11 febbraio 2019

Fatemi una faccia da guerra


Roma, 11 febbraio 2019

Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertarî, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna”.
Così recita il nono comandamento del Manifesto dei Futuristi.
Prendere Filippo Tommaso Marinetti per imbecille è facile. Liberarsi dall’eco profonda delle sue rodomontate, se si possiede un animo equanime e impavido di fronte alla rivelazione della verità, molto più difficile.
Cerchiamo di comprendere.
Siamo stati educati, io e la generazione dei Settanta, nonché quelle a me seguenti, al rifiuto preciso e costante della guerra. La Costituzione Italiana, peraltro, descrive  chiaramente il ricorso alla guerra come sopraffazione. La Costituzione del 1946 anela la pace; e le costituzioni di tutti gli ammirevoli enti che ci han fatto studiare a scuola (Europa, ONU, UNESCO, UNICEF, FAO) contengono inviti solerti alla pace e al ripudio della guerra. Siamo uomini di pace, insomma. Programmati per la pace. L’arte è programmata per la pace tanto che l’antimilitarismo è divenuto cibo per ogni tizio che voglia impressionare una pellicola, lordare una tela, imbrattare un pezzo di carta.

05 febbraio 2019

Mamma, li Bianchi!


Roma, 5 febbraio 2019

L’ultimo gradino … quel gradino finale, decisivo, che porta alla soglia dell’irreparabile, spalanca l’abisso, divide per sempre dal dopo … viene avanti una figura inedita che si affaccia all’orizzonte del nostro Paese … silenziosa, qualcuno che nelle mille convulsioni dell’Italia ancora non conoscevamo, e che sembra spuntare di colpo dalle pagine di un romanzo di Harper Lee sull’America più profonda: è il fantasma dell’uomo bianco”.
Queste parole sono scandite dalla prosa, nobile e piagnucolosa, di Ezio Mauro, ex direttore de “La Stampa” e di “Repubblica”.
Il libro da cui sono estratte si titola: L’uomo bianco. Per la comprensione immediata del brogliaccio ecco il breve sunto: “Siamo noi che, lasciandoci via via rinchiudere nella corteccia delle paure nostre e altrui, ci trasformiamo come dei mutanti, fino a voler tornare a distinguerci in base alla pelle e al sangue. È l’ultimo spettro italiano: quello dell’uomo bianco”.

29 gennaio 2019

Galeotto fu il canotto


Roma, 29 gennaio 2019

A queste latitudini ci si è occupati spesso della sedicente sinistra.
La sinistra l'ho inquadrata in un processo storico di progressivo immiserimento: dal socialismo del pane sino alla rarefazione dei diritti civili. I diritti civili, non sostanziati dal pane, infatti, sono quello che sono: niente (o prese per i fondelli).
Il protagonista della liquefazione della sinistra è il sinistrato.
Il sinistrato è diviso fra Jekyll e Hyde.
Jekyll, l'idealista, persegue il diritto civile, cascame ridicolo e parodico dell'antico socialismo.
Hyde, l'occulto, anela i denari, gli agi e le prebende che l'indotto dell'attuazione di quel diritto gli riserva.
Esempio.
Il diritto alla libertà di espressione degenera, ridicolo, nel diritto all'amore libero (LGBT).
Il sinistro Jekyll reclama con forza e a suon di periodiche pagliacciate (Gay Pride) tale istanza (in una democrazia permissiva, si badi).
Hyde passa all'incasso grazie ai finanziamenti a questa e quell'altra lobby e associazione (nata dall'oggi al domani) dove tali diritti vengono, presumibilmente, adorati, analizzati, laccati, tatuati, scarnevalati, declinati, introiettati, permanentati.

La destra, tuttavia, non è da meno.
Forse è ancor peggiore della sinistra.
Come possa gente come Meloni e compagnia rappresentare il cuore duro e puro della tradizione italiana non è dato sapere. In verità: perché la Meloni è considerata di destra? Nessuno lo sa.


25 gennaio 2019

Il bomber


Roma, 25 gennaio 2019

Il “Corriere della Sera” imbraccia la chitarra Echo, residuo del bel tempo che fu, e intona la sua lagna: “Non mi hanno ancora chiamato, non so quando dovrò partire, né dove mi porteranno”.
A parlare è un tal Ansou Cisse, giovanotto del Senegal, punto di forza della Castelnuovese, la squadra di Castelnuovo di Porto, ameno paesino fuori Roma, lungo l’avita consolare Flaminia, nonché, da quel che si capisce, della squadra atletica vaticana (vedremo poi perché).
Il CARA (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo) di Castelnuovo di Porto è stato appena smobilitato; e con lui l’anzidetto Ansou.
Dopo le predette notazioni da Garage Olympo, il Nostro tenta vago la lira di una a stento trattenuta disperazione: “Mi trovo benissimo, tutti mi vogliono bene. L’altro giorno  il capitano dela squadra si è messo a piangere per telefono quando gli ho detto che mi vogliono mandare via. Non sappiamo cosa fare”.

19 gennaio 2019

Non brinderò all’altrui tristezza


Roma, 19 gennaio 2019

Se avessi usato la penna d’oca e il calamaio potrei ora affermare: “Non s’eran ancora asciugate le mie note sulle lagne di De André e su Cesare Battisti, allorquando …”; il digitale ti toglie il piacere anche di tali giri di parole, oltre alla bellezza della penna d’oca e dell’inchiostro nel calamaio, ovviamente. Ma cosa sta dicendo!? Ma sì, è inevitabile. La liturgia della scrittura, oggi completamente scomparsa, predisponeva l’uomo a una miglior prosa e una intelligenza superiore degli eventi; la liturgia rallenta, pacifica la mente, ferma la mano frettolosa e la foga, impedisce pensieri scarmigliati, fa disapparire l’inutile. C’è da porre attenzione a molte cose. La carta da scegliere, anzitutto, la posizione di braccia e mani, la calligrafia (la bella grafia), le colature, le asciugature, gli svolazzi, i rientri, la postura, gli eventuali errori, il periodare, i tomi da consultare, spesso sull’ultimo ripiano dello scaffale: quando si era molto fortunati o molto ricchi.

Johann Joachim Winckelmann, l’idealista della grecità, una vita di studioso al servizio di Apollo, uno con le toppe sul didietro, poteva contare, a Jena, se ben ricordo, di una sola ora al giorno nella biblioteca universitaria - una biblioteca che possedeva circa 10000 volumi, frutto di lasciti disorganici (di professori, ex allievi), e che non vantavano nemmeno l’onore d’uno schedario o la possibilità d’esser presi in prestito.

15 gennaio 2019

Lagne


Roma, 15 gennaio 2019

"Dall’aria triste e meditabonda, Fabrizio De André ha svolto negli anni passati il ruolo di cantautore impegnato, ma non troppo … borghese di nascita … rifiutava d’esibirsi in pubblico fino a quando le vendite dei suoi dischi hanno subìto un tracollo. Allora s’è esibito alla Bussola prima di confrontarsi con tutti coloro che avevano sprecato tempo ad ascoltar le sue lagne. Le migliori esecuzioni dei suoi pezzi si ascoltano sulle spiagge e sui monti, quando un chitarrista che conosce due accordi vuol consolare l’amico di una sbronza finita male".

Da Il libro bianco del pop in Italia, 1976

Se l’umanità e l’Italia hanno deciso di suicidarsi a me va bene.
Non rimane che dedicarsi alle minuzie.
Oggi leggo, a proposito dell’arresto di Battisti, una fluviale sequenza di opinioni.
A volte non richieste, altre autoreferenziali (ricordi di gioventù), quasi mai perspicue, spesso stupide.
Stupide, ovvero inutili; e non perché siano unicamente dettate da uomini stupidi, ma perché mai si elevano al di sopra della baruffa. Che l’arengo politico italiano sia scaduto a lite perpetua da comari non è cosa di oggi. Va bene così. I cinesi mandano navicelle sulla luna? E noi discutiamo di Battisti. In Cina, infatti, Battisti sarebbe stato giustiziato negli anni Settanta. E, infatti (è la seconda volta che lo uso, lo si noti), i Cinesi spediscono navicelle piccine picciò sulla luna. E che relazione ci sarebbe, potrebbe obiettare un panzafustaro digitale? [il panzafustaro è una via di mezzo fra un trippone e un saputello: che fa il fusto, con fare arrogante, liquidando le obiezioni, di solito, con citazioni oscure: “Ah ah ah studi i trattati tedeschi dell’Hayez o del De Gomera e poi ne riparliamo!”; “Ma cosa dice? Non ha visto le statistiche edite dal Centro Studi Ausonia? Li legga, e li comprenda prima di pontificare! Se ne è capace!”; cose del genere]. Una relazione molto semplice, dico io.

10 gennaio 2019

Gli ultimi giorni dell’umanità


Roma, 10 gennaio 2019

Di fronte alla cascata di pongo colorato di Jeff Koons (Play-Doh, 1994-2014) una selva di interrogativi affollarono la mia mente. Erano altri tempi, in cui vagheggiavo con forza la distruzione del nemico. Altri tempi, appunto: pochi anni, in realtà, mi separano da quell’apparizione; ognuno, oggi, pare essersi diviso meioticamente tanto che quell’evento (o meglio: la mia personale reazione a quell’evento) ora sfuma nelle nebbie di un’epoca antidiluviana, ancora vanamente strutturata dalla speranza.

La speranza, infatti, è svaporata via, ineluttabile. Mi appaiono puerili le armi dell’ironia, dell’odio e la potenza brutale del disprezzo contro tale manifestazione del nichilismo. La cascata di creta per bambini di Jeff Koons appare, invece, come uno stadio ulteriore e inevitabile della dissoluzione. Che alcuni uomini (critici, galleristi, babbei) consentano a tale plateale epifenomeno del nichilismo è assolutamente marginale; che il “popolo” non apprezzi l’arte postmoderna è, di nuovo, secondario: la apprezza, infatti, per vie traverse come quando si sdilinque per altri orrori, ben più quotidiani.

03 gennaio 2019

Terre piatte e alieni di Capodanno


Roma, 3 gennaio 2019

Ho sentito sfiorarmi un vento: l’ala dell’imbecillità
Charles Baudelaire
 
Il buon Massimo Mazzucco, da cui mi separa, oltre a una larga popolarità e all’empatia, che mai ho posseduto, la fegatosa disistima del mondo e degli uomini presenti (egli, al contrario di me, ha ancora qualche razionale speranza), pubblica uno scherzoso post natalizio; su cosa? Sulle convinzioni, granitiche, dei terrapiattari, ovvero di coloro per cui la Terra, la nostra amabile Terra, ha forma, appunto, d’un piatto: è una piattaforma.

https://www.luogocomune.net/LC/20-varie/5115-battuto-il-record-storico-di-velocit%C3%A0-a-piedi

Il succo dello scritto anzidetto: un tal Colin O’ Brady, americano dell’Oregon, “è riuscito ad attraversare l’Antartico”, “da costa a costa”, in solitaria, senza aiuti e rifornimenti esterni se non quelli stipati in una slitta.
54 giorni di marcia e circa 1500 chilometri nelle nevi perenni.
Questo nella realtà. Nelle fantasie dei terrapiattari, però, l’Antartico è il bordo della terra: in tal caso (cioè se le loro fantasie fossero realtà) il Buon O’Brady, avrebbe percorso, sempre in 54 giorni, 20.000 chilometri.
Mazzucco, onde satireggiare la loro teoria, ha finto di aderirvi: di qui il titolo Battuto il record storico di velocità a piedi:
 


28 dicembre 2018

I Gilet Gialli, questa lieve increspatura dell’Inevitabile


Roma, 28 dicembre 2018

La stampa nazionale scorreggia a indignazione unificata: maledetta violenza negli stadi! Chiede punizioni esemplari contro la bestialità dei tifosi, delle bande, dei supporter! Maledetti hooligans che insidiano la santità del calcio benevolo! Il signor Questore di Milano (“Il signori e quistori”, direbbe Catarella) batte i pugni sul tavolo: “Basta!”; è arrabbiato, non ne può più, vuole vietare tutto, chiudere tutto ciò che si può chiudere (“Maria, che scanto che mi piglia ogni volta ca parla!”): la goccia ha fatto traboccare il vasino della pazienza.

E poi i fischi a Koulibaly, questo milionario intristito dal razzismo. Concetto Lo Bello, Chinaglia, Causio e Falcão (quello del 1982) venivano insultati sanguinosamente ogni domenica, ma non c’era nessuno a porgergli fazzolettini ecumenici per tergere le salse lacrime: che nemmeno spandevano. I giocatori erano personaggi comuni, allenati con regolarità, certo, ma le insinuazioni sulla paternità dei figli o sulla fedeltà di madri, mogli e fidanzate o, in generale, sulla virilità, li facevano ridere assai. Cosa fregava dei cori a tipi come Bellugi, Calloni o Cuccureddu? O a Pruzzo, che scompariva dallo sguardo placido di Nils Liedholm per farsi una fumatina in pace, magari assieme a Nela o Bruno Conti da Nettuno, al secolo MaraZico? Calciatori di colore, di ogni razza e risma, sono divenuti idoli: qualcuno, col ciglio umido, ricorda ancora Socrates e Cerezo, persino qualche scarpone come Barbadillo o lo sfortunato Eneas, oppure Juary, Juary Jorges do Santos Filho, simpatico circumnavigatore di bandierine, uno che, dopo 13 gol per l’Avellino e altri spiccioli per Inter, Ascoli e Cremonese, andò a vincere, segnando, una rocambolesca finale di Coppa dei Campioni contro i crucchi del Bayern Monaco.


22 dicembre 2018

Riflessioni di un tenero esserino del futuro (buona Festa del Gelo a tutti)


Roma, 22 dicembre 2018

Ve lo confesso: cosa c’è di più bello di una poltrona? Tutto è facile. Una tastiera e hai il mondo a disposizione. Non c’è bisogno mica di farla difficile quando tutto è facile. Facile, ecco il verbo da diffondere. Se una cosa è difficile deve essere eliminata. I problemi non esistono, son solo il sintomo della nostra arretratezza, il progresso li eliminerà poiché il progresso serve a rendere la vita facile. Non c’è bisogno di scavare una buca, leggere un trattato, imparare una lingua, dipingere un quadro, corteggiare una donna quando c’è chi pensa a me, e mi porge i frutti dell’albero del bene e del male, liberamente ordinabili su amazon, badoo, sky. Ogni desiderio è sul visore, basta cliccarci sopra. Perché sottoporsi alle torture dell’apprendimento e dell’intelligenza quando, ormai, il  mondo viene liquefatto nella sua essenza primaria e imbottigliato per noi, ogni giorno, comodamente rateizzabile, a pacchi discreti, recapitati a domicilio, inodori, igienicamente compatibili?


A che pro l’intelligenza, dico io. A che serve l’intelligenza? A produrre bile, ve lo dico, non altro. E poi lo scontro, la disfida dialettica, le giugulari gonfie, la spada: quanta perdita di tempo, che spreco! Basterebbe accomodarsi: parva sed apta mihi. Cosa vogliamo, in fondo? Vivere? E non viviamo, forse? I giorni si susseguono, senza scosse, monotoni e sicuri. Non siamo mai stati così sicuri nella storia del mondo: reati e delitti calano, drasticamente; l’umanità ha compreso, finalmente, che proprio le distinzioni, le definizioni apodittiche, la morale, i sillogismi terribili, la logica stringente che tutto frantuma in iridescenze complesse e d’irriducibile diversità formano la costellazione dell’odio e della guerra. Ignorare chi ci ha preceduti: in questo risiede la felicità. Uccidere al grido inconsulto d'un istinto, o di un’idea raffinata dall'odio, di un’utopia, di un sogno evanescente; reclamare il proprio essere sé stessi in nome d'un cumulo di rovine o di trattati sprezzanti, di vaneggiamenti indimostrabili, cupi, duri, inespugnabili dalla gioviale ragionevolezza: questa la follia.

Occorre sradicare le convinzioni secolari, addolcire il proprio credo per meglio introiettare l’altro, liquidare il buio per la luce, per una luce costante e totale, perpetua, egalitaria; vivere nel cantuccio, in pace con tutti; a che serve strapparsi i bocconi l’un l’altro quando ci sono bocconi per tutti? Diciamo la verità: chi di noi ha più fame? La granaglia è assicurata ormai per i miliardi, al sapore ci abitueremo … e poi, si rifletta, il sapore non è qualcosa di divisivo, sciovinista? Dobbiamo sostentarci con cautela, non ingozzarci di carne e sangue a spese del mondo; la gozzoviglia, confessiamolo, è il sintomo della sopraffazione e dello spreco. Se pensiamo a quanto tempo e crudeltà sono state dedicate a un atto così vile! Allevamenti di bestie, sgozzamenti, alibi religiosi, proliferazioni di tabù, caccia, stoffe pregiate, ori e argenti per posate, bicchieri, vini, idromele, liquori; banchetti, arrosti, guerre per le spezie (le spezie!), rapine di colture, minuziosi casistiche per ingredienti e ammollamenti e squartamenti, dedizioni insensate ai periodi esatti delle seminagioni, lo scrutare diligente delle lunazioni, delle piogge e delle arsure: quanti millenni perduti! Il passato era, soprattutto, tempo perso, dietro queste incredibili fole!