dalla scuola e dall’anticomunismo. Entrambi gli autori parlano di dittatura con l’apparenza di democrazia, cioè di noi. Il russo rimane più profondo, tuttavia.
EliminaSono convinto che la bruttezza trionfi in questo mondo semplicemente perché viviamo in una società turbocapitalista, quindi dominata unicamente dal denaro.
RispondiEliminaE chi ragiona unicamente in termini di denaro non vede bellezza se non nel guadagno. La mente del mercante (e del banchiere) è limitatissima.
E purtroppo quella forma mentis è stata ormai adottata dal 90% della popolazione mondiale.
Caro Alceste,
RispondiEliminacome sempre non trovo nulla da aggiungere alle tue parole, sempre tocccanti e incisive.
Sono d'accordo sul mondo al contrario, e' esattamente cosi'. Ci siamo arrivati lentamente, delegando le cose piu' importanti della nostra vita sempre piu' ad autorita' e istituzioni un tempo messe li' apparentemente per il nostro bene, per carpire la nostra fiducia incondizionata e al momento giusto... han tutte gettato la maschera. Quando ormai per l'uomo medio era impensabile che certi organismi potessero lavorare contro l'uomo, e' un tabu' anche solo pensarlo, figuriamoci dirlo...Il libero arbitrio e' rimasto solo nella scelta della marca da indossare o da digitare. E cosi' si fanno mille battaglie e petizioni per gli animali, per i poveri del sud, e non ci si accorge che il nostro vicino sta male o che noi stessi non siamo poi messi tanto bene. Dovremmo reimparare a rivendicare giustizia per noi. Altro che vedersi depredare la Patria. Prova a entrare e soggiornare senza visto, permessi, soldi, capacita' di parlare la lingua ecc. in un qualsiasi altro paese del mondo e vedi come ti trattano, a prescindere dal fatto che tu poi possa ottenere lo status di rifugiato o meno. La sinistra ha superato tutti in ipocrisia e quelli che ancora ci credono sono anime perse.
Saluti a tutti, Ise
Per Ise:
RispondiEliminaCara Ise, il problema è che, ben presto, ogni angoletto del mondo verrà illuminato da questi principi letali. Si chiama Monarchia Universalis e verrà resa possibile dalla tecnica onnipotente e onnipresente. La sinistra ha colpe epocali anche se, temo, presto ogni partito o movimento diverrà inutile per il Potere.
Certo che alceste come giocoliere di parole non scherza ,lei e i suoi commentatorI siete dei dosatori di parole ... Eloquenza vuota senza offesa ma Non e' cosi che si fa ,I veri padroni se LA ridacchiano ,finche' non scoperchiate quella malagenia : gli Ebrei non avrete fatto altro che perder tempo anzi piu discutete e piu I'll Moloch LA piovra dei cervelli Ebraica prende vigore ,parlate un po degli ebrei cari commentatorI pavidi vi trema il ditino sulla tastiera solo al pensiero ,allora si che si cambia musica
RispondiEliminaIl blog si deve leggere tutto.
EliminaIn attesa di un suo scritto in pavido.
Ma no Alceste e' che ho visto purtoppo che ha ragione lei e stavolta l'ho visto di persona ero li ! vedere un rincoglionimento del genere mai lo avrei pensato , in TV rai storia Israele con Mieli onnipresente con gli astanti forniti di lingua a penzoloni piu cuochi maledetti impestati
RispondiEliminaimpastati ovunque che sembrano ingegneri nucleari trattati come autorita' mentre I nostri vecchietti in guerrasi pappavano delle sbobbe immangiabili, lei Alceste sa meglio di me chi ci sta dietro a tutto CIO' e oltre ! L'opera di avvilimento e auto commiserations del popolo Italiano e' degli Ebrei non ci sono dubbi , naturalmente aiutati dai traditori del gregge I Massoni gente da Forca gente che ho scoperto si trova ovunque anche nei paesini di montagna con I famigerati lion club e rotary club che raccolgono le persons piu in vista insomma I Truffatori gli sfruttatori i finti filantropi ecc associazioni a delinquere a cielo aperto bene fece I'll Duce a dar fuoco e chiudere questi postriboli ! Va bene I'll Pezzo le e' piaciuto ? in 2 mesi mi soon talmente avvelenato I'll sangue li giu da voi che se mi mozzica un cobra non so chi LA fa franca
Ettore Sva dei Manganelli: Lei ha il mio sincero rispetto! E' er mejo der blog! Il più puro d'animo, e di penna!
RispondiEliminaAnimo e coraggio a tutta la truppa!!!
Un caro saluto da R
Alceste è un poeta,un albatros(in senso baudelairiano).Vola Alceste e racconta ciò che vedi in lontananza,con le tue parole,il tuo stile e non scendere tra i marinai perchè non servirebbe a niente.
RispondiElimina...dai diamanti non nasce niente. Dal letame nascono i fior..
RispondiEliminaUn caro saluto ad Alceste e a tutti i marinai.
Anonimo di nome R
Forse il pezzo migliore nella già monumentale produzione di Alceste. Da pelle d'oca e ciglio umido la reminiscenza del periodo scolastico. Grandissimo
RispondiEliminaGuido Bulgarelli
Grazie e un saluto.
Elimina