16 giugno 2018

C’è una sola invasione. Ma non è islamica


Pubblicato su Pauperclass il 17 maggio 2016 

Qualche tempo fa vidi una foto d’alto valore simbolico.
Due giovani musulmane, paludate nel niqab che le copriva quasi integralmente, passeggiavano su un’assolata spiaggia occidentale (dove tutti, ovviamente, erano in costume o bikini).
Nell’immagine si concentrava, insomma, ciò che altri hanno denominato “scontro di civiltà”.
E io concordo: è uno scontro di civiltà.
Lo scontro fra una civiltà trionfante (il neocapitalismo) e una civiltà morente (l’Islam).
È una mia certezza.
Così come sono certo che i figli e le figlie delle due donne velate, fra pochi anni, saranno proprio lì, su quella spiaggia, in costume e bikini.
La forza di tale convinzione deriva dall’esperienza: noi Italiani quello scontro di civiltà l’abbiamo già combattuto e perso; con una disfatta.
Chi è abbastanza maturo ricorda ancora cos’era l’Italia nei Sessanta e nei Settanta e cos’è oggi.
Anche le nostre donne avevano i loro niqab. I loro figli e figlie e nipoti, no.
Anche gli uomini possedevano un loro codice di comportamento, il loro niqab etico: i loro figli e figlie e nipoti, no.
La secolarizzazione neocapitalista avanza e ci rende tutti eguali. È toccato agli Italiani e ai cattolici del Sud europeo; toccherà agli Islamici; ai cinesi; e a tutti coloro i cui stili di vita sono alternativi al canone occidentale, o vi confliggono.

11 giugno 2018

Il declino dell'intelligenza


Roma, 11 giugno 2018

Vivere in un paese in putrefazione ... chissà, forse costituisce un privilegio. Qualcuno di noi si sarà chiesto, per mero esercizio intellettuale: cosa pensavano i popoli in via d'estinzione mentre ogni loro speranza scivolava dalle dita, irrimediabilmente, e ciò che rappresentava una forza più non faceva presa sulla realtà? Gli atti e i sortilegi che legavano clan, genti e uomini venivano derisi e schiacciati con facilità: il compromesso ignominioso, la ritirata, la delusione, la morte della cerchia intellettuale ... tutto questo è già stato provato nella storia. Chi poteva dargli credito qui, da noi, con un passato e un territorio così ricchi? Eppure ecco che un futuro umiliante incombe.
Per distruggere, prima, servivano secoli, fra massacri, pestilenze e decimazioni; genti riottose si rifugiavano nelle catacombe mentali, risorgevano sotto altre vesti, si infiltravano nelle fila del nemico, vivevano una doppia vita, fra ossequio falso e autentica fede. E ora? Son bastati trent'anni per ridurre il nostro giardino a un cumulo di insensate sterpaglie; abbattuti i labili confini, i più volgari ciarlatani scorrazzano per esso, in piena libertà, sradicando alberi, trascurando siepi e orti, lasciando al solleone o al gelo le colture più delicate, mentre eleganti gazebo rovinano su sé stessi, i ponticelli si sbriciolano lentamente e le voliere, una volta chiassose incette dei popoli dell'aria, restano deserte; carcasse qua e là, lezzo di disfacimento; i padroni si disinteressano, come aristocratici preda delle estreme febbri del vizio, garzoni e inservienti sono a ubriacarsi in qualche bettola, scannandosi per un punto alle carte.

09 giugno 2018

Che tipo 'sto archetipo [Il Poliscriba]


Il Poliscriba

Non ho mai avuto la fortuna di incontrare un archetipo per la strada. E credetemi, mi sarebbe piaciuto.
Che cosa ci saremmo detti?
Qualcosa di simile al dialogo che segue.

Io - Ciao Archetipo, come va?
Archi - Non c’è male, a parte il riscaldamento globale.
Io - Io adotto un rimedio inuit.
Archi - E sarebbe?
Io - Mi faccio un igloo.
Archi - È  da qualche milione di anni che lo faccio anch’io, non è il ghiaccio, certo, ma l’inconscio collettivo: malgrado ciò, non sento il benché minimo sollievo nel leggere Jung.
Io - Mi rincresce. Pensavo che incontrarti avrebbe dato una svolta alla mia vita e invece noto con dispiacere che anche tu divaghi sul tempo e sull’uso bellico della tragedia greca da parte dei fondatori della psicanalisi: devo attendermi un commento ai quarti di finale degli europei di calcio o cosa?
Archi - Io non ti conosco e non saprei quali argomenti affrontare, stavo facendo due passi con il mio volpino Fuffy amputato delle zampe posteriori e come vedi, essendo molto piccolo, i miei discorsi sono limitati.

05 giugno 2018

Beppe Grillo, la Bocca della Verità


Roma, 4 giugno 2018 

Una cosa devo confessarla: Beppe Grillo mi è simpatico. Anzi, lo ammiro.
In lui ritrovo il mestiere, l’artigianato lungamente appreso in periodi oscuri e umidi di gavetta, e in decenni di fuoco sul palco; il mestiere, quello che oggi tutti cercano di scansare ricorrendo a scorciatoie e trucchi. I ballerini, i cantanti, i pittori, tutti ambiscono di arrivare alla vetta in poche settimane, come se una tradizione potesse rifluire nelle distratte circonvoluzioni del cervello con una portentosa iniezione digitale. Ma lui no: egli sa. Seguo da tempo i suoi spettacoli, ero anche a San Giovanni, alla chiusura elettorale del 2013. Lui conosce il pubblico perché, in fondo, lo ama. Appena entra in un’arena sa chi è con lui e chi contro di lui, a naso, come un vecchio segugio sulle tracce di una volpe; allo stesso tempo conosce l’arte di blandire, facendosi suadente o ricorrendo alle astuzie dell’insulto ben temperato.

31 maggio 2018

Solusioni (soluzioni e illusioni) [Il Poliscriba]

 [Il Poliscriba]

Estraggo e cito in corsivo, lungo l’estensione di questo mio sfogo misantropo, alcune perle reazionarie dal Vocabolario filosofico-democratico edito nel 1799, scritto da Ignazio L. Thjulen, pensatore che s’impegnò in una ricostruzione semantica della vulgata democratico-rivoluzionaria giacobina, riconoscendo, molto prima dell’avvento degli spin-doctor, come è facile condizionare le masse mutando il significato antico di certi lemmi, nel loro contrario. 

Si parlava, si scriveva, si promulgava Libertà, Uguaglianza, Diritti, Sovranità, Leggi, Governi, Religione, Superstizione, ed infiniti altri vocaboli, in una maniera che, insensibilmente, perdevano le vere idee corrispondenti ai vocaboli, e, conservando l’antico suono materiale, e le prime impressioni materiali, mossero nei Popoli un entusiasmo generale di correr dietro a Irreligione, Scostumatezza, Schiavitù e Povertà, immaginandosi di correre in braccio alla Libertà ed alla Felicità.

Salvini. Ha capito che il federalismo italiano non era più perseguibile perché il nemico “non” era interno, e lui ci perdeva in consensi.
Eliminare dal brand o Logo-Lega il riferimento cardinale Nord, significava compattare le fila, serrare i ranghi; occorreva dichiarare “guerra ideologica” al nemico “esterno”: gli eurocrati.
L’ennesimo funambolo sulla piazza del mercato, un mero esecutore di scene scritte dai soliti autori, ci crede o ci fa…? Ai lettori l’ardua sentenza.

29 maggio 2018

Il fantasma della libertà


Roma, 28 maggio 2018

Sono viziosi e ribelli, ma alla fine ... il gregge tornerà a sottomettersi, questa volta per sempre. Allora daremo loro la quieta, umile felicità degli esseri deboli quali essi sono ... dimostreremo loro che sono deboli, che sono soltanto dei poveri fanciulli, ma che la felicità dei fanciulli è più dolce di ogni altra. Diventeranno timorosi e per la paura guarderanno a noi, si stringeranno a noi come pulcini alla chioccia ... Tremeranno di fronte alla nostra collera, la loro intelligenza si intimidirà e i loro occhi si faranno lacrimosi ... Ma altrettanto facilmente passeranno, a un nostro cenno, all'allegria e al riso, alla gioia radiosa e alle leggiadre canzoncini infantili. E tutti saranno felici, milioni e milioni di esseri ...

Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov (discorso del grande Inquisitore)


Sergio Mattarella è ciò che appare, né più né meno. Appartiene al patriziato altissimo, per meriti di cui rimarranno ignote le reali cause, come al patriziato apparteneva il fratello, Piersanti, martire della mafia, o, per lignaggio ereditario, suo nipote, quello che alberga, da sempre, negli interstizi oscuri e grassi della pubblica amministrazione assieme al figlio di Giorgio Napolitano.
Sergio Mattarella iniziò il proprio silenzioso e, perciò, irresistibile cursus honorum nel 1983; in trentacinque anni di gerente e garante delle massime istituzioni non l'ho mai sentito elogiare sinceramente un grande Italiano, oppure, di propria spontanea volontà, l'Italia; altrettanto, non l’ho mai visto commuoversi a fronte di un'opera italiana eminente o alla vista d’un mirabile luogo d'Italia, uno dei tanti disseminati lungo il Paese e che costituiscono il corpo mistico della Patria.
Le sue eulogie son state riservate, per lo più, ad altri membri suoi pari: ordinari felloni (ambasciatori, baroni, tacchini col petto appesantito da decorazioni per guerre mai combattute, ex politici, vittime più vittime di altre vittime, pretame) o patrizî di cui si decide a freddo l’elevazione a santino (in modo da stroncare qualsiasi dibattito: Falcone, Moro, Mattei).

27 maggio 2018

666: il numero della Vita [Il Poliscriba]


[Il Poliscriba]

666: il numero della Vita
ס     ו        ר     ת

 Tav       resc         vav     sameh
T Ra O S = SORAT
Sorat è il demone solare.
Secondo la Qabbalah, è l'espressione in parole del numero 666.


Tutta la vicenda della Creazione descritta nei vari miti e riportata dopo millenaria tradizione orale in Scritti Sacri, si può facilmente ricondurre, se non ridurre, alla dicotomia luce-tenebre.
La successione temporale – ma il discorso del tempo, come sappiamo/intuiamo, non ha riferimento se non spaziale, ovvero la sua dimensione ricade ancora in una misura o percezione di movimento all’interno di uno spazio apparentemente vuoto, tridimensionale ma integralmente costituito da un fluido attivo conosciuto, accettato o rifiutato come Etere – è deducibile dalla trasmutazione materia-luce e luce-materia.
In fisica questa trasmutazione viene per lo più definita, DECADIMENTO.